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Autore: All my Darkness    23/05/2012    8 recensioni
...presa da un impeto improvviso poggiai la mia mano sulla sua, fermamente ancorata al volante. Si voltò di scatto, puntando i suoi occhi nei miei, e rabbrividii: una luce folle, pericolosa, furiosa li illuminava, mentre si sottraeva con rabbia al contatto, lasciandomi con la mano a mezz'aria dallo stupore.
- Hai avuto un bel viaggetto, recuperato tuo fratello sano e salvo e passato un po' di tempo con il vampiro cattivo, ora puoi andartene e lasciarmi in pace. Contenta, piccola Katherine?- sibilò, con il tono di voce più crudele che gli avessi mai sentito, perforandomi con lo sguardo.
Piccola Katherine. Quelle due parole mi trafissero l'anima, mentre sentivo già lacrime bollenti formarsi inesorabilmente tra le ciglia. Tremai.
- Sparisci.- ribadì, avviando già la macchina.
- Damon...- sussurrai, ingoiando le lacrime.
- Sparisci!- gridò, sporgendosi ed aprendomi seccamente la portiera con una spinta della mano.
Corsi fuori dalla macchina, mentre lo sentivo già ingranare la marcia e partire al massimo della velocità: le ruote stridettero sulla ghiaia mentre in meno di un secondo scomparve dalla mia vista appannata dalle lacrime.
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Stefan Salvatore, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap 10 Buonasera! Eccovi il decimo, e forse penultimo capitolo di questa f-f. Ringrazio enormemente tutti coloro che hanno recensito, davvero, è una gioia per me leggere ciò che ne pensate! E anche grazie a chi legge/ricorda/segue/preferisce.
Un bacio, e buona lettura! :)
PS: aggiorno sabato.

Pov Elena


Non poteva essere.
Non era possibile.
Ero impazzita.
Fissai la figura che avevo davanti, completamente sotto shock.
- Ho notato che ultimamente fai fatica a pronunciare il mio nome. Dislessia?-

Due occhi di ghiaccio, una voce sarcastica che tremava, quella voce, quegli occhi...
Istintivamente arretrai di un passo, spaventata.
- Sei un fantasma.- sussurrai, senza fiato: incontrai la barriera fredda della vetrata dietro di me, e mi sentii senza scampo.

Con uno scatto veloce prese il libro da terra e lo poggiò sulla scrivania.
- Mmm, cos'è, Jeremy ti ha insegnato a vedere le impronte delle anime dipartite come hobby o è una cosa di famiglia? Perchè, nel caso, non sei per niente ferrata.- scosse la testa, contrariato.

- Ti sembro un fantasma?- esclamò, poi, piegando le labbra in un sorriso - Non so che esperienza tu abbia con le creature sovrannaturali, e direi parecchia visto che stai parlando con un vampiro, ma ti posso assicurare che non sono un fantasma.-

Fece una smorfia: era identico a lui, lo stesso modo di incedere, lo stesso, caratteristico giubbino di pelle nera in cui teneva, distrattamente, le mani affondate nelle tasche, la stessa bellezza inconsapevole che, illuminata da una strana emozione negli occhi e dalla luce del tramonto morente dietro di noi, mi inchiodava lì, paralizzata, sperando che la mia salute mentale non fosse andata in esilio volontario, seguendo l'esempio del mio sedicente amore per Stefan, tanto tempo prima.
Non riuscivo a muovermi.
Fece un passo verso di me: terrorizzata e con il cuore a mille, mi appiattii ancora di più contro la parete di vetro, impotente.
Qualcosa attraversò i suoi occhi, oscurandoli.
- Hai paura di me, Elena?- disse, ferito. - Pensavo che quella fase l'avessimo superata da un pezzo.-

Con un altro passo annullò le distanze.
Il suo respiro si scontrò con il mio.
Quel profumo.
Quegli occhi.
Era lui.
- Io... non posso crederci...- lo fissai per qualche istante, incredula, prima di gettargli le braccia al collo. Affondai la testa nell'incavo della sua spalla e lo strinsi, piangendo dalla felicità.
Lui non ricambiò l'abbraccio: si scostò e mi bloccò le mani, lasciandomi completamente spiazzata.
- Non ce l'hai più con me, adesso?- mi chiese, risentito.

