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Autore: Fatelfay    26/05/2012    3 recensioni
Prima o poi tutto finisce. La scuola, il lavoro, il mutuo. No, questi ultimi due ormai no. A volte possiamo programmarle, a volte no. Ma ogni fine porta con sé qualcosa e quello possiamo deciderlo in parte noi.
'Nesto sta per finire una cosa importante. Ale non sa di saperlo.
'Nesto deve decidere. Ale non sa come comportarsi.
Ma forse l'unica cosa da fare è contare quanti passi mancano alla fine.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Ultimo Tramonto


Il tramonto colorava il cielo d’arancione e d’oro, mentre il placido mare prendeva fuoco. La strada che costeggiava la spiaggia era deserta e nera, l’aria era ferma e muta. Un motorino era l’unica cosa che si muoveva nel paesaggio immobile. Il motorino correva, solo, percorrendo tranquillo la lunga striscia dritta e infinita di asfalto nero. L’aria scivolava, abbracciando i due giovani seduti sulla vettura, scompigliando i loro capelli corti privi di casco, portando la salsedine sotto i loro vestiti, accarezzando ogni centimetro di pelle nuda. I due giovani, soli nel tramonto rosso, tacevano, contemplando l’orizzonte dorato, godendo della reciproca compagnia.
- Questo è il più bello.- Dichiarò quello alla guida e l’altro annuì con la testa appoggiata alla sua spalla. Il tramonto si muoveva piano sotto ai loro occhi, mentre il motorino li portava sempre più avanti, a un passo dalla sabbia, a due passi dall’acqua, a tre passi dall’orizzonte. Il motorino scivolava costante, mentre il paesaggio proseguiva sempre uguale. La strada era deserta e dritta, sopraelevata rispetto alla spiaggia e al mare. Mentre il conducente guardava davanti a sé, l’altro guardava con gli occhi socchiusi il sole, inseguendo l’andamento della spiaggia, il moto ripetitivo e costante dell’acqua.
- Qui.- Disse dopo un po’ e il compagno frenò dolcemente facendo fermare il motorino. Da lì la spiaggia non si vedeva più. Il conducente sorrise.
- Sì. Ti ricordi che l’avevamo scoperto quando eravamo piccoli…-
- Dopo essere scappati di casa perché avevamo fatto una marachella e avevamo paura che i nostri papà ci sgridassero.- Completò l’altro.
- Non ci avrebbero fatto uscire a giocare per un bel po’. Eravamo terrorizzati. Sai che non mi ricordo più neanche che cosa avevamo combinato?-
- Avevi rotto il cofanetto di ceramica di tua sorella, mentre io avevo mangiato tutti i biscotti per la festa.-
- Abbiamo corso come dei pazzi fino a qui. E poi eravamo scesi fino al mare e non volevamo tornare più a casa. Non sapevamo neanche cosa fare.-
- E alla sera è venuto tutto il paese a cercarci. I nostri papà erano preoccupati e non ci hanno sgridati.-
- Ma ci hanno chiuso in casa per un mese, temendo di vederci sparire di nuovo.- Terminò il conducente.
- Non vuoi proprio provare neanche una volta a guidare una moto?- Chiese poi, dopo un po’ di silenzio. Guardò il profilo magro dell’amico, gli occhi spenti e annacquati nonostante la giovane età. L’altro scosse la testa.
- No, Ale. Non so neanche andare in bicicletta, te la distruggerei. O potrei fare del male a qualcuno.-
- Ma non c’è nessuno oltre a noi. Senti.- Ale urlò con tutto il fiato che aveva in gola e nessuno gli rispose.
- Se ci fosse stato qualcuno avrebbe risposto. Non vuoi proprio provare? Dai, almeno una volta. Per me, ‘Nesto.- L’altro lo guardò, cercando di resistere a quello sguardo supplicante.
- Va bene. Solo per te.- Ale sorrise e gli spiegò come fare andare la moto. ‘Nesto salì titubante e ascoltò attentamente ogni parola. Poi partì. Fece qualche metro lentamente, rigido come un palo, poi si rilassò un poco e continuò con calma. Non era male. Ale lo guardò allontanarsi e sorrise contento: alla fine l’aveva convinto a provare. L’amico però frenò bruscamente, mise giù il cavalletto, scese e corse verso la sabbia a lato della carreggiata. Ale corse verso di lui, deviando all’ultimo per impedire al loro unico mezzo di locomozione di crollare a terra, mentre ‘Nesto si sedeva stringendosi il ventre, stringendo i denti e respirando lentamente. Ale lo raggiunse poco dopo e aspettò pazientemente, puntando gli occhi sull’orizzonte scuro. Quando l’altro si riebbe, si voltò a guardarlo e gli sorrise. ‘Nesto contraccambiò e si rialzò lentamente, facendosi aiutare. Poi si voltò ad osservare ancora il tramonto d’oro e di fuoco.
