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Autore: _InkHeart_    22/05/2012    3 recensioni
Audrienne e James sono due ragazzi come tanti.
Pieni di passione,sogni e speranze.
Si troveranno insieme ad affrontare l'inferno su di una nave che cambierà la storia.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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lettere 2 Quella mattina del 10 aprile,il molo di Southampton era invaso di gente.Naturale.Tutti ammiravano il miracolo dell'industria navale.La nave destinata a cambiare il mondo: il Titanic.
Personalmente non mi importava nulla di quel bestione.Il mio obiettivo era quello di arrivare a New York,nulla di più.
Seduta sulla mia valigia,osservavo annoiata il via vai di carrozze dalle quali spuntavano puntualmente preziose scarpette di seta.
La differenza sociale,quella mattina era visibile.Da una parte i ricchi,quelli che avrebbero viaggiato nelle prime classi.Dall'altra le persone come me,che avevano come unico scopo quello di rifarsi una vita nella città dei sogni.
Correva l'anno 1912.Avevo da poco compiuto sedici anni.Non ero l'unica ad essere così giovane.Altre ragazze della mia età si sarebbero presto imbarcate sul Titanic.Le invidiavo,ad essere sincera.Invidiavo i loro bei vestiti eleganti,i loro boccoli regali,la loro espressione così serena e soddisfatta.E la loro sicurezza di avere una famiglia accanto.
Come a ricordarmi di non essere sola,l'enorme Terranova accanto a me prese a leccarmi la mano sgocciolando sui miei pantaloni.
-Se fai così davanti a tutti non ti lasceranno nemmeno salire,Gordon-,lo rimproverai.
In risposta quello uggiolò e ritornò nella sua posizione originaria,composto e imponente come sempre.
Dovetti aspettare quasi un'ora prima di poter salire sulla nave.D'altronde,ai passeggeri di ultima classe va solo quel che si meritano.
La nave in sé era magnifica,devo ammetterlo,ma l'alloggio che mi venne riservato ribaltò istantaneamente l'opinione positiva che mi ero fatta fino ad allora.
Dividevo la stanza con altre persone,ma mi ero preparata a tale evenienza,così non ci feci caso.
C'era una puzza assurda là sotto.Puzza di pesce,sudore e fumo.Nascosi le poche cose che avevo sotto il mio letto -non ero sicura di potermi fidare- e,accompagnata da Gordon,uscii sul ponte.
Sembravano tutti entusiasti,in particolare quelli della prima classe che già discutevano delle proprie lussuose sistemazioni con i familiari.
Poggiai i gomiti sul parapetto e il mento sulle mie mani chiuse a pugno.E ricordo,sorrisi,fissando l'orizzonte.Ero felice.


Il pomeriggio passò senza intoppi e su questo punto non vi è nulla di importante da dire,a meno che io non me sia dimenticata.Erano ore ormai che fissavo il mare persa nei miei pensieri,nei mie progetti.
-Bel cane,signorina-.
Mi voltai quasi spaventata.A pochi metri da me c'era un ragazzo che non dimostrava più di venti anni.Aveva i capelli scuri spettinati,che spuntavano in diverse direzioni da sotto un cappellino.Sorrideva.E,dovetti constatare,aveva davvero un bel sorriso.
Dagli abiti abbastanza laceri dedussi che appartenesse alla mia stessa classe.
Gli sorrisi.
-Si chiama Gordon.Visto così fa paura ma in realtà è un gran fifone-.
Gli occhi intelligenti del ragazzo parvero accendersi.
-Fa comunque la sua figura,devo ammettere-.Esitai.
-Può toccarlo se vuole-.
Con un sorriso ancora più ampio,il ragazzo mi si avvicinò e,chinatosi accanto a Gordon,cominciò a grattarlo dietro un orecchio,accompagnando il gesto con qualche lieve sussurro.
-Sai che sei davvero un bel cane,eh?Non come quei topi dei ricconi-.
Senza volerlo scoppiai a ridere.
Il ragazzo spostò lo sguardo su di me.
-Dispiace ammetterlo ma sono veramente orrendi,uno scherzo della natura-.Lo sguardo serio con cui accompagnò questa frase non fece altro che prolungare la mia risata.
Con un movimento fluido il ragazzo si alzò e mi porse una mano.
-James Backer,se posso-.
Gliela strinsi.