- Non ce l'ho mai avuta con te...- dissi, prendendogli una mano: avevo un disperato bisogno di sentire la sua presenza sulla pelle. -... non troverò mai un modo per farmi perdonare tutto il male che ti ho fatto... scusami... scusami...- lo abbracciai di nuovo, aggrappandomi alle sue spalle.

- E a cosa devo questa accoglienza? Che c'è, ti sono
mancato?- pronunciò l'ultima parola con un tono di voce cattivo.
Mi scostai, sorpresa da quella reazione. - Certo che mi sei mancato, io... sono stata malissimo... credevo fossi morto, morto per davvero...
- Come va con gli occhi?- mi interruppe, freddo.

- Che cosa?

- Ti ho chiesto come va con gli occhi.- ripetè, seccato. - Non so se hai problemi di presbiopia già alla tua giovane età, ma ci tengo a precisare che non sono Stefan.

- Lo so.- mi venne da sorridere - Sei Damon, credi che sia impazzita?

- Allora forse hai subito qualche trauma cerebrale o a livello psicologico.

Ero allibita. - Damon, puoi spiegarti per favore? So benissimo chi sei!
- Ah, ho capito, amnesia. Ti rinfresco la memoria, allora.
La maledizione non si spezzerà perchè non è lui che amo! Io amo Stefan, suo fratello! Va' via, Damon!-
Passarono alcuni secondi; feci per parlare, ma mi precedette.
- So che forse ti sentirai confusa... - il suo sguardo si fece più serio - ...fino a tre minuti fa mi credevi morto, e non ti biasimo... ma io non posso dimenticare quello che hai detto. E se fai così... mi... illudi... alquanto...-
Ero senza parole.
- Perchè mi hai fatto tornare in vita, Elena? Sai, non si stava poi tanto male dall'altro Lato, e non credo che tu non abbia fatto niente. E poi, non so se l'avevi capito, ma ho scelto io di farmi uccidere. Perchè dovrei continuare a vivere una vita che non ha niente da darmi?-
Sentimmo la porta aprirsi, e Stefan comparve nella stanza, visibilmente in imbarazzo.
La sua espressione mutò di colpo nel vedere il fratello.
- Damon...

- Sì, lo so come mi chiamo, cosa c'è?- lo freddò lui, subito.

- Mi dispiace...- si schiarì la voce -... ma c'è una persona di sotto.


Pov Damon


Lanciai un'occhiata di fuoco a mio fratello, prima di scostarmi a malincuore da Elena per lasciarla passare. Lei si avviò a testa china, evitando il mio sguardo.
In pochi secondi arrivammo di sotto nel giardino. Katherine rimase sotto shock nel vedermi, ma non fiatò.
- Elijah.-
Sentii la presenza di Elena dietro di me e in un attimo mi piazzai davanti a lei, fermando i suoi passi con un braccio. - Non. Muoverti.- le intimai, perentorio.

- Non sono quì per fare del male a nessuno, Damon Salvatore, tanto meno ad Elena.- Elijah avanzò di un passo verso di noi, spavaldo, lasciando cadere un accento lieve sul nome della ragazza - Ero semplicemente venuto per portare le mie... condoglianze, ma dato quello che vedo non ce n'è più bisogno.-

- Infatti.- sibilai. L'attrazione che quell'uomo provava per Elena e il modo in cui la guardava mi davano alla testa.

Ci scrutammo per alcuni istanti.
- Ehi ehi ehi, calma.- Katherine si frappose nella battaglia di sguardi – Il fatto che tu sia ancora quì implica che tu debba fare altro.

Elijah posò lo sguardo su Elena. - Ho bisogno di parlare con te.
- Con me?- domandò lei, sorpresa.

