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Autore: Defective Queen    27/05/2012    2 recensioni
Due ragazze, con diverse personalità e passato, si incontrano e diventano amiche, anche se sono entrambe due bugiarde e il loro rapporto non è mai quello che sembra.
Kate è straordinariamente bella, viziata, popolare con il sesso opposto e la reginetta (solo apparentemente) superficiale della scuola. Si dimostra gentile e amichevole con tutti, ma in realtà cova dentro di sè rancore verso gran parte delle persone e una glaciale freddezza nei rapporti umani. Roxanne ama disegnare ed essere eccentrica. Imbranata, testarda e sensibile, appena trasferitasi dalla Florida conquista al primo colpo tutti gli amici di Kate, e quest'ultima non può fare a meno di sentirsi minacciata dalla sua crescente popolarità.
Una volta che Roxanne entra nella sua vita, però, Kate cerca più di ogni altra cosa di continuare ad odiarla, ma i suoi sforzi ben presto si rivelano vani.
Questo, e molto altro, è "Beauty is the Beast".
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono imperdonabile per il ritardo con cui ho aggiornato la storia, ma se c’è ancora qualcuno che mi segue ancora…beh, spero possa piacervi anche questo nuovo ultimissimo capitolo :) Se non vi ricordate dove eravamo rimasti:

“Kate e Roxanne si sono appena diplomate e sono dirette alla stessa università, Princeton, in pochi mesi. Andando a Princeton, Kate si separerà dalle Gallinelle, quattro ragazze molto superficiali e sue “amiche” (se solo Kate avesse meno ritrosie ad usare questa parola) da una vita. Assieme alle Gallinelle e Roxanne, Kate parte per una vacanza in Europa, forse ultima meta di sballo e divertimenti della sua adolescenza…”


***

Le parole scorrevano sotto i suoi occhi e una dopo l'altra acquistavano sempre più significato.

Roxanne iniziava a capire la differenza.

È come essere in una stanza chiusa piena di persone, senza rendersi conto di quanto l’aria sia diventata stagnante per colpa dei loro respiri.

Mentre si è lì dentro, non si riesce a sentire lo stesso tipo d'odore putrido che una nuova persona appena entrata nella stanza avverte.

Per capirlo, bisogna allontanarsi. Bisogna chiudere la porta, respirare un altro tipo di aria e distinguerla dalla precedente.

Se si è bloccati in quella stanza non ci si accorgerà mai della realtà della situazione.

Roxanne aveva fatto le valigie e sventolato la mano in saluto, prima che qualcuno potesse chiederle spiegazioni che non sarebbe stata in grado di dare. Ma non aveva capito quanto fosse diversa quella nuova aria, finché non aveva ammesso di essere effettivamente scappata dal suo passato.

Andando via, però, s’era accorta che non era cambiata solo l'aria nelle sue narici.

Era cambiata anche lei.


22 giugno (domenica mattina – quinto giorno)

Non sono riuscita a raccontare il nostro viaggio in sequenza come mi ero ripromessa, perciò per rimediare ai buchi nella narrazione, continuerò da giovedì pomeriggio.
Giovedì è stata una giornata piacevole, meno movimentata del primo giorno e molto più ordinaria dei giorni successivi, che presto andrò a raccontare, perciò sarò abbastanza sommaria nel resoconto.
Dopo aver passato la mattinata a crogiolare sotto il piacevole sole e a giocare nell’acqua cristallina della spiaggia privata del nostro hotel, abbiamo deciso di passare il pomeriggio nella piscina olimpionica all’interno della struttura.
Abbiamo provato anche la sauna e la vasca idromassaggio interna al centro benessere, entrando tutte e sei insieme e scherzando tra di noi a pestare i piedi di quella che ci stava di fronte.
La sera abbiamo deciso di raggiungere il centro cittadino, infilandoci insieme in un taxi, per poi seguire la direzione della folla verso il porto, dove si era infatti raccolta la maggior parte dei turisti, tra bancarelle fornite di ogni più piccolo gingillo o dentro i vari pub, negozi e ristoranti che costellavano le viuzze vicine.
Tornate in albergo, dopo alcuni drink e chiacchiere casuali con un gruppetto olandese, Nancy e Roxanne si sono fermate a parlare con il barista dell’hotel, Nole, raccontandogli brevemente della nostra giornata e facendosi consigliare da lui nuovi posti da visitare il giorno successivo.
Io sono crollata a letto, inspiegabilmente stanca, appena dopo l’1.00, senza nemmeno aver la forza di ammonire Roxanne a tenere le sue ventose lontano da me.
Il giorno successivo, venerdì, ha avuto un inizio del tutto diverso, tenendo completamente fede al detto “il buon giorno si vede dal mattino”.
Roxanne stava ancora dormendo quando io mi sono allontanata dalla nostra stanza per usare la fornitissima palestra dell’hotel che avevo adocchiato sin dal primo giorno.
Dopo i miei soliti venti minuti di corsa sul tapis roulant, sono ritornata in stanza per rinfrescarmi un po’.
Roxanne era finalmente sveglia, seduta al letto, con il cellulare in mano e intenta a fissare chissà cosa fuori dall’enorme vetrata affacciata sul mare.
«Perché quella faccia?», le ho chiesto.
Lei ha sussultato, come se non mi avesse sentita emergere dalla porta: «Mi ha chiamato mia sorella.»
«Madison? Perché? Sta bene?»
Visti gli esorbitanti costi delle chiamate internazionali, avevamo preferito tutte comunicare con i nostri famigliari tramite SMS. Una chiamata poteva essere giustificata solo da una emergenza.
«Sì, sì…Mi ha chiamata per dirmi che aveva già iniziato a mettere in valigia tutte le nostre cose». Osservando la mia espressione confusa, Roxanne ha poi aggiunto: «Al mio ritorno dalle vacanze, io e Madison dobbiamo lasciare la nostra casa a Milwaukee e tornare in Florida.»
Io ho spalancato gli occhi e in un tono che in seguito ho ritenuto, ahimè, alquanto stridulo, ho chiesto: «Volete tornare in Florida? Perché?»
«Beh, mia sorella aveva un contratto di lavoro che è terminato alla fine dell'anno scolastico», ha spiegato Roxanne, iniziando a giocherellare nervosamente con le sue mani, «È il motivo per cui io sono venuta con lei in Wisconsin. Oltre che per-»
Si è bloccata e ho notato la sua incapacità di continuare. Potevo benissimo immaginare quello che avrebbe detto se avesse continuato: “Per allontanarmi da Liam”.
Questa mia nuova abilità di completare le sue frasi mi ha stranamente compiaciuta.
«E Princeton?», ho dovuto chiedere. Non avevo previsto una simile svolta nei miei piani.
Avevo previsto il nostro ritorno in America, altri divertimenti e giorni passati in compagnia sua e degli altri del gruppo, almeno fino all’inizio del college, dove saremmo andate insieme…ma questo? No.
«Princeton è tra due mesi», Roxanne ha detto facendo spallucce e continuando a tenere lo sguardo sulle sue mani inquiete sul lenzuolo, «Purtroppo a breve scade l'affitto della casa...e con Madison senza più un lavoro, non abbiamo granché di cui mantenerci in Wisconsin.»
«Oh…», ho risposto, ritrovandomi all’improvviso senza parole. Non sapevo esattamente cosa avrei dovuto dire.
Un “mi dispiace” era sulla punta della mia lingua, ma non ero certa ciò fosse quello che stessi veramente pensando, a dire il vero.
Stavo cercando ancora di riconciliare le mie idee con i nuovi cambi di programma.
«Già», ha sospirato Roxanne. Non sembrava aspettarsi una risposta migliore da me.
«Ragazze!», al di là della nostra porta è risuonata la voce di Ashley, la quale ha iniziato a bussare insistentemente.
