Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Alyssa92    11/12/2006    4 recensioni
Io sono un narratore di anime inquiete, di amori dispersi e non ritrovati. Sussurro al vento le intemperie della vita, grido alla pioggia le lacrime che provoca la sofferenza e mormoro alla nebbia i problemi della gente. E oggi voglio raccontare una storia, la storia di un amore sepolto dal destino, intrappolato sotto la sabbia della clessidra della vita.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

RIMARRAI SOLO UN RICORDO

Io sono un narratore di anime inquiete, di amori dispersi e non ritrovati. Sussurro al vento le intemperie della vita, grido alla pioggia le lacrime che provoca la sofferenza e mormoro alla nebbia i problemi della gente. E oggi voglio raccontare una storia, la storia di un amore sepolto dal destino, intrappolato sotto la sabbia della clessidra della vita.

Mi sto facendo un po’ di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel po’ di cose
ma non mi spiego mai il perché
io non riesca a metter via te

[Ligabue – Ho messo via]

Draco Malfoy aprì improvvisamente gli occhi sentendo i capelli di Pansy Parkinson solleticargli il petto. Le spostò bruscamente la testa di lato, senza preoccuparsi di fare piano per non svegliarla.
Si alzò con il braccio informicolito per colpa della testa pesante di Pansy, che aveva dormito su di lui durante tutta la notte.
Sbuffando per essersi svegliato troppo presto per i suoi gusti, oltrepassò la porta adiacente alla sua camera da letto per dirigersi in bagno.
Aprì l’acqua della doccia per farla riscaldare e, nel mentre, fissò allo specchio la propria immagine riflessa.
I capelli biondo platino gli ricadevano elegantemente sul viso, senza nemmeno essere spettinati e gli occhi color del ghiaccio si scrutavano, ammirandosi. Nonostante tutto fosse al suo posto, aveva l’aria decisamente sciupata, segno di un grande fardello che portava dentro di sé.
Era il giorno del suo matrimonio, eppure non era per niente felice.
Mancavano ancora tre ore e poi sarebbe stato intrappolato. Per sempre.
La ragazza che doveva sposare si trovava proprio nel letto che aveva appena abbandonato, eppure quella non era la ragazza che amava.
Non era la ragazza che voleva sposare.
Quella era la ragazza che i suoi genitori volevano che sposasse. E lui aveva dovuto accettare il proprio destino, senza poter ribellarsi. Aveva dimenticato tutte le illusioni che si era fatto riguardo al suo futuro, riguardo a quello che ne sarebbe stato della sua vita. Era crollato tutto come un castello di sabbia quando suo padre l’aveva costretto all’iniziazione.
Adesso era un Mangiamorte.
Tutto il contrario di quello che avrebbe voluto essere.
Continuava a ripensare a come sarebbe stato il suo futuro se avesse deciso di rimanere dalla sua parte, di combattere accanto a lei, ma aveva cercato di dimenticare anche quello, sapendo perfettamente che quelle speranze e quei pensieri erano ancora in quell’angolo del cuore in cui li aveva nascosti.
Con un movimento rapido, si infilò sotto la doccia e lasciò che l’acqua gli scorresse sulla pelle per portarsi via tutti i dubbi che ancora lo assillavano, per cercare di lavarsi di dosso tutte le preoccupazioni che lo perseguitavano.


Ginevra Weasley era in piedi davanti allo specchio.
Quello era sicuramente uno dei giorni più brutti di tutta la sua vita.
Tutti quanti l’avevano pregata di non andare, Harry, Hermione, i suoi fratelli, ma lei aveva preferito non ascoltare i loro consigli.
Era un asso a sbagliare, non c’era bisogno che l’aiutassero.
O forse, più semplicemente, non voleva che s’intromettessero nella sua vita.
Sapeva anche lei che sarebbe stata dura partecipare, ma non poteva perdersi quel momento.
Doveva pur assistere al matrimonio del ragazzo che aveva sempre amato, giusto?
E poi voleva fare una cosa che ancora non aveva avuto il coraggio di fare. Voleva dirgli una cosa che l’ultima volta in cui si erano visti non aveva avuto il coraggio di dire. Ma ora si sentiva pronta per tutto.
Eh, già. I ricordi continuavano a vorticarle in testa.
Tutto quello che era successo... possibile che per lui non avesse significato nulla? Possibile che per lui fosse stata solamente una scappatella?
Lei non riusciva a crederci.
Eppure, per colpa sua, aveva versato molte più lacrime di quanto non fosse durata la loro storia.
Ma non riusciva a dimenticarlo: era più forte di lei, proprio non ce la faceva.
Sospirò sonoramente mentre con un colpo secco apriva l’armadio alla ricerca di un abito decente da indossare.
Non sarebbe rimasta per tutta la durata della cerimonia.
Avrebbe solamente fatto presenza, guardando la Parkinson mentre si portava via il ragazzo da lei amato, poi sarebbe sparita per sempre dalla sua vita.
Tutto qui.
Ancora ricordava la prima volta che si erano avvicinati, la prima volta che si erano baciati, la sensazione delle sue labbra sul proprio collo, la prima volta che avevano fatto l’amore. La sua prima volta.
Era come se delle immagini scorressero nella sua mente, leggermente sfocate per via dei troppi anni passati, ma ancora marchiate nella sua testa, come se non potessero mai più essere dimenticate. Come la pellicola di un film che scorre troppo velocemente, oppure il paesaggio fuori dal finestrino di un treno in corsa. Tutto sfocato, eppure ancora vivido.