-Audrienne Logane-
-Dunque,Audrienne,cosa ti...-,si interruppe,per assicurarsi che non decidessi di correggerlo.Non lo feci.
-Cosa ti porta a New York?-.
Mi strinsi nelle spalle.
-Quello che vogliono tutti,suppongo.Un lavoro,una casa...una vita insomma-.James mi guardò divertito.
-Non hai detto la parola magica-
-Varrebbe a dire?-
-Soldi.A quanto pare la gente come noi parte solo per questo-,disse con semplicità.
-Perchè,tu no?-,lo interrogai.
-Prima arriviamo poi ci penso-,spiegò.Lo trovai un ragionamento abbastanza coerente.
-Mi sembra giusto-.
Tornai a fissare l'orizzonte.Sentivo il suo sguardo su di me.
-Sei una ragazza strana,sai?-
-In senso buono,vorrei sperare-,ridacchiai.Sfoderò un gran sorriso.
-Assolutamente.Hai un non so ché di bizzarro...-.
Forse.I capelli castani corti fino agli zigomi potevano essere un inizio.Di solito le ragazze li tenevano lunghi,sciolti in una miriade di soffici boccoli dorati.Vestivo poi con abiti maschili,altri non potevo permettermeli.
-Non sono mai stata una gran dama,non so se mi spiego-
-Non intendevo questo...è come parli...sei diversa-,concluse semplicemente.
Tornai a guardare le onde.
-Ho vissuto in un orfanatrofio fino all'età di dodici anni.Si cresce in fretta in posti del genere-,confessai.Un attimo dopo aver pronunciato quelle parole me ne pentii.Insomma,mi stavo confidando con un quasi perfetto sconosciuto.
Mi sorrise dolcemente.
-La mia è una storia simile.Mia madre morì di parto,così mio padre si ritrovò a dovermi crescere completamente solo-,spostò lo sguardo verso l'oceano,-E' morto anche lui qualche mese fa-.
Non sapevo cosa dire.
-Mi dispiace-.Fece spallucce.
-Sto per realizzare il suo sogno,no?Vedrò New York,avrò una casa,un lavoro e magari anche una famiglia-
-Dopotutto allora i miei progetti non sono così diversi dai tuoi-,gli feci notare.
Si voltò nuovamente verso di me.
-No,forse no-.
Restammo in silenzio per qualche minuto,osservando Gordon abbaiare ai gabbiani.
-Beh,ora sai chi sono e io so chi sei.Da questa situazione posso quindi dedurre che siamo amici?-.
La domanda mi prese alla sprovvista,per cui impiegai un po' a rispondere.
-Sei il primo essere umano a cui ho rivelato metà della mia vita-
-Quindi è un sì?-
-Può darsi-,risposi vaga,sorridendo.James si illuminò.
-E magari,proprio perchè non è del tutto escluso che io non sia tuo amico,ti andrebbe di ballare con me questa sera?Così mi racconti anche l'altra metà della tua vita-.
Cosa avevo da perdere?Era carino,dolce,simpatico e ci sapeva fare con le parole.
Allora accettare mi sembrò una cosa stupida.Non sapevo dove mi avrebbe poi portata la sua amicizia.Allora,non potevo sapere come sarebbe finita.
-Testimoni i pesci,accetto-.


Quella sera e nei giorni successivi imparai a conoscere meglio James.Scoprii che gli sarebbe piaciuto diventare dottore,che aveva uno spiccato senso dell'umorismo e che sapeva recitare a memoria numerosi passi di Shakespeare.
E grazie alle nostre numerose improvvisazioni con la chitarra scoprii che era molto ben informato su qualunque genere musicale.
-Conosci Debussy?-,mi domandò allegro una volta.
-Se conosco Debussy?Ma dai,che domande!-,scoppiai a ridere.-Certo che lo conosco,adoro la sua musica-
-Clair de lune?-
-Soprattutto Clair de lune-,ci tenni a sottolineare.
-Che immagine abbineresti ad un'opera simile?-.Alzai un sopracciglio.Che domanda strana.
James si alzò con un sorriso e mi prese una mano.
-Vieni con me-.
Uscimmo sul ponte,dove finalmente potemmo prendere una fresca boccata d'aria.
James mi tirò dolcemente fino al parapetto.
-Guarda-,mi sussurrò,indicandomi la luna.
Su nel cielo,circondata da una moltitudine di stelle che parevano diamanti,splendeva imponente,illuminando il cielo nero della notte.