Le ho aperto sbuffando, ma al tempo stesso un tantino curiosa di sapere a cosa fosse dovuto tutto quel trambusto.
«Sally non si sente bene», ha esordito lei, un po’ affannata e saltando i soliti convenevoli.
«Cosa le è successo?», ha chiesto Roxanne, dando voce ai miei pensieri.
Ashley si è voltata verso di me: «Beh...ha, sai, problemi di stomaco.»
Io ho alzato un sopracciglio, perplessa: «E allora? Non sono un medico, cosa posso farci? Non aveva messo delle medicine in bagaglio?»
Ashley ha continuato a fissarmi intensamente, aggrottando la fronte e inarcando il naso in una smorfia che la faceva assomigliare incredibilmente ad un maiale: «No, non proprio…Cioè…capito?»
Aspetta, aspetta. «Lasciami indovinare. Uno dei suoi soliti problemi?»
Ashley ha annuito, «Ha litigato con Brian.»
«Adesso capisco.»
«Capisci cosa?», ha domandato Roxanne, alzandosi in piedi dal bordo del letto.
«Lascia perdere», ho tagliato corto, rivolgendomi nuovamente ad Ashley, «è ancora in bagno, o-»
«No, ha finito. Ma se tu potessi parlarle, come l'altra volta...»
«Non mi ha ascoltata nemmeno l'altra volta, Ashley.»
Roxanne ha sbuffato, alzando la voce: «Continuo a non capire!»
«Lascia perdere, Roxanne. Nulla di importante.»
«Io direi che è qualcosa di piuttosto importante, Kate», è intervenuta Ashley con fervore, «Stava così male che ho avuto paura avrebbe vomitato anche l’anima per quello stronzo!»
«È una sua scelta», ho risposto senza scompormi.
«Come si può scegliere di vomitare?», ha chiesto Roxanne con un tono incredibilmente infantile.
«Mettendosi due dita in gola?», ho detto, lanciandole una rapida occhiata con la coda dell’occhio.
Lei si è irrigidita: «E perché l'avrebbe fatto?»
«Perché è bulimica?», sono sbottata, irritata dall’ipocrisia dei suoi occhi blu spalancati. Credevo avesse ormai rinunciato a fingere di essere l’ignara bambina innocente. A quanto pare, non del tutto.
«Non parlare di lei come se fosse un caso clinico, Kate», si è intromessa Ashley.
«Beh, lo è. Questa non è di certo la prima volta, lo sai anche tu. Lo fa ogni volta che si lascia col suo ragazzo, per poi tornarci insieme dopo qualche ora. Il solito insomma.»
«Va bene...ma per favore Kate, fa qualcosa! Sei l'unica persona che ascolta quando è in questa condizione!», mi ha implorata.
«Te l'ho già detto, non mi ascolta!», stavo diventando sempre più frustrata dalle sue pretese, «O non saremmo di nuovo a questo punto dopo poco meno di un anno!»
«Per il momento…Se non facciamo qualcosa, si rovinerà completamente le vacanze! Solo tu sei capace di schiarirle la testa!»
«Non posso», ho concluso, voltandole le spalle e incrociando le braccia al petto.
«Sì, che puoi!», ha insistito Ashley, assurdamente convinta che la sua lagna potesse convincermi.
«Beh, Kate, tu sei capace di essere molto persuasiva…», ha fatto capolino la voce di Roxanne, «Non conosco esattamente tutti i dettagli, ma credo che se ci fosse un modo per farla sentire meglio…allora si dovrebbe far qualsiasi cosa per riuscirci.»
Roxanne mi stava dicendo qualcosa che conoscevo già perfettamente. So di cosa sono capace. Qual era il punto di tutta la conversazione allora?
Mi sono voltata di scatto verso entrambe: «Perché dovrei prendermi tutta la responsabilità? È lei che ha deciso di agire in un certo modo. È il suo corpo, è la sua responsabilità. Se non vuole mangiare, se vuole vomitare…è libera di farlo. Perché dovrei essere io a convincerla di smettere?»
«Perché sei sua amica! Smetti di chiederti perché e pensa ad aiutarla!», ha gridato Ashley, prima di uscire con la stessa irruenza con cui era entrata.
Io ho alzato un sopracciglio e osservato il tutto cercando di trattenere delle risate.
Amica? Sì, certo. Se amiche si possono definire delle invidiose opportuniste che ti stanno attorno solo per acquistare più popolarità.
Voltandomi verso Roxanne, l’ho notata fissarmi.
Ho ricambiato il suo sguardo senza abbassare la testa per alcuni secondi, fino a che lei non l’ha interrotto, asserendo di doversi dare una sistemata e richiudendosi la porta del bagno alle spalle.
Io ho sospirato alla stanza ormai vuota, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e guardando al di là della vetrata un gabbiano volare sul pelo dell’acqua.
Come dicevo, il buon giorno si vede sul serio dal mattino.
A colazione Sally si è comportata normalmente. Fin troppo normalmente.
Non ha mangiato nulla, confessando di avere lo stomaco ancora pieno dal giorno precedente. Fiato sprecato, tutte noi eravamo consapevoli che il suo pasto fosse finito giù nello scarico.
Ashley non ha aperto bocca, ma mi ha lanciato diverse occhiate che suppongo ritenesse intimidatorie tra un boccone e l’altro.
Roxanne si è impegnata al triplo delle sue capacità per mantenere in corso una conversazione per tutto il tempo, ma nemmeno il suo flusso di chiacchiere costanti è riuscito ad evitare qualche silenzio imbarazzante.
A quel punto mi sono accorta che non era più solo Ashley a fissarmi, ma tutte le Gallinelle, Sally esclusa e Roxanne compresa.
«Cala Tarida?», ho suggerito, ignorando i loro sguardi pieni di aspettativa.
Cala Tarida era una delle spiagge che Nole ci aveva consigliato di visitare il giorno prima.
«Fantastico! Andiamoci subito!», è sobbalzata Sally, attirando gli sguardi straniti delle altre e praticamente di mezzo ristorante, «Cosa?»
«Niente», ha sospirato Rita, certamente più furtiva di Ashley nel lanciarmi sguardi pungenti, poggiandole una mano sulla spalla e spingendola in direzione delle nostre camere d’albergo, «Andiamo a prendere le borse.»
Credevo saremmo arrivate alla spiaggia con un altro taxi, ma prima che potessi prenotarne uno, Rita ha tirato fuori dalla sua maxi borsa una stampa degli orari e delle fermate dei bus che circolano per Sant Antonio.
Al mio sguardo incuriosito nel vedere il foglietto lei ha risposto solamente: «Nole.»
Quel Nole! Fa il barista, ma giuro sia più zelante di una guida turistica nell’aiutare delle povere ragazze in cerca di divertimento. Sarà stato l’altruismo la sua unica motivazione? O forse era tutto per ringraziare Nancy che, grazie alla sua maglietta, gli aveva garantito un tour completo della sua scollatura il giorno prima?
Personalmente propendo per questa ipotesi.
I bus sono frequenti e puntualissimi. Siamo arrivate alla fermata appena in tempo per vedere l’ultimo bus andar via, ma nemmeno dieci minuti dopo ne è arrivato un altro a prenderci.
Il viaggio è durato poco più di 30 minuti. Lo spettacolo che ci ha aspettate non è stato troppo diverso da quello che avevamo dalla spiaggia del nostro albergo, ma non dico questo in senso dispregiativo, anzi.
Ci siamo fermate qualche secondo in cima alle scale della caletta per assorbire bene lo spettacolo e il profumo del mare turchese almeno quanto il bikini che avevo deciso di indossare quel giorno.
Numerosi ristoranti erano disseminati lungo la spiaggia, irrompendo però l’illusione della natura incontaminata.
Cala Tarida era già affollata sebbene fossero appena le 10 di mattina.
