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Autore: Belial The MadHatter    13/12/2006    3 recensioni
Un'antologia di storie brevi che vedono coinvolti i mazoku.

Glace: una folle scalata... una ricerca disperata... e alla fine solo il ghiaccio.
Wissen: si possono sacrificare la saggezza, la giovinezza ed, infine, la vita alla conoscenza?
Karantez: un patto col diavolo in nome dell'amore.
Aistra: vivere con passione fino all'ultimo.
Vänskap: amici fino alla fine.
Kairi: a volte può finire solo con una separazione.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dark Lords
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dedicata a KillKenny perché, magari lentamente, rispetto sempre le promesse...
No, non ho ucciso Garv. A lui ha già pensato Phibrizio!


Note dell'autrice:
Non mi piace usare insulti o imprecazioni varie nelle mie fanfic, ma, in questo caso particolare, non si può certo pretendere che i personaggi si esprimano con un linguaggio elegante... Spero, quindi, di non offendere la sensibilità di qualcuno.



Tales of the DarkSide

Vänskap


La prima sensazione fu il dolore, atroce, al fianco sinistro. Poi tornò l'odorato e sentì il puzzo del sangue, della carne fatta a pezzi o bruciata, del fango, dei rifiuti. Infine, si fecero avanti tutti gli altri sensi, rivelando la devastazione che lo circondava, e la consapevolezza di essere ferito, ma vivo.

Cercò di alzarsi per verificare la situazione, ma il dolore minacciò di spaccarlo in due e gli sfuggì un'imprecazione.

- Quella non l'avevo mai sentita. -

I capelli rossi di Vänskap comparvero nel suo campo visivo.

Cercò di fargli un sorriso orgoglioso. Con ogni probabilità, gli riuscì solo una smorfia.

- Ho sempre avuto molta fantasia. La situazione? -

- Quel colpo ha centrato il battaglione nemico, rendendolo polvere, e l'area sembra sgombra. -

Il mormorio di una castazione, il calore di un incantesimo sulla pelle e il dolore scomparve.

- Grazie, amico. -

Ma Vänskap, il guaritore era già andato, chino su un altro ferito.

Si alzò in piedi lentamente e, dopo aver concluso che l'area era effettivamente sgombra di nemici, si mise a cercare gli altri ufficiali, continuando a maledire chi aveva iniziato quel conflitto del cazzo.

- Sergente! -

Si voltò e uno dei caporali lo raggiunse, zoppicando. Ne approfittò per informarsi immediatamente della situazione della sua unità.

- Abbiamo perso almeno due soldati a causa dell'esplosione e uno dei guaritori si sta occupando degli altri. Cosa cazzo stanno combinando lassù?! -



Passò almeno un'ora così: ascoltando rapporti, maledicendo la guerra ed impartendo ordini per il ritorno al campo.

Dopo tre anni sul campo lo sapeva bene: la guerra non era quel combattimento nobile, giusto, veloce e pulito che facevano credere. Perché non si parlava dello strazio, della sporcizia, delle morti inutili nelle leggende e nelle canzoni dei bardi? Perché non spiegavano chiaramente che l'unica cosa importante, nella sporca e schifosa guerra, era sopravvivere, anche se la terra era coperta dai cadaveri di chi si era conosciuto?!

Quanto odiava la guerra. Non era l'unico...

- Porca e maledetta guerra! -

Dopo questa imprecazione, l'ultimo dei caporali venuti a rapporto sputò a terra, disgustato.

- È difficile pensare che vent'anni di guerra su tutta la penisola siano iniziati come un battibecco per quattro soldi di pedaggio sulle vie per i Kataart... -

- Beh, non vedo l'ora di spendere i miei di quattro soldi alla taverna del campo. Se solo ci concedessero una licenza... -

- Ci imboscheremmo e spenderemmo la nostra paga in una vera locanda, con un vino o una birra che non sanno di piscio, al fianco di una donna che, forse, non è una puttana della peggior specie, - finì per lui.

Peccato che si trattasse di un'illusione perché, anche nelle zone in cui si viveva in pace, con pochi ad occuparsi dei campi, dilagavano miseria e fame. Ma che male faceva credere che ci potesse essere qualcosa di diverso? Più simile ai suoi ricordi di una magione accogliente e pulita, di una stanza calda, di un cucciolo che scodinzolava felice,...

- Perché credi non ci diano una licenza da mesi? I generali non sono poi così stupidi! - fece notare Vänskap, con voce stanca, arrivando dopo aver finito il suo giro.

- Il tuo rapporto? -

Il guaritore, che si reggeva a malapena in piedi, non si fece pregare.

