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Autore: jennybrava    22/05/2012    14 recensioni
Si diceva che il vecchio Uchiha-sama abitasse nella casa più oscura, sinistra e malridotta del Quartiere del Ventaglio, che trascorresse le sue giornate nel suo studio progettando la distruzione di Konoha e si cibasse dei poveri bambini che erano incappati nel suo cammino.
Naa.
La verità era che il Vecchio non era altro che un pazzo fissato con la ripopolazione del suo clan, coi pomodori e con l'idea che ciascuno dei suoi figli, e i figli dei suoi figli, dovesse sfornare cinque marmocchi a testa prima che le porte del paradiso si potessero aprire alla sua persona.
E questo Aki lo sapeva bene.
{Old!Sasuke}{SasuSaku}
Sasuke le lanciò un'occhiata. «Non sei ancora incinta»
Aki spalancò la bocca, esterrefatta e colta di sorpresa. «C-Cosa?»
«Ho detto» replicò lui, del tutto tranquillo. «.. che non sei ancora incinta»
«H-Ho quattordici anni, jii-san!»
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Ano Jiji Si diceva che il vecchio Uchiha-sama abitasse nella casa più oscura, sinistra e malridotta del Quartiere del Ventaglio, che trascorresse le sue giornate nel suo studio progettando la distruzione di Konoha e si cibasse dei poveri bambini che erano incappati nel suo cammino.
Naa.
La verità era che il Vecchio non era altro che un pazzo fissato con la ripopolazione del suo clan, coi pomodori e con l'idea che ciascuno dei suoi figli, e i figli dei suoi figli, dovesse sfornare cinque marmocchi a testa prima che le porte del paradiso si potessero aprire alla sua persona.
E questo Aki lo sapeva bene.




Ano Jiji



<< E poi.. e poi.. >>
La voce si fece incalzante, seguiva le note del vento che sferzava fuori dalla finestra della loro camera, lo sbattacchiare delle persiane contro la facciata della casetta dove abitavano. Lo sguardo del ragazzino saettò sulle testoline dei suoi fratellini più piccoli, seduti sul letto con lui; i loro occhietti spuntavano appena dalla trapunta che si erano avvolti attorno, per proteggersi dal freddo di quella gelida primavera. E per nascondersi dalle sempre più frequenti e sadistiche variazioni di tono del loro fratello maggiore, tutto preso nella narrazione dell'ennesima
favola della buonanotte.
<< E poi... >> sussurrò. <<.. Ecco che alzo gli occhi e le vedo! >>
<< COSA? Cosa vedi, nii-san?! >>
<< .... >>
Le teste dei due bambini si sporsero nella sua direzione, desiderose di sapere cosa effettivamente avesse visto. Il ragazzino non poté non nascondere il ghignetto malvagio spuntatogli sulle labbra, mera imitazione di un altro uomo che amava come lui ghignare in modo insano.
<< Nii-san! >>
Fu forse sfortuna, nessuno dei tre piccoli lo sapeva: Quando il maggiore si decise ad aprire bocca, dopo una lunga pausa significativa, alzò entrambe le braccia e il sordo rumore di un tuono irruppe nella stanza, accompagnato dal familiare lampo che li illuminò tutti e tre, nel buio più profondo.
<< Le TESTE! Teste in SALOMOIA! La testa di Naruto-jiji infila->>

<< AAAH! >> non ci riuscirono i marmocchi. Proprio no. Pur avendo promesso di rimanere zitti in cambio dell'ennesima favola della buonanotte, ecco che urlavano con tutto il fiato che avevano in corpo.
E il ragazzino, sghignazzando fra sé e sé, non riuscì a non sentire i passi affrettati della loro mamma che accorse allarmata nella loro stanza.
<< Soichiro! >> urlò, spalancando la porta e ben sapendo a cosa e chi, sopratutto, riferirsi. << Quante volte ti ho detto di smetterla di raccontare queste storie?! >> lo rimbeccò, accendendo l'interruttore della luce e affrettandosi a dirigersi verso la coppia di gemelli sull'orlo delle lacrime.
<< Che c'è? >> sbottò lui, candido. << L'hanno chiesto loro! >>
Sua madre gli scoccò un'occhiata carica di rimprovero. << M-Mamma.. >> balbettò la femminuccia, ancora singhiozzante dalla paura. << N-Nii-san ha detto che.. che.. Sas'ke-jiji tiene le teste di tutti i bambini che ha mangiato in barattol- >>
<< Soichiro! >> sbottò sua madre. << ANCORA? La vuoi smettere di raccontare fesserie?... No, tesoro, non è vero. Il nonno non mangia nessun bambin- >>
<< Mamma, pensi che quando avrò tanta fame Sas'ke-jiji mangerà anche me? E se mi mangerà, lascerà la mia testa e la metterà in salamoia? >>
<< Vi ho già detto che il nonno non mangia i bambini >> ripetè dolcemente. << Non date ascolto a ciò che vi dice vostro fratello! >>
<< Ma lo dicono anche i miei amici! >> protestò la bambina. << Anche loro dicono che Sas'ke-jijii mangia i bambini! E che stà tutto il tempo nel suo studio e progetta la distruzione del vill- >>
<< Il nonno non mangia i bambini, capito? E se stà nel suo studio è perché gli piace leggere. E ora basta con le stupidaggini, a letto.. sù! E.. >> Soichiro si irrigidì. << Tu! Non pensare di passarla liscia! Appena tuo padre torna dalla missione sono sicura che non sarà contento di sapere cosa vai a dire del nonno! >>
Soichirò sbuffo. << Ma- >>
<< Niente ma, ragazzino. E ora infilati nel letto e dormi. Avanti! >>



