Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Ruta    22/05/2012    3 recensioni
Un pomeriggio uggioso, un cimitero e due donne.
Ambientata dopo The Reichenbach Fall
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Irene Adler, Molly Hooper
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
fiducia

Una questione di fiducia

 

 

 

 

 

Il cimitero era una valle di cipressi e lapidi bianche su cui si riversavano le luci livide di un cielo coperto. Molly Hooper affrettò il passo ed uscì dal sentiero tracciato per inoltrarsi sul prato verde e umido. Per un attimo si guardò attorno con aria disorientata, come se non si capacitasse di dove si trovava e dei motivi che l’avevano condotta sino a lì, ma poi il suo sguardo si posò sul lato più estremo, vicino alle mura di cinta.
Riconobbe il punto e partì spedita in quella direzione.  
Che non si recasse spesso al cimitero era un dato di fatto, ma a sua difesa andava detto che Molly avesse perso molto e che l’unico funerale a cui avesse assistito in vita sua fosse stato quello di suo padre. Aveva diciassette anni allora e anche a distanza di anni, ora che lo scoccare dei trenta rintocchi era acquattato dietro l’angolo, le sembrava ancora di percepire l’odore dolciastro di incenso e cenere a farle pizzicare fastidiosamente il naso, di osservare impotente la pioggia di fiori sulla bara infossata. Il rumore della terra buttata a manciate e quello delle vanghe poi. Rabbrividì e si chiuse in gola con le dita informicolite il bavero del cappotto scuro. Non aveva bottoni poco sotto il collo e doveva tenerselo bloccato così, con la mano. Aveva dimenticato anche la sciarpa e i capelli, che sarebbero risultati d’aiuto in quella ricerca di calore, erano legati sulla nuca in una crocchia stretta, alla Minerva McGonall. Il pensiero le strappò un sorriso minuscolo, ma un’altra sferzata d’aria le fece lacrimare gli occhi e bastò questo per riportarla alla realtà. Ricordarle dov’era e chi era. Per cosa era lì.
Molly Hooper non amava i funerali, tantomeno i cimiteri. Lavorava con i cadaveri però, aveva a che fare con la morte tutti i giorni, in ogni sua forma e nelle sue cause più disparate. Sapeva cosa fosse l’originalità la Dama in nero, questo era certo; non le piaceva ripetersi se non quand’era strettamente necessario.
Molly non temeva la morte quindi.
Non per sé, almeno. Ma c’era qualcosa in Lei che la soggiogava, minandone le capacità di controllo ed era la paura. Quel terrore sacro e inviolato che le torceva lo stomaco prima di mettere piede in obitorio. Che le faceva serrare lo sguardo sui nomi scritti a penna sui fascicoli e sui fogli delle cartelle da firmare. Era il timore che un giorno, prima o poi, Quella sarebbe venuta a consegnarle qualcuno di familiare. Il corpo di un amico, un viso conosciuto, mani strette in prese energiche al primo incontro, qualcosa di spezzato per sempre nella sua vita. Fino a quel momento era stata fortunata. Sui tavoli al Barts non era mai accaduto nulla di tutto questo.
Fuori… quello era un altro discorso.
Il punto dell’essere lì, davanti ad una lapide nera – a farlo riconoscere anche quella sottile differenza, la diseguaglianza di un colore -, la terra ancora fresca di sepoltura e i fiori già secchi, come scheletri della primavera che sfumava in quell’inverno che si protraeva troppo a lungo. Il punto, si sforzò di concentrarsi, era ricordarsi che non era infallibile. Nessuno lo era o beh, quasi nessuno. Non lei ad ogni modo.