“Maledizione! Stupido temporale e stupido Harry che ci fa fare gli allenamenti sotto la tempesta!” mormorò Ginny, più a se stessa che ad altri, dato che camminava sola per i corridoi deserti, sperando di fare in fretta per non essere beccata da Gazza a sporcare i corridoi.
“Magnifico Weasley. Davvero complimenti.” Una voce fin troppo famigliare le perforò le orecchie, facendola irritare. Ma proprio in quel momento doveva passare Draco Malfoy? “Io non sarei mai riuscito a sporcare così bene” disse il ragazzo, con il suo solito tono strafottente, indicando le orme infangate che Ginny aveva lasciato sul proprio cammino.
“Lasciami in pace, Malfoy!” rispose la ragazza, che si stava già scaldando. “Non lo vedi che sono di fretta?”
“E tu non lo vedi che io sono un Prefetto e potrei anche toglierti dei punti?” Ginny alzò gli occhi al cielo. Si era dimenticata di quel piccolo particolare. Avrebbe tanto voluto schiantarlo e abbandonarlo lì, in mezzo al corridoio, ma si sarebbe cacciata nei guai ancor di più. Si guardò intorno, mentre il suo cervello lavorava in cerca di un diversivo per farlo distrarre e dimenticare della punizione, ma era tutto deserto. Così, capì di non avere altra scelta, se non quella di farsi togliere dei punti.
“E allora che cos’aspetti a farlo? Datti una mossa perché non ho tutto questo tempo da perdere, io” ribatté con convinzione Ginny, senza preoccuparsi delle conseguenze che avrebbero avuto le sue parole.
*Ma tanto, per un po’ di punti in meno, che cosa vuoi che sia?*
“Come vuoi Weasley, ma ricordati che l’hai voluto tu.” Ghignò Draco, inchiodandola al muro con uno sguardo. “Ti tolgo venticinque punti per aver sporcato più di un corridoio del castello” disse e, mentre lo faceva, i diamanti dalla clessidra di Grifondoro volavano via. Ginny strinse più forte il manico della sua scopa, cercando di non mostrare la rabbia che invece stava provando: non voleva dargliela vinta. “E questo pezzo di legno di seconda mano che cosa sarebbe? La tua scopa? Ma per favore” la provocò il ragazzo, strappandogliela di mano e guardandola dall’alto in basso.
“Non sono affari che ti riguardano, Malfoy” rispose la ragazza, catturando le sue iridi glaciali. “E ora, dammi la mia scopa!” esclamò, più infuriata che mai, prendendola per il manico. Solamente che non stava guardando a dove metteva le mani, incantata com’era dalla bellezza dei suoi occhi, così la posò sulla mano del Serpeverde. Fu un attimo. Come se una scarica elettrica le attraversasse tutto il corpo, a partire dal loro contatto fisico per soffermarsi su quello visivo. Fu proprio in quel momento che, dentro Ginny, scattò qualcosa.
Quel qualcosa.
Dopo un secondo di esitazione da parte di entrambi, staccarono le mani quasi contemporaneamente, come se si fossero scottati, e la scopa cadde per terra, provocando un sonoro eco in tutto il corridoio. E, proprio in quel momento, Ginny capì che anche tutte le barriere che aveva costruito in quegli anni erano crollate, facendola diventare insicura e vulnerabile come lo era al primo anno. Arrossì appena mentre si chinava a raccogliere il suo manico di scopa e cominciava a correre lontano da lui, lasciando un’altra scia di fango lungo tutto il cammino.

