Cap. 22
Era arrivato il grande
giorno.
La fine del percorso
scolastico di Violet era giunta, e lei, studentessa con la media migliore della
scuola aveva l’incarico di preparare il Valid Dictorian da recitare davanti a quelle centinaia di persone
presenti quel giorno.
La preparazione aveva
causato non poche crisi di nervi per la piccola genietta,
ma col supporto del suo bello era riuscita ad ottenere un risultato
soddisfacente.
Quello lo poteva capire
mentre osservava i suoi genitori, insieme a quelli di tutti i suoi compagni,
che l’ascoltavano mentre li intratteneva. Le parole del suo discorso ne avevano
commosso molti, e soprattutto i suoi.
Ma anche Hilda non era da meno. Aveva chiuso persino il locale quel
giorno per partecipare alla cerimonia del diploma; e ovviamente anche Ricky non
poteva mancare.
Luke e Catherine si
abbracciavano e piangevano orgogliosi della loro bambina. Nathan, con Jackie
sulle spalle, applaudiva soddisfatto. Era davvero gratificante vederla serena e
felice per aver raggiunto i risultati prefissati.
Erano tutti lì riuniti a
celebrare la fine delle scuole superiori e l’inizio di qualcosa di nuovo.
Il suo Dictorian
terminò con uno scrosciare di applausi che si protrasse fino all’entrata in
scena del preside che segnava il termine della cerimonia.
“Io, Kenneth Ross, preside
della Oliverton Junior High, faccio i miei
complimenti e i migliori auguri ai diplomati di quest’anno! Un grande applauso
a tutti gli studenti dell’anno 1993, che hanno così terminato la loro carriera scolastica
in questa scuola.”
A quell’annuncio tutti i
cappelli dei giovani sorridenti volavano nel cielo estivo azzurro.
Violet sorrideva, felice
per aver raggiunto quel traguardo importante e tanto agognato.
Dopo i saluti ai compagni,
Violet si diresse veloce – per quanto lo permettesse la tonaca – verso Nathan.
Lo abbracciò di slancio e si scambiarono un veloce bacio a fior di labbra.
Lo prese poi per mano e lo
condusse dai suoi genitori. Era giunto il momento delle presentazioni; erano
ormai sei mesi che stavano insieme e lei aveva accennato solamente qualcosa a
sua mamma in una delle loro conversazioni telefoniche.
Mano nella mano e con
Jackie al seguito, si avvicinarono a Catherine e Luke.
“Mamma, papà. Voglio
presentarvi Nathan, il mio ragazzo.”
Negli istanti che
precedettero quelle parole, il ragazzo scorreva veloce i suoi ricordi di quando
Violet gli aveva detto che il giorno della cerimonia li avrebbe fatti
conoscere.
Era nervoso, e proprio lui che si preoccupava veramente solo di poche cose,
non sapeva che cosa fare e che cosa dire.
Non era mai stato presentato come fidanzato prima di allora e
quell’evento un poco lo spaventava. Aveva paura che ai genitori di Violet non
sarebbe piaciuto.
Si era rifugiato nelle scene dei film romantici per vedere, cercare di
capire quelle che erano le “manovre base” per piacere ai genitori della propria
fidanzata.
Violet però lo aveva rassicurato la sera precedente. A letto,
abbracciati, stavano parlando e lui aveva messo a nudo la sua paura di non
piacere a Luke e Catherine per il suo passato, per la sua famiglia e per il
fatto che da solo accudisse la sorellina. Violet lo aveva stretto a se come se
fosse un cucciolo smarrito al quale donare fiducia, amore e in quel momento
rassicurazione. “Sii te stesso e vedrai che ti adoreranno. Se hai conquistato
me, farai altrettanto con i miei genitori. Sono io la complicata della
famiglia; loro sono meno problematici di me.” Disse sorridendo “E poi sanno che
io difficilmente lascio entrare ragazzi nella mia vita e tu ci sei entrato.. e
anche fino in fondo direi.” Cercava di alleggerire la tensione di Nate, sicura
che ce l’avrebbe fatta. “ E anche per il fatto che tu sei qui con me, dopo
tutti i miei scleri; te ne verrà riconosciuto il
merito e vedrai che gli starai simpatico… vedrai amore, ti adoreranno. Non può
andare diversamente.”
In quel momento quei
ricordi gli trasmisero la fiducia in se stesso necessaria per essere tranquillo
e presentarsi a Luke e Catherine.
Il padre di Violet, un uomo
semplice con l’aria un po’ burbera, gli aveva stretto la mano vigorosamente, e
lo osservava con sguardo serio e indagatore.