E se c’era stato un tempo in cui la cosa aveva potuto anche starle bene, ora quel tempo era giunto al capolinea. Perché dalla sua fallibilità era dipesa una vita. E da una sua bugia ne dipendevano molte altre.
Al momento, quindi, oltre che essere una donna dalla fallibilità da appurare, era anche una donna confusa e vagamente intimorita. No. Forse intimorita non era il termine più adatto, ma scombussolata scuramente sì.  
Il fatto era che non riusciva più a concentrarsi, qualsiasi cosa facesse. Beveva un tè e pensava a lui. Svolgeva delle analisi e pensava a lui. Quando un paio di ore prima perfino nel dormiveglia la sua mente in qualche modo aveva registrato il fatto che pur nella sua poca lucidità, stesse pensando a lui, Molly aveva deciso che fosse arrivato il momento di agire e di farlo immediatamente.
In piedi nel cimitero, tremante e infreddolita, con gli occhi socchiusi a leggere l’iscrizione incisa sul marmo della pietra tombale, il tutto però assumeva una luce diversa, infinitamente più stupida e meno illuminante. Cercò di fare mente locale, combattendo la sensazione del sentirsi una sciocca e peggio, di starsi anche impegnando a dimostrarlo con il suo comportamento.
Ricapitolando dunque. Aveva buoni motivi per credere che Sherlock stesse bene. Buoni motivi, ma non l’assoluta certezza. Rimpiangeva di non essere stata presente il giorno del funerale. Magari adesso avrebbe avuto una risposta sensata al posto di quel guazzabuglio sconnesso che aveva in testa. 
E come? Anche in quel caso, infatti, come avrebbe potuto ottenere l’evidenza di una semplice impressione?
Scoperchiando una bara, rivelandola vuota, scandalizzando gli amici e sbugiardando la messa in scena magistrale di un truffatore?
Tradendo una fiducia a stento, e immeritatamente forse, conquistata?
Non aveva il cuore spezzato dal dolore lei. Non come John, non come Mrs Hudson. E i nervi… per quanto non d’acciaio ancora tenevano quelli. La reggevano. Anche se la lucidità non era mai stata il suo forte.
Eppure era a lei che Sherlock si era affidato in quel frangente. Chi altri avrebbe acconsentito, d’altronde? Quante altre amicizie coltivava il consulente investigativo troppo intelligente e astuto? Quanti conosceva al Barts pronti ad aiutarlo e ad offrire quello che lei era stata disposta a fare senza quasi battere ciglio?
Rubare, mentire. Una ladra bugiarda. Ecco cosa era diventata.
E pure l’avrebbe rifatto ancora, disse a se stessa in un impeto d’orgoglio e risolutezza. Mille e mille altre volte se necessario, se questo fosse servito a salvarlo.
Se solo ne avesse avuto la certezza però.
Se solo avesse potuto essere sicura che il prezzo era valso a qualcosa. Che fosse servito, che fosse stata utile una volta tanto.
- Non si muova, signorina Hooper. -
La voce, nel freddo di quel pomeriggio uggioso, era intimidatoria e pastosa. Morbida quanto doveva esserlo la pelliccia di visone che le circondava le spalle, il manicotto in cui teneva al caldo le mani che riusciva a immaginare senza sforzo bianche e morbide, curate. Non come le sue che erano screpolate e con le unghie spezzate, rosicchiate sino alla carne viva per il nervosismo.     
Aveva ripreso il vecchio vizio di adolescente insicura negli ultimi tempi, quello che aveva smesso davanti ad un’osservazione poco felice sulle presunte cause da ricercarsi dietro quel tic.