- È proprio bello.- Attraversò la strada, sorpassando la motocicletta parcheggiata di traverso. Si fermò al margine opposto e guardò giù. Un piccolo lembo di spiaggia era riapparsa in fondo alla discesa. Sorrise e iniziò a togliersi le scarpe e i calzini. Ale lo guardò preoccupato.
- ‘Nesto, che fai? Siamo in mezzo alla strada, vicino al mare.-
- Lo so, Ale. Non ho le allucinazioni e so esattamente cosa voglio fare.- E detto ciò si tolse anche la camicia larga e i pantaloni. Poi fece un passo sulla sabbia e scivolò lungo il pendio. Arrivò in fondo seduto, come quando da piccolo scendeva giù dalla scivolo. Si rialzò cercando di non appoggiare il piede sinistro. Guardò l’acqua, a qualche centimetro da lui, avanzare e ritirarsi. Poi fece il secondo passo ed entrò nel mare.
- Ale, vieni!- Urlò voltandosi verso l’amico, rimasto sul ciglio della strada.
- Non farti pregare. Non oggi. Dai, Ale!- L’amico demorse, si spogliò e corse nel mare di fuoco.
Non era la prima volta che facevano un bagno al mare insieme. Fin da quando erano piccoli, erano stati vicini di casa, avevano frequentato la stessa scuola, avevano girato con le stesse compagnie. Quello non era neanche il primo bagno che facevano al tramonto. Abitando a due metri dal mare era difficile non tuffarsi almeno una volta al giorno, nonostante i genitori dicessero che alla sera si sarebbero presi un malanno, che alla mattina non potevano saltare scuola e che al pomeriggio dovevano studiare e fare i compiti. Ma quel bagno al mare era completamente diverso da tutti gli altri.
- Era da un po’ che volevo farlo. Là dentro non ti fanno mai uscire neanche per andare nel giardino interno.- Commentò dopo un po’ ‘Nesto.
- Perché non me l’hai mai detto? Ti avrei portato qui prima.- Si rammaricò Ale. Gli occhi dell’amico erano annacquati e non conservavano l’allegria della sua voce.
- Se lo avessi fatto, oggi non sarebbe stato così speciale, gli altri ricordi lo avrebbero sopraffatto.- Rispose ‘Nesto uscendo e sedendosi per asciugarsi al sole. Il tramonto tinteggiava ancora il mare e il cielo mentre Ale raggiungeva l’amico. Appena la sabbia smise di attaccarsi addosso a loro, risalirono il pendio e si rivestirono.
- Promettimi che ti prenderai cura di loro.- Chiese ‘Nesto, guardando il sole.
- Certo che lo farò, non devi neanche chiederlo.-
- E non piangere domani.-
- Cosa? No, dai… non scherzare.- Ale sbiancò, smarrito in quell’ultima richiesta.
- Non scherzerei mai su queste cose. Non ho,… lo sento.- Disse l’altro, con la gola chiusa cercando di ostentare una sicurezza inesistente.
- Oggi era l’ultimo giorno, questo è l’ultimo tramonto. Domani…- Il silenzio finì la frase. Il sole era quasi scomparso nel mare, il cielo era viola, il mare virava al blu scuro.
- Perché io? Perché hai voluto passare con me il tuo ultimo giorno? La tua famiglia…-
- Non ce l’avrei fatta a passare un giorno felice mentendo a loro. Così ho scelto ieri per divertirmi con loro. Abbiamo fatto proprio un bel picnic.-
- E a me non hai mentito?- Ale aggrottò le sopracciglia. ‘Nesto scosse la testa.
- Non l’ho pensata così. E poi tu lo sapevi che non mi rimaneva più molto.-
- Ma… anche tua moglie lo sapeva!- La voce di Ale si alzò carica di dolore.
- Sì, Ale. Ma il tramonto non mi ricorda lei. Per la mia famiglia c’è il giorno, con il sole alto, il cielo azzurro senza nuvole e l’aria fresca di primavera. Il tramonto è per te.- Ale rimase in silenzio. Poi sorrise, alzando gli occhi al cielo per non piangere, mentre ‘Nesto gli regalava uno dei vecchi sorrisi, che non aveva più fatto dall’inizio della malattia, con gli occhi limpidi e puliti dalle medicine. Ma il sorriso sparì e gli occhi si annacquarono, mentre la malattia riprendeva il suo posto. ‘Nesto si sedette nuovamente a terra, stringendosi il ventre. Tossì ed Ale rimase fermo a guardare lontano per non infastidirlo. Cercò nelle tasche dei pantaloni un pacchetto di fazzoletti e ne porse uno all’amico. Quello accettò e si pulì la bocca, poi spostò la sabbia per coprire la cena che aveva mandato giù a forza per non dispiacere l’amico.
- Riportami a casa.-
- Devi tornare in ospedale, ‘Nesto.-
- È il mio ultimo giorno e si è sempre da soli quando accade. Voglio essere a casa con le persone a me care. L’ospedale non è un bel posto.- Ale sorrise, salì sul motorino e aspettò che ‘Nesto salisse alle sue spalle, circondandogli la vita con il suo forte abbraccio. Poi, tolse il cavalletto, accese il motore e partì, tornando a casa, mentre il sole donava i suoi ultimi raggi.
 