Catherine, invece sorrideva
sinceramente e lo aveva già accolto come uno della famiglia. Subito dopo averlo
stretto in un abbraccio, dedicò le sue attenzioni a Jackie, che ridacchiava per
le facce buffe che le faceva.
Era una donna solare ed
esteticamente assomigliava molto alla figlia; aveva però gli occhi nocciola,
che trasmettevano calore e fiducia. Violet aveva gli occhi di suo padre,
grandi, azzurri come il cielo ed espressivi.
Era soprattutto quella
particolarità che aveva colpito Nathan. Gli occhi possono essere anche con
colori particolari e belli finché vogliamo, ma se sono vuoti e non trasmettono nulla,
perdono della loro bellezza. Questo era il suo pensiero.
Consumarono il pranzo in un
ristorante elegante, affollato e dove il chiacchiericcio permetteva di avere
una certa privacy: nessuno stava ad ascoltare oltre il proprio tavolo.
Durante il pranzo Catherine
era totalmente presa da Jackie, tanto che scherzando aveva chiesto quando
avevano intenzione di farla diventare nonna.
Quella domanda fece
sorridere i due giovani, che prendendosi per mano le avevano comunicato che ne
doveva passare ancora di acqua sotto ai ponti prima che arrivasse il loro turno
da genitori.
Una reazione diversa ebbe
Luke, che, irrigiditosi, lanciò uno sguardo esasperato alla moglie per poi
fissarsi su Nathan come per avere un ulteriore conferma delle sue parole.
Luke prese la parola:
“Allora Nathan, che cosa fai nella vita?”
Ed ecco la fatidica
domanda. Il momento dell’interrogatorio era arrivato per Nate, e Violet per
supportarlo gli stringeva la mano sul tavolo.
“Lavoro al Café di Hilda: cucino e faccio il
cameriere, e poi aiuto il proprietario del market dove lavora Violet con lo
scarico della merce” e sorridendo aggiunse “Devo provvedere a me e a Jackie in
qualche modo.”
“Jackie.. e i tuoi genitori?”
Violet aveva aumentato la
stretta sulla sua mano.
“Eh.. bella domanda… i miei genitori.. mio padre non so nemmeno dove sia
e se si ricordi ancora di me, mia mamma invece è una cameriera drogata di una
bettola del Bronx.” Quella era la risposta che gli passò per la mente, ma
che ebbe l’accortezza di non pronunciare.
“Non vivono con me.. Io mi
sono trasferito da New York a West Newbury da meno di un anno e Jackie vive con
me da poco.” Cercò così di sviare l’argomento.
“Papà, basta con
l’interrogatorio: ho una notizia fresca fresca!” Fu
molto grato a Violet quando lei intavolò l’argomento di Berkeley per evitare che
il padre approfondisse.
Luke intuì il tentativo di
sua figlia di cambiare argomento, ma ovviamente non disse niente in quel
momento; avrebbe chiesto a lei in privato in seguito.
“Ah sì? Dimmi tutto.”
“Andrò alla Berkeley!! Mi
hanno accettata!”
Catherine gridò dalla gioia
e si alzò per correre ad abbracciare la figlia. Il padre non si scompose molto;
fece solo un gran sorriso e le disse: “Sono orgoglioso di te, bambina mia!”
Violet non era abituata a
sentire il padre pronunciare certe parole e si commosse.
Nathan dal canto suo era
davvero felice per la sua ragazza; ma nascondeva una sottile vena di gelosia
per quello sguardo soddisfatto e orgoglioso del padre e per quelle parole che
lui non aveva mai avuto il piacere di ricevere.
“Violet ma raccontagli bene
la storia.” Propose scacciando quei pensieri, e per mostrare quanto fosse in
gamba Violet – non che i suoi genitori non lo sapessero. –
“No, dai.. ma se vuoi
digliela tu.” Non voleva essere al centro dell’attenzione e voleva che Nathan
avesse la possibilità di aprirsi almeno un po’ con i suoi genitori.
Il ragazzo ebbe così tutta
l’attenzione del tavolo e iniziò: “D’accordo. La vera storia è che la Berkeley
l’ha cercata, non solo accettata come ha detto lei. Ha scritto un saggio
davvero bello che il professore di lettere ha apprezzato molto e dopo un
colloquio le ha chiesto di entrare a far parte dell’università. Le ha offerto anche
una borsa di studio, talmente era convinto del potenziale di Violet.”
Naturalmente omise la parte del litigio e delle lacrime versate; non era il
caso di parlarne al primo incontro con i genitori di Violet.