Sempre lui maledizione. - Non si giri e mi ascolti – aggiunse la voce.
Non le aveva premuto niente contro la schiena, magari un’arma ad avvalorare la natura reale di quella richiesta effimera, dietro cui si celava un ordine che era tassativo. Ciò nonostante Molly obbedì, un poco intimidita. Non voleva scontri e poi doveva ammetterlo: sin dalla prima volta che aveva sentito parlare di lei, aveva sempre desiderato incontrarla, pur se in circostanze e luoghi diversi. L’ultima volta che l’aveva vista, o meglio che aveva creduto di vederla, era stata nuda su un tavolo operatorio, col viso sfregiato. Presunta morta. Il fatto che non si sentisse particolarmente turbata o sconvolta all’idea di saperla alle sue spalle, viva, non la sorprese. Non era la prima e presumibilmente, sperava che non sarebbe stata l’ultima a morire per finta.   
- So chi è lei – disse senza voltarsi e si congratulò con se stessa per il tono fermo che aveva usato.
- Non me ne stupisco, cara. Ognuno ha studiato la propria lezione con lui. –
Irriverente, calma, sfacciata. Irene Adler era tutto questo e molto altro. Riuniva sicurezza, potere, bellezza. Il riflesso di chiunque si fosse guardato nello Specchio delle Brame.
Non il suo però. - Cosa vuole? –
- Nulla che lei non possa darmi. – Appena più dura mentre si chinava all’altezza del suo orecchio e scandiva due semplici parole: - Una risposta. –
- E perché viene a chiederla proprio a me? – domandò Molly aggrottando le sopracciglia. Anche nel vento pungente le arrivava un profumo sottile, elegante. Sicuramente costoso.  
- Le retrovie sono sempre ben informate in una guerra, malgrado ogni pregiudizio al riguardo. Chi si curerebbe mai di ciò che nasconde un soldato quando ci sono capitani e generali da catturare? – Anche senza guardarla, le parve quasi di vedere il suo sorriso impenitente, divertito. Il collo le doleva nello sforzo di non voltarsi a controllare.
- Ma lei non la pensa così – Molly si sentì in dovere di chiarire.
- Certo che no. Ciò che si tende a dimenticare è cosa siano stati quegli stessi comandanti in principio, prima di ricoprire qualsiasi carica di spicco. Io non commetto quell’errore, non dimentico chi ero, cosa sono stata. Dunque eccoci qui, con la mia domanda pronta ad essere posta e a cui lei risponderà con assoluta onestà. – Le toccò la spalla in un gesto casuale, quasi per richiamare la sua attenzione, ma con le dita scese ad artigliarle il braccio, brusca, letale. In una minaccia appena velata. - È tutto vero? – chiese in un’inflessione d’urgenza.
Molly non era così stupida da non capire a cosa si riferisse. Si trattenne a stento dal liberarsi dalla morsa con uno strattone e deglutì. - Non lo so – ripose con una franchezza che era dolorosa a lei per prima. La presa al braccio si sciolse immediatamente lasciandole sulla pelle un’eco pulsante. 
- È sincera – confermò Irene con approvazione. - Tuttavia non sembra disperata. Questo mi porta a credere che sappia qualcosa di cui altri non sono a conoscenza. –
- Potrei solo essere il tipo di persona che spera molto – tentò Molly, non sforzandosi neppure di suonare convincente.
- Quello è fuor di dubbio. – C’era l’ombra di un sorriso che subito sbiadì. - Non ne ha la certezza. È per questo che è qui. –
Molly annuì, non poteva fare altro. Non aveva neppure la forza di voltarsi ad osservarla direttamente. Solo quella di immaginarla, ricreare ogni sua espressione ricavandola dal tono di voce. - Ho solo la fiducia – disse ed era ammettere abbastanza. Dopo si sentì scoperta e nuda sotto lo sguardo di lei che le fissava la schiena ed ora percepiva appuntato alla nuca.
- Come me – la sentì rispondere.
- Come tutti del resto – ribatté con una sorta di amarezza involontaria.
Lei la colse e sorrise senza discrezione. -  Il mondo è formato per la maggior parte da bugiardi, creato da bugiardi e manovrato da bugiardi. Nei secoli l’intera storia è stata scritta sulla scia delle loro menzogne. Non starei qui a crucciarmi per una singola bugia detta a fin di bene. –
- Non sono come lei. Mentire non fa parte di ciò che sono. –
- Pensa che per qualcuno lo sia? All’inizio vale per tutti, ma subdolo non è male. Così come onesto non deve essere necessariamente bene. Paura e coraggio. È solo un modo come un altro per definire la stessa cosa. Le due facce di Giano. Vincere o perdere. In entrambi i casi qualcuno ottiene qualcosa perdendo qualcos’altro. –
Molly si accigliò. - Perché mi sta dicendo tutto questo? –
- Per offrirle l’evidenza che cerca. La mia risposta l’avevo già. L’ho avuta ben prima di venire qui. Gliela regalo. La consideri un pegno di amicizia o di stima. Di gratitudine per quel che sappiamo entrambe che ha contribuito a salvare. –

