Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Dreamer_on_earth    26/05/2012    5 recensioni
In una cittadina piccola ma caotica si svolge la loro storia. Una storia alquanto inaspettata.
Lui è Nathan: la luce.
Lei è Violet: l’ombra.
Così diversi l’uno dall’altra, ma complementari. La loro dipendenza passa inosservata, persino ai loro occhi.
Dalla grande mela a West Newbury per ricominciare, Nathan incappa in Violet. Una ragazza chiusa in se stessa e indifferente verso il mondo esterno. Cosa accadrà tra i due protagonisti portando la luce e l'ombra a scontrarsi e fondersi così perfettamente?
Varrà anche per loro il detto “Gli opposti si attraggono?”
***
Dal capitolo 2:
Sentendosi troppo gli occhi addosso, Violet aveva sbattuto il libro sul tavolo, facendo sobbalzare il cameriere pensieroso.
“Che caratteraccio!”
“Io? Non tu che ti siedi ai tavoli altrui senza nemmeno chiedere il permesso e sempre tu che fissi le persone??”
“Non ti stavo fissando!” Nathan negava l’evidenza, con nonchalance.
“No, hai ragione bello addormentato nel bosco. Stavi guardando intensamente alle mie spalle quella bellissima parete color lavanda.”
“Esattamente!”
“Peccato che la parete sia color albicocca.. e questo mi riporta alla mia tesi: tu-mi-stavi-fissando.”
“Eh va beh, quante storie! Io, se una ragazza mi fissasse, mi sentirei lusingato!”
***
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap

Cap. 22

 

 

Era arrivato il grande giorno.

La fine del percorso scolastico di Violet era giunta, e lei, studentessa con la media migliore della scuola aveva l’incarico di preparare il Valid Dictorian da recitare davanti a quelle centinaia di persone presenti quel giorno.

La preparazione aveva causato non poche crisi di nervi per la piccola genietta, ma col supporto del suo bello era riuscita ad ottenere un risultato soddisfacente.

Quello lo poteva capire mentre osservava i suoi genitori, insieme a quelli di tutti i suoi compagni, che l’ascoltavano mentre li intratteneva. Le parole del suo discorso ne avevano commosso molti, e soprattutto i suoi.

Ma anche Hilda non era da meno. Aveva chiuso persino il locale quel giorno per partecipare alla cerimonia del diploma; e ovviamente anche Ricky non poteva mancare.

Luke e Catherine si abbracciavano e piangevano orgogliosi della loro bambina. Nathan, con Jackie sulle spalle, applaudiva soddisfatto. Era davvero gratificante vederla serena e felice per aver raggiunto i risultati prefissati.

Erano tutti lì riuniti a celebrare la fine delle scuole superiori e l’inizio di qualcosa di nuovo.

 

Il suo Dictorian terminò con uno scrosciare di applausi che si protrasse fino all’entrata in scena del preside che segnava il termine della cerimonia.

 

“Io, Kenneth Ross, preside della Oliverton Junior High, faccio i miei complimenti e i migliori auguri ai diplomati di quest’anno! Un grande applauso a tutti gli studenti dell’anno 1993, che hanno così terminato la loro carriera scolastica in questa scuola.”

A quell’annuncio tutti i cappelli dei giovani sorridenti volavano nel cielo estivo azzurro.

Violet sorrideva, felice per aver raggiunto quel traguardo importante e tanto agognato.

 

 

Dopo i saluti ai compagni, Violet si diresse veloce – per quanto lo permettesse la tonaca – verso Nathan. Lo abbracciò di slancio e si scambiarono un veloce bacio a fior di labbra.

Lo prese poi per mano e lo condusse dai suoi genitori. Era giunto il momento delle presentazioni; erano ormai sei mesi che stavano insieme e lei aveva accennato solamente qualcosa a sua mamma in una delle loro conversazioni telefoniche.

