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Autore: LiberTea    24/05/2012    1 recensioni
Da quando aveva aperto gli occhi quel mattino, aveva sentito qualcosa dentro di sè, qualcosa che lo aveva spinto in quel luogo.
Lei lo stava chiamando.
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Goodbye, My Fairy



 
Inghilterra inspirò l'aria fredda e umida di quella mattina inglese.
Mentre si addentrava tra gli alberi la nebbia diventava sempre più fitta, inghiottendo nella sua candida e impalpabile cortina tutti i colori, come il verde del muschio e il bruno scuro delle cortecce,  e attutendo i suoni, come il lontano cinguettio degli uccelli e i suoi stessi passi sul sentiero. 
Il ragazzo si muoveva con sicurezza in quel mare di gelida ovatta, ormai avvezzo al clima delle sue terre. Anche quello faceva parte di lui, dopotutto.
Ma quel giorno qualcosa non quadrava. Da quando aveva aperto gli occhi quel mattino, aveva sentito qualcosa dentro di sè, qualcosa che lo aveva spinto in quel luogo. Lei lo stava chiamando.
Accelerò la marcia, ora stava quasi correndo: quella spiacevole sensazione aumentava dentro di lui di secondo in secondo, man mano che si avvicinava. Doveva fare presto.
Finalmente giunse a una  radura perfettamente circolare, dove la nebbia si diradava all'improvviso. Chiunque fosse passato di lì si sarebbe limitato a trovare quel fatto piuttosto singolare, e forse avrebbe continuato impassibile sulla sua strada. 
Ma Inghilterra sapeva bene che quella non era una semplice coincidenza della natura: quel luogo era impregnato di una forza superiore e irresistibile, che solo pochi percepivano e solo lui sapeva definire con una parola esatta e consapevole. Magia
Con il cuore in gola, più per la sensazione che gli attanagliava l'anima che per la corsa, prese fiato e disse, quasi urlando: "Sono qui"
Sapeva che era un gesto inutile: probabilmente lei aveva sentito la sua presenza sin da quando aveva messo piede nel bosco.
Passò qualche istante, poi ci fu un turbinio di luce a pochi metri da lui. Quando il bagliore si spense, lei era là, a pochi metri da lui, bellissima come sempre: una figura minuta ed esile, ma di una grazia infinita; indossava una lunga e impalpabile tunica celeste. I capelli lisci come seta, di un biondo chiarissimo tranne alle radici dove assumevano una tonalità turchina, le ricadevano sulle spalle fino alla vita. Il viso aveva tratti sottili ed eleganti, che insieme alla pelle chiarissima la facevano rassomigliare a una bambola di porcellana. E poi gli occhi, due perle cristalline, così simili a due limpidi laghi montani. Infine, lo sguardo di Inghilterra si posò sui grandi petali bianchi e azzurri che le fremevano alle spalle: le sue ali. Le sue fragili, incantevoli ali.
La donna schiuse le labbra e parlò con voce melodiosa: "Salve, Inghilterra"
Il cuore gli fece una capriola nel petto. Dio, quanto amava quella voce. Non solo quella ovviamente: lui amava tutto di lei. Nessuna dama che avesse mai incontrato, nemmeno la sua regina, era mai stata anche lontanamente paragonabile all'essere etereo che ora aveva di fronte. Non era affatto giusto che quelle creature fossero così...perfette.
Lui fece un lieve inchino, in nome della sua etichetta da gentleman, e chiese: "Volevi vedermi?"
Lo sguardo di lei si fece triste, e Inghilterra sentì una fitta al cuore. Sapeva che qualcosa non andava. 
La donna sospirò, poi rispose: "In effetti sì. Devo portarti una triste notizia"
Lui strinse i pugni, serrò i denti, come per proteggersi in qualche modo da quella notizia di cui stava per venire a conoscenza. Aveva un brutto, anzi, bruttissimo presentimento, ma sperò con tutto se stesso di sbaglarsi. Doveva sbagliarsi. 