-Ora capisco cosa intendevi prima-,sorrisi estasiata,stringendomi appena nelle spalle per via del freddo.
James coprì le mie mani con le sue,intrappolandomi così tra le sue braccia.
-E' splendida,vero?I soldi e la fama non potrebbero mai sostituire uno spettacolo così bello-
-Ne sono convinta.“E' tutta colpa della luna,quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti”-,sorrisi tra me e me.
-Shakespeare-,tradusse al volo James.
Sentii il suo respiro sul mio collo.Mi girai impercettibilmente verso di lui e avvertii le sue labbra vicino al mio orecchio.
-“Vorrei essere un pensiero per accompagnarti durante il giorno e vorrei essere un sogno per stare con te tutta la notte”-,sussurrò,facendomi rabbrividire.
Mi voltai completamente e fui sorpresa di constatare che in questo modo i nostri nasi quasi si sfioravano.
-L'amor che move il sole e l'altre stelle-,mormorai,troppo tesa per riuscire a scherzare.
James apparve confuso.
-Non è Shakespeare-.
Scossi piano la testa.
-No-.
E le nostre labbra si incontrarono,sotto il dolce sorriso delle stelle e il candido abbraccio della luna.


Quella mattina,ricordo,fui svegliata da un raggio di sole filtrato attraverso le tendine sporche della stiva.E' ridicolo come certi particolari assurdi e insignificanti si ricordino meglio di altri fatti molto più rilevanti.Ricordo con chiarezza,per esempio,il tocco delle mani di James sul mio viso,il lamentarsi delle assi di legno sotto il peso dei nostri corpi,i vestiti abbandonati in un angolo.E,come ho detto prima,quel fastidioso raggio di sole che mi svegliò di prima mattina.
Sbattei un po' di volte le palpebre,disorientata.Poi,quando il mio sguardo si posò su quello beatamente addormentato del ragazzo al mio fianco,realizzai.
Le immagini della sera prima diventarono più nitide.Ripensai al nostro bacio,tra me e James.E ricordai la fresca brezza serale sulla pelle.
Sorrisi quasi senza accorgermene e,come in un sogno,la mia mano si mosse verso il suo viso.
Non appena lo ebbi sfiorato,James aprì gli occhi.
-Buongiorno-.
Gli sorrisi.
-Buongiorno-
-Ha dormito bene,signorina?-
-Magnificamente,oserei dire-.
Leggermente barcollante,forse ancora assonnato,James si tirò a sedere e mi prese il viso tra le mani.
-Sei splendida-,mi sussurrò avvicinandosi.
Non dissi nulla e lasciai che le nostre labbra si toccassero ancora una volta.
-Sai,vorrei sapere qualcosa di più su di te-,dichiarai una volta finito il bacio.
James alzò un sopracciglio con aria furba.
-Pensavo di averti detto tutto-.
Scoppiai a ridere.
-Ti conosco solo da tre giorni,devi aver sicuramente tralasciato qualche dettaglio-
-Per esempio?-.
Riflettei per un attimo.
-Sei...mai...andato...a pescare?-
-A pescare?-,scoppiò a ridere,-Davvero ti interessa sapere se sono mai stato a pescare?-
-Potresti sforzarti di rimanere serio per qualche minuto?-,mi indignai,colpendolo sulla spalla.-Sei obbligato a rispondere-.
James smise piano di ridere e fece finta per qualche secondo di riflettere.
-A pescare,eh?-,mormorò ormai serio.
-A pescare-
-Beh...una volta,quando ero piccolo,credo.Non ne sono proprio sicuro,però.Di certo non sono un bravo pescatore-.
Scossi la testa divertita e mi rannicchiai contro di lui.
-Comunque un pescatore-.
James cominciò a giocare con i miei capelli.
-Sì,ma non uno bravo-
-Sei assurdo!-,sbottai tornando a sorridere.Si unì alla mia risata.
-Ora tocca a me-,mi ricordò tornando di colpo serio.
-Sentiamo-
-Sei mai stata su un aereo?-.Scossi la testa avvilita.
-No,ma mi piacerebbe davvero tanto-
-Ci andremo insieme allora,quando saremo a New York-,mi promise James,sicuro di se stesso e delle sue parole.
-Guarda che le promesse si mantengono,non puoi tirarti indietro-,gli ricordai.
Mi strinse più forte tra le sue braccia.
-E io ti assicuro ci andremo-
-Guarda che ti credo-
-E fai bene-.