Il sole si era spento mentre ‘Nesto chiudeva per l’ultima volta gli occhi, sorridendo, nel suo letto, circondato dalle persone a lui più care. La terra era compatta e il cielo era sereno. Il mare faceva sentire la sua risacca in lontananza e i fiori decoravano la tomba. Sulla lapide c’era una foto a colori di ‘Nesto sorridente con in mano una bottiglia di champagne aperta da dove usciva la schiuma bianca. L’aveva scelta lui e aveva detto che se non avessero messo quella, non avrebbe dormito tranquillamente. Era giovane ed era allegro, solare. Non riusciva a stare serio troppo a lungo. Aveva riso fino all’ultimo. Aveva giocato con i suoi figli piccoli, aveva fatto le trecce alla sua figlioletta e poi era andato a dormire. Ale rimase fermo sulla tomba ancora un attimo, poi si avvicinò a sua moglie e con lei raggiunse la giovane vedova e i figli. E nonostante tutto, qual che fosse il motivo, era una bella giornata.







Testamento di ‘Nesto…
…Fine…
…A un passo dalla sabbia, a due passi dall’acqua, a tre passi dall’orizzonte.
A un tuffo dal sole, a un salto dal cielo, a un abbraccio dal tramonto.
A una mano dall’amico, a un saluto dall’amica, a un bacio dalla moglie.
A un sorriso dal figlio maggiore, a una treccia dalla figlia, a un aeroplano dal figlioletto.
A uno sguardo dal papà, a una sedia dalla mamma, a un biscotto dalla sorella.
Alla distanza di così poco, del niente che ci divide, vi saluto con un sorriso.
Valico lo spazio che ci tiene separati, una volta soltanto.
Vi dico arrivederci con una mano alzata e grido al mondo sto bene.
Perché bisogna vivere ogni attimo come se non ce ne fossero altri,
non separarsi arrabbiati, con il cuore in subbuglio, con un segreto a fior di labbra.
Perché bisogna vivere come se ci fosse sempre un domani e speranza,
non temendo di dirsi arrivederci, non piangendo per un finto addio.
‘Nesto
P.S.: Ale, quando ti ho detto ti prenderti cura di mia moglie e dei miei figli, non intendevo dire anche di intrattenere mia moglie di notte all’insaputa di tua moglie. Sapendo che prima di sposarti eri un donnaiolo, è solo per chiarire. Ciao, ‘Nesto.
 
 




Angolo del Delirio:
Ora credo di dover fare delle precisazioni.
Di solito odio scrivere storie tragiche. Cioè: se inizio una storia in maniera tragica poi le faccio un finale felice.
Questa invece... se siete arrivati a leggere fini a qui, sapete come è finita.
Ma c'è un motivo. Perdonatemi l'espressione e i termini ma questa è la maniera più chiara: è un periodo di merda.
Sta finendo la scuola e i professori provano a bocciarti in tutti i modi o almeno a rovinarti la media (e quest'anno ho pure i crediti); respiro aria da morto, funerale e malattia da un bel po'; e sento i racconti di vite spezzate in maniera che... davvero non so se è più il disprezzo, la rabbia, l'odio o il dolore che stanno vincendo la battaglia dentro di me.
Quindi perdonatemi davvero per questa storia, per quanto sia triste e deprimente o da suicidio, ma davvero sono giù di corda.
E dire che l'avevo scritta quando stavo leggermente meglio. Ma adesso è arrivata il tempo di darla a qualcun alto e di non tenersi tutto dentro.
Quindi,... spero vi sia piaciuta, aspetto una recensioncina, anche solo "bella" o "schifo", va bene qualsiasi cosa. Mi piace leggere il piacere altrui. Perciò siate sinceri, per favore. Grazie. E segnatemi gli errori di scrittura, se ci sono. Grazie.
Questo angolo sta diventando più grande della storia. Scusatemi. E perdonatemi questo sfogo, so che non dovrei, ma... grazie.
Ciao!
  
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