Mano nella mano e con Jackie al seguito, si avvicinarono a Catherine e Luke.

“Mamma, papà. Voglio presentarvi Nathan, il mio ragazzo.”

Negli istanti che precedettero quelle parole, il ragazzo scorreva veloce i suoi ricordi di quando Violet gli aveva detto che il giorno della cerimonia li avrebbe fatti conoscere.

 

Era nervoso, e proprio lui che si preoccupava veramente solo di poche cose, non sapeva che cosa fare e che cosa dire.

Non era mai stato presentato come fidanzato prima di allora e quell’evento un poco lo spaventava. Aveva paura che ai genitori di Violet non sarebbe piaciuto.

Si era rifugiato nelle scene dei film romantici per vedere, cercare di capire quelle che erano le “manovre base” per piacere ai genitori della propria fidanzata.

Violet però lo aveva rassicurato la sera precedente. A letto, abbracciati, stavano parlando e lui aveva messo a nudo la sua paura di non piacere a Luke e Catherine per il suo passato, per la sua famiglia e per il fatto che da solo accudisse la sorellina. Violet lo aveva stretto a se come se fosse un cucciolo smarrito al quale donare fiducia, amore e in quel momento rassicurazione. “Sii te stesso e vedrai che ti adoreranno. Se hai conquistato me, farai altrettanto con i miei genitori. Sono io la complicata della famiglia; loro sono meno problematici di me.” Disse sorridendo “E poi sanno che io difficilmente lascio entrare ragazzi nella mia vita e tu ci sei entrato.. e anche fino in fondo direi.” Cercava di alleggerire la tensione di Nate, sicura che ce l’avrebbe fatta. “ E anche per il fatto che tu sei qui con me, dopo tutti i miei scleri; te ne verrà riconosciuto il merito e vedrai che gli starai simpatico… vedrai amore, ti adoreranno. Non può andare diversamente.”

 

In quel momento quei ricordi gli trasmisero la fiducia in se stesso necessaria per essere tranquillo e presentarsi a Luke e Catherine.

Il padre di Violet, un uomo semplice con l’aria un po’ burbera, gli aveva stretto la mano vigorosamente, e lo osservava con sguardo serio e indagatore.

Catherine, invece sorrideva sinceramente e lo aveva già accolto come uno della famiglia. Subito dopo averlo stretto in un abbraccio, dedicò le sue attenzioni a Jackie, che ridacchiava per le facce buffe che le faceva.

Era una donna solare ed esteticamente assomigliava molto alla figlia; aveva però gli occhi nocciola, che trasmettevano calore e fiducia. Violet aveva gli occhi di suo padre, grandi, azzurri come il cielo ed espressivi.

Era soprattutto quella particolarità che aveva colpito Nathan. Gli occhi possono essere anche con colori particolari e belli finché vogliamo, ma se sono vuoti e non trasmettono nulla, perdono della loro bellezza. Questo era il suo pensiero.

 

Consumarono il pranzo in un ristorante elegante, affollato e dove il chiacchiericcio permetteva di avere una certa privacy: nessuno stava ad ascoltare oltre il proprio tavolo.

Durante il pranzo Catherine era totalmente presa da Jackie, tanto che scherzando aveva chiesto quando avevano intenzione di farla diventare nonna.

Quella domanda fece sorridere i due giovani, che prendendosi per mano le avevano comunicato che ne doveva passare ancora di acqua sotto ai ponti prima che arrivasse il loro turno da genitori.

Una reazione diversa ebbe Luke, che, irrigiditosi, lanciò uno sguardo esasperato alla moglie per poi fissarsi su Nathan come per avere un ulteriore conferma delle sue parole.

 

Luke prese la parola: “Allora Nathan, che cosa fai nella vita?”

Ed ecco la fatidica domanda. Il momento dell’interrogatorio era arrivato per Nate, e Violet per supportarlo gli stringeva la mano sul tavolo.