La conversazione cadde in un silenzio amichevole,ricco di tutte quelle emozioni che le parole sole non sanno esprimere.
Vidi James chiudere gli occhi,così tornai a concentrarmi sulle assi di legno del pavimento.
Sentivo il mare in lontananza,gli strilli acuti dei gabbiani in volo nel cielo,l'infrangersi delle onde sulla chiglia della nave.
-Non sono mai stata a teatro-,ricordai all'improvviso.
James riaprì gli occhi.
-Mai?-.
Scossi il capo.
-Questo è imperdonabile,signorina,dovremmo rimediare appena possibile-
-Tu invece?Ci sei mai stato a teatro?-.
James sfoderò un sorriso scaltro,arruffandosi con una mano i capelli scuri.
-Due o tre volte,ma sempre imbucato,sia chiaro-
-Non c'era dubbio su questo-,assicurai.
-Mi hai preso per un criminale?-,mi istigò James fingendosi offeso.
Mi alzai ridacchiando,andando verso i miei vestiti gettati a qualche metro di distanza sul pavimento.
-Potrebbe darsi,infondo io non so quasi nulla di te-,dissi girandogli la schiena.
-A parte il fatto che non sono un bravo pescatore-
-Non so nemmeno quanti anni hai-,pensai ad alta voce,mentre mi infilavo le maniche della camicia.
Sentii James alle mie spalle andare a riprendere i suoi vestiti.
-Diciannove-.
Più o a meno avevo indovinato.
-Non mi chiedi quanti ne ho io,allora?-
-Vediamo-,ridacchiò James,la voce un po' smorzata per via della camicia che si stava infilando.-Diciassette-.
Mi sedetti per terra per rigirare il risvolto dei pantaloni.
-Non ci siamo-
-Diciotto-
-Niente-
-Andiamo,non puoi avere la mia età-.
Mi strinsi nelle spalle.
-Sedici-,confessai,infilandomi la prima scarpa.
-Sei piccola-,rise James.
Alzai gli occhi al cielo.
-Sei arrivato a darmene diciotto-
-Ma sei piccola-
-James!-,protestai,alzandomi in piedi e pestando i piedi per terra.Forse aveva ragione,ero una bambina.
-Sì?-,mi derise.
-Sei veramente,veramente impossibile-
-Addirittura?-.
Scoppiammo insieme a ridere.
-Andiamo?Devo portare fuori Gordon-,dissi cercando di riprendere il controllo.
-Potrei anche essere geloso di quel cane-.
Lo presi per mano alzando gli occhi al cielo e insieme ci dirigemmo verso le scale.
Passammo tutto il giorno sul ponte,a parlare.Non ricordo altro.Solo che eravamo felici,pensavamo che nulla sarebbe potuto andare storto,eravamo giovani e spensierati e il nostro traguardo si stava avvicinando.Ad oggi,mi viene da pensare che per me su quella nave c'eravamo solo noi.Gli unici visi familiari erano quelli dei ragazzi che la sera si riunivano a cantare attorno a una chitarra.Giovani,entusiasti.I loro nomi li ho scordati da tempo,ma il loro sorriso è qualcosa che mi resterà per sempre nel cuore.Quello non l'ho dimenticato.Forse,se avessi saputo cosa sarebbe successo di lì a poche ore,li avrei salutati uno per uno stringendogli la mano,e magari mi sarei presentata,dicendo che anche io ero come loro,anche io mi ero lasciata tutto alle spalle.Forse,se avessi saputo cosa sarebbe accaduto,gli avrei chiesto di raccontarmi la loro storia.Il loro passato.
Perchè c'erano persone che come me e James arrivavano da Londra e altre che non sapevano una parola in inglese ma che comunicavano tramite i gesti.Forse avevano lasciato una famiglia.Forse dei bambini.Ma non sapevo nulla.E non avrei mai potuto saperlo.
Verso le nove di sera io e James riportammo Gordon nel mio alloggio e,come la sera precedente,arrivammo soli,mano nella mano,alla stiva.
E ancora,come la sera precedente,l'unico ricordo che conservo di quel momento furono le sue labbra sulle mie.


Quando aprii gli occhi era buio pesto,e faceva freddo.
Sentivo il corpo di James accanto al mio,ma ciò non bastò a tranquillizzarmi.Dicono che quando sta per accadere qualcosa inconsciamente lo percepiamo.Non so come,ma quella sera mi svegliai con un cattivo presentimento.
