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Autore: BlueSunflower    26/05/2012    1 recensioni
«E per questo non torni? »
«No, non torno perché sento che se lo vedessi un’altra volta, non riuscirei ad andarmene, a provare quello che mio fratello provava per una sola, corta, eterna settimana. Corinne, l’estate dura solo tre mesi! »
«E l’inverno troppo? »
«Sì, troppo. »
«E quando poi finisce, che succede? »
«A volte mi guardo intorno, e mi terrorizza essere lontana da Taranto, dalla sua cristallina acqua inquinata, e ti parlo sul serio: questa città è enorme, eppure ci sono giorni in cui mi sento soffocare. E sai che faccio allora?....
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tre mesi Nvu

Tre Mesi

«Perché? Perché non mi hai mai chiesto di venire con te?»

«Mi chiedi perché? Be’, è semplice: tu volevi rimanere lì, non ti interessava cambiare città, andare all’università, tu volevi già da allora dei figli, una casa nel quartiere Tamburi. Volevi crescere rimanendo in quei luoghi in cui avevi passato gran parte della tua vita, volevi crescere rimanendo sempre la stessa, solo con più marmocchi attorno. »

«Ma non me l’hai nemmeno chiesto…»

«Non sarebbe cambiato comunque nulla. »

«E quindi non tornerai, nemmeno sta volta? »

«Sai, ho visto Christian tornare tante volte, rimanere un paio di settimane e desiderare di restare, poi però c’era il lavoro e allora doveva tornare a Verona e prendeva comunque quel primo aereo, tornava lì e passava una settimana a disperarsi, torturandosi a cercare una soluzione, per tornare a quella che senza nemmeno rendersene conto ormai non considerava più la sua vera casa. Sono anni che casa sua è Verona, lo so perfettamente, lo è diventata subito dopo la sua partenza, il suo arrivo, il suo nuovo lavoro. Passata quella settimana si scordava di tutto, di Taranto, del mare, della pioggia e del freddo che probabilmente raggiungeva temperature quasi calde rispetto a quello che lo ghiacciava lì, dov’era casa sua, Verona. Se ne dimenticava, capisci, riusciva ad andarsene e a dimenticare fino alla prossima volta in cui sarebbe sceso.

«Credi davvero che immaginando di stare qua, dove sono adesso, a Roma, a studiare, in una casa che non so ancora se considerare mia, io già non provassi un’assurda malinconia davanti all’idea di non vedere più il luogo in cui sono nata? D’inverno, a volte, o quasi sempre, avrei voluto scappare, addormentarmi e riuscire a sognare, a sognare come fanno tutti, non quei sogni malconci che faccio di solito, e non svegliarmi più. D’estate sentivo che il mare mi sarebbe mancato, in fondo credo che, sai, scusa, ma forse anche più di te, credo che il mare di Taranto mi sarebbe mancato più di tutto. Solo che, solo che l’estate dura solo tre mesi, l’inverno invece è tutto il resto dell’anno. »

«E per questo non torni? »

«No, non torno perché sento che se lo vedessi un’altra volta, non riuscirei ad andarmene, a provare quello che mio fratello provava per una sola, corta, eterna settimana. Corinne, l’estate dura solo tre mesi! »

«E l’inverno troppo? »

«Sì, troppo. »

«E quando poi finisce, che succede? »

«A volte mi guardo intorno, e mi terrorizza essere lontana da Taranto, dalla sua cristallina acqua inquinata, e ti parlo sul serio: questa città è enorme, eppure ci sono giorni in cui mi sento soffocare. E sai che faccio allora?

-Scosse la testa, malinconica-

«Prendo le mie cuffie, Mp4 annesso, la borsa col libro di turno e me ne vado, raggiungo a piedi la colonna Traiana, giro un po’ tra gli edifici storici con la musica a coprire quel fottutissimo vociferare dei turisti, quel miscuglio assurdo di lingue così diverse che sempre una sola cosa vogliono dire: guardata qua, questo è quello che resta di un impero che ha governato il mondo e che è crollato, così, senza però sparire mai. E queste pietre –perché infondo altro non sono- ci hanno lasciato!

«C’è una panchina, sta tra due grandi alberi, non so dove sia, né come si sia trovata in quel posto, non so nemmeno dove si trovi, sai che i nomi delle vie sono come scritte in Arabo per me, non ci metto tanto ad arrivarci e mi ci siedo spesso. Poi afferro il solito libro di turno, probabilmente l’ennesimo storico e tra una canzone e l’altra viaggio, arrivo da tutte parti, Babilonia, nell’Attica, nell’antico Egitto, ad Alessandria magari. Ogni tanto prendo poi quel libro, non so se te ne ho mai parlato:‘Porcaccia, un vampiro’, si chiama; E col protagonista torno in Puglia, nell’odierna Bari e non dire che non sono mai tornata da quando me ne sono andata, perché non è vero! Perché quando lui è tornato a Taranto per il weekend per trovare la madre e il fratellino, io l’ho seguito tutte le volte. E ho anche rivisto il mare di sera, mentre lui si masturbava sul sedile della sua auto, io ero al suo fianco e l’ho rivisto il mare, anche se non mi ha detto mai nemmeno in che spiaggia siamo andati. »

«E poi? »

«Poi torno a casa, dai miei coinquilini. »

«E l’estate finisce dopo tre mesi. »

«L’estate finisce, dopo tre mesi. »

 

 

 

Nota 1: ‘Porcaccia, un vampiro!’ è un libro scritto da Giusy de Nicolo ed è ambientato a Bari, ovviamente. Una bella storia, piuttosto originale, ci si mette poco a finirlo, anche se non l’ho trovata, a dire il vero, una lettura poi tanto scorrevole. Carino, in ogni caso.

Nota 2: Non sono mai andata a Roma e per rigor di logica, mi sono solo immaginata questa panchina, ovviamente ed è anche per questo motivo che ho evitato di dire una cavolata ubicandola in un posto realmente preciso.

 

Angolino dell’autrice:

Stavo ascoltando una canzone, non so nemmeno come mi sia capitato di risentirla, ‘Idee stupide’ di Fabri Fibra era una canzone che adoravo ai tempi dei tempi. Non sono un’accanita sua fan, ma il vecchio Fibra mi piaceva, non è per moda, o perché credo di capirne più degli altri, ma non lo seguo più tanto, né mi emoziona. Vabbè, chiusa parentesi. Comunque, ascoltandola, mi è venuto in mente questo discorso, non so nemmeno come mi si sia creato in testa . Io non vivo a Roma (Non ancora, sarebbe il mio piccolo, e mica tanto, sogno in realtà), non vado ancora all’università, vivo ancora nella mia fottutissima Taranto e se il tempo l’avesse permesso, domani sarei andata a mare. Mi capita di riflettere spesso su quello che succederà nel mio futuro e ho paura che per qualche motivo non riuscirò mai a tornare dove sono ora, o forse, chissà, magari non riuscirò invece nemmeno ad andarmene da qui. Non ho preso questa ‘cosa’ così sul serio, tant’è che non so neanche perché la sto pubblicando. Che puttanella, una cosa così personale resa così pubblica…

 

Un bacio, BlueSunflow

 

 

 

 

   
 
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