***


Quello che il piccolo Soichiro aveva raccontato non era del tutto falso, in realtà.
Erano molte le ipotesi su come trascoresse le sue giornate il Vecchio, come amavano chiarmarlo i più giovani del clan, quasi tutte screditate per l'assurdità che ricalcavano. A Konoha Sasuke Uchiha era conosciuto come il "Mangia Bambini" o "Il Vecchio Uchiha-sama", ed era vero che trascorreva la maggior parte della sua giornata nel proprio studio (anche se attualmente non pianificava la distruzione del villaggio, visto e considerato che l'attuale l'Hokage in carica era il suo primogenito). Su una cosa, però, tutte le ipotesi andavano d'accordo:
Uchiha Sasuke era vecchio.
Tremendamente vecchio.
Vecchio per essere un semplice civile, immortale per uno shinobi in pensione come lui.
All'età di ottanta anni suonati Sasuke Uchiha ancora non si decideva a tirare le cuoia, e a niente servivano le proteste dei suoi innumerevoli figli (quattro a dire il vero, che a sua volta avevano procreato altri Uchiha da apporre al nuovo albero genealogico) affinché abbandonasse l'oramai vecchia casa dove aveva abitato per un' intera vita (teatro anche del massacro del Ventaglio, anni or sono) e si trasferisse a vivere con uno di loro.
"Papà, sei vecchio, non puoi stare sempre solo. Piantala di fare il musone e vieni a vivere con me, Shikako e i ragazzi. Tanto Hana-chan è sposata ormai"
"Con te e quella Nara? Non ho bisogno di assistenza. Azzardati ad avvicinarti e ti infilo il cucchiaio sù per il naso. Sono uno shinobi, io"
"Ma, Papà.."
"Devo ripetermi, Itachi?"
Così Sasuke Uchiha divideva il suo tempo fra cura del suo orto (dove ogni mese vantava una nuova raccolta di pomodori freschi), nel suo studio e fra le ore trascorse fuori, nel cortile della sua abitazione, intento a scacciare come mosche i marmocchi che erano riusciti ad introfularsi nel quartiere Uchiha soltanto per curiosare attorno.
Sasuke Uchiha era un uomo deciso: non avrebbe abbandonato quel mondo fino a quando il suo primo pro-nipote non avrebbe visto la luce.
E, visto e appurato che la pancia di Hana-chan andava gonfiandosi di mese in mese, non c'era poi molto d'aspettare.
<< Ok, ok ok >>
La voce squillante di Soichiro richiamò all'ordine la riunione di famiglia, o per meglio dire la riunione settimanale fra loro, tutti cugini e abbastanza grandi da saper lanciare un kunai, che come sempre avveniva nel piazzale del Quartiere Uchiha il mercoledì pomeriggio, richiamando anche quei cugini che vivevano fuori dalle mura.
Avevano tutti fra i dodici e i diciassette anni, c'era chi era genin o Jounin; Towaru era addirittura ANBU. Loro erano quelli di mezzo, i loro fratelli o sorelle maggiori o erano appena sposati, o in missione o semplicemente avevano deciso di evadere dal Quartiere e di prendersi un appartamento più vicino alla città. I loro fratellini o sorelline o erano ancora all'Accademia o, come nel caso di Hikari e Soichiro, ancora troppo piccoli per mettere piede fuori casa soli senza correre il rischio di scatenare un putiferio.
Soichiro era il più piccolo del gruppo, preceduto da Hikari, Aki, Shikaku e Towaru. C'era chi era figlio dell'attuale Hogake in carica, come Shikaku e Towaru; chi era figlia dell'attuale migliore Medico di Konoha, come Aki; chi invece aveva come padre aveva il Capitano degli ANBU, come Hikari; e chi infine era figlio di uno dei maggiori esponenti della Divisione Intelligence di Konoha, ovvero lo stesso Soichiro.
Non era una vita facile la loro.
Sopratutto se avevi un vecchio brontolone come nonno.
<< Come sempre! Chi prende il bastoncino più corto paga >> Soichiro tese la mano, stretta su cinque bastoncini in legno. Sghignazzava l'idiota, senza alcun pudore.
Fra sbuffi e spintoni i quattro cugini si avvicinarono fra loro, estraendo a turno un bastoncino dalla mano di Soichiro, il viso trepidante nell'attesa di sapere a chi sarebbe toccata la sventura di quel mese.
Towaru esalò un sospiro di sollievo e appoggiò la schiena contro il tronco di un albero, lieto di essere salvo per l'ennesima volta. Così come lui fece la timida Hikari, e quando finalmente Aki e Shikaku estrassero i loro bastoncini..
.. Soichiro scoppiò a ridere.
<< A-ha. Tocca a te, cuginetta >> ridacchiò, battendo una pacca sulla schiena di Aki, che continuava ad osservare come ipnotizzata il bastoncino fra le sue mani.