“Lavoro al Café di Hilda: cucino e faccio il cameriere, e poi aiuto il proprietario del market dove lavora Violet con lo scarico della merce” e sorridendo aggiunse “Devo provvedere a me e a Jackie in qualche modo.”

 “Jackie.. e i tuoi genitori?”

Violet aveva aumentato la stretta sulla sua mano.  

Eh.. bella domanda… i miei genitori.. mio padre non so nemmeno dove sia e se si ricordi ancora di me, mia mamma invece è una cameriera drogata di una bettola del Bronx.” Quella era la risposta che gli passò per la mente, ma che ebbe l’accortezza di non pronunciare.

“Non vivono con me.. Io mi sono trasferito da New York a West Newbury da meno di un anno e Jackie vive con me da poco.” Cercò così di sviare l’argomento.

“Papà, basta con l’interrogatorio: ho una notizia fresca fresca!” Fu molto grato a Violet quando lei intavolò l’argomento di Berkeley per evitare che il padre approfondisse.

Luke intuì il tentativo di sua figlia di cambiare argomento, ma ovviamente non disse niente in quel momento; avrebbe chiesto a lei in privato in seguito.

“Ah sì? Dimmi tutto.”

“Andrò alla Berkeley!! Mi hanno accettata!”

Catherine gridò dalla gioia e si alzò per correre ad abbracciare la figlia. Il padre non si scompose molto; fece solo un gran sorriso e le disse: “Sono orgoglioso di te, bambina mia!”

Violet non era abituata a sentire il padre pronunciare certe parole e si commosse.

Nathan dal canto suo era davvero felice per la sua ragazza; ma nascondeva una sottile vena di gelosia per quello sguardo soddisfatto e orgoglioso del padre e per quelle parole che lui non aveva mai avuto il piacere di ricevere.

“Violet ma raccontagli bene la storia.” Propose scacciando quei pensieri, e per mostrare quanto fosse in gamba Violet – non che i suoi genitori non lo sapessero. –

“No, dai.. ma se vuoi digliela tu.” Non voleva essere al centro dell’attenzione e voleva che Nathan avesse la possibilità di aprirsi almeno un po’ con i suoi genitori.

Il ragazzo ebbe così tutta l’attenzione del tavolo e iniziò: “D’accordo. La vera storia è che la Berkeley l’ha cercata, non solo accettata come ha detto lei. Ha scritto un saggio davvero bello che il professore di lettere ha apprezzato molto e dopo un colloquio le ha chiesto di entrare a far parte dell’università. Le ha offerto anche una borsa di studio, talmente era convinto del potenziale di Violet.” Naturalmente omise la parte del litigio e delle lacrime versate; non era il caso di parlarne al primo incontro con i genitori di Violet.

“Sono davvero fiero di lei!” aggiunse guardandola negli occhi e posandole un bacio sui capelli.

 

Alla fine del pranzo, arrivò il regalo del diploma della famiglia.

“Violet, figlia mia. Ecco per te, un regalo. Penso che ti possa tornare più utile di una macchina della quale non avrei mai azzeccato né modello né colore.” La mamma le porse una sottile busta, che Violet prese con mani tremolanti.

La aprì lentamente. Poteva contenere solo una cosa.

E infatti era proprio come pensava: un assegno.

Quello di cui non si capacitava però, era la cifra che vi era riportata.

65 mila dollari.

Non ci poteva credere, non aveva mai visto così tanti soldi in vita sua; e nonostante sapesse che era tradizione per le famiglie, mettere da parte soldi per il college da quando i figli erano piccoli non pensava che le spettasse così tanto.

Durante la sua infanzia non le avevano fatto mancare niente, e non pensava che fossero riusciti a mettere via tutti quei soldi; dopotutto sua mamma era una semplice consulente e il padre un impiegato delle poste. Erano due persone semplici, con una vita raggiante e che quando erano insieme sembrava non avessero bisogno d’altro, nonostante fossero così diversi.