Mi infilai rapida i vestiti e spiai fuori dall'oblò.Qualcosa non andava.Le luci della nave erano accese e quasi mi sembrava di sentire la gente urlare.
Terrorizzata,corsi a svegliare James.
-James!James!-
-Audrienne...cosa...-
-James,c'è qualcosa che non va...la gente...-.
In pochi minuti James si fu alzato e vestito.Mi prese per mano cercando di calmarmi e mi condusse sul ponte.
Lo spettacolo agghiacciante che ci si parò davanti ci paralizzò entrambi sul posto.
La gente urlava e correva da tutte le parti rischiando di finirci addosso.
Sentivamo i bambini piangere tra le braccia delle propie madri e i cani ululare.
Ma la cosa più sconvolgente la notammo in un secondo momento:la nave era inclinata in una strana posizione e sembrava che stesse imbarcando acqua.Le luci funzionavano a intermittenza rendendo ancora più spaventoso lo scenario che si parava davanti ai nostri occhi.
Ricordo chiaramente di aver pensato che fosse tutto un sogno.Un qualcosa di surreale,che non poteva esistere veramente.
Terrorizzati,io e James ci fissammo negli occhi per un istante che parve infinito.
-James,cosa facciamo?-,urlai presa dal panico,riuscendo a malapena a farmi sentire in quell'inferno.
Mi strinse a sé.
-Dobbiamo correre alle scialuppe-.Fece per tirarmi in avanti,ma non mi mossi.
-Devo prendere Gordon,non posso lasciarlo qui-.
Mi guardò spaventato.
-Non puoi tornare giù-
-Non lo lascerò qui-,la decisione con qui pronunciai queste parole dovette fargli credere che non mi sarei mossa di lì senza quel cane,così desistette e,afferratomi per un braccio,mi trascinò nuovamente giù per le scale.
Sentivamo la nave inclinarsi sempre di più,le luci andavano e venivano e l'acqua,nella stiva,aveva già raggiunto il metro.
Sentivo abbaiare al di là della porta che ci separava dal mio alloggio.Come la aprimmo,un ammasso di pelo nero come il carbone ci saltò addosso spaventato.Forse aveva capito cosa stava succedendo.
Agganciai Gordon per il collare di cuoio e,arrancando nell'acqua gelida,io e James lo trascinammo verso il ponte.
Corremmo a perdifiato verso le scialuppe di salvataggio,facendoci largo tra la folla.
Mi sembrava di andare a rallentatore,come se tutto intorno a me si stesse muovendo più lentamente.Vedevo le persone cadere o buttarsi di proposito dalla nave nell'acqua gelida dell'oceano.
Sentivo le donne urlare.
E fu allora che lo vidi.E da allora non me lo dimenticai mai più.Un bambino,piccolo,illuminato dalla tremula luce di un lampione.Piangeva,doveva essersi perso.Avrei voluto correre da lui.Aiutarlo.Ma le mie gambe non sembravano più agire secondo il mio pensiero.Ero come paralizzata.
E poi,quando finalmente scattai in avanti,fu troppo tardi.Una ciminiera cadde davanti a noi,togliendomi la vista del bambino e facendomi cadere all'indietro.
Urlai,tappandomi la bocca con una mano.
-Audrienne!-,James mi prese al volo,un attimo prima che toccassi terra.
-Audrienne,dobbiamo andare-,sentivo Gordon uggiolare accanto a me.
Avevo ancora fissa nella mente l'immagine del bambino.Forse era ancora vivo.
Ma non lo scoprii mai.La paura ebbe la meglio e,con la vista offuscata dalle lacrime,fui costretta da James a proseguire verso le scialuppe.
Eravamo quasi arrivati,quando le nostre mani si separarono.
La folla spinse James all'indietro,facendolo cadere,insieme ad altre persone su una delle scialuppe,che non potendo reggere tutto quel peso si staccò e cadde in mare.
-James!-,urlai disperata.
La scialuppa era già a metà quando si era staccata dal supporto ed era caduta in mare.L'impatto non doveva essere stato così forte.
Mi sporsi verso l'esterno.E constatai con sollievo che la scialuppa era ancora intera.James era salvo.Ora ero sola.
-Audrienne!Salta!-,lo sentii gridare,dettato dalla paura.Se avessi saltato mi sarei sicuramente rotta l'osso del collo.Era troppo alto.