Per Roxanne sarebbe andato bene anche sistemarci nei tratti di spiaggia libera, ma io inorridivo al solo pensiero di sistemare il mio asciugamano in un posto dove un flusso costante di marmocchi mi avrebbe calpestata con piedi sporchi di sabbia bagnata e chissà cos’altro.
Invece ho suggerito di prendere un posto in un lido privato e Sally si è subito accodata: «Dobbiamo per forza prendere un ombrellone, non posso espormi direttamente al sole per più di un’ora. La mia pelle è troppo delicata!»
Io ho roteato i miei occhi. Evidentemente non era solo la sua pelle ad essere troppo delicata o le vicissitudini di quella mattina non sarebbero accadute.
Ashley, che sicuramente mi aveva vista, mi ha lanciato un altro sguardo duro e io ho pensato che storcere il viso in quelle smorfie poco lusinghiere le avrebbe fatto venire le rughe prima dei 30.
Abbiamo occupato uno dei posti nel lido, con 6 sdraio attorno ad un ampio ombrellone che avrebbe tranquillamente potuto contenerci tutte e abbiamo passato il primo paio d’ore in maniera molto tranquilla, spalmandoci creme solari a vicenda, prendendo il sole, scambiando qualche chiacchiera superficiale, stando bene attente ad ignorare la questione scottante che riguardava Sally.
Roxanne, meno elusiva nel suo approccio, le è stata vicina per tutto il tempo. Un’altra persona si sarebbe insospettita, ma Sally essendo Sally, non è sembrata nient’altro che deliziata dalla cosa.
Poi siamo entrate in acqua per il bagno e sebbene le alte temperature, l’acqua era così fredda a primo impatto che ho impiegato 10 minuti solo per arrivare a bagnarmi fino alla vita. Roxanne, stanca di aspettare, si è tuffata impulsivamente, portando le ginocchia al petto e cadendo nell’acqua con uno splash che ci ha bagnate da capo a piedi senza che avessimo altra scelta, cancellando ogni nostra esitazione.
Nel far questo, ha colpito un altro paio di ragazze, intente a giocare a beach volley. Queste, vista la doccia inaspettata, si sono girate verso di lei indignate.
Roxanne si è scusata tra le risate. Ma io, se fossi stata in loro, avrei premuto la mano contro la sua testa, spingendola sott’acqua fino a che lei non sarebbe riemersa senza fiato e altrettanto contrariata…Ok, pur non essendo in loro, devo ammettere di aver fatto comunque questo identico gesto!
Dopo una breve nuotata, le Gallinelle si sono ritirate sulla battigia a guardare e, presumibilmente, criticare il resto dei bagnanti, mentre io e Roxanne siamo tornate al nostro ombrellone a recuperare il materassino verde di Roxanne.
Il giorno prima l’avevamo sgonfiato perché non sarebbe stato pratico portarlo così in giro e quindi abbiamo fatto a turno per gonfiarlo, riprendendo quando l’altra lasciava per mancanza d’aria.
Non appena abbiamo ritenuto che il materassino fosse abbastanza gonfio da reggerci, siamo ritornate a bagnarci. Roxanne si è distesa su di questo e io mi sono ancorata alla parte terminale accanto ai suoi piedi, incrociando le braccia e poggiandovi sopra la testa, mentre il resto del mio corpo fluttuava nell’acqua. Il dondolare sotto di me era così rilassante, che dopo un po’ ho chiuso gli occhi per godere meglio della sensazione.
Insomma, eravamo lì a goderci la tranquillità del momento, quando all’improvviso, Roxanne ha lanciato un gridolino, alzando di scatto le gambe e colpendomi alla nuca con i suoi talloni, facendo in modo che perdessi il mio ancoraggio al materassino e cadessi in acqua. Anche Roxanne, in tutta quella confusione, è rotolata giù del materassino facendo la mia stessa fine.
Stavo appunto per dirle che se non avesse imparato a coordinare meglio i suoi arti avrebbe ucciso qualcuno, quando due voci hanno gridato all’unisono: «Scusate!»
Due ragazze, una dai capelli corti tinti di rosso acceso in un costume intero blu notte e la sua amica, bruna con un costume arancione che risaltava sulla carnagione scura, si sono avvicinate verso di noi. Avevano delle espressioni conciliatorie, ma qualcosa nei loro occhi mi faceva intendere che non erano poi tanto dispiaciute dell’accaduto.
Ecco quando mi sono accorta che appartenevano al gruppetto di beach volley che poco prima Roxanne aveva bagnato tuffandosi. Si trattava chiaramente di una vendetta pianificata. E tutto per colpa di Roxanne!
Le ho lanciato uno sguardo omicida, ma lei stava ridendo. Non era lei quella a cui sarebbe cresciuto un bel bernoccolo sulla nuca, dopotutto.
Tra le mani aveva la palla che l’aveva colpita all’improvviso e causato tutto quello scompiglio. Le due si sono avvicinate di più e teso le braccia verso la palla che Roxanne ha prontamente restituito.
«Scusate ancora», ha continuato la rossa, indicando la sua amica, «Bonnie qui ha una pessima mira.»
Bonnie non ha smentito affatto l’affermazione, sorridendoci sorniona.
Roxanne ha scosso la testa di buon umore: «Non c’è problema. Se la vostra palla non ci avesse svegliate, ci saremmo prese di sicuro un’insolazione.»
«Parla per te, io non stavo dormendo», ho borbottato, incapace di nascondere la mia irritazione.
Suppongo che le altre più che ostile mi abbiano trovata divertente, vista la grassa risata che ho ricevuto in risposta.
Pochi minuti dopo le presentazioni di rito - la rossa accanto a Bonnie ci ha detto di chiamarsi Nina - le due ci hanno convinte ad unirci alla loro partita di beach volley.
Roxanne ha menzionato gli altri ragazzi e le altre nazionalità che avevamo incontrato i due giorni precedenti e Nina ha confermato che anche per loro noi eravamo i primi americani incontrati ad Ibiza.
Abbiamo richiamato le Gallinelle a raccolta e Nina e Bonnie ci hanno presentate ai loro compagni di gioco: Leah, l’altra ragazza nella loro stessa squadra, e i tre ragazzi che componevano la squadra avversaria: Simon, Frank e un altro tizio con voce molto flebile di cui non sono riuscita ad afferrare il nome, ma che aveva un grosso 42 tatuato sul collo.
Abbiamo scoperto presto che tutti e sei frequentano il secondo anno dell’UCLA. Per qualche ragione ho visto il viso di Sally farsi più scuro alla sola menzione dell’università californiana.
«È dove il ragazzo di Sally ha ricevuto una borsa di studio per meriti atletici», mi ha bisbigliato Roxanne, dopo essersi assicurata che le Gallinelle fossero distratte dalle nostre nuove conoscenze, «Lei non vuole che lui accetti, vista la lontananza, lui vuole accettare. È per questo che hanno litigato.»
Oh. Pensavo il loro litigio fosse basato su uno dei soliti futili motivi.
Per esempio, una volta Sally aveva beccato Brian fissare un’altra ragazza per più dei 10 secondi che Sally gli aveva concesso come margine di distrazione. Venti secondi gli erano costati più di due settimane di litigi…Povero ragazzo.
«Che stronzate. Solo perché lei è un’idiota e non è stata accettata da nessun college, non dovrebbe impedire al suo ragazzo di andarci», ho risposto stizzita.
Roxanne ha subito cercato di soffocare il mio commento polemico.
Non avevo risposto a voce così alta, anche se non avevo bisbigliato come Roxanne, ma il suo tentativo di zittirmi non aveva fatto altro che catturare l’attenzione di Rita e Nancy che ci hanno guardate incuriosite.
«Cosa, cosa, cosa?», hanno chiesto mostrando grandi occhioni. Roxanne ha cercato di sviare la conversazione, ma gli occhi di Nancy si sono illuminati ancora di più - supponendo ci fosse un succulento segreto da rivelare - e ha roteato verticalmente l’indice in aria. Sarebbe tornata a chiedercelo dopo.