***



<< Ne ne.. Sas'ke-jiichan, ci racconti una storia? >>
Era innaturale avere tanti marmocchi in giro per casa, ma per qualche strana ragione Sasuke non riusciva mai ad impedirsi di perdere ore ad osservali, ogni volta che succedeva.
Alcuni erano già grandi, altri erano nati appena da qualche anno; zampettavano allegramente per Villa Uchiha, aprendo armadi, urlando, giocando e riempiendo la casa di risate.
La cena era finita da un pezzo; le donne si erano divise i compiti per pulire la cucina, gli uomini si erano ritirati in salotto per un bicchiere di sakè e qualche chiacchera sulle più recenti missioni. Sasuke, come il capoclan che era, stava giusto meditando di fare altrettanto quando le manine del più piccolo dei suoi nipoti, uno dei due gemelli di Fugaku, gli avevano afferrato saldamente la caviglia.
Su quell'engawa erano rimasti solo i ragazzi, dopo l'abitudinaria tazza di tè, e Sasuke scrutando i loro occhi scuri, a volte azzurri o verdi, ringhiò a bassa voce.
Quei mocciosi erano peggio delle zecche.
<< Una storia? >> rantolò, preso in contropiede. "Sono i tuoi nipoti, papà" la voce di Kakashi gli rieccheggiò in testa. "Ti ammirano. Cerca di trattarli bene".
Soichiro, il più pestifero fra tutti, sorrise a trentadue denti. << Una storia, jii-chan >>
Sasuke corrugò la fronte, e i soliti ciuffi di capelli ingrigiti gli solleticarono le guance. << Volete che vi racconti una storia >>
<< Qualcosa di bello, jii-san >> la voce timida, ma garbata di Hikari lo fece quasi sorridere. << E di molto avvincente >>
<< Allora sarà il caso che vi racconti come quell'idiota del dobe è riuscito a farsi nominare Rokudaime >>



***


L'ultima volta che Aki aveva aiutato il Sasuke-jiji con la sua raccolta mensile dei pomodori, trascorrendo il week-end a casa sua e diventando la sua cameriera personale per tutta la durata di quelle quarantotto ore, era stato diversi anni prima. A quel tempo il Vecchio non sembrava così pazzo, suo fratello maggiore viveva ancora con loro, Hana-neechan stava appena cominciando ad uscire col suo attuale marito e, sopratutto, Sakura-baasan era ancora viva.
Quella mattina fu sua madre ad accompagnarla ai quartieri Uchiha, brandendo un cesto di frutta e un altro paio di scatole dall'aria costosa: sembrava contenta di rivedere il padre.
Facendo parte dell'altra sponda della famiglia, e non vivendo nel quartiere Uchiha, Aki e i suoi fratelli non avevano un gran numero di possibilità di vedere assiduamente il loro vecchio nonno brontolone. Fra missioni, compiti e turni al Quartiere Generale, non sempre avevano l'occasione per intrufolarsi qua e là.
Non che sospettasse che a lui mancasse la loro compagnia - in generale il vecchio Sasuke-jiji non sembrava sopportare molto i suoi piccoli e adorabili nipoti, o almeno non sembrava apprezzare particolarmente la loro compagnia visto quanto urlava loro addosso, spesso.
Tutti i suoi figli lo giustificavano, ma col passare del tempo tutti i suoi cugini - ad eccezione di suo fratello maggiore e Hana-neechan - avevano cominciato piano piano a perdere quel rispetto e rigore in sua presenza. Non esitavano a prenderlo in giro - questo era quello che raccontavano ad Aki -, a nascondergli il suo amato bastone o ad incasinare quelle frequenti cene mensili con tutto il "clan" presente.
D'altronde se Sasuke-jiji sopportava poco quelle pesti dei suoi nipoti Uchiha, aveva un motivo in più per non sopportare la compagnia di Aki e i suoi fratelli:
Non solo non avevano ereditato lo Sharingan - tranne, forse, il suo fratellino, che era l'unico ad avere gli occhi scuri in una famiglia dove il verde e l'azzurro erano padroni -, non avevano neanche ereditato il cognome.
E Aki, spesso e volentieri, si chiedeva se Sasuke-jiji ancora mal sopportasse l'idea che la sua unica figlia (ilsuotesorodifiglia) si fosse sposata in generale, o se si fosse sposata con un Uzumaki.
<< Papà..! Ehilàà! >>
Aki seguì sua madre docilmente: a quell'ora di mattina il Quartiere Uchiha era deserto. Tutti i suoi abitanti erano occupati in altre attività.
Sasuke Uchiha oscillò sul porticato di casa sua, assottigliando gli occhi scuri dietro la patina di vecchiaia che li oscurava.
<< Ah, Mikoto >> borbottò, accettando con una smorfia simile ad un sorriso al bacio che la figlia gli stampò su una guancia, e allungò il bastone sul quale si reggeva. << Hai portato anche la ragazzina >> e Aki capì che si stava riferendo a lei.
<< Non posso stare molto, papà, fra poco inizia il mio turno all'ospedale >> sua madre si voltò verso di lei, caricandole fra le braccia i pacchi. << Questi te li mandano Minato e Kushina >> disse. << Mi raccomando, tesoro, comportati bene >>
Aki sbuffò, roteando gli occhi al cielo. Non era una bambina, per tutti i santi Kami. Sapeva come trattare suo nonno.
<< Non me ne faccio niente dei regali della prole del dobe >> Sasuke aspettò che sua figlia si fosse allontanata per commentare i doni ricevuti, ma non si premurò di tenere bassa la voce tanto che Aki capì che "dobe" era decisamente riferito al caro e vecchio Naruto-jiji.
<< Beh, che fai lì? Non entri? >>
Suo nonno era già sull'uscio della casa, si era voltato e le aveva abbaiato contro con tutta la gentilezza possibile.
Aki annuì e sorrise.
Le era sempre piacuto il Vecchio Sasuke-jiji.


