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Autore: BlueWhatsername    24/05/2012    2 recensioni
Questa è la prima volta che scrivo del mondo della zia Row ** spero vi piaccia! Diciamo che vi starete chiedendo il senso del titolo, giusto? Beh, ho voluto parlare della sofferenza. Lily ne avvertiva tanto, giusto? E' per questo che James c'era. Sempre. Per prestare attenzione solo a lei. Buona lettura ;)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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I’m taking heed just for you.




Il vetro era appannato.
Era agosto, eppure il cielo si era preso la briga di buttare giù tutta la sua rabbia.
Una tela grigia con schizzi di bianco nuvola non proprio felici, pronti ad annegare nella tempesta.
E pensare che solo il giorno prima era sembrato il più felice del mondo: il piccolo Harry aveva spento la sua prima candelina.
E lo aveva fatto a colpi di bacchetta.
Tutta colpa di suo padre, pensò con un sorriso nervoso, quel cocciuto e bisbetico giovane uomo.
Ed era stato così semplice... Così naturale.
Lo aveva visto estrarre la bacchetta, metterla nelle mani del figlio, i cui occhietti già brillavano di eccitazione, e poi sussurrare, con fare complice:
"Coraggio, Harry... Un colpo deciso, ok?"
Il piccolo aveva acciuffato la bacchetta, sollevando le spalle con fare pomposo, e l'aveva letteralmente gettata sulla malcapitata candelina.
A forma di boccino. Rigorosamente.
E la bacchetta aveva anche emesso qualche scintilla rossastra. Lucente, frizzante.
Ricordò di aver pensato vagamente che quegli spruzzi di magia somigliassero all'incantesimo di disarmo.
Expelliarmus...
Un sussurro nella memoria.
Ma no, che sciocca, Harry non poteva conoscerlo.
No, assolutamente.
Guardando attraverso la finestra, si diede della stupida.
Una stupida pensierosa, oltretutto.
Ricordò di aver visto James ridere, poco dopo che il piccolo aveva distrutto la torta.
Assieme a quella banda che chiamava, quasi distrattamente, malandrini.
Gli veniva spontaneo, pensò. Come un rigurgito incondizionato di un'era passata... Ma non sepolta.
Dopotutto, come si seppelliscono i sorrisi degli amici?
C'era stato Peter, con quel suo squittire tenue.
E Remus, pacato e felice. Non faceva mai troppo rumore, il dolce Remus.
Ed infine Sirius, il più chiassoso, che era esploso nella sua classica risata simile ad un latrato.
E James. James semplicemente era stato... James.
Non aveva definizioni.
Non aveva limiti.
Non aveva...
... Lui era.
Era e basta.
Poggiò la fronte contro il vetro.
La pioggia batteva, lieve e sicura, sommergendo i suoi pensieri.
Dopotutto, perchè ancora?
Avrebbe voluto vedere anche lui.
Vederlo alla festa.
Vederlo insieme ad Harry.
Sentirlo dire: "Ehy, io e la tua mamma siamo stati grandi amici, sai? I migliori del mondo!"
Di certo non si sarebbe mai seduto vicino a James. O a Sirius. Peter, poi, sarebbe stato troppo spaventato. Ma magari Remus gli avrebbe trovato un angoletto.
Tenero e dolce Remus. Ricordava ancora tutte le loro chiacchierate. Tutte le lacrime.
Ma no. Ovviamente non era stato possibile.
Si era perso - lo aveva perso - tempo prima. Molto tempo prima.
Qualcuno bussò piano sulla porta.
Il martello pneumatico che le era penetrato nel cervello si fermò.
Poteva anche smetterla di gridare in silenzio, ora.
C'era lui ad ascoltare.
A capire.
A guarirla.
Come sempre.
James la osservava dalla porta, con un vago sorriso stampato in faccia.
Un sorriso pacato, surreale sulla sua bocca, più tendente ad arricciarsi in polemica che non ad appianarsi in diplomazia.
Un sorriso che le scavava dentro.
Lo sentiva premere contro la gabbia toracica.
Forse perchè il sorriso di James era direttamente collegato ai battiti del suo cuore.
Un sorriso in più, un battito in meno.
Così era, da sempre.
"Cosa c'è?"
Che domanda idiota le era uscita.
"Harry si è addormentato, ma prima ha tentato di spiccicare qualche parola sensata... Potrei giurare di averlo sentito dire quidditch" James finse di pensarci un attimo " O anche mocciosus... "
Smettila, pensò, smettila di farmi fare i conti con me stessa.
"Lily..."
"No, stai zitto."
Rimase con la fronte appoggiata alla superficie del vetro.
Sentiva freddo.
Tanto, remoto, senso di smarrimento.
Avvicinati, pensò, abbracciami. Come sempre. Come quando piango, o urlo, o rido.
Abbracciami James...
Un altro vago ricordo. Un'altra voce che bussava.
La sua stessa anima che invocava pietà.
Solo quando sentì il suo calore, si volse.
Il freddo divenne caldo, quasi bruciore. Intenso, benedetto, puro.
Il vetro si tramutò nella morbidezza della sua maglietta. Nella dolcezza del suo profumo. Nel tenero suono del suo respiro tra i capelli.
Stavano bene anche in quel modo.
In silenzio, complici.
Si capivano, si incastravano alla perfezione, si cercavano... Si sentivano.
Rimasero così, con la pioggia come sottofondo.
Due gocce di pioggia che si erano infine ritrovate.
 