Le stava dicendo che… scacciò l’euforia a più tardi, a quando sarebbe stata sola, nel suo appartamento, a registrare appieno il significato recondito di quell’incontro.    
- Rimango solo un soldato – si costrinse a far presente.
- Forse, – riconobbe Irene in tono di circostanza, - ma sono i soldati a fare gli eserciti, non i generali. –

Non sono loro a decidere le sorti della battaglia però, pensò Molly.
Grazie, avrebbe voluto dire, ma sarebbe stato inutile e superfluo. Per Sherlock almeno sarebbe stato di certo così, ma per Irene, chissà? Nell’indecisione lo bisbigliò e voltandosi da sopra la spalla ad osservarla finalmente, la colse di profilo mentre le rivolgeva un cenno d’intesa. Ed eccola là Irene Adler, abbagliante anche se camuffata da vedova in lutto. Da sotto il cappellino, con la veletta abbassata sul viso pallido e bello, gli occhi azzurri parvero strizzarsi in un gesto di complicità.
Per un momento le sembrò di vedere un altro paio d’occhi ugualmente chiari, ma quelli erano tremolanti nei ricordi. Pareva già passato troppo tempo dall’ultima volta che li aveva fissati. Aveva provato per anni a saldarli nella memoria, senza risultato e fallendo sempre. 
Sherlock era sfuggente in ogni caso. Imprevedibile. Nella realtà come nell’irrealtà della fantasia.

 

Da: La Donna
Ho saldato il mio debito. Molly-hogan* è stato risolto. Non era necessario ad ogni modo. A quanto pare aveva fiducia.

 

 

Da qualche parte in un vicolo laterale, un cellulare vibrava nella tasca interna di un soprabito. Le campane risuonarono a morto nel silenzio del cimitero vicino mentre una ragazza usciva a testa bassa nel riverbero stemperato del sole calante, tenendosi il colletto del cappotto sollevato con una mano. Procedeva a passi piccoli e svelti lottando contro il vento, in viso un’espressione assorta, ma anche inequivocabilmente serena. Un attimo dopo l’ombra nella stradina era già scomparsa, in un’illusione che si rivela semplicemente per quel che è.

 

 


N/a:
Avevo giurato a me stessa che non avrei mai scritto su Sherlock. Perché Sherlock è Sherlock e so di non esserne all’altezza, che non lo sarò mai anzi. Eppure eccomi qui, abbacinante nella mia promessa spezzata xD
Amo il personaggio di Molly. Amo quella che può essere considerata la sua rivalsa, o meglio l’inizio della sua rivalsa, nel finale della seconda stagione. Amo il modo in cui lei si rapporta a Sherlock e come lui, malgrado il suo essere crudelmente sincero e sprezzante, non riesca ad esserlo troppo con lei, non senza sentirsi in colpa. non senza costringersi a chiedere perdono.
Molly è qualcuno in cui tutti noi possiamo rispecchiarci. È il nostro riflesso, non dello Specchio delle Brame, ma della Realtà. È leale, gentile, forte. Ha l’aria di porsi mille e mille problemi. Quando è nervosa balbetta e chiede scusa ogni tre parole.  
Spero che questo esperimento, perché di questo si tratta, abbia rotto il ghiaccio e che sia piaciuto a qualcuno. Che i personaggi e le loro reazioni siano verosimili. A mia difesa posso solo dire di aver resistito finché ho potuto. Ieri mattina però l’immagine di questo scambio era così a fuoco nella mia mente che non ho potuto fare altro se non tradurla in parole. Un abbraccio a tutti ;)    
* Molly-hogan: traducevo facendo doposcuola a mio fratello e l’occhio mi è caduto lì. Direttamente dal vocabolario d’inglese, la parola significa rompicapo, puzzle. Ho pensato che per un messaggio in codice andasse bene.      

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Ruta