***


Erano tutti piegati in due dalle risate: c'era chi si sosteneva al fratello, o alla cuginetta, chi si asciugava le lacrime dagli occhi.
Sasuke era soddisfatto, non sorrideva certo, ma il modo in cui agitava il suo amato bastone indicava il suo attuale grado di benessere. E vedere i suoi cari nipoti - compresi quelli dell'altra sponda - ridere delle disavventure del vecchio Rokudaime non poteva certo che colmarlo di gioia.
<< E S-Sakura-baasan lo.. lo ha davvero preso a pugni? >> Senji, dell'altra sponda e che per qualche gene recessivo aveva ereditato gli occhi scuri made-Uchiha, cercò di non soffocarsi con le sue stesse risate.
Inconsapevolmente lo sguardo di Sasuke si addolcì. Dopo anni non faceva più male parlarne. << Come era giusto che sia >> e qui Aki, la sorella maggiore di Senji, sorrise con lui.
<< E ricordate >> il suo tono tornò serio e incredibilmente pomposo. << L'idiozia di quella specie è contagiosa. Perciò dovete evitare di frequentare persone idiote, altrimenti verrete contagia- >>
<< ..verrete contagiati da una malattia incurabile e morirete idioti >> una voce divertita finì la frase per lui. << Lo sappiamo, papà. Lo sappiamo benissimo >> con una pacca sulla sua spalla e un sorriso sua figlia Mikoto si sporse su di lui.
<< Tu non dovresti dire niente >> borbottò, sostenuto. << Hai sposato la prol- >>
<< ..la prole del dobe. So anche questo, papà. E non me ne pento affatto. >> e strizzò l'occhi in direzione dei suoi due figli minori, che ancora cercavano di non soffocare dalle risate. << E' ora delle tue vitamine, papà. Alzati, sù. E voi teppisti trovatevi altro da fare che non comprenda dare fuoco alla casa >>
Sasuke sbuffò, incredibilmente indisposto, e fece leva sulle sue gambe per alzarsi dall'engawa. Posò il suo bastone sul legno quando le braccia di sua figlia corsero a sostenerlo per una spalla.
<< Non sono così vecchio, Mikoto >> sbuffò. << So camminare da solo >>
Mikoto roteò gli occhi al cielo. << Una figlia non può più aiutare suo padre, ora? >>
Sasuke si lasciò condurre in cucina, dove trovò Hayako - la moglie di Fugaku - che finiva di asciugare i piatti.
<< Sas'ke-sama, salve >> lo accolse lei, con un sorriso. Sasuke le concesse un cenno del capo, prima di sedersi su una sedia e posare le mani sul bastone, in attesa che sua figlia gli servisse la sua medicina.
<< Hayako-chan, vai pure. Qui finisco io >> le disse lei. << Ho visto i gemelli che correvano in giardino e non sembravano proprio puliti >>
Hayako sbuffò, slacciandosi il grembiule e correndo fuori dalla cucina ridendo. << Quelle pesti >> borbottò, prima di sparire nel corridoio.
Sasuke osservò la sua secondogenita trafficare due istanti fra le credenze; estrarre con sicurezza due bicchieri, due cucchiai. Niente era cambiato nella disposizione degli utensili, era tutto rimasto come sempre era stato, pur essendo passati tanti anni da quando viveva lì.
<< Tieni, papà >> gli porse il suo bicchiere e saggiò il suo. << Non lasciarne niente, mi raccomando >> e Sasuke le scoccò un'occhiata di fuoco. Credeva fosse un marmocchio?
Quando entrambi finirono di bere stettero in silenzio per qualche minuto, ascoltando solo i passi concitati e le risate dei bambini, le voci degli uomini dal solotto. Sasuke sospirò, e posò il suo bicchiere sul tavolo.
<< Vuoi che ti porti dagli altri? >> le chiese lei, gentilmente. Sasuke scosse la testa, una mano in alto. << No, ti ringrazio. Resto qui per un po' >>
Mikoto annuì, portando i due bicchieri sul lavello. << Va bene >> gli disse. << Allora io vado a dare una sistemata ai piani superiori, mh? >>
Sasuke non le rispose: sua figlia faceva sempre così, ed era l'unica alla quale lei permettesse di girare per il piano superiore indisturbata.
Ascoltò i suoi passi lungo le scale e si massaggiò le tempie, sospirando.