Perfetto.
Ci siamo unite al gruppo di Nina, formando stavolta due vere e proprie squadre di pallavolo, con sei membri ciascuno. Nonostante la rete bucata e molto più bassa delle nostre teste, siamo riusciti a giocare una partita più o meno decente, anche se piena di falli e infrazioni del regolamento.
Soprattutto Frank, schiappa totale nel gioco, oppure solo fingendosi una schiappa totale -era difficile capire se fosse serio o meno ogni volta che apriva bocca - ci ha fatto ridere come non mai. Inseguiva la palla per poi capitombolare con la faccia nella sabbia o iniziava a colpire la palla con i piedi, come se si fosse scordato che stessimo giocando a pallavolo e non a calcio. Aveva, inoltre, l’abitudine di appendersi alla rete nel momento in cui avrebbe dovuto saltare per formare un muro di difesa, aprendo e chiudendo la bocca nell’imitazione di un pesce.
Ogni volta che lo faceva, tutti noi scoppiavamo a ridere, anche il timido e serioso ragazzo con il tatuaggio 42, e la competizione perdeva ogni briciolo di serietà che aveva acquistato nei precedenti minuti di gioco continuato.
E poi, dopo aver visto le notevoli abilità di Bonnie sul campo, potevo ormai dire con sicurezza che lei aveva tutto fuorché problemi di mira, e dunque ci aveva colpite di proposito prima sul materassino.
Ho tentato di aggrapparmi saldamente alla mia indignazione, ma non riuscivo a dimostrarmi troppo arrabbiata. L’allegra compagnia del loro gruppo compensava in tutto e per tutto gli infantili screzi iniziali.
Giunta l’ora di pranzo, troppo stanchi e esausti dalla sabbia e dalle risate per continuare a giocare, siamo tornate all’ombrellone a prendere le nostre cose e poi ci siamo dirette con gli altri verso uno dei più pittoreschi ristoranti sulla spiaggia: “Plaza del Sol”, raggiungibile attraverso una scalinata bianca fino al locale interno, che attraverso le grandi vetrate fornisce una vista perfetta della spiaggia. Finalmente un po’ d’aria condizionata!
Abbiamo ordinato tutti una paella, raccomandata anche dal cameriere, e abbiamo continuato a intrattenere futili chiacchiere per conoscerci meglio.
Ho annuito, riso, gesticolato, scherzato con le parole giuste al momento giusto. Primo stadio completato: senza faticare dopo un paio d’ore avevo già conquistato la loro simpatia.
Era facile vedere come le loro espressioni e voci si addolcivano solo nel richiedere la mia attenzione.
Ho scoperto che Nina è una studentessa di psicologia, intenzionata a specializzarsi anche in sociologia, che Bonnie e Simon stanno insieme e frequentano entrambi architettura, che il tizio con il 42 studia un qualche tipo di ingegneria, che Leah studia medicina e sembra a malapena sopportare Frank, il quale invece è iscritto a numerosi corsi, senza sapere esattamente che fare della propria vita.
«Potresti fare il comico», gli ha suggerito Rita e un coro di assenso si è sparso per il tavolo. Frank si è grattato la testa imbarazzato e ho visto Nina soffocare una risata insieme al resto del loro gruppo, prima che lui potesse borbottare che era stato già cacciato dal club teatrale.
Nonostante la nostra insistenza, lui non ci ha voluto dire il motivo di tale allontanamento.
All’inizio faticavo anche solo a ricordare chi fosse chi, e non avevo ancora la più pallida idea del nome non numerico di 42, l’unico apparentemente più interessato alla paella che a fare nuove conoscenze, ma loro sembravano catturati dal primo istante.
Roxanne, appena meno affascinante di me, ma altrettanto trascinante, li ha intrattenuti per più di mezz’ora con una storia riguardante le sue disavventure con le allergie alimentari. Era ridicola, a tratti schifosa, e assolutamente inappropriata di fronte ad un pasto caldo, ma ci ho riso sopra lo stesso, nonostante l’avessi già sentita prima.
Sally ha letteralmente ingurgitato la paella, finendo prima che gli altri potessero anche solo arrivare a metà del piatto, e poi ha spezzato il pane in minuscoli pezzettini, mangiandone ogni tanto qualcuno per avere qualcosa da fare.
Ashley l’ha fissata ansiosamente per tutto il tempo, così tesa da sobbalzare non appena il suo nome fosse menzionato, ma Sally è rimasta seduta al tavolo durante l’intero pranzo.
Non c’è stata nessuna tempestiva corsa in bagno. Molto probabilmente la presenza di estranei al nostro tavolo e il posto non familiare era l’unica cosa che l’aveva trattenuta dal farlo.
Anche io mi sono trovata a fissare Sally e controllare i suoi movimenti e nel farlo ho visto che tutte le componenti del mio gruppo stavano facendo lo stesso.
La mia irritazione iniziale, allontanata solo temporaneamente dalla piacevole compagnia, è tornata.
Perché assecondare ogni suo minimo capriccio? Perché monitorarla e proteggerla come se fosse incapace di prendersi cura di se stessa? Perché trattarla come una stupida bambina incapace di distinguere il bene dal male?
“Smetti di chiederti perché e pensa ad aiutarla!” Quelle erano state le parole di Ashley, ma io non riuscivo ad essere d’accordo.
Se Sally continua a comportarsi così è perché sa di avere persone accanto a lei che l’aiuteranno nella sua sofferenza. È troppo codarda per chiedere aiuto di persona, perciò ricorre a questi metodi.
Pur da esperta manipolatrice, io non mi sono mai ribassata a tali livelli. Usare delle persone sfruttando la pena che provano nei tuoi confronti è la forma più vile di manipolazione che possa esistere.
Non che ci sia un codice d’onore in questa, il solo atto per i soliti frignoni moralisti è privo di onore in sé per sé, ma non c’è niente che io disprezzi di più.
E sì, avevo sempre ammesso di disprezzare allo stesso modo le Gallinelle. Non c’era niente di nuovo in questo. La lieve esitazione dentro di me, però, diceva di sì. C’era effettivamente qualcosa di nuovo.
Era cambiato qualcosa, per qualche giorno, per qualche ora, su quell’isola. Avevo forse scordato - o solo messo da parte – quanto io fossi diversa da loro. Mi ero sentita legata a loro da un collante che prima non era mai esistito. Per la prima volta, mi era sembrato di appartenere ad un gruppo, ad un qualcosa che non fosse un club esclusivo che conteneva solo me stessa.
E il merito di questo non era difficile da attribuire: Roxanne.
Roxanne, l’innocente bugiarda. Con un visino pulito e un sorriso infantile nasconde dentro di sé colpe che nessuno mai le attribuirebbe. Colpe di cui solo io conosco l’esistenza.
Roxanne che sta vicino a Sally perché ritiene di doverlo fare, che racconta sue esperienze negative, rigirandole al pubblico in modo da renderle buffe, che mi ribadisce ciò che sono e di cosa sono capace.
Roxanne che all’inizio odiavo nella versione superiore a me. Che accetto nella versione simile a me.
Se lei non fosse qui, non credo questi giorni sarebbero stati gli stessi. Non sarebbero stati nient’altro che incessanti schiamazzi delle Gallinelle, tra la mia noia crescente poi sfociata in irritazione e rancore e odio ben più profondi di quelli che provo già adesso. Ovviamente il tutto mascherato da uno sfavillante sorriso.
E ora mi chiedo, sarei stata capace di mantenere la farsa così a lungo senza esserne stremata?
Ma dopotutto, non l’ho mantenuta per anni e anni prima che Roxanne si trasferisse a Milwaukee?