- Sì.

- Non se ne parla.- ringhiai, mettendomi ancora di più davanti a lei, come uno scudo.

- Damon...

- Non intendo nè rapirla nè procurarle fastidio in alcun modo, solo avere una semplice conversazione... magari d'addio.- continuò l'Antico, concludendo con nonchalance la frase, sapendo che avrebbe avuto il suo effetto.

- Fammi parlare con lui, Damon.

Infatti.
- Devo forse ricordarti cosa ti ha fatto un Antico, tra l'altro suo fratello, neanche una settimana fa?- dissi, sarcastico.

- Non è Kol. Mi fido di lui.

Passarono alcuni secondi. - Ah. Bene.- sbottai, lasciandola passare. - Però poi non mi chiamare in lacrime quando ti ritroverai mezza morta, aspettando il mio arrivo per salvarti!-
Lei mi lanciò un'occhiata profondamente offesa. - Sta' tranquillo, il pensiero di chiamare te non mi passa neanche per la testa!- rispose, voltandomi le spalle e avvicinandosi al vampiro, che assisteva alla scena, soddisfatto.
Si allontanarono verso gli alberi, camminando paralleli, e tutta la rabbia che avevo improvvisamente provato svanì, lasciando il posto alla preoccupazione.
Feci il giro della casa e, attento a non farmi vedere, mi inoltrai tra gli alberi e li seguii a distanza.

Pov Elena


Continuammo a camminare per un po', mentre mi domandavo cosa volesse dirmi di così importante e segreto da allontanarci così tanto. Si fermò nei pressi di una piccola radura e si voltò, il volto dai lineamenti marcati rischiarato dal poco sole rimasto.
- Non amo i giri di parole. Mi è sempre piaciuto dire le cose come stanno, nonostante sia difficile.- iniziò, la voce bassa e profonda, avvicinandosi di un passo.

- La prima volta in cui ti ho vista, credevo fossi Tatia, la prima doppelganger, il mio amore. Ma non lo sei. Mi rendo conto che tra... noi...- esitò nel pronunciare quella parola - ... non c'è mai potuto essere molto contatto, per via di quello che sono... ma non ti farei mai del male. Il mio primo istinto, quando ti vedo, è proteggerti.
Vorrei proteggerti perchè vorrei che fossi solo mia, Elena.-

Rimasi, completamente spiazzata, a fissare la sua figura immobile davanti a me.
Lui si avvicinò ancora di più, e riuscii a percepire il suo profumo speziato, che sembrò annebbiarmi la mente.
- So che Damon Salvatore prova qualcosa per te.- continuò, con una smorfia – Ma lui ti vede solo come la doppelganger di Katherine, un ripiego al suo essere sempre stato rifiutato. Cos'ha lui da darti? Niente, a parte della semplice protezione che potresti avere con qualunque vampiro.-
Feci per parlare, ma lui mi bloccò, prendendomi il viso tra le mani e guardandomi negli occhi.

- Posso renderti felice, Elena, per l'eternità, se lo vorrai. Viaggeremo intorno al mondo e vivremo nella ricchezza e nella spensieratezza, nessun problema potrà mai toccarci.- iniziò, suadente - Saremo immortali e felici, non ci sarà niente che non potrai avere. Diventerai la mia regina e dimenticheremo insieme ogni dolore del passato. Una nuova vita, Elena. -

Sentivo il suo respiro freddo e il suo sguardo ammaliante su di me, della stessa sfumatura del miele, non riuscivo a distaccarmene, come se mi stesse ipnotizzando...

Faceva caldo, lo sentivo entrarmi fin nelle ossa, ma non mi dava fastidio, era piacevole.
- Me e la mia voglia di vedere le piramidi. Potevamo restarcene a Parigi, è così piacevole quella città...- mi raccolsi i capelli in una coda alta e lanciai uno sguardo malizioso ad Elijah, che camminava accanto a me, tenendomi per mano.