*** 
 


Un tempo quella casa era stata illuminata da una luce diversa da quella che proveniva fuori dalle finestre, o dall'engawa che la circondava.
Era stata una luce diversa, una luce dagli occhi verde e dal sorriso radioso.
Aki conservava poche e scelte memorie della sua amata Sakura-baasan, ma nessuna di queste includeva anche solo una parola fuori posto da parte sua. Sakura-baasan era stata luminosa, avvolgente, bastava un suo solo sorriso e tutto tornava al suo posto. Era spirata in un freddo giorno di primavera, alcuni anni prima, nel suo letto - le avevano raccontato -, al calduccio. Con tutti i suoi figli accanto.
Aki invidiava sua madre; aveva ereditato una marea di ricordi che spesso e volentieri sceglieva di condividere con lei, solo per il gusto di vedere gli occhi verdi di sua figlia illuminarsi al solo pensiero.
Per quel che sapeva, e ricordava, il vecchio Sasuke-jiji era cambiato parecchio dalla sua morte: era sempre stato un uomo austero, riservato, ma l'entusiasmo e la vitalità della moglie erano sempre in un qualche modo riusciti a tirarlo fuori dal suo guscio.
Ora non usciva quasi mai di casa, se non per brevi incursioni lungo il Quartiere per tenere sotto controllo la situazione, e trascorreva tutto il suo tempo macchingegnando strani piani nel suo vecchio studio da ANBU, o allenandosi - prima che qualcuna delle sue zie irrompesse in casa, strillando che la sua schiena avrebbe finito con lo spezzarsi.
Sua madre, qualche tempo prima, le aveva raccontato che per spingere suo nonno ad accettare la definitiva pensione da shinobi erano occorsi un Rokudaime, un genio degli Hyuuga e un paio di pugni da parte di Sakura-baasan.
<< Eh..? E voi che ci fate qui? Non siete Uchiha, fuori di qui! Subito! >>
Aki sospirò, soffiando sul tè bollente che aveva appena servito. Dall'alto dei suoi quattordici anni e del suo grado di Chuunin le bastò fare qualche calcolo per immaginare il suo vecchio nonnetto che agitava il bastone verso un paio di bambini introfolatisi per una prova di coraggio.
Quei due giorni erano volati in un soffio, e i suoi cugini erano anche venuti a trovarla - con suo sommo rammarico. Pur essendo sostanzialmente pazzo, burbero e ossessionato dai pomodori - in quei due giorni le aveva chiesto di cucinare qualsiasi ricetta che li vedesse protagonisti - Aki sentiva che suo nonno aveva molte cose da raccontare loro. Che riguardassero il suo oscuro passato, o i suoi giorni sereni, non importava in alcun modo.
Il Vecchio si era anche mostrato relativamente gentile con lei: l'aveva anche allenata, non sorprendendosi quando era riuscita a spaccare il suolo del cortile con un solo pugno (aveva quasi sorriso, in realtà, e Aki era riuscita a captare nei suoi occhi stanchi un baluginio simile alla nostalgia e all'orgoglio), e l'aveva torturata ben poco riguardo alle sue origini, limitandosi a qualche battutina come "Uh, eppure pensavo che l'idiozia del dobe non fosse ereditaria" o "Non dirmi che mangi anche il ramen".
Bussò alla porta del suo studio con il vassoio col té e un pomodoro sopra (uno dei tanti raccolti dall'orto, il giorno prima), stando ben attenta a sentire il solito "Entra" prima di azzardarsi ad aprire. Sasuke-jiji era sempre stato molto ferreo riguardo alla "regola del bussare", e Aki sapeva che gli faceva piacere sapere che ascoltassero quello che lui diceva.
Sua madre glielo aveva detto, tante di quelle volte che oramai ci aveva fatto l'abitudine:
Sasuke-jiji parlava poco, ma quando lo faceva era per dire qualcosa di importante. E Aki, questo, non l'aveva mai messo in dubbio.