 
 
Lily cammina spedita. E' appena uscita da pozioni con un ECCELLENTE del prof. Lumacorno per la sua ultima relazione sulla Pozione Restringente: cinque rotoli di pergamena, avanti e indietro, senza il minimo segno di correzione. Sorride, felice.
E' felice.
Questo è importante.
E poi lo vede. Seduto sotto un albero, con il suo libro sulle ginocchia e i capelli neri sugli occhi.
Combatte. 
Vorrebbe, sente di dovergli parlare.
Ma nulla, il suo orgoglio la blocca.
Il suo dannato orgoglio, quella vocina minuta che sussurra sempre. Dispettosa ed irriverente.
Non si ferma, no.
Chissà, sarà stato l'ultimo appellativo che si è sentita dire a renderla così?
Sporca mezzosangue...
Così l'ha chiamata.
Davanti a tutti. Davanti ai suoi amici. I suoi nuovi amici.
Quelli che la guardano storto, come se fosse particolare.
Quelli che bisbigliano, se la vedono in corridoio.
Passa dritta Lily, e non si ferma.
Sorpassa qualche siepe e BABOOM!, superato un problema se ne presenta un altro.
Eccolo, con i suoi occhiali.
Con i suoi capelli arruffati, ribelli, arroganti. Quanto il loro padrone.
I suoi occhi nocciola, vivaci.
Il suo sorriso, incondizionatamente vivo.
Che fa sentire vivi.
Come una bel boccale di BurroBirra quando fuori nevica.
E i tortini di zucca, che addolciscono il palato.
Così è James.
Accidenti, Potter.
Così è Potter. Il vanitoso, tronfio, indisponente Potter.
Si ferma, stavolta. I piedi non le funzionano più.
Se li sente pesanti. Tutta colpa di quel succo di zucca a colazione: ha detto ad Alice che non le piace berlo, ma la sua amica la obbliga.
Sì, perchè Lily conosce persone che la obbligano.
Persone che la sfidano.
Che la mettono in difficoltà.
E James, dannazione, Potter... Beh, lui racchiude tutte queste categorie.
Lui è così.
Lui è James.
Dalla prima volta che l'ha invitata a uscire, Lily lo ricorda: il naso rosso per il freddo e la divisa da Quidditch ancora addosso. Avevano vinto la Coppa al loro primo anno. Certo, si era sentito invincibile, irresistibile.
Ricorda la prima volta che le ha portato un ragalo per Natale.
Ricorda James in corridoio, quando le vuole portare i libri in classe.
Quando le versa succo di zucca (che a lei non piace bere) a pranzo.
E le offre un po' del suo budino a cena.
O anche, e qui le viene da ridere, quando canticchia sotto voce, a lezione, "Lily, esci con me... Te ne prego, sarò il tuo Re!"
E' orgoglioso, James.
Tanto orgoglioso.
Eppure, sa umiliarsi.
Con classe, ovvio. Perchè è sempre James Potter.
Lily sorride, e si infastidisce subito dopo.
E' contraria alle sue stesse azioni.
Continua, riprende a camminare. I libri sotto il braccio e un'epressione enigmatica in faccia.
Non si è accorta che James la segue.
Con gli stessi occhi nocciola che le piacciono tanto.
Pure se non lo ammetterebbe mai.
Cammina Lily, ma prima o poi James la rincorrerà.

 
 
La pioggia batteva ancora.
Era un rumore remoto. Vuoto. Spento.
L'amore, invece, era un suono nuovo e antico insieme.
Soave, cristallino.
Avrebbe dato vita al cuore più frantumato.
E James conosceva bene l'ordine dei pezzi, nel caso di Lily.
La amava, e lo sapeva.
Lei lo amava, e lo lasciava fare.
Nemmeno la pioggia si sarebbe intromessa.
Nessuno.
Mai. 

  
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