Lei gli si avvicinò, con una grazia che le sarebbe stata invidiata anche dalla più abile ballerina, e gli prese delicatamente le mani, provocando in lui un fremito.
Poi lo guardò negli occhi, il turchese nello zaffiro: "Inghilterra io...noi...noi non possiamo vederci più"
Quelle parole furono come uno schiaffo per l'inglese, che sentì una fitta lancinante al cuore, come se fosse stato trafitto da una spada. Purtroppo i suoi presentimenti si erano rivelati esatti. 
Abbassò lo sguardo: "Intendi dire...mai più?"
La sentii annuire. Le strinse di più le mani, mentre sentiva le lacrime salirgli agli occhi. La guardò di nuovo: anche lei aveva gli occhi lucidi.
Cercando di usare il tono più fermo possibile, chiese: "E' un'ordine di Oberon?"
La donna annuì leggermente: "Sì...sì, è stato il mio re a ordinarmelo. Ma ti prego, non fargliene una colpa, lui è un uomo giusto e saggio e..." le sfuggì un singhiozzo, "...vuole solo il bene del suo popolo. Il mio bene"
Una lacrima le rigò la guancia: sembrava una goccia di rugiada. A quel punto lui non si trattenne più, e la strinse a sè mentre lei scoppiava a piangere.
"Non gliene farei mai una colpa, lo sai. Ha ragione: non posso più permettere che gli uomini ti facciano del male. Non lo voglio più permettere. Mi dispiace così tanto, è...tutta colpa mia."
Lei scosse la testa, metre stava stretta al suo petto: "No, no...tu non centri. Gli esseri umani stanno cambiando, ma la colpa non è tua"
L'inglese la strinse più forte. Era sempre stata così buona e forte. Aveva continuato ad amarlo nonostante la sua gente maltrattasse quella di lei, e la ferisse. Lui invece si sentiva così tremendamente egoista: l'aveva messa in pericolo perchè non voleva rinuciarle. Anche in quel momento avrebbe voluto tenerla con sè.
"Mi dispiace", le sussurrò all'orecchio, mentre sentiva una lacrima bagnargli il volto.
"Il mio popolo sarà sempre con te; sarà visibile solo ai tuoi occhi, così come a quelli di tutte le altre persone pure di cuore. Quindi una parte di me non ti lascierà mai, amore mio", disse lei piangendo.
"E io amerò quelle creature come se fossero te. Per sempre", rispose lui trattenendo a stento le lacrime.
Rimasero qualche istante così, fermi in quell'abbraccio colmo di disperata quanto rassegnata tristezza. Inghilterra le accarezzò delicatamente i capelli e le ali, così belle, fragili e magiche di cui si era innamorato. 
Ci fu un nuovo bagliore alle spalle della donna, che ebbe un fremito. Sciolse lentamente l'abbraccio: "Devo andare ora. Oberon mi ha dato solo pochi minuti per salutarti"
"Quindi è un addio", fece lui con un sorriso amaro. E non era una domanda.
Anche lei sorrise, tra le lacrime: "Mi dispiace"
Poi si avviò verso la luce dietro di sè. Prima di varcare quello che era il confine tra i loro mondi, si voltò un'ultima volta verso l'amato.
"Addio, Inghilterra"
Lui la guardò finchè non sparì in quella luce.
Abbassò il capo, sussurrando: "Addio, mia amata Avalon"
 
***
 
Una leggenda narra che un tempo le fate e gli uomini vivessero insieme in armonia; ma poi gli esseri umani smisero di sognare e iniziarono a trattare con disprezzo le creature fatate, che si nascosero agli occhi degli uomini rifugiandosi nel loro regno, Avalon, governato da Oberon, il leggendario re delle fate.
 

Angolo di Coconut:
Sì, amo le storie di fate e amo Inghilterra.
Quindi ecco qui una one-shot dedicata all'OC che progettavo di creare da tempo, Avalon, il Regno delle Fate.
E sì, prometto solennemente che un giorno scriverò una fanfiction senza ricorrere a OC vari ed eventuali, cosa che mi tenta spesso.
Comunque, spero tanto che vi sia piaciuta! :3
 
 
 
   
 
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