Scacciò via il ricordo di quel contatto – così elettrico, così caldo – mentre sceglieva il vestito da indossare. Optò per quello nero e stretto, che risaltava le sue forme e cominciò a truccarsi, leggermente, quel tanto che bastava per valorizzare i suoi occhi.


Uscì velocemente dalla doccia, asciugandosi con calma, senza fretta, perché tanto mancavano due ore e Pansy dormiva ancora. Forse l’avrebbe svegliata, oppure avrebbe aspettato ancora qualche minuto?
Si guardò il braccio per un secondo, e lo vide lì, nero come la pece, brutto come l’odio: il Marchio Nero. Non era tanto per il dolore che aveva provato quando gliel’ avevano fatto, né per tutto il sangue che aveva perso, più che altro gli dava fastidio il Marchio in sé. Era come un simbolo di sottomissione, come un qualcosa che simboleggiava tutta la sua debolezza e codardia. Perché, infondo, se non fosse stata per la sua vigliaccheria sarebbe anche riuscito a ribellarsi a tutto quello. Ma invece gli eventi gli erano sfuggiti di mano, si era lasciato passare davanti agli occhi tutta la sua vita, come se fosse un semplice spettatore, e aveva lasciato a suo padre il compito di prendere decisioni al posto suo. E ogni volta che vedeva il Marchio, o che lo sentiva bruciare, sapeva di aver perso tutto, tutto quello a cui teneva veramente. Non era un segno che si lavava via con il sapone, no, era un qualcosa che ti entrava nella pelle e che non andava più via, una cosa eterna, come eterno era il suo dolore, la sua voglia di fuggire via e abbandonare tutto quanto per rifugiarsi nella sicurezza di un mondo che non sarebbe mai riuscito a raggiungere. Se solo avesse ascoltato le sue parole, le parole dell’unica persona che lo amava veramente, a quell’ora sicuramente sarebbe stato per lo meno libero, libero da quella prigione di vetro in cui si era lasciato rinchiudere senza poter fare nulla per fermare gli eventi, quella prigione che non lo lasciava respirare, né fargli fare quello che voleva. Ma ormai era troppo tardi per spaccare quel vetro, che era diventato sempre più spesso, man mano che scorrevano via i giorni; ormai era veramente troppo tardi per tornare indietro.

“No, Draco, ti prego, non andare, non lasciarti marchiare!” la ragazza coi capelli rossi gridava, e lo supplicava. E i suoi occhi di un blu intenso e profondo erano pieni di lacrime. Lui avrebbe tanto voluto fermare la sofferenza in quegli occhi, ma semplicemente non poteva.
“Devo farlo” furono le uniche sue parole, in risposta a quel grido sottomesso. E la ragazza coi capelli infuocati si era asciugata le lacrime con un braccio, come una bambina, così piccola e così fragile.
“Ti prego” sussurrò ancora una volta “rimani con me, Draco”
“Te l’ho detto: devo farlo” rimase freddo a quelle parole, anche se, in realtà lo toccavano eccome, anzi, lo laceravano, ma ormai aveva preso una decisione e non poteva più tirarsi indietro. La ragazza lo prese per un braccio.
“Ricordati solo che ti amo” gli disse, e lo abbracciò forte, un ultimo contatto prima della sua partenza, prima della sua condanna.
Lui la strinse a sé e la baciò, un bacio intenso, tenero e carico di sentimento.
Poi lei si staccò da lui, e Draco le voltò le spalle e se ne andò. Si voltò indietro solo una volta, solo per dirle “Addio”, come per sigillare il loro sentimento in quell’unica parola. E lei non ebbe il coraggio, né la forza di fare altrettanto.

Sospirò, ed uscì velocemente dal bagno. Ormai era troppo tardi per pentirsi, ormai era troppo tardi per ricordare. Che cos’erano i ricordi, in fondo? Non si potevano toccare e non li si poteva modificare, erano attimi di vita che non sarebbero mai più ritornati, ed era inutile avere rimpianti o rimorsi, perché servivano solo a far soffrire la gente.
“Pansy, svegliati” scosse le spalle della ragazza, che fece un piccolo salto per la sorpresa, poi si alzò in piedi e si rinchiuse nel bagno.