Lui si voltò e mi diede un leggero bacio sulle labbra. - Tra poche ore saremo di nuovo nella tua amata Francia, sta' tranquilla.-
Camminavamo vicini per le vie di un colorato mercatino di Sharm el Sheikh, come dei semplici turisti.
- Hanno aperto un nuovo centro commerciale di alta moda a Tokyo, ieri sera, ed è un bel po' che non facciamo un salto in Oriente.- dissi, distrattamente, prendendo tra le mani un lungo pareo tessuto a mano, dai motivi egiziani. Lui rise, cingendomi la vita con un braccio.

- Sto dilapidando tutto il mio millenario patrimonio in Haute Couture italiana e francese e poi ti soffermi a guardare queste cianfrusaglie? Non meritano neanche il tuo sguardo!-

Scoppiai a ridere, prendendo in mano una miniatura dorata di una piramide.
- Che carina.- dissi, rapita.

- Non c'è bisogno che fai la nostalgica con i souvenir, torneremo quì appena lo vorrai o, se vuoi, non ce ne andremo affatto.

- C'è ancora molto da vedere, tra qualche secolo magari penseremo a dove stabilirci.

- Fammici pensare, stai già pensando a Parigi?- scherzò lui, affettuosamente.

- Ho un debole per quella città, accettalo!- risposi, sorridendo. In quegli anni avevamo viaggiato molto, condiviso tutto, eppure sentivo qualcosa di vuoto dentro di me: avevo acconsentito nel farmi trasformare in vampiro da lui pochi decenni prima, ma ad un tratto non ricordavo più niente del mio passato. Sapevo dentro di me di essere stata, da umana, una semplice adolescente, di aver incontrato Elijah per caso e accettato la sua natura, senza lasciarci più. Mi ero chiesta tante volte se mi avesse soggiogata, ma ogni volta scartavo l'ipotesi a priori: ci amavamo, non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere.
In quel momento qualcosa catturò il mio sguardo: senza rendermene conto, avevo preso in mano un monile dall'aria antica, un semplice nastro di raso blu, da cui pendeva un ciondolo ovale, azzurro come non ne avevo mai visto, il cielo dopo la pioggia, il mare dopo la tempesta, dove il grigio sembrava combattere per predominare il turchese.

Un lampo accecante, e ritornai alla realtà: spalancai gli occhi, in tempo per vedere due occhi lucidi di tristezza dello stesso colore scomparire nel buio.

- Solo un breve accenno del nostro splendido futuro, se lo vorrai. Imparerai ad amarmi tanto quanto io amo te adesso, con il tempo.- la voce di Elijah mi giungeva ovattata, lontana, mentre quegli occhi di ghiaccio ormai lontani continuavano ad entrarmi dentro, sempre più in profondità...


- Mamma, è pronta la torta? E' pronta? E' pronta?
Finii di insaponare il piatto e lo passai sotto l'acqua, prima di porgerlo alla piccola me dagli occhi verdi munita di strofinaccio.
- Ancora no, ma manca poco. Un po' di pazienza.- risposi, con calma, ridendo della sua impazienza.

Caroline sorrise, asciugando il piatto con le piccole manine accurate, per poi alzarsi sulle punte e riporlo, facendo ondeggiare i lunghi boccoli color cioccolato.
Diede uno sguardo all'orologio appeso alla parete della grande cucina e sospirò, contrariata. - Se trovano la torta fredda o non la trovano proprio peggio per loro, io li avevo avvisati che se facevano tardi me la mangiavo tutta io!
- Sai come sono tuo padre e tuo fratello. Se poi si ci mette anche lo zio Stef...

- ... per non parlare della zia Kath! - Katherine entrò sorridendo in cucina e si sedette al tavolo, prendendo Caroline sulle ginocchia.

Tolsi la torta dal forno e la sistemai su un vassoio rialzato, scuotendo la testa.
- Due bambine impazienti, ecco cosa mi sembrate. Mi vergogno per te, Kath, e dire che ne hai di secoli alle spalle!- la stuzzicai, mentre preparavo la tavola. Caroline saltò giù e iniziò ad apparecchiare, mentre la vampira la osservava, intenerita.