Già. Roxanne si è trasferita da noi solo da qualche mese, eppure ho perso il conto di quante cose siano mutate negli ultimi tempi. È stato realmente tutto merito suo? Solo quella mattina Roxanne mi aveva detto che al ritorno dalle nostre vacanze sarebbe tornata in Florida. Le cose sarebbero nuovamente cambiate con la sua assenza? E se sì, in quale modo? Sarei stata capace di sostenere il tutto come avevo sempre fatto prima?
Il solo pensiero mi faceva venire un’emicrania.
La soluzione a tutto questo era semplice. Mi è sobbalzata alla mente quasi immediatamente: offrire a Roxanne ospitalità in casa mia fino alla nostra partenza per Princeton.
Ero sicurissima di non aver solo immaginato l’esitazione nella sua voce quando mi aveva parlato del suo ritorno in Florida. Roxanne non aveva citato in alcun modo Liam, ma sapevo che gran parte del problema era dovuto alla presenza di lui in casa sua.
Sarebbe stata in grado di vivere 24 ore su 24 con la madre a cui aveva nascosto tutto e l’uomo con cui l’aveva tradita?
Ho evitato di tenere in conto i sentimenti di Roxanne per lui - visto il mio assoluto disinteresse per simili baggianate - ma ero certa che nemmeno io sarei riuscita a sopportare una simile situazione senza crollare prima sotto la pressione dei convenevoli e delle aspettative familiari.
Come poteva Roxanne vivere altri due mesi in una tale condizione senza impazzire?
Magari avrebbe accettato di buon grado la mia offerta.
Magari l’avrebbe vista come unica scappatoia. Magari mi avrebbe vista come sua personale salvatrice. Magari mi sarebbe stata riconoscente per tutta la vita.
Non male come idea. Direi che potrei competere con Nole in termini di altruismo!
Ma in quel momento, tra i tavoli affollati del Plaza del Sol, con Frank che stava attirando l’attenzione di mezzo ristorante con la sua ode dedicata alla deliziosa Paella, ho deciso che sarebbe stato assolutamente fuori luogo chiederle una cosa simile.
Il pomeriggio sulla spiaggia è passato sulla falsariga della mattinata. Nina ci ha poi menzionato i loro piani per la serata: lei e il suo gruppo avevano noleggiato dei motorini con cui avevano intenzione di fare un giro lungo tutta l’isola per poi accendere un party sulla spiaggia, assieme ad altri ragazzi che avevano incontrato nel loro albergo.
Io ho guardato le eccitate espressioni delle altre e ho risposto che ci saremmo accodate anche noi.
Abbiamo noleggiato altri 3 motorini, su cui saremmo andate in 2, e ci siamo accordati sul luogo del nostro incontro.
Io avrei voluto tanto indossare uno dei bei vestiti che avevo avuto cura di portare con me, in particolare uno di raso rosso, ma vista l’impraticabilità dei nostri mezzi di trasporto e il modo in cui avremmo passato il resto della serata, ho preferito optare per l’abbigliamento più “semplice” che avevo portato con me. Canotta panna e pantaloncini beige, mantenuti in vita da una doppia cinta pitonata. Poco importa che la canotta fosse interamente paiettata e rifinita da preziose applicazioni e i pantaloncini di un lino pregiatissimo…almeno non sfiguravano con i sandali Jimmy Choo ai miei piedi.
Roxanne era nella sua tenuta da esploratrice del Sahara, con la mia fotocamera al collo per raccogliere tutti i ricordi della serata. Le Gallinelle, le quali evidentemente avevano coordinato il loro intero guardaroba prima di partire, avevano scelto dei freschi vestitini estivi di uguale modello, ma diverso colore, che fortunatamente hanno resistito al vento sulle moto senza denudarle e offrire spettacoli indecenti al resto dei turisti.
Ci siamo organizzate così sulle tre moto: Nancy guidava una moto con Rita a bordo, Sally una con Roxanne, e io sono andata su una guidata da Ashley.
Il nostro rapporto non era stato dei migliori a partire da quella mattina, ma Ashley è l’unica di cui avevo già provato la guida motociclistica anche a casa e sapevo di potermi fidare di lei.
Lei è sembrata estremamente compiaciuta dal fatto che io l’avessi personalmente scelta come guidatrice e io ho capito che non era stato solo il mio rifiuto a voler aiutare Sally ad aver causato la sua ostilità nei miei confronti, ma soprattutto l’aver scelto Roxanne come compagna di stanza. Ciò dimostrava che Ashley non aveva ancora lasciato perdere l’infantile capriccio dei giorni precedenti. Ecco perché sceglierla almeno in qualcosa l’aveva addolcita così tanto. Buono a sapersi.
Ci siamo recati al posto di ritrovo stabilito con Nina e gli altri e lasciato che le nostre sei motociclette vagassero per le strade dell’isola. Il cielo si andava scurendo e le luci diventavano sempre più forti e brillanti, catturando i nostri occhi su luoghi di ritrovo, locali di intrattenimento, negozi, ristoranti, bancarelle per tutti i gusti e tutte le esigenze. La brezza creata dalla velocità scuoteva i nostri vestiti leggeri e i nostri bracciali mentre sfrecciavamo sulle due ruote.
Abbiamo seguito le moto degli altri sul lungomare, per poi sviare per un breve tratto in città, dove abbiamo intravisto il centro medievale che ci siamo ripromesse di tornare a rivedere in un secondo momento. A dire il vero, il nostro obiettivo principale nel venire ad Ibiza è stato il divertimento e non la cultura…ma perché non provare entrambi se c’è l’occasione di farlo?
La spiaggetta che ci era stata indicata per il party era vicina al hotel di Nina e degli altri, e quando siamo arrivati questa, c’era già qualche ragazzo intento a posizionare i tavoli, con abbondanza di alcolici - per mia fortuna - e di cibo.
Nina ci ha presentate ad un sacco di persone, di cui posso tranquillamente dire di non ricordare affatto il nome, ma noi siamo rimaste attaccate al gruppo già formatosi. Neanche io avevo una grossa voglia di fare conoscenza, specialmente perché quello non era il mio solito terreno di gioco.
Frank ha proposto un torneo di tiro alla corda. Dai tavoli delle bibite, intenta ad aprire la mia prima birra, non l’avevo sentito, ma all’improvviso Roxanne è arrivata per prendermi e trascinarmi verso la gara. Eravamo nella stessa squadra di Frank, insieme ad altre due ragazze.
Frank ha lasciato andare la corda dopo pochi minuti di gioco, appena il secondo gruppo ha iniziato a tirare più forte, in modo da farli capitombolare a terra. Abbiamo perso, ma almeno le risate sono state assicurate.
Quando alla fine il gruppo composto da Leah, 42, Nina e altri due ragazzi sconosciuti è stato dichiarato vincitore, Frank è corso da loro per rubare la corda e ha iniziato a crearne un cappio e a rotearlo come fosse un lazo. In maniera inaspettata è riuscito ad acchiappare Bonnie, la quale stava baciando Simon ad una distanza piuttosto considerevole. L’espressione sorpresa di lei all’essere stata catturata in modo così bizzarro mi è stata fatale ancora una volta e ho riso fino ad avere i crampi allo stomaco.
«Come diavolo ha fatto?», ho chiesto dopo a Nina.
«Frank viene dal Texas, terra di cowboys», mi ha risposto lei con fare ammiccante e io non ho potuto fare a meno di ridere di nuovo, tentando di immaginarlo in tali vesti.
Dopo pochi minuti di fallite speculazioni, ho concluso che Frank e cowboy nella stessa frase per me non potevano coesistere.
Qualcuno ha acceso la musica e sempre più persone hanno iniziato a ballare. La luce della luna e le intense fiamme di un piccolo falò davano la miglior illuminazione possibile alle danze.
Mi sono buttata nella mischia per un ballo movimentato circondata dalle Gallinelle e un altro più lento con Frank.
Lui è sembrato sinceramente sorpreso quando io ho accettato la sua offerta.
