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Autore: Eriok    25/05/2012    2 recensioni
Una storia su Hermione, Harry e Ron come non si sono mai visti. Bontà d'animo, indecisione e rabbia governeranno ognuno di questi personaggi. Un nuovo individuo nella scuola, importante per la prima, un avversario e un nemico odiato per il secondo e terzo. Conosciamo veramente questo trio?
La scuola, per loro, non è ancora finita. Devono concludere gli anni persi a Hogwarts, tornando sui libri. La magia trabocca, in questa storia, ma non tutta dalle bacchette. Esistono individui che la magia la fanno esplodere dalle mani.
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Il trio protagonista, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
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1.

 

Hermione, con quei suoi capelli come code di volpe che cadono flebili sulle spalle forti, la bacchetta tesa, gli occhi determinati a fissare la minaccia davanti a lei. Erano lì, con una carta di cattura per un mangiamorte, che stava proprio dietro di lei, senza la magica stecca.

I suoi occhi scorrevano, ghiacciati, contro ogni capo dall’altra parte dell’improvvisato campo di battaglia.

«Hermione, lasciami andare...» la supplicò l’uomo, con gli occhi ripieni di quella malinconia che lo ottenebrava nei primi giorni in quel luogo incantato che era la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

«Non permetterò che quelli del Ministero ti prendano.» sibilò, mantenendo la concentrazione, continuando a fissare la schiera di maghi armati contro di lei, unica ragazza schierata dalla parte opposta.

Harry la fissava, indeciso e combattuto se stare dalla parte degli Auror di cui un giorno voleva far parte oppure dalla sua amica.

Ron, sornione, sorrideva dalle spalle dei combattenti del Ministero, vedendo la sua vendetta compiuta così, per pura fortuna e qualche ricerca. Quel ghigno disegnatogli in volto era quasi più affilato di quello di Malfoy, che appoggiato allo stipite del portone scuoteva la testa, come a rimproverare la giovane coppia sola, con le spalle alla Foresta Proibita.

«Hermione, sappiamo benissimo come il tuo ruolo sia stato importante nella II Guerra Magica, ma di certo questo non ti giustifica nel metterti contro il Ministero della Magia.» parlò l’uomo di colore, dall’altro campo.

«E voi non siete nessuno per piombare in una scuola per trarre qualcuno da qui, soprattutto senza prima un processo equo.» rispose con rabbia, ringhiando furore, la punta della bacchetta sputava piccole bave di esplosivo, riflettendo la furia contenuta della giovane Grifondoro.

«Hermione, lasciali fare il loro lavoro!» aggiunse Harry, esasperato, vedendo le cose andare di male in peggio.

Lo sguardo si spostò verso quello di Harry, e lo zittì all’istante con sputi di veleno.

«Tu, traditore, non osare rivolgermi mai più la parola.» e riportò lo sguardo allo squadrone di Auror.

Il giovane mangiamorte parlò da dietro le sue spalle, che con gesto nervoso portò i capelli scuri all’indietro.

«Amore...ti prego...» proruppe, vedendo le due mani stringersi nervose intorno alla bacchetta unico strumento che rendeva esitanti gli uomini. La fama della maestria della Granger avevano fatto il giro del mondo magico, costruendo una immagine di donna dalla grande dote negli incanti.

Il Ragazzo che è Sopravissuto li osservava, e prese una decisione. Sfoderando la bacchetta lanciò un incantesimo, respinto dalla mora, che si aspettava un gesto come quello.

Gli Auror, di fronte a un ribaltamento simile, si fecero da parte, lasciando giostrare ai due la bacchetta e il combattimento.

«Non ti mettere in mezzo, Harry!» proruppe la giovane, schivando e contrastando i fasci di luce variopinti che venivano scoccati come frecce da una parte come dall’altra.

«Nemmeno tu!» rispose il giovane, intensificando il ritmo dei colpi. La giovane non cedette, ma dovette abbassare l’offesa per riparare nella difesa.

Un giovane Auror, cogliendo delle falle nella difesa di Hermione, messa in difficoltà da Potter, esaltato dalla magia che traboccava, si intromise nel combattimento. Hermione si sentì in difficoltà, cercando di rimediare con la maestria dei suoi incantesimi. Un colpo improvviso beccò l’Auror di striscio, rompendogli l’osso della spalla, facendolo schiantare verso terra. Con nuovo furore però il giovane Auror si rialzò, ricominciando lo scontro con maggiore fervore cosicché la giovane, trovandosi contro due giovani incalzanti non poté parare un colpo schiantante dell’Auror.

Il corpo della giovane, colpito in pieno, venne scaraventata verso la foresta, dove però trovò le braccia del mangiamorte, dietro di lei, a farle da cuscino per la caduta.

«No!» urlò l’uomo, preoccupato per la salute di Hermione, svenuta sotto il forte colpo.

L’Auror sorrise e lanciò un grido soddisfatto, Harry abbassò la bacchetta, dilaniato da un senso di colpa di cui non si sarebbe liberato molto facilmente.

Gli occhi ghiacciati percorsero il volto della giovane, fermo in una smorfia di dolore, appoggiato al suo petto, i capelli intorno al volto, incastrati nelle labbra aperte in un sussurro silente. Il suo sorriso non lo illuminava più, non sentiva più la sua voce, la sua risata. Il suo corpo giaceva tra le sue braccia abbandonato a se stesso.