Forse non si rendeva conto che anche lei e Nate non erano poi così diversi da loro.

“Violetta – sua mamma la chiamava sempre così, dopo il viaggio in Italia – sono i soldi per il college, non essere così meravigliata! E poi per noi in questi due anni è stato molto più facile metterli da parte, visto che non dovevamo rifocillare la tua libreria.” Ironizzò Catherine.

“Grazie mamma, grazie papà.. io non so che dire.” Rispose mostrando l’assegno al suo compagno, che le sorrise solamente in risposta. Non doveva esprimersi, perché in quel capitolo lui non aveva voce.

“Non dire nient’altro e abbracciaci.” Detto, fatto. Violet si alzò e li strinse in un abbraccio così pieno d’amore, come non faceva da tempo.

 

Il resto della giornata, nonostante l’invito a casa dei genitori fosse esteso a tutti e tre, lo passarono separati.

Era giusto così: era la giornata di Violet con la sua famiglia; non si vedevano da parecchio e sicuramente avrebbero avuto tanto da raccontarsi.

 

Infatti a casa, Violet raccontò loro della sua vita da mangusta solitaria, come l’aveva soprannominata sua mamma quando non aveva Nate a farle compagnia. Poi raccontò anche del passato del suo ragazzo, ma senza entrare nei dettagli; sapeva che doveva una spiegazione al padre, ma non voleva neanche mettere troppo a nudo il suo ragazzo.

Catherine se già adorava quel ragazzo per lo sguardo innamorato che rivolgeva a sua figlia, ora lo ammirava. Quel ragazzo aveva dimostrato una forza incredibile, oltre ad un’inaspettata fiducia nel mondo. Nella sua carriera da consulente ne aveva sentite di storie, ma quella di Nathan l’aveva particolarmente colpita.

Luke, come al solito, non espresse molto i suoi pensieri. Fece solo qualche domanda:

“Ha intenzioni serie?”

Violet ebbe nemmeno il tempo di rispondere, che sua mamma era già intervenuta al suo posto “Caro marito, ma che domande fai? Credi che un ragazzo che cresce da solo la sorella e che la guarda in quel modo non abbia intenzioni serie?!”

“Io non lo so.. è sempre meglio chiedere.”

“Sei proprio incorreggibile Luke. Dopo tanti anni di matrimonio e amore, ancora non riesci a mettere da parte quella tua parte razionale. E poi penso che ci possiamo fidare del suo istinto.”

“È di nostra figlia che stiamo parlando. Voglio essere sicuro che sia in buone mani. Lo sai che mi fido di lei, altrimenti non vivrebbe da sola da due anni. Però è sempre bene chiedere.. ”

Quel siparietto famigliare le mancava. Le discussioni a casa sua erano sempre state così, da che ne avesse memoria.

Suo papà era la testa della famiglia e sua mamma il cuore. La razionalità che aveva trovato la sua metà della mela nel sentimento travolgente della passione e del romanticismo. Era un caso più unico che raro, per questo non si stupiva più di essere uscita così complicata. Dovevano pure esserci delle conseguenze per quell’unione.. ovviamente non si rendeva conto di quanto fosse stata fortunata per le sue doti. Non si apprezzava abbastanza, era sempre dura con se stessa.

 

 

Nathan, ormai giunto a casa con la sorellina, pensava con malinconia alla famiglia che non aveva avuto, e a quella che aveva. A quel pensiero gli venne in mente sua madre. Così di punto in bianco compose il numero e attese risposta, che però non arrivò.

Preoccupazione. Ecco cosa provò.

Ricompose velocemente il numero e questa volta sua mamma alzò la cornetta e in modo atono rispose.

 

“Ciao mamma.”

“Nathan!?” era evidente che non si aspettasse di avere notizie da lui.

“Sì, e chi se no?”