«Chi l’avrebbe mai detto, a volte la simpatia basta per conquistare una ragazza così bella…», ha commentato a metà del nostro lento con una risatina nervosa.
«Infatti, non sempre basta», gli ho detto, ancorata alle sue spalle.
«Ah no?», ha chiesto lui, staccandosi un po’ per guardarmi negli occhi. Alto quanto me, moro con profondi occhi verde bottiglia che ho notato solo da vicino, basette e pizzetto perfettamente millimetrati, al contrario dei capelli spettinati. Certamente carino, ma in una maniera più generale e dispersiva che ben definita.
Non era per niente il mio tipo, anche se non completamente fuori dai miei canoni estetici…ma poi a cosa sarebbe servito cercare un modo per farlo rientrare nei miei canoni? Non ero benché meno interessata.
«No», ho risposto con un sorriso indulgente. Lui ha fatto spallucce, un approccio molto più salutare di quello di altri che sembravano diretti al suicidio dopo un mio rifiuto. «Valeva almeno la pena di provare», ha detto. Poi mi ha fatto un occhiolino e trascinata in un melodrammatico casquè davvero fuori luogo rispetto alla dolce musica in sottofondo.
Ho sentito l’acuta risata di Roxanne e un breve applauso è seguito alla nostra performance. Ci siamo rialzati e abbiamo fatto un teatrale inchino di ringraziamento. Altri balli con tutto il gruppo sono seguiti, intervallati da piccole pause per mangiare e bere – ho concesso a Roxanne di finire la mia seconda birra, ma niente di più visto che sarei stata io a finire nello stesso letto con la sua affettuosità da ubriaca altrimenti – e poi ho deciso finalmente di riposarmi, sedendo a una distanza media dal fuocherello. Abbastanza vicina per ricevere la sua luce, ma abbastanza lontana per evitare di ricevere il suo calore.
Girando la testa mi sono accorta che anche 42 era seduto su di un masso a poco meno di un metro di distanza e stava fissando le fiamme. Lui sì che mi intrigava invece. Il 42 tatuato sul suo collo spiccava sulla sua pelle anche in quell’atmosfera notturna.
Non ho saputo sopprimere la mia curiosità e gli ho rivolto parola per la prima volta nella giornata: «Il tuo 42…cosa significa?»
Lui ha restituito il mio sguardo e ha alzato un sopracciglio: «Cosa pensi significhi?»
Io ho aggrottato le sopracciglia: «Non lo so, è per questo che te lo sto chiedendo.»
Lui ha riso e bofonchiato qualcosa prima di alzarsi all'improvviso e allontanarsi da me.
Io l'ho guardato farsi strada verso il tavolo delle bibite a bocca aperta. Che razza di cafone! E per di più matto da legare!
«Lascialo perdere», la voce di Nina ha interrotto le ingiurie che gli stavo rivolgendo mentalmente. Lei si è seduta a cavalcioni sullo scoglio lasciato dal suo amico e poi ha continuato a parlare sorridendo e scuotendo la testa: «Jeremy ha una strana abitudine: non vuole parlare a chi non sa cosa significhi il suo tatuaggio.»
Jeremy, ecco il suo nome!
«Cosa significa allora?»
«È preso da un libro», ha detto lei velocemente.
Non capivo la necessità di tutto questo mistero. Anche se avessi saputo di cosa si trattava non avrei più cercato di parlare al cafone. Lungi da me il solo pensiero!
Roxanne è venuta a recuperarmi dopo solo 10 minuti di chiacchiere con Nina, dicendo: «Kate devi assolutamente provare queste tartine!»
Io ho lanciato un sorriso di scuse verso Nina e mi sono lasciata trascinare verso il tavolo da Roxanne.
Sally aveva già un piatto colmo di tartine, ma non le stava mangiando, invece stava parlando e scherzando con…Jeremy!
Li ho osservati interagire, mentre Roxanne riempiva il mio piatto senza essersi accorta di non avere più la mia attenzione.
Sally ha lanciato un’occhiata al prominente tatuaggio sul collo di Jeremy e semplicemente detto: «Guida galattica per autostoppisti? La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto?»
Gli occhi di lui si sono illuminati: «Lo conosci?»
«Brian mi ha fatto vedere il film», ha risposto lei con una risatina.
Anche lui si è accodato, sebbene io personalmente non ci trovassi molto da ridere: «E chi è Brian?»
Sally ha sventolato la mano non occupata dal piatto di tartine come se stesse scacciando delle mosche: «Un coglione», ha detto in maniera conclusiva e Jeremy ha riso di nuovo.
Cataloghiamo i fatti:
1) In meno di 5 minuti con Sally l’avevo visto sorridere più di quanto non avesse fatto in un’intera giornata.
Situazione sospetta.
2)La rapidità in cui Sally aveva dismesso il suo amato Brian per discutere con Jeremy. Situazione estremamente sospetta.
Sebbene frivole e spesso indecenti, c’è da ammettere che le Gallinelle sono rimaste abbastanza fedeli negli anni ai loro rugbisti, tralasciando i frequenti tira e molla.
Sally si stava comportando davvero in maniera molto diversa dal solito. Di questo ero certa.
«Kate!», la voce di Roxanne mi ha richiamata, «Dai! Prova le tartine!»
Ho provato le tartine, e in effetti erano buone, ma continuavo a non capire l’ossessione di Roxanne per queste.
Frank mi ha rubata per un altro ballo così da mostrare anche ad altri suoi amici la nostra abilità nel casquè. Il fatto che lo avessi rifiutato meno di un’ora prima non sembrava averlo colpito affatto nell’orgoglio.
Nancy e Ashley mi hanno poi convinta a restare in pista quando un po’ di house decente è emerso dalle casse.
Mentre ballavamo ho avuto modo di notare che Sally e Jeremy erano restati al fianco l’uno dell’altra per tutta la serata.
Anche le due Gallinelle sembravano averlo notato, il che è sorprendente visto che solo le cose più ovvie del mondo spiccano ai loro occhi.
«Hai visto quei due?», ha sussurrato Ashley al mio orecchio, Nancy all’altro mio fianco mi ha dato un leggero colpetto nella loro direzione.
«Sarebbe difficile non farlo», ho sbuffato, irritata dalla loro mancanza di discrezione. Era persino più difficile non notare che loro due li avessero visti.
«Colpa del litigio con Brian», si è avvicinata Rita con Roxanne, «Non so cosa Sally abbia intenzione di fare con Jeremy.»
Io ho roteato gli occhi, data l’ovvietà della situazione: «Scoparselo?»
Roxanne e le Gallinelle hanno spalancato gli occhi.
«Ha già un ragazzo!», Ashley ha squittito come uno dei topolini di gomma con cui la mia Susie gioca continuamente.
«E allora? Ad un oceano di distanza, credete che Brian possa farci qualcosa?»
«Lei non lo farebbe», ha dichiarato Roxanne sulla difensiva. Le altre si sono accodate alla sua opinione e io ho preferito non sprecare fiato con le loro sciocche convinzioni.
Una Bonnie già abbastanza sbronza ci ha raggiunte al termine delle danze con un’ancora sobria Nina sotto braccio.
«Fallo anche a loro!», ha esclamato Bonnie rivolgendosi verso la sua restia amica.
Noi ci stavamo incuriosendo: «Perché, cosa sa fare?»
«È una maga», ha risposto Bonnie in tono cospiratorio e noi siamo scoppiate a ridere.
«No, non lo sono!», ha negato Nina, fingendosi offesa.
«Lo è! Fa questo piccolo giochetto di prestigio-», ha iniziato Bonnie.
«Non è un giochetto di prestigio», l’ha interrotta Nina, «è basato su importanti studi della psiche umana-», prima di esser nuovamente interrotta.
«Insomma, un giochetto di prestigio per indovinare il vostro partito politico dal vostro animale domestico», ha continuato Bonnie imperterrita, «L’ha già fatto a cinque persone e ha indovinato sempre!»