“Sono davvero fiero di
lei!” aggiunse guardandola negli occhi e posandole un bacio sui capelli.
Alla fine del pranzo,
arrivò il regalo del diploma della famiglia.
“Violet, figlia mia. Ecco
per te, un regalo. Penso che ti possa tornare più utile di una macchina della
quale non avrei mai azzeccato né modello né colore.” La mamma le porse una
sottile busta, che Violet prese con mani tremolanti.
La aprì lentamente. Poteva
contenere solo una cosa.
E infatti era proprio come
pensava: un assegno.
Quello di cui non si
capacitava però, era la cifra che vi era riportata.
65 mila dollari.
Non ci poteva credere, non
aveva mai visto così tanti soldi in vita sua; e nonostante sapesse che era
tradizione per le famiglie, mettere da parte soldi per il college da quando i
figli erano piccoli non pensava che le spettasse così tanto.
Durante la sua infanzia non
le avevano fatto mancare niente, e non pensava che fossero riusciti a mettere
via tutti quei soldi; dopotutto sua mamma era una semplice consulente e il
padre un impiegato delle poste. Erano due persone semplici, con una vita
raggiante e che quando erano insieme sembrava non avessero bisogno d’altro,
nonostante fossero così diversi.
Forse non si rendeva conto
che anche lei e Nate non erano poi così diversi da loro.
“Violetta – sua mamma la
chiamava sempre così, dopo il viaggio in Italia – sono i soldi per il college,
non essere così meravigliata! E poi per noi in questi due anni è stato molto
più facile metterli da parte, visto che non dovevamo rifocillare la tua
libreria.” Ironizzò Catherine.
“Grazie mamma, grazie
papà.. io non so che dire.” Rispose mostrando l’assegno al suo compagno, che le
sorrise solamente in risposta. Non doveva esprimersi, perché in quel capitolo
lui non aveva voce.
“Non dire nient’altro e
abbracciaci.” Detto, fatto. Violet si alzò e li strinse in un abbraccio così
pieno d’amore, come non faceva da tempo.
Il resto della giornata,
nonostante l’invito a casa dei genitori fosse esteso a tutti e tre, lo
passarono separati.
Era giusto così: era la
giornata di Violet con la sua famiglia; non si vedevano da parecchio e
sicuramente avrebbero avuto tanto da raccontarsi.
Infatti a casa, Violet
raccontò loro della sua vita da mangusta solitaria, come l’aveva soprannominata
sua mamma quando non aveva Nate a farle compagnia. Poi raccontò anche del
passato del suo ragazzo, ma senza entrare nei dettagli; sapeva che doveva una
spiegazione al padre, ma non voleva neanche mettere troppo a nudo il suo
ragazzo.
Catherine se già adorava
quel ragazzo per lo sguardo innamorato che rivolgeva a sua figlia, ora lo
ammirava. Quel ragazzo aveva dimostrato una forza incredibile, oltre ad
un’inaspettata fiducia nel mondo. Nella sua carriera da consulente ne aveva
sentite di storie, ma quella di Nathan l’aveva particolarmente colpita.
Luke, come al solito, non
espresse molto i suoi pensieri. Fece solo qualche domanda:
“Ha intenzioni serie?”
Violet ebbe nemmeno il
tempo di rispondere, che sua mamma era già intervenuta al suo posto “Caro
marito, ma che domande fai? Credi che un ragazzo che cresce da solo la sorella
e che la guarda in quel modo non abbia intenzioni serie?!”
“Io non lo so.. è sempre
meglio chiedere.”
“Sei proprio incorreggibile
Luke. Dopo tanti anni di matrimonio e amore, ancora non riesci a mettere da
parte quella tua parte razionale. E poi penso che ci possiamo fidare del suo
istinto.”
“È di nostra figlia che
stiamo parlando. Voglio essere sicuro che sia in buone mani. Lo sai che mi fido
di lei, altrimenti non vivrebbe da sola da due anni. Però è sempre bene
chiedere.. ”
Quel siparietto famigliare
le mancava. Le discussioni a casa sua erano sempre state così, da che ne avesse
memoria.
Suo papà era la testa della
famiglia e sua mamma il cuore. La razionalità che aveva trovato la sua metà
della mela nel sentimento travolgente della passione e del romanticismo. Era un
caso più unico che raro, per questo non si stupiva più di essere uscita così
complicata. Dovevano pure esserci delle conseguenze per quell’unione..
ovviamente non si rendeva conto di quanto fosse stata fortunata per le sue
doti. Non si apprezzava abbastanza, era sempre dura con se stessa.