E gli occhi si colorarono di ghiaccio rovente.

Un colpo freddo e potente lanciò Harry oltre la radura, la mano del mangiamorte tesa, mentre un ennesimo incantesimo colpiva il giovane Auror, che crollava a terra, come preso da un dolore lancinante che urlava dentro il suo cuore, come uno stridio di mille unghie contro la lavagna del suo cuore, dilaniandolo. Le sue urla si propagavano nella radura. Lo squadrone rispose con un arcobaleno fulminante di incantesimi diversi, rivolti verso il giovane mangiamorte, a terra per sorreggere il corpo della giovane Hermione, svenuta.

Un muro di ghiacciata protezione si erse dal suolo a un semplice movimento del giovane, uccidendo come specchio il micidiale arcobaleno degli Auror, stupendo l’intero gruppo.

«Stupidi, non pensiate che una manciata di bacchette possano fermare un Ferchirante!» e poggiando con dolcezza la giovane sul suo petto, liberando entrambe le mani, il giovane mago incominciò il suo ennesimo, ma non ultimo, “spettacolo di magia”.

 

Qualche mese prima...

 

 

 

La preside McGranitt scriveva con una scrittura minuta e precisa, quando un bussare le fece alzare le pupille sottili, sopra la montatura, rispondendo alla cordiale richiesta di entrata.

Un giovane dagli occhi ghiacciati e i capelli neri a coprire il volto entrò, con passo timido e il capo basso, la schiena ricurva, come a nascondere la sua altezza.

Era vestito malamente, con una palandrana che più per vestito fungeva da costume.

«Mi ha chiamato, preside?» disse, con voce profonda, da ragazzo ormai cresciuto.

«Hai riposato bene stanotte?» domandò la signora, sistemandosi gli occhiali sul setto nasale, riponendo la penna.

«Sì signora, per quanto mi sentivo in colpa nell’occupare un letto non mio.» rispose, creando un sorrisetto nel volto della donna. Il perfetto chignon in testa alla donna non riusciva più a nascondere ormai i ciuffi bianchi.

I dipinti sul muro si muovevano, sussurrando. Gli occhi della donna si erano quasi appoggiati con distrazione sul ritratto dell’uomo dalla lunga barba bianca e dal mantello azzurrino.

«Non ti preoccupare per questo, avrai una nuova casa, e un tuo letto dove dormire. Il Cappello Parlante oggi, in via straordinaria, ti smisterà in una delle nostre quattro Case. Da oggi frequenterai i corsi, e diventerai un mago. Uno di quelli veri però.» il volto del giovane si illuminò, sbalordito, e McGranitt notò, con una certa felicità, una nascosta lacrima scendere sul volto nascosto del ragazzo.

«Ma dovrai rimetterti in pari, sei all’ultimo anno, hai sei anni davanti di studio arretrato. Ti senti preparato?» gli domandò, sapendo quanta mole di studio doveva fare il ragazzo.

«Ho già studiato Storia della Magia e Incantesimi a memoria. Può esaminarmi anche oggi.» rispose il giovane entusiasta creando una piacevole soddisfazione nella preside.

«Prima devo sapere in che Casa sarai, prima di esaminarti. Dopotutto ti devi ancora procurare i materiali necessari per il nuovo anno che incomincia oggi.» e parlando afferrò un vecchio e liso cappello nero da uno scaffale.

Il giovane si sedette a un cenno della donna, lasciando che le poggiasse il cappello sulla nuca.

Uno squarcio nel copricapo creò voce, e parlò.

«Mmm...era da tanto, tanto tempo che non mi capitava un caso così magico...» il ragazzo sobbalzò, non aspettandosi una reazione così da un copricapo. Ma non osò fiatare.

«Quanta magia, quanta potenza, quanto coraggio, quanta forza c’è in questo ragazzo...» parlava, lo squarcio, e il giovane iniziò a sudare freddo. La preside teneva d’occhio una clessidra.

«...eppure c’è un’ombra che lo attanaglia, difficile, difficile scelta che devo far oggi...» i minuti passavano, i granelli di sabbia cadevano, e il capello continuava in un mugugno continuo.

Passarono più di dieci minuti in silenzio, sorprendendo persino la preside, una Testurbante.

Mai il cappello si era limitato a star zitto e a meditare, e nessuno osò interromperlo o fargli fretta. Dovevano solo aspettare.

«Grifondoro!» urlò infine, spezzando l’inquietudine nei due spettatori e facendo sobbalzare il ragazzo sotto di esso.La preside, con un sorriso soddisfatto sfilò il cappello, riponendolo dove lo aveva preso.

Il giovane aveva il cuore a mille, la felicità così tanta da traboccare oltre gli occhi. Era in Grifondoro. Era nella stessa Casa dove c’era Lei.

«Benvenuto in Grifondoro, Andreas.» mormorò Minerva, orgogliosa che un caso così raro come quel ragazzo entrasse nella sua vecchia Casa.

Il giovane alzò gli occhi, e pianse di felicità, annuendo, sentendosi per la prima volta...vivo.

   
 
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