***



Il presentimento che stesse succedendo qualcosa di importante al piano superiore si concretizzò quando, venti minuti dopo che sua figlia era marciata fuori dalla cucina, ancora non era tornata.
Sasuke, dopo aver sciacquato e riposto i due bicchieri nella credenza, si avviò a passo di lumaca verso il secondo piano, salendo lentamente le scale col suo solito bastone affianco.
Era qualcosa di istintivo; da quando viveva solo in quella casa cercava sempre di occupare il suo tempo in qualcosa che lo vedesse impegnato al piano inferiore. Raramente saliva al secondo piano, se non per dormire la notte. E la sua secondogenita, da quando aveva appreso il suo nuovo stile di vita, insisteva sempre per occuparsene. Da quando nessuno dei suoi figli viveva più lì era diventato sempre più difficile tenere ordinate le loro vecchie camere e puliti i loro ricordi d'infanzia.
Una volta salito vide aperte le porte e spalancate le finestre delle stanze di Itachi, di Mikoto, anche quella doppia di Kakashi e Fugaku. C'erano stati giorni in cui si era scoperto a curiosarci dentro, osservando letti, comodini, cassettiere, vecchi giochi, vecchi abiti riposti ordinatamente nei cassetti - di quello si era occupata Lei -, lasciando che i ricordi del passato tornassero a danzargli nella mente. Ricordi dove i suoi figli maggiori litigavano ancora per sciocchezze, dove Kakashi poltriva sul divano del salotto e Fugaku correva avanti ed indietro, instancabile. Dove Lei continuava a preparargli la cena e a sorridergli sempre.
A volte faceva ancora un po' male, non come all'inizio, ma faceva male - era raro, oramai. Perché cercava sempre di tenersi occupato con qualcosa; con gli allenamenti - sempre più rari -, con le questioni del Clan - era un capoclan, adesso -, con la cura dei suoi nipoti.
Ma faceva ancora male, a volte, anche a distanza di anni.
Il suo presentimento si fece vivo e reale quando scoprì socchiusa la porta della loro stanza, quella in fondo al corridoio, e passi che vi rieccheggiavano dentro.
Trovò Mikoto con la fronte appoggiata contro il muro, in mano aveva un kimono e Sasuke, se non avesse conosciuto bene sua figlia, avrebbe potuto pensare che stesse piangendo. Ma Mikoto era una donna oramai, era sposata, aveva i suoi figli. E Sasuke aveva accettato questa cosa quasi vent'anni prima, aveva accettato la sua seconda posizione nel suo cuore; era il destino. Lei doveva occuparsi della sua famiglia, e non pensare a un vecchio come lui che ancora dopo anni si ritrovava a vivere nei ricordi.
<< Che ci fai qui? >> le chiese. Non era gentile. In fondo avrebbe dovuto sapere che non gli era mai piaciuto che mettessero il naso fra le sue cose.
<< Scusa >> sussurrò lei, respirando profondamente. << Volevo solo.. aerare un po' la stanza >>
Quasi nulla era suo in quella stanza, Mikoto lo sapeva bene. Suo padre non era mai stata una persona materialista, eppure in quell camera pullulavano fotografie, vecchi abiti riposti nell'armadio, libri, oggetti vari.
Erano tutti di sua madre.
Sasuke si sedette sul letto, posando il bastone per terra e assumendo la sua solita posizione pensativa: anche a tanti anni di distanza, mai aveva smesso di poggiare il mento sulle mani intrecciate.
Mikoto sorrise, e ripose il vecchio kimono rosso nell'armadio. 
<< E' una femmina >> gli disse. << La bambina di Hana-chan >>
Sasuke annuì, e Mikoto capì che stava dando il suo consenso per quella cosa che da lì a qualche giorno sua nipote stessa e il suo marito sarebbero venuti di persona a chiedergli.
Chiamarla come Lei.
Restarono in silenzio per un po', ascoltando di nuovo le voci al piano di sotto, le urla, le risate. Sasuke si sentì in pace come poche volte in vita sua, in quel momento.
<< Ti manca, qualche volta? >>
Lui chiuse gli occhi e sospirò, lasciando che quella familiare sensazione dolceamara gli colpisse il ventre. Era una domanda stupida, lo sapevano entrambi.

Mai le avrebbe detto che qualche volta, ancora, si svegliava nel bel mezzo della notte, ansimando. Non erano più gli incubi a tormentarlo - quelli lo avevano abbandonato tanti anni prima -, ma i ricordi del suo passato, ricordi felici. Sognava i suoi figli, sognava lei, e si svegliava nella notte. E l'unico modo perché tornasse a dormire era rotolare dall'altra parte del letto, quella sua, ed immergere il viso nel suo cuscino, ancora impregnato dal suo odore.
Sasuke sospirò, e chiuse gli occhi.
<< A volte >>