“Non pensavo di sentirti più.”

“Come stai?”

“Sto bene.. Diciamo così”

“Diciamo così?”

“Si Nathan, come vuoi che stia? Sono qui da sola con tuo fratello. Ti ricordo che mi hai portato via mia figlia.”

“Dobbiamo discutere ancora per questo?! Sai perché l’ho fatto.”

Dalla cornetta arrivò un sonoro sbuffo. “Si lo so; da una parte sono felice perché l’hai portata via da tutto questo, ma dall’altra.. mi manca.”

“Immagino. Anche a me era mancata tanto i primi mesi che ero qui.” “..Come mai prima non hai risposto? Mi hai fatto preoccupare.”

“Ero.. ero occupata.” Una semplice risposta vaga per coprire una grande colpa e un senso di vergogna che la affogava ogni volta che i figli la sorprendevano in quello stato.

“A far che?” “..No. Non me lo dire.” Nate non colse al volo il reale significato di quella risposta, ma lo fece prima che sua mamma potesse inventarsi qualche scusa imbarazzante.

In quel modo ottenne solo silenzio dall’altra parte. Aveva colto nel segno. In quel silenzio pesante, avveniva la sua confessione, così il ragazzo sfregandosi la fronte le disse: “Devi smetterla con quella roba, mamma.”

“Lo so, ma non ce la faccio.” Le lacrime iniziarono a sgorgare e Nathan si sentiva colpevole per la sofferenza della madre.

“Troveremo una soluzione.” “Mamma, ti ho chiamato per dirti che tra due mesi parto, vado a vivere in California con Jackie e Violet. È entrata alla Berkeley, mamma. Sai, è davvero brava.. e io non riesco a stare senza di lei.”

“Sono felice per te, figlio mio. Sei fortunato che ti stia ancora accanto dopo quello che è successo qui.”

“Si.. sono davvero fortunato.” Sorrise osservando Jackie che presa dall’entusiasmo rideva, saltava e girava in tondo sul tappeto, al ritmo della musica dei cartoni animati.

“Vuoi parlare con Jackie?”

“Posso??” chiese stupita.

“Certo che puoi, poi però devo parlarti ancora di un paio di cose.”

“Certo Nathan, tutto quello che vuoi.”

 

Jackie era rimasta al telefono per quasi mezz’ora con Renée e le aveva raccontato tutte le novità della sua vita a West Nuwbury. Le aveva parlato di Paul e Christine, i suoi due nuovi amichetti e di tutte le volte che osservava suo fratello cucinare e anche dare qualche bacio a Violet e delle sue reazioni. “Durante quelli faccio i versacci.”  Questo fu quello che le disse esattamente, provocando una sonora risata dall’altra parte della cornetta.

 

“Nathan, grazie per quello che stai facendo. E pensare che dovrei essere io a prendermi cura dei miei bambini.”

Durante la conversazione, iniziò un veloce e ripetitivo tirare su col naso. La coca la stava devastando e sicuramente il sangue di lì a poco avrebbe iniziato a scorrere. L’aveva visto succedere tante volte, e sapeva anche quali sarebbero stati i passaggi successivi.

Sua madre, con lui che le reggeva la testa, chiusa in bagno, a fissare il soffitto per almeno un’ora perché il sangue smettesse di scorrere.

Questa volta però sarebbe stata da sola.

“Mamma, riattacca e corri in bagno. Poi troveremo una soluzione. Se vuoi venire qui da noi prima che partiamo, devi darti una ripulita. Non voglio che Jackie ti veda così. Fallo per noi, fallo per te stessa.”

“Grazie Nate. Ti voglio bene. Scusami.” Riagganciò così: dicendogli che gli voleva bene e chiedendogli scusa per la sua tremenda debolezza.

Nathan avrebbe aiutato anche lei. Non sapeva ancora come, ma in qualche modo avrebbe fatto.

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dreamer_on_earth