«E se non si ha un animale domestico?», ha chiesto Rita.
«Allora sei fuori dai giochi», ha tagliato corto Bonnie, «Non ne avete?» ha poi chiesto alle Gallinelle che hanno tutte scosso la testa.
«E voi due?», ha indicato me e Roxanne. Io ho visto Roxanne annuire e ho fatto lo stesso.
«Benissimo!», ha applaudito Bonnie, rilasciando il braccio di Nina, «Allora puoi farlo a loro due!»
«Bene», ha sospirato Nina, indulgente, «Iniziamo da Kate. Che tipo di animale domestico hai?»
«Una gatta.»
«Mhm, ciò suggerirebbe democratica…ma non del tutto. È di razza?»
Ho risposto affermativamente.
«È uno dei gatti più belli che abbia mai visto!», è intervenuta Ashley tra gli assensi delle altre che hanno visto la mia gatta, «Come quelli in tv, nelle pubblicità di cibo per gatti!»
«Qual è il suo nome?», ha domandato Nina.
«Susie», ho risposto.
«Gatto di razza con un nome umano: repubblicana moderata.»
«Sì», ho confermato alquanto sorpresa, «mio padre è uno degli ambasciatori del presidente.»
«Un altro trucchetto andato a buon fine!», ha esclamato Bonnie.
«Non è un trucchetto, è psicologia», ha precisato Nina, «e tu Roxanne, che tipo di animale domestico hai?»
«Un canarino», ha risposto lei.
«Ok. Gli hai dato un nome?»
Roxanne mi è sembrata interdetta per un instante prima di rispondere: «Sì, si chiama Air.»
Io ho subito ripensato al suo disegno del canarino in una gabbia di cui avevo cancellato le sbarre. Quello era Air?
«Non si può essere più liberali di così!», ha riso Nina e Roxanne, subito ripresasi dallo strano momento di prima, si è accodata a lei confermando il suo responso.
«Ora però torniamo al motivo principale per cui eravamo venute qui», ha detto Nina, dando un leggero colpo di fianchi a Bonnie, la quale ha oscillato pericolosamente prima di ritornare dritta, «Avete visto Jeremy?»
«No», abbiamo risposto all’unisono, senza menzionare che lo avevamo perso di vista con Sally meno di mezz’ora prima.
«Chissà dove sarà andato a cacciarsi quello sfaticato! Doveva andare a restituire la moto al noleggio!», ha quasi urlato Bonnie.
Nina l’ha ripresa sotto braccio per calmarla e ci ha sorriso prima di allontanarsi con lei.
Nessuna di noi ha menzionato Sally o Jeremy, ma vedevo nelle espressioni incerte di Roxanne e delle Gallinelle che avevano iniziato a considerare seriamente le mie ipotesi.
Ho girato la testa per nascondere il mio sorrisino soddisfatto.
Il piccolo party stava quasi per volgere al termine, quando i protagonisti dei nostri pettegolezzi sono riemersi da chissà dove.
Non si stavano tenendo per mano, ma camminavano così vicini l’una all’altro che nemmeno un filo d’erba si sarebbe potuto frapporre tra loro. Per di più continuavano a sorridersi con delle espressioni idiote che hanno fatto suonare in allarme tutti i campanelli nella mia testa.
Nessuno oltre noi ha fatto troppo caso alla loro ricomparsa, ma poco prima che Sally tornasse da noi e Jeremy dal suo gruppo, ho visto Nina ferma impalata sulla sabbia che li osservava con un’espressione alquanto turbata.
Oh! Oh! Oh! Che ci fosse un conflitto di interessi su Jeremy? Le cose si facevano più interessanti…
Sally ha prontamente sviato ogni nostro immediato tentativo di raccolta informazioni, promettendo di elaborare tutto quando saremmo tornate in albergo.
Abbiamo salutato il gruppo di Nina, con cui avevamo fatto già dei programmi per il giorno successivo - ovvero ieri - e gli altri ragazzi che avevamo brevemente conosciuto al party prima di dirigerci verso le nostre motociclette e percorrere lo stesso percorso ampio iniziale per tornare in albergo, visto che non conoscevamo altre strade. Data l’ora tarda, avremmo restituito le moto al noleggio la mattina dopo.
Sally non è riuscita a tenerci a bada per molto. Siamo arrivate appena al bancone di Nole – che fortunatamente aveva tenuto il bar ancora aperto per qualche cliente ancora sveglio – quando l’abbiamo assalita con mille domande. Nole, anche lui interessato alla vicenda, è rimasto ad ascoltare, finché non è stato richiamato da un suo collega.
«Allora che è successo?», l’ha attaccata Ashley, «Dove siete andati?»
«Calma calma!», ha cercato di rispondere Sally, «Non è successo nulla di che…abbiamo solo parlato un po’ e poi lui…»
«Lui?!», abbiamo esclamato esasperate.
«Mi ha baciata», ha ammesso Sally, avendo la decenza di vergognarsi, «Ma io non volevo! Insomma, sto con Brian…Jeremy mi ha solo colta alla sprovvista. L’ho allontanato subito dopo!»
Sì, certo. Quando sono tornati, camminando appiccicati l’uno all’altra, non sembrava affatto che lei l’avesse rifiutato…
Le altre, come prevedibile, si sono bevute le sue scuse.
«Che bruto!», ha esclamato Ashley con fare estremamente drammatico, «ti ha baciata senza il tuo consenso!»
Io ho roteato gli occhi alle sue spalle.
Sally aveva il viso contorto in una smorfia: «Mi ha chiesto scusa però!», ha cercato di difenderlo.
«Almeno questo», ha sospirato Rita, dimostrandosi la più magnanima, «Non gli avevi detto di avere già un ragazzo?»
«Non è capitata l’occasione», ha ammesso lei, distogliendo lo sguardo.
Come no.
Ero stanca di stare a sentire le sue patetiche giustificazioni perciò ho detto: «Va bene ragazze, io me ne vado a dormire. A domani.» E ho girato i tacchi diretta verso la mia stanza.
Roxanne si è affrettata a seguirmi, dato che le chiavi della nostra suite erano con lei.
Ci siamo spogliate in silenzio. Un silenzio strano, almeno per Roxanne, la quale si sente sempre in dovere di riempire gli spazi vuoti con inutili ciance.
Le ho lanciato uno sguardo e ho visto che lei mi stava già osservando di soppiatto.
«Cosa ne pensi?», m’ha chiesto e ho immediatamente capito che si stava riferendo a Sally.
Io ho sorriso senza divertimento, prima di sedermi al letto per slacciare i miei sandali: «Indovina.»
«Secondo te Sally ha mentito», Roxanne ha indovinato correttamente i miei pensieri, «Jeremy non ha baciato Sally contro la sua volontà.»
Io ho schioccato la lingua contro i denti in assenso. Ero impressionata dalla facilità con cui Roxanne aveva estratto quelle parole direttamente dalla mia testa, ma più di questo ero determinata a farle ammettere che avevo ragione.
«Certo che non ci credo. Ho esperienza con ragazzi che mi hanno baciata nei momenti più inaspettati, ma è raro che un ragazzo si esponga così ad una ragazza che si dimostra totalmente disinteressata…se non si tratta di violenza sessuale, ovviamente, ma credo che possiamo escludere quest’opzione nel nostro caso», ho spiegato, «Ci sono anche dei tipi che si ossessionano facilmente senza incoraggiamento, ma Jeremy non sembrava quel genere di persona.»
«Sembrava più che altro un ragazzo timido e riservato», Roxanne ha annuito riluttante, mordendosi il labbro inferiore, «Quindi credi che-»
«Non credo. Lo so.»
Roxanne si è imbronciata.
«Ovviamente tu non sei d’accordo», ho risposto per lei.
«No.»