Ginny uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle, accantonando per un momento tutto quello a cui aveva pensato fino a quel momento, cercando di fare un po’ di posto nella sua mente, anche se riuscendoci a fatica. Era incredibilmente riuscita, in tutti quegli anni, a seppellire nella sua memoria ricordi buffi, tristi e ipocriti, giornate calde passate a studiare o giornate gelide passate a girare per Hogsmeade; era riuscita persino a dimenticare il suo primo bacio, quello che aveva dato a Dean, e che le aveva anche fatto un po’ schifo, era riuscita a trascurare tutte le volte che aveva litigato con Ron e tutte quelle in cui aveva bisticciato con Hermione. L’unica persona che non era riuscita a dimenticare era Draco Malfoy. Aveva nitido nella sua mente ogni ricordo che lo riguardava, ogni singola lacrima che aveva versato per lui. Era riuscita a seppellire nella sabbia della sua memoria tutto quello che riguardava Hogwarts, tutto meno che lui. E non riusciva a spiegarsi per quale assurdo motivo non riuscisse a dimenticarlo, nonostante tutti gli anni che erano passati dall’ultima volta in cui l’aveva visto.
Un vortice di ricordi si impadroniva della sua mente, e il lato buffo di tutta questa faccenda era che lei non faceva nulla per fermarli, sembrava quasi che volesse ricordare, anche se i ricordi fanno male, anche se fanno soffrire, perché sono attimi della tua vita che non ritorneranno mai più e che tu potrai rivivere solamente nella tua testa, per quanto belli o indimenticabili essi siano. I ricordi sono come delle nuvolette di fumo, puoi vederli e sai che ci sono, ma non puoi toccarli né deformarli. E Ginny era consapevole di tutto questo, ma nonostante ciò non riusciva a fermare la lacrima che aveva cominciato a solcarle il viso, una lacrima di tristezza per tutto quello che aveva perso e che sapeva non sarebbe mai più tornato.

Un lampo, pioggia che cade, fulmini che squarciano il cielo.
In un angolino buio della biblioteca, due persone si squadrano con disprezzo, senza sapere quello che sarebbe accaduto di lì a qualche minuto.
Ginny era seduta ad un tavolo, intenta a scrivere un tema, ed era consapevole del fatto che, proprio di fronte a lei, Draco la fissava insistentemente da almeno un quarto d’ora.
“Si può sapere cos’hai tanto da fissare? Se è per infastidirmi, sappi che ci stai riuscendo alla perfezione” disse improvvisamente la ragazza, seccata dal comportamento del Serpeverde.
Il ragazzo non rispose. Semplicemente si chinò appena e la baciò.
Lei non sapeva cosa dire. Non sapeva perché, improvvisamente, il cuore aveva cominciato a battere così forte, sapeva solo che stava ricambiando il bacio con tutta la passione che aveva in corpo, senza badare alle conseguenze che avrebbe riportato tale azione. Tanto, che cos’aveva da perdere? Stava solamente facendo ciò che aveva voglia di fare. Proprio come colui che la stava baciando.

Chiuse gli occhi un attimo, assaporando la fresca aria mattutina e dirigendosi a passo lento, stanco e triste verso la sua meta.
Quando arrivò c’erano già gran parte degli invitati. Una folla piuttosto rumorosa cercava di prendere posto nelle seggiole, ma alcuni dovettero rimanere in piedi. Ginny decise di nascondersi sotto l’ombra di una quercia, per evitare sguardi indiscreti e sprezzanti, per ripararsi da quel mondo a cui sapeva di non appartenere, e dentro il quale si sentiva un’estranea.


Draco e Pansy erano finalmente arrivati al luogo in cui si sarebbero celebrate le loro nozze.
Era un giardino immenso, orlato da una catena di alberi folti, con rami pieni di foglie verdi. Fiori rossi e neri decoravano l’altare aristocratico, mentre un lungo tappeto verde e argento, che richiamava i colori della Casa di Serpeverde, era posto in mezzo al grande giardino.
Il ragazzo ancora non riusciva a togliersi dalla testa Ginny, e non capiva come mai fosse riuscito a dimenticare tutto, ma proprio tutto, tranne lei. Era una cosa che lo innervosiva molto e, soprattutto, gli faceva capire cose che avrebbe voluto non sapere mai.
Dopo che gli invitati ebbero preso posto, Draco percorse il tappeto in tutta la sua lunghezza fino ad arrivare all’altare. Mentre aspettava che la sposa entrasse ed ammirava lo stupendo paesaggio, vide un’ombra sotto ad uno degli alberi. Era una figura esile e minuta, con lunghi capelli. Per un solo istante non riuscì a visualizzare chi fosse, poi capì. I loro sguardi si incatenarono per un momento, che a loro parve un’eternità, e Draco provò ancora una volta quel calore e quell’elettricità che provava anche quando andavano ancora a scuola.
Fu costretto a distogliere lo sguardo all’entrata della sposa, nel momento in cui cominciava la cerimonia.