- Hai perso cinque bravi soldati e altri dieci non potranno più correre o prendere in braccio i propri figli. -

- Merda! In totale sono morti in venti e ci ha solo preso di striscio! -

- Se solo arrivassero aiuti dal continente... -

No! Non in quel momento!

Non si sarebbe fatto coinvolgere in una discussione sui continentali, non dopo la lista dei caduti. Non sul campo di battaglia! E poi non voleva prendere posizione, dando torto a qualcuno che aveva bisogno di speranza o a qualcuno che aveva bisogno di un capo espiatorio.

Il caporale sputò di nuovo a terra, con un'espressione scura in volto.

- Siano tutti dannati! È tutto un complotto per sfinirci e conquistarci. Ma, quando arriveranno, ci troveranno pronti ad accoglierli! -

Alzò lo sguardo al cielo, esasperato, e non disse nulla, ma Vänskap non poteva lasciar correre...

- I mercanti giurano e spergiurano che nessuno è più riuscito a raggiungere quelle terre né via mare, né via terra dall'inizio della guerra. -

Vänskap non aveva ancora capito... Ragionare su qualcosa del genere con i soldati! Quando l'unica cosa certa in quel casino era che, circa sei giorni prima, i mazoku avevano attaccato il Re Drago. Da allora le battaglie erano solo peggiorate perché dall'alto piovevano incantesimi, come quello che aveva sfiorato il suo battaglione, e cadaveri. Persino in quei momenti, nel cielo, infuriava la battaglia.

Il caporale iniziò in tono condiscendente.

- Sì, la famosa Barriera... Sono gli stessi che sostengono che la piana di Elmekia e il regno di Mizu non esistono più e che, al loro posto, si stende il Deserto della Distruzione, dominio dell'HellMaster? Come si può credere a cazzate del genere?! -

Intervenne nel tono più formale possibile:

- Torni alla sua unità, caporale. -

- Agli ordini, sergente, - e, dopo un'ultima occhiataccia al guaritore, il caporale se ne andò.

Appena si fu allontanato abbastanza, udì Vänskap mugugnare.

- Sarei riuscito a convincerlo. -

Gli lanciò un'occhiata scettica.

- Con argomentazioni così convincenti e in quello stato? -

- Sono solo un po' stanco, - mormorò Vänskap, guardando in un'altra direzione e strascicando nervosamente i piedi, come un bambino sgridato.

Evitando di dirgli che persino un micino con una zampa legata dietro la schiena sarebbe riuscito a stenderlo, scosse la testa.

- Va' a dormire, te lo ordino. -

- Sempre ad approfittare dei tuoi titoli, vero? -

Almeno era tornato a sorridere. Così, assumendo un tono drammatico, iniziò quello che, ormai, era il loro gioco.

- Se non ci fossi io a dirti cosa fare... -

- ... sarei perso. Sì, lo so. E se non ci fosse la guerra... -

- ... sarei sposato, con un paio di marmocchi e ad amministrare i beni di mio padre, mentre tu...

- ... sarei il guaritore del villaggio. -

Circondato da dozzine di belle donne e ignaro delle loro vere intenzioni. Lui l'avrebbe preso in giro, l'avrebbe fatto bere, l'avrebbe convinto ad accompagnarlo nel suo giro per i fornitori e...

... ed era meglio non proseguire con certi pensieri. Avrebbero reso tutto più complicato.

- Va' a riposarti, - ordinò un'altra volta, tornando serio. Ma il destino sembrava pensarla diversamente.

- Un guaritore, presto! -

Lo osservò correre dove c'era bisogno di lui, come se non fosse esausto.

Se la guerra non ci fosse stata, sarebbero stati così vicini? Non era in grado di dirlo. Il loro rapporto era l'unica cosa che avrebbe salvato di quella vita... per il resto, non faceva che pensare alla magione, ai campi verdi, agli alberi, a coperte morbide e calde...

La luce dorata di un incantesimo piombò a terra, toccando il suolo proprio dove si trovava Vänskap. Non guardò altro mentre correva in aiuto dell'amico.



La prima sensazione fu il dolore. Dolore per essere stato strappato dal Piano Astrale. Dolore per la scomparsa del proprio potere e del legame con i suoi subordinati. Dolore che poteva significare una cosa sola: il vecchiaccio era riuscito ad imprigionarlo. Ma dove? Si concentrò.

Quando si rese conto in cosa quella sporca e stramaledettissima lucertola l'aveva intrappolato, diede fondo a tutte le imprecazioni e le maledizioni che conosceva. Era prigioniero in un fottutissimo e luridissimo essere umano!

Dopo un momento di rabbia impotente, iniziò subito a considerare le sue possibilità.

Era legato alla carne di quel corpo come il loro Signore ai Prescelti, ma aveva già la consapevolezza di chi era veramente... quanto avrebbe impiegato il suo potere a risvegliarsi in quel corpo?