Nathan, ormai giunto a casa
con la sorellina, pensava con malinconia alla famiglia che non aveva avuto, e a
quella che aveva. A quel pensiero gli venne in mente sua madre. Così di punto
in bianco compose il numero e attese risposta, che però non arrivò.
Preoccupazione. Ecco cosa
provò.
Ricompose velocemente il
numero e questa volta sua mamma alzò la cornetta e in modo atono rispose.
“Ciao mamma.”
“Nathan!?” era evidente che
non si aspettasse di avere notizie da lui.
“Sì, e chi se no?”
“Non pensavo di sentirti
più.”
“Come stai?”
“Sto bene.. Diciamo così”
“Diciamo così?”
“Si Nathan, come vuoi che
stia? Sono qui da sola con tuo fratello. Ti ricordo che mi hai portato via mia
figlia.”
“Dobbiamo discutere ancora
per questo?! Sai perché l’ho fatto.”
Dalla cornetta arrivò un
sonoro sbuffo. “Si lo so; da una parte sono felice perché l’hai portata via da
tutto questo, ma dall’altra.. mi manca.”
“Immagino. Anche a me era
mancata tanto i primi mesi che ero qui.” “..Come mai prima non hai risposto? Mi
hai fatto preoccupare.”
“Ero.. ero occupata.” Una
semplice risposta vaga per coprire una grande colpa e un senso di vergogna che
la affogava ogni volta che i figli la sorprendevano in quello stato.
“A far che?” “..No. Non me
lo dire.” Nate non colse al volo il reale significato di quella risposta, ma lo
fece prima che sua mamma potesse inventarsi qualche scusa imbarazzante.
In quel modo ottenne solo
silenzio dall’altra parte. Aveva colto nel segno. In quel silenzio pesante,
avveniva la sua confessione, così il ragazzo sfregandosi la fronte le disse:
“Devi smetterla con quella roba, mamma.”
“Lo so, ma non ce la
faccio.” Le lacrime iniziarono a sgorgare e Nathan si sentiva colpevole per la
sofferenza della madre.
“Troveremo una soluzione.”
“Mamma, ti ho chiamato per dirti che tra due mesi parto, vado a vivere in
California con Jackie e Violet. È entrata alla Berkeley, mamma. Sai, è davvero
brava.. e io non riesco a stare senza di lei.”
“Sono felice per te, figlio
mio. Sei fortunato che ti stia ancora accanto dopo quello che è successo qui.”
“Si.. sono davvero
fortunato.” Sorrise osservando Jackie che presa dall’entusiasmo rideva, saltava
e girava in tondo sul tappeto, al ritmo della musica dei cartoni animati.
“Vuoi parlare con Jackie?”
“Posso??” chiese stupita.
“Certo che puoi, poi però
devo parlarti ancora di un paio di cose.”
“Certo Nathan, tutto quello
che vuoi.”
Jackie era rimasta al
telefono per quasi mezz’ora con Renée e le aveva
raccontato tutte le novità della sua vita a West Nuwbury.
Le aveva parlato di Paul e Christine, i suoi due nuovi amichetti e di tutte le
volte che osservava suo fratello cucinare e anche dare qualche bacio a Violet e
delle sue reazioni. “Durante quelli faccio i versacci.” Questo fu quello che le disse esattamente,
provocando una sonora risata dall’altra parte della cornetta.
“Nathan, grazie per quello
che stai facendo. E pensare che dovrei essere io a prendermi cura dei miei
bambini.”
Durante la conversazione,
iniziò un veloce e ripetitivo tirare su col naso. La coca la stava devastando e
sicuramente il sangue di lì a poco avrebbe iniziato a scorrere. L’aveva visto
succedere tante volte, e sapeva anche quali sarebbero stati i passaggi
successivi.
Sua madre, con lui che le reggeva la testa, chiusa in bagno, a fissare
il soffitto per almeno un’ora perché il sangue smettesse di scorrere.
Questa volta però sarebbe
stata da sola.
“Mamma, riattacca e corri
in bagno. Poi troveremo una soluzione. Se vuoi venire qui da noi prima che
partiamo, devi darti una ripulita. Non voglio che Jackie ti veda così. Fallo
per noi, fallo per te stessa.”
“Grazie Nate. Ti voglio
bene. Scusami.” Riagganciò così: dicendogli che gli voleva bene e chiedendogli
scusa per la sua tremenda debolezza.
Nathan avrebbe aiutato
anche lei. Non sapeva ancora come, ma in qualche modo avrebbe fatto.