Al mio fianco,Gordon ringhiò.Affondai una mano nella pelliccia,come a volergli infondere una sicurezza che mancava anche a me.
-Audrienne!-,lo sentii gridare.Ma ormai non lo ascoltavo più.
Sentii la nave dare una scossa che mi fece perdere l'equilibrio.Prima che potessi capire quel che stava succedendo,mi ritrovai fuori dalla nave,appesa solo per una mano.
Provai a tirarmi su ma il freddo e la paura mi impedivano qualsiasi movimento.
La nave diede un'altra scossa che la fece scivolare ancora di qualche centimetro verso il mare.Qualcuno mi pestò la mano.Non riuscii più a tenermi aggrappata.Mollai la presa,sfiancata dallo sforzo.Caddi.Per un istante che parve infinito.
Il contatto con la superficie dell'oceano fu atroce.
Sentii i polmoni svuotarsi di colpo e la testa scoppiare per via del gelo.La vista incominciò ad annebbiarsi,poi scomparve del tutto.E persi i sensi.

-Audrienne,Audrienne,respira,ti prego respira-.
Forse era stato solo un sogno.Un incubo.Non sentivo più nulla.Solo l'acqua salata che mi riempiva i polmoni.Tossii un paio di volte,e ad ogni colpo di tosse pareva quasi che la mia testa stesse per esplodere.
-Audrienne,sei in salvo adesso,sei al sicuro-.James.Provai ad aprire gli occhi ma ben presto desistetti.Stavo letteralmente congelando.Sentivo i vestiti fradici e ghiacciati.
Riprovai ad aprire gli occhi.L'azione richiese uno sforzo immane,ma ci riuscii.Dapprima le cose assunsero contorni sfocati,poi divennero chiare e nitide.
James era piegato sopra di me e mi sfregava le braccia per scaldarmi.
Non eravamo su una scialuppa.Sembrava più un armadio.
-James-,mormorai.
-Sono io,tranquilla,va tutto bene-.
Ma non andava tutto bene.La mia mente era ancora occupata dall'immagine del bambino.
Mi tirai a sedere velocemente e,rabbrividendo violentemente,mi sporsi sul mare,presa da un conato di vomito.
Sentivo James battermi colpetti sulla schiena e mormorare qualche frase incomprensibile.
Tornai a sedermi accanto a lui,facendo barcollare pericolosamente la nostra imbarcazione.
-S-sei stato t-tu?A v-v-venirmi a pre-prendere?-.
Mi circondò con un abbraccio.Anche lui era fradicio.
-E' stata una fortuna trovare questo-,disse,battendo lievemente sull'armadio sul quale eravamo seduti.-Quando mi sono tuffato dalla scialuppa non mi hanno aspettato-.
E di colpo realizzai un'altra cosa.
-Gordon!James,è rimasto sulla nave...io....-,sentii le lacrime rigarmi copiose le guance.Ormai il Titanic non era altro che un ammasso di legno in pezzi.Non vi era anima viva ancora sulla nave.
-Non potevi farci niente,Aud,niente-,mi sussurrò James stringendomi ancora di più.
Poggiai la testa sulla sua spalla,distrutta,osservando il macabro spettacolo intorno a noi.Centinaia o forse migliaia di corpi galleggiavano come ombre sulla superficie del mare.Tutti morti.Tutti prede dello stesso destino.
Guardai James.Anche lui,come me,si guardava intorno,nella vana speranza di incontrare lo sguardo vivo di un passeggero o di un membro dell'equipaggio.
Niente.Solo la morte.E il fragore delle onde che si abbattevano insaziabili sulla carcassa della nave che avrebbe dovuto fare la storia del mondo.E forse l'avrebbe fatta.
Potevo sentire ancora la gente urlare.Non mi sarei mai liberate di quelle grida di panico,piene di angoscia.
Potevo sentire ancora Gordon abbaiare.Gordon.Gordon?
Sollevai stupita la testa dalla spalla di James.
-Hai sentito?-
-Cosa?-.
Prima che potessi rispondere sentii un altro fievole abbaio.
-Non può essere-,mormorò James,gli occhi sbarrati.
E lo vidi.Una piccola macchietta scura che tentava con tutte le sue forze di rimanere a galla.Era lì.Poco distante da noi.
-Gordon!-,strillai,incredula.
Insieme,quasi come se i nostri pensieri avessero reagito all'unisono,io e James ci lanciammo in acqua,nuotando con tutta la forza che avevamo verso il cagnone nero.