Draco camminava tra gli invitati, affiancato da Pansy, e stavano ricevendo le congratulazioni dai presenti.
Dalla penombra, Ginny guardava la scena. Non era molto sicura del fatto che lui l’avesse effettivamente vista, ma qualcosa le diceva che era proprio così. Voltò le spalle alla scenetta, e scomparve nell’ombra, senza lasciare nemmeno una traccia di sé, un po’ delusa, forse, perché sperava di riuscire a parlare con Draco.

Passarono dieci minuti e Draco finalmente riuscì a liberarsi di tutti quanti. Si avvicinò silenziosamente all’albero sotto cui, poco prima, aveva visto Ginny, ma non vide nessuno. Si guardò attorno, stupefatto, deluso, era stata forse la sua immaginazione?
*Eppure, ero sicuro di averla vista qui.* Stava per tornarsene indietro, quando la vide poco più avanti, che lo stava guardando. Le si avvicinò piano, diffidente forse, ancora incerto: era la sua fantasia o no? Quando fu abbastanza vicino per poterle parlare, ma abbastanza lontano da non temere un contatto fisico, disse: “Ginny. Che cosa ci fai tu qui?”
“Ciao. Ero venuta a vedere le tue nozze.” Fece un passo avanti.
“Perché sei venuta?” chiese Draco, avvicinandosi ancora a lei.
“Non lo so nemmeno io, ad essere sincera” rispose, distogliendo lo sguardo – così piccola, così fragile, proprio come l’ultima volta che l’aveva vista – e avvicinandosi a lui di ancora qualche passo.
Lui la baciò. Non era preoccupato delle conseguenze, aveva semplicemente voglia di baciarla un’altra volta ancora, di assaggiare di nuovo quelle morbide labbra che per troppo tempo non aveva più assaporato. Ginny non si tirò indietro. Non si era Smaterializzata prima, si era semplicemente spostata per vedere quello che avrebbe fatto Draco. E ne era rimasta soddisfatta, anche se sapeva che per loro due non c’erano più speranze, che la loro storia era ormai morta e sepolta.
Quando si separarono, entrambi erano senza fiato, non solo per il bacio, ma anche per quello che avevano provato, che credevano aver dimenticato, ed invece non erano mai riusciti a farlo.
Tutto il sentimento non era stato sepolto, aveva semplicemente bisogno di una piccola spolverata.
“Forse è meglio se me ne vado” disse Ginny.
“Sì, forse hai ragione” rispose lui, ma nonostante ciò, si baciarono di nuovo.
“Non possiamo” disse Draco. “Perché sei venuta? Hai rovinato tutto” disse lui, ed era vero. In soli due minuti aveva rovinato tutto quello che aveva costruito in tre anni. La prigione di vetro non sembrava più così tanto spessa, adesso, ma Draco sapeva che non sarebbe bastato tutto l’amore del mondo per distruggerla. Ormai era in trappola, e non poteva fare altro che rimanerci. Il suo destino era segnato.
“Hai ragione. Volevo solo... forse volevo solamente dirti addio” incatenò lo sguardo a quello di lui. Nemmeno lei sapeva bene perché voleva farlo, cosa voleva dimostrare? Che poteva vivere bene anche senza di lui? Che poteva riuscire a dimenticarlo? O forse aveva usato questo pretesto come scusa verso se stessa per giustificare il fatto che aveva una voglia matta di rivederlo?
Si avvicinò a lui e si alzò in punta di piedi, poi lo baciò, di nuovo.
“Addio, Draco”
Lui non ebbe la forza di risponderle, semplicemente la guardò andarsene e rimase lì, solo, nella nebbia e nel buio che stavano calando, con la consapevolezza di aver appena perso la persona più importante della sua vita, e sapendo che non avrebbe potuto fare nulla per risolvere quel senso di vuoto che improvvisamente di era impossessato di lui. Tutto era contro il loro amore, nulla era a favore, e valeva davvero la pena di combattere per un sentimento così forte, ma tutto ciò che avrebbero potuto fare, l’avevano già fatto in passato, e le loro strade erano ormai divise, troppo lontane per unirsi di nuovo.

Ed io, narratore di anime inquiete, di amori dispersi e non ritrovati, sono qui a sussurrare al vento le intemperie di questi giovani, a gridare alla pioggia le lacrime che ha provocato la sofferenza di questo amore, a mormorare alla nebbia i problemi di questi poveri ragazzi.
E oggi ho raccontato la storia di un amore sepolto dal destino, intrappolato sotto la sabbia della clessidra della vita, la storia di due anime irrequiete, lacerate da un sentimento troppo grande per loro, troppo grande persino per essere rivelato.



Alyssa92
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Alyssa92