- Novellina!- rispose, lanciandomi una forchetta: l'afferrai al volo, ricambiando con un'occhiataccia. - C'è Caroline!- la rimproverai, contrariata dalla sua imprudenza.

- Ma la mia piccina è praticamente indistruttibile!- commentò lei, dando un buffetto sulla guancia alla bambina.
- E' vero! - continuò lei - Non ho mai preso il raffreddore! Metto io lo zucchero a velo!- strillò poi, con entusiasmo.

In quel momento due paia di occhi color ghiaccio fecero la loro entrata in cucina: Damon mi fu accanto in un attimo e mi posò un bacio sulla guancia. - Cos'ha preparato di buono la mia mogliettina, stasera?- mi sussurrò all'orecchio, sorridendo.
- L'ha fatta Caroline, io ho solo assistito!- risposi, facendo l'occhiolino alla bambina.

- Ma come si danno da fare le mie donne di casa! Scommetto che l'unica a non fare niente è stata zia Katherine!

- Non è vero, io sono l'assaggiatrice ufficiale!- ribattè lei, fingendosi offesa.

Christian, il vivace gemello dai capelli corvini, nonchè completamente diverso dalla dolce Caroline e versione in minatura di Damon si arrampicò su una sedia e prese una fetta del dolce - Mmm... che buona!- e neanche avesse dato il via ad una maratona, quattro mani lo imitarono, depredando l'eterea perfezione della mia torta.
- Non pensavo di essere così brava!- dissi, sedendomi di fronte a Stefan, che era appena entrato.

- Non so se te ne sei resa conto, ma ultimamente io e Stef restiamo in zona solo per questo!- rispose Katherine, prendendo il bis.

- Simpatici!- commentò Damon, offrendomi galantemente la sua fetta. - Lo sappiamo benissimo che vi piace da morire stare quì!

- L'Italia ha il suo fascino!- riprese Stefan, allegramente. - E poi, avete fatto proprio bene a costruirvi per le vacanze una casa a due passi dal mare. Potessimo averla noi una vista del genere! Quando mi affaccio dalla finestra vedo solo taxi gialli e uomini d'affari con la ventiquattr'ore!-

- La Fifth Avenue è la Fifth Avenue, caro. Vuoi negare il suo fascino?- ammiccò Katherine.

Incrociai lo sguardo di Damon, e ci venne da sorridere automaticamente. Sentii la sua mano prendere la mia da sotto il tavolo, e stringere piano le dita, con amore.
Mi sentivo a casa.
La nostra famiglia.


Ritornai frastornata al presente, sentendo lo sguardo di Elijah scrutarmi, preoccupato.
- Cosa c'è, Elena?

Mi risvegliai da quel torpore, guardandomi intorno.
Quegli occhi erano scomparsi.
- Io non ti amo.- affermai, senza esitazioni. Passarono alcuni istanti.

- Non si può... imparare... ad amare una persona, Elijah! Ci si innamora e basta!- mi allontanai da lui a grandi passi, ad un tratto arrabbiata con me stessa e con la mia debolezza mentale nel farmi ammaliare da lui.

- Dici così perchè sei
presa da lui, ma con il tempo...
- Io lo amo
, Elijah! Il tempo non cambierà niente!
Rivolsi lo sguardo verso di lui, sentendomi vagamente in colpa per quella sfuriata priva di alcun tatto.
- Mi dispiace che dobbiamo salutarci così.- disse, dopo un po', cupo.

- Anche a me. Ma ho tutta la mia vita da vivere. - feci una pausa - Ed ora so benissimo con chi.
Lui annuì, senza guardarmi.

- Addio, Elena.

Non feci in tempo a vederlo sparire, che gli avevo già voltato le spalle.

PPS: i personaggi di Christian e Caroline sono presi dalla mia precedente fan-fiction, mi dispiaceva cambiarli! :)


  
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