***



In tutti i suoi quattordici anni di vita non era mai stata dentro lo studio di suo nonno, forse perché nessuno l'aveva mai lasciata entrare quando era piccola. Dicevano sempre fosse un posto "per adulti", con dentro documenti "per adulti".
In realtà c'erano parecchio cose interessanti dentro, e molte fotografie.
<< Jii-san >> proferì, dolcemente, perché anche se fuori era "jiji" per lei rimaneva sempre "jii-san". << Ti ho portato del té >>
Sasuke annuì seccamente, e Aki seppe che era il suo modo per dire grazie. Sua madre l'aveva avvertita, sin da piccola, che Sasuke-jiji andava letto dentro.
L'uomo allungò una mano, cercando la tazza sul vassoio e portandosela alle labbra con naturalezza. In quell'istante, fra i barattoli di formalina con dentro campioni di tessuto cellulare (vecchi ricordi di Sakura-baasan, che Aki sospettava fossero attribuiti alle famose "teste di bambini mangiati"), cartine geografiche e rotoli di varia grandezza, l'occhio attento della ragazzina guizzò sul foglio che suo nonno stava compilando.
Le fattezze del disegno ricalcavano quelle di un albero genealogico, cosa che la rassicurava sul fatto che il suo nonnino non stesse cercando di distruggere Konoha. L'albero genealogico iniziava col suo stesso nome e con quello di Sakura-baasan, snodandosi in vari rami. A quanto pareva Sasuke-jiji aveva attribuito a tutti i suoi cugini un numero considerevole di mogli.
Per quel che sapeva a Konoha la poligamia era proibita.
Sasuke le lanciò un'occhiata. << Non sei ancora incinta >>
Aki spalancò la bocca, esterrefatta e colta di sorpresa. << C-Cosa? >>
<< Ho detto >> replicò lui, del tutto tranquillo. <<.. che non sei ancora incinta >>
Non riuscì a non arrossire. << H-Ho quattordici anni, jii-san! >> riuscì a gracchiare. << Non ho nemmeno dato il mio primo bacio! >>
Sasuke sembrò riflettere sulle sua parole, prima di prendere un lungo sorso dalla sua tazza con stoica calma.
<< Giusto >> convenne alla fine. << Ma questo non significa che in un massimo di quattro anni tu non possa dare alla luce un nuovo erede >>
Aki sospirò, riconoscendo in quelle parole la totale ossessione che suo nonno aveva sviluppato per la ripopolazione del loro Clan.
Decise che cambiare argomento era decisamente la strada migliore, in un massimo di una decina di minuti sua madre sarebbe piombata in casa, sorridendo e chiedendo loro come era andato il weekend, in fondo.
Ciò che colpì Aki, ad una seconda occhiata generale nello studio, fu la grande presenza di fotografie appese ai muri, posate sui tavoli, sulle mensole, sulla stessa scrivania del nonno. Aki sapeva per certo che Sasuke-jiji non era una persona così legata agli oggetti.
Era sempre stata Sakura-baasan ad esserlo.
Alcune foto erano ingiallite, dal tempo e dalla poca cura, ma furono quelle che catturarono più la sua attenzione, al di là delle solite foto di sua madre, dei suoi zii, o di tutta la loro famiglia riunita.
C'erano foto del vecchio Team Sette nel corso degli anni, tante foto dei loro amici, foto che Aki ricordava di aver visto sparse per tutta la casa. Sasuke-jiji le aveva riunite tutte lì, e forse in quei lunghi pomeriggi solitari le prendeva in mano e si chiedeva quando sarebbe arrivato anche per lui il momento di raggiungere il suo passato.
Di raggiungere Sakura-baasan, Naruto-jisan, e tutti gli altri.
Aki sapeva che suo nonno era l'unico rimasto in vita della loro generazione. Tutti gli altri erano spirati via anni prima, dolcemente. Per vecchiaia, stanchezza. Certi che nella loro vita avevano raggiunto tutti i traguardi possibili.
Osservò incantata l'unica foto delle nozze dei suoi nonni, e scrutando i tratti aristrocratici e affascinanti del giovane uomo che abbracciava delicatamente la vita di una versione più bella, fresca e luminosa di sua nonna, Aki li rivide nel profilo del vecchio burbero che sedeva a qualche metro da lei, crucciato. Aki rivide in quelle profonde rughe e in quei disordinati capelli ingrigiti lo stesso Sasuke Uchiha che sessanta anni prima era salito sull'altare, giurando eterna fedeltà ad una ragazza chiamata Sakura Haruno.
Forse Sasuke si accorse del suo sguardo, perché smise di osservare il foglio (medito che forse, davvero, tre mogli per ciascun nipote erano un po' troppe) e scivolò con gli occhi su di lei, il viso ancora più rugoso dalla concentrazione.
<< Stai piangendo >>
Aki sobbalzò, e una mano corse ai suoi occhi, costatando la veridicità delle parole di suo nonno. Lacrime scivolavano sulle sue guance, lente ed inesorabili. Si affrettò a cercare di smetterla, perché suo nonno aveva sempre e apertamente condannato la debolezza - sia fisica che mentale - e lei di certo non voleva essere accusata di essere debole quando in realtà era fra le più potenti kunoichi della sua età.
Merito dell'unione dei geni Uzumaki e Uchiha.
Ciò che si aspettò invece non successe.
Sasuke fece vagare lo sguardo sul suo viso; da i suoi disordinati capelli castani, ai suoi intensi occhi verdi, al nastro rosso che legava le sue chiome.
<< Le assomigli >>
La sua voce all'improvviso non le sembrò più burbera e laconica come sempre era stata. Aki si sentì mancare, e osservando il volto di suo nonno scorse un ombra di sorriso sulle sue labbra e qualcosa di più profondo in quegli occhi scuri.
E tutto d'un tratto capì.