Sfioravo i morti,nuotando.Le loro mani,fredde e dure come la pietra sembravano quasi volermi accarezzare.Sembravano bramare la vita,che ingiustamente loro avevano perso quella sera.
Con le ultime due bracciate,io e James agganciammo Gordon per il collare,per la seconda volta in poche ore e,usando le ultime forze che ci rimanevano lo portammo in salvo sull'armadio. Fortunatamente era grande e reggeva nonostante l'enorme peso.
Gordon tremava e piangeva,doveva essere rimasto almeno venti minuti nell'acqua gelida.L'aveva sicuramente salvato la pelliccia,folta e piena. Un uomo avrebbe retto la metà del tempo.
Lo abbracciai felice,piangendo un po' dal freddo un po' dalla gioia.
Eravamo di nuovo insieme.Eravamo sopravvissuti all'inferno sulla nave.Ora non restava che attendere l'arrivo dei soccorsi.
Non so per quanto restammo abbracciati in equilibrio precario su quella zattera improvvisata.
Forse minuti,forse ore.O giorni.Ma i soccorsi arrivarono.Una scialuppa di salvataggio,forse per miracolo ci vide e ci raggiunse.Mezzi intontiti dal freddo,io,James e Gordon salimmo sull'imbarcazione,dove ci vennero fornite coperte e bottiglie di whisky.
Da lì ci trasportarono su un'altra nave.Un'altra.E solo allora potemmo considerarci veramente salvi.
Ricordo che James chiese ad un ufficiale quante persone si fossero salvate.Quello rispose che non conosceva il numero con esattezza,ma che secondo un suo amico,i superstiti sulla Carpathia erano circa 800.Ed eravamo partiti in 1500.
Circa una settimana dopo sbarcammo a New York.E da allora vivo lì.Con James.Ha mantenuto la parola,alla fine.Posso dire di aver volato su un aereo e di essere andata a teatro.Ho anche tre figli.E sei nipoti.Per cui c'è stato un lieto fine.Anche per Gordon che,dopo sedici anni da quell'incidente,ha smesso di vivere.Se n'è andato in pace,portandosi dietro l'esperienza di un secolo.
Nonostante ciò,a volte,di notte,mi tornano in mente le immagini di quella sera.Chiare come se le stessi vivendo di nuovo.
Vedo la gente correre.Sento il pianto di un bambino.E le urla disperate della madre che forse l'ha perso.Vedo gli uomini buttare giù dalla nave i mobili,nel vano tentativo di assicurarsi un'imbarcazione.Sento il gelo sulla pelle.I lamenti dei feriti.Di coloro che hanno perso i propri cari.
E mi sento fortunata.E mi sento un'egoista,sapendo che io ce l'ho fatta,mentre i sogni e le speranze di centinaia di sfortunati,sono stati affidati al mare.




*Angoletto dell'autrice*
Eccomi di nuovo!
Mi mancava l'angoletto dell'autrice così ho deciso di aggiungerlo...ehehehe,mi dispiace!
Allora,passiamo al capitolo.Premetto che non ho mai scritto nulla su Titanic,ma ho sempre adorato il film e,sin dalla prima volta che l'ho visto,ho pensato che su quella nave dovevano esserci centinaia di ragazzi che,come Jack e Rose,avevano trovato l'amore.
Ragazzi partiti carichi di sogni e progetti per un futuro che non sembrava poi così lontano.
Inizialmente avevo pensato di far morire James...o Gordon...il lieto fine mi sembrava scontato.
Poi mi sono detta: qualcuno si è salvato,qualcuno ce l'ha fatta.Se James fosse morto avreste immediatamente pensato al finale del film...quindi troppo scontato anche quello xD
Gordon...per Gordon mi sono ispirata ad una storia vera.Un cane -uno piccolo,non grande come lui- è stato ritrovato vivo in mare da dei passeggeri su una scialuppa di salvataggio.
Comunque,vi prego di non classificare questa storia come una di quelle con un lieto fine,perchè,come dice Audrienne alla fine,le immagini e gli orrori di quella notte saranno per sempre per lei come un incubo ad occhi aperti.

Spero che la mia breve storia vi sia piaciuta e gradirei sapere cosa ne pensate in merito!
Un bacio,
Inky







































  
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