Al momento non aveva molta importanza: il suo Signore, dopo aver sconfitto la lucertola, avrebbe ricordato il suo ruolo nella battaglia ed avrebbe posto rimedio al problema. Non aveva alcun dubbio: un misero Dragon Lord non sarebbe mai riuscito a privare dei propri poteri un DarkLord. Ma sarebbe stato comunque troppo il tempo che avrebbe dovuto passare nascosto dai suoi nemici, senza poterli affrontare! Maledetto Ragradia!

Sforzandosi, aprì gli occhi. All'inizio fu tutto confuso, ma, concentrandosi, riuscì a mettere a fuoco le immagini... e se ne pentì subito. C'era qualcuno chino su di lui.

- Stai bene? -

Cercò di far alzare quel corpo, di spingere lontano quella presenza offensiva, ma gli riuscì solo un movimento scoordinato.

- Sei incolume, grazie a Cephied. -

Cephied?! Quale patetica scusa di creatura vivente poteva credere che quel parassita si interessasse a salvarla?! Ma si parlava di esseri umani...

- Ti aiuto ad alzarti. -

Qualcosa di caldo e lurido... delle mani... lo afferrarono.

Si dimenò, cercando di liberarsi.

- Piano, piano... Non so come tu abbia fatto a rimanere vivo, vista la potenza dell'esplosione. Cosa cazzo pensava di fare il Re Drago con un incantesimo del genere?! Di poter sconfiggere i mazoku, uccidendo noi umani?! -

No, aveva imprigionato un Dark Lord in un essere umano. Ma non era cosa che dovesse essere risaputa: nelle sue condizioni, sarebbe divenuto facile preda dei suoi nemici.

Dopo che l'umano l'ebbe "aiutato" a mettersi seduto, scrutò il cielo per verificare l'andamento della battaglia.

La lucertola, chiaramente ferita, aveva improvvisamente cambiato strategia e stava sfruttando le maggiori dimensioni rispetto a Lord Lei Magnus, in una serie di attacchi fisici, per evitare l'inevitabile: la vittoria dei mazoku.

- Visto che l'altro mazoku è stato distrutto dal Re Drago, sembra che finirà con la sconfitta dei mazoku. -

- Silenzio, mortale! - sibilò, irato.

L'essere umano lo fissò sorpreso.

- Hai battuto la testa? Non hai mai avuto tali mani di grandezza, Vänskap! -

A quel punto, spinse lontano quella patetica creatura e, faticosamente, si mise in piedi. Solo allora, quando la sua debolezza non era più così palese, chiamò il suo Priest e il suo General utilizzando la magia che scorreva nelle vene di quel corpo.

Anche senza il suo potere ed imprigionato in un essere umano, la sua proiezione sul Piano Astrale era pressoché immutata e Ralthark e Rarshart comparvero di fronte a lui. Fu sollevato quando si inginocchiarono di fronte a lui, segno che riconoscevano ancora la sua autorità su di loro, persino in quel momento di debolezza.

- E questi chi sono? - chiese il seccatore umano, portando la mano all'elsa della spada e posizionandosi al suo fianco.

Stupido o folle: non riconosceva i segni del pericolo.

- Che ne dici di distrarli in qualche modo e di filarcela? Questi sembrano mazoku di alto rango. -

O, considerata la domanda appena sussurrata, semplicemente lento di comprendonio.

Il General e il Priest si scambiarono uno sguardo e Ralthark si teletrasportò di fronte a lui, in ginocchio, offrendogli la sua spada.

- Mio Signore. -

- No, non farlo! -

Prima che l'umano potesse afferrarlo e trascinarlo indietro, la prese in mano e, persino in quel debole involucro, ne percepì il potere. Ne ammirò la lama come se la vedesse per la prima volta. Così bella...

- Vänskap, buttala! -

L'umano cercò di togliergliela dalle mani, ma non avrebbe mai permesso che un simile affronto e, quindi, dimostrazione di debolezza potesse aver luogo. Sforzando la coordinazione, lo fece cadere a terra.

I loro sguardi si incontrarono. Per un attimo, negli occhi dell'umano poté leggere la sofferenza del tradimento. Ma fu un attimo perché già la sua testa cadeva a terra, recisa da un suo colpo preciso.

A quel punto avvertì qualcosa, forse un moto di ribellione dell'originario proprietario di quel corpo. Non aveva importanza: lo soffocò senza pietà. Poi si rivolse ai suoi subordinati in attesa di ordini.

- Uccideteli tutti. -



Sono consapevole del male che intendo fare,
ma più forte di tutti i miei ripensamenti è la mia furia,
furia che porta sui mortali i mali più grandi.
(Euripide - Medea)

  
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