***


Due settimane dopo Hana diede alla luce il suo primo pro-nipote.

Ed esattamente sette giorni dopo Sasuke Uchiha sedette sull'engawa della sua casa, posando il suo bastone accanto e sé e sorseggiando una tazza di tè.
Osservando i fiori di ciliegio che danzavano nell'aria di quel pomeriggio di primavera, e pensando che forse era finalmente giunto il momento anche per lui di lasciare quel mondo, chiuse gli occhi e lasciò che il vento lo portasse via.








***





<< Mi sento vecchia >>

Sakura lo osservò con i suoi occhi verdi, arricciando il naso e lasciando che il vento le scompigliasse i capelli rosa. La vide che prendeva un sorso di té dalla sua tazza, pensierosa, e non riuscì a non sospirare.
<< Che idiozie dici? >> sbottò, secco. Non riusciva proprio ad essere sempre gentile.
Lei sbuffò, scoccandogli un'occhiata bieca. << Voglio dire >> disse. << Itachi ha già diciotto anni e Mikoto è già così grande e bella. E Kakashi è già Chuunin e.. >>
<< E Fugaku è appena entrato all'Accademia >>
Sakura sbuffò di nuovo. << Sì, ma non è lo stesso! >> protestò. Era piacevole stare seduti sull'engawa, lasciando che il sole delle quattro del pomeriggio ti illuminasse il viso. Era decisamente decisamente piacevole.
Sasuke alzò un sopracciglio, in un educata espressione perplessa. Sua moglie stava decisamente andando fuori di testa.
<< Fra poco Itachi si sposerà e andrà via di casa, ne sono sicura >> disse, imbronciandosi di nuovo. << E anche Mikoto-chan troverà un ragazzo che ama e deciderà di sposarsi e di mettere su famiglia e.. >> e qui Sasuke ringhiò, decisamente restio all'idea che la sua unica figlia potesse andarsene da casa troppo presto.
E sposarsi, addirittura.
<< Se ti preoccupa l'idea di non poterti più prendere cura di qualcuno.. guarda Fugaku >> Sasuke sorseggiò il té, compito. << Ha sei anni. Puoi tormentarlo per ancora molto tempo, Sakura >>
Sakura non sembrò gradire la sua battuta, perché piuttosto che rispondergli preferì rifilargli un pugno sulla spalla. Era schifosamente debole, e questo fece capire a Sasuke che in realtà stava scherzando.
Ma questo non bastò a toglierle dalla faccia quell'espressione ansiosa e preoccupata. Sakura sentiva di star invecchiando.
<< E' inevitabile >> proferì. << Prima o poi se ne andranno >> parlava lui che al solo pensiero rabbrividiva dal terrore. << Non sei vecchia, Sakura >> le disse. << Sono gli altri che crescono >>
Poi, in un qualche strano modo - probabilmente dovuto al fatto che lei si era voltata e gli aveva sorriso dolcemente, rincuorata - si era ritrovato poggiato alla colonna del porticato con le sue braccia attorno al collo e le sue labbra sulle sue.
La cosa avrebbe potuto evolversi in mille modi diversi - e Sasuke ne conosceva uno particolarmente piacevole - se non ché una voce infantile e disgustata li costrinse a separarsi.
<< Mamma hai vis- >> un urlo. << Ewwwww! Che.. schifo! Nee-chan... nee-chan! >> Sakura fece capolino da dietro la sua spalla, sorridendo. << Nee-chan! La mamma sta facendo di nuovo quella cosa schifosa con papà! Sta facendo di nuovo quella cosa con la lingua! NEE-CHAN! >>
Sasuke sbuffò, decisamente infastidito, e voltò appena il capo tanto quanto bastava per scorgere la zazzera di Fugaku sparire dentro casa.
Sakura invece rise, poggiando la fronte contro la sua spalla. << Sarà meglio che vada a recuperlarlo >> gli disse, stampandogli un bacio sulla guancia. Sasuke la osservò alzarsi in piedi, e stava giusto per tornare a saggiare la sua tazza di té quando la voce di sua moglie lo chiamò di nuovo, dal fondo dell'engawa.
<< Un giorno questa casa sarà piena di bambini che urleranno "Sas'ke-jiisan! Sas'ke-jiisan! Raccontaci una storia!" >> rise. << Te lo immagini? >>
Sasuke sbuffò, sprezzante.
Avrebbe atteso quel giorno con impazienza, ma nel frettempo gli bastava avere soltanto i suoi figli, a tormentarlo.



FINE.





Nda:
Ok, cos'è questa? - vi starete chiedendo.
Non lo so.
E' un parto di poco più di quattro giorni, con qualche pezzo di sogno qua e là, e il pensiero di un vecchio Sasuke  brontolone che mi dà alla testa. Dovrebbe essere divertente ma non so se è riuscita a strapparvi qualche sorriso, triste o allegro che sia.
Perdonate la stupidità della one-shot, la mia incapacità di scrivere cose serie e, nel dubbio, la carrellata di OOC.
Magari stasera Sasuke vi verrà a trovare Cx
Un saluto!

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