«Perché tu pensi: “ama il suo ragazzo e non lo farebbe”», ho aggiunto imitando il suo tono di voce con fare beffardo, «giusto?»
«Non sto pensando questo», è sbottata Roxanne, iniziando a rovistare nel suo trolley.
«Allora cosa?», ho domandato.
«Niente», ha risposto lei evasiva. Entrambe sapevamo che stava mentendo.
Ha estratto il suo pigiama dalla valigia e ha iniziato ad indossarlo, voltandosi nell’altra direzione.
Per qualche strana ragione ero convinta che, anche se Roxanne non sarebbe stata mai d’accordo con me, lei era l’unica persona in grado almeno di capirmi.
Avevo subito intuito che qualcosa sarebbe successo tra Sally e Jeremy, eppure nessuno mi aveva ascoltata. Le mie veritiere previsioni erano state ignorate solo perché poco piacevoli. Che buffo! Solitamente tutti sono così disposti a credermi quando mento, invece.
Eppure ora volevo che qualcuno riconoscesse che avevo ragione, volevo che qualcuno accettasse che non mi ero sbagliata.
Perciò, nonostante il suo congedo, ho continuato a parlare: «Mi hai chiesto che ne penso…vuoi sapere davvero cosa penso io? L'amore non esiste. Quello che noi chiamiamo amore è egoismo. È la voglia di essere amati dalla persona che riteniamo più degna di ammirazione, perché se siamo riusciti a conquistarla vuol dire che valiamo qualcosa. L'altra persona ha fatto lo stesso, ha scelto colui o colei che riteneva più degno per ritrovare conferma di sé in qualcun altro. Mi disgusta pensare che il sentimento più nobile sia in realtà l'ennesima dimostrazione delle insicurezze della gente.»
Ed ecco perché non perdo tempo in simili cazzate. Io non ho bisogno di trovare qualcuno che mi "ami" per capire quello che valgo. Lo so benissimo da sola.
Roxanne, ha alzato finalmente il capo, guardandomi in modo indecifrabile. Il suo viso, solitamente espressivo, non mostrava alcun’espressione in particolare. Non riuscivo a capire se fosse impressionata dalle mie parole o meno.
«Dai, dimmi che non ho ragione. Dimmi che mi sbaglio», l’ho spronata.
«Io…non posso», ha sussurrato lei, affaccendandosi a piegare meticolosamente i vestiti che aveva indossato quella sera.
Io l’ho fissata, confusa: «Non puoi cosa?»
«Non posso dire che ti sbagli», Roxanne ha continuato e la tristezza nella sua voce sembrava più simile alla rassegnazione che al dolore, «Qualche mese fa avrei cercato di smentirti, ma adesso...adesso non lo so proprio.»
Avrei voluto chiederle cosa era mutato, cosa realmente Roxanne stesse pensando in quel momento.
Poi ho ripensato al cambiamento che invece stavo avvertendo nella mia vita e ho capito che forse anche lei come me non avrebbe voluto discuterne così apertamente.
Ci siamo distese sulle fresche lenzuola del nostro letto e ci siamo addormentate prima che una delle due potesse aggiungere un’altra parola.
Sabato mattina, dopo aver riportato le motociclette a noleggio, ci siamo incontrate con il gruppo di Nina per andare insieme a Cala Comta.
Nole ci aveva specificamente consigliato di restare almeno a vedere il tramonto su di questa spiaggia, perché non ce ne saremmo pentite.
Ho scelto tra i miei bikini uno rosa e arancione per restare in tema tramonto, poi indossato una maglietta bianca con una boccetta di Chanel n.5 disegnata sopra e una pratica minigonna di jeans. I miei capelli, che la sera precedente avevo asciugato mossi, erano tenuti indietro dai miei Ray-Ban.
Non avevo cercato aggiornamenti su Sally, ma Ashley mi è sembrata molto più calma quella mattina a colazione, quindi ho dedotto che l’episodio spiacevole del giorno precedente non si fosse ripetuto.
Io, Roxanne e Nancy abbiamo preso un gelato mentre aspettavamo gli altri. Fragola e cioccolato per Roxanne, Cocco e mela verde per Nancy e per me…Un lieve fremito d’aria accanto al mio orecchio è stato tutto l’avviso che ho ricevuto prima che qualcuno leccasse il mio cono.
«Mhm, pistacchio e melone», ha detto Frank, deglutendo il boccone, «Interessante combinazione.»
Io, che mi ero portata una mano al petto per la paura, non ho esitato ad usarla per colpirlo e spingerlo via da me. Frank è solo scoppiato a ridere in risposta.
«Buongiorno!», ha annunciato Bonnie, sventolando selvaggiamente le braccia in saluto, incurante delle dita di Simon ancora intrecciate alle sue.
Dietro Bonnie, è spuntata Nina. Era impossibile ignorare il rosso sfavillante dei suoi capelli colorati ora che la vedevo di nuovo alla luce del sole. Leah mostrava in volto il solito severo cipiglio riservato alle pagliacciate di Frank.
Jeremy, solo un passo indietro a lei, ha annuito nella nostra direzione dopo il «Ciao» generale che è emerso dal mio gruppo.
La lieve increspatura delle sue labbra alla vista di Sally e il più fulmineo sorriso sulle labbra di lei erano una delle interazioni meno eclatanti in cui li avevo visti coinvolti. Se non l’avessi appositamente cercata, avrei anche potuto perderla.
Meditavo queste cose quando tutto ad un tratto, Roxanne ha attirato la mia attenzione sulla borsa di Nina. Rigida e compatta, dalla forma di maggiolino, ritraeva appunto una carinissima auto blu con i fanalini rossi.
«Oddio, quella borsa è stupenda», ha sospirato Roxanne, afferrando il mio braccio in una morsa che stava per arrestare la mia circolazione.
Io mi sono staccata da lei, irritata, ma mi sono bloccata quando ho visto meglio la borsa: «Sì», ho ammesso dopo una pausa, «Non è male…»
«Chiedi a Nina dove l’ha comprata!», ha sussurrato lei tra i denti.
Io mi sono voltata nella sua direzione.
Roxanne stava ancora finendo il suo gelato e spiando la borsa di Nina nascosta dietro il suo cono.
«Io non compro mai delle “copie”», ho affermato stizzita.
«Ma quella borsa è così…», ha iniziato Roxanne con un’espressione trasognata.
«Carina. Lo so», ho sospirato a fatica, quasi mi facesse male ammetterlo, «Potresti chiederle tu dove l’ha presa se sei così curiosa!»
«No! Non -»
Ho interrotto Roxanne prima che potesse finire: «Ok. Facciamo una scommessa.»
Lei ha inghiottito quasi l’intera parte finale del cono in un sol colpo.
Io mi sono interrotta, aspettandomi che la cialda l’avrebbe soffocata, invece lei ha continuato a masticare come se nulla fosse.
«Decidiamo chi sarà a chiedere a Nina della sua borsa con una scommessa», ho ripetuto dopo quella esitazione, ammiccando, «Io scommetto che Sally se la spasserà con Jeremy, che ne dici?»
Roxanne si è visibilmente irrigidita: «Non lo so. Non so se mi va di scommettere su queste cose.»
Io ho riso sommessamente per non attirare l’attenzione degli altri che stavano già chiacchierando tra di loro: «Roxanne Miller indecisa su qualcosa! A cosa dobbiamo l’onore?»
Con un’espressione molto simile a quella indecifrabile della sera prima, lei ha sospirato: «Credo di avere qualche dubbio…sulla fedeltà, o meglio sulla capacità delle persone di essere fedeli. A causa delle mie esperienze.»
Ho sentito un’ondata di soddisfazione salire dentro di me.
Roxanne aveva dei dubbi a causa delle sue esperienze con Liam, il suo ex amante (?) e attualmente compagno di sua madre. Forse ero la sola persona al mondo a sapere quello di cui stava parlando. Nonostante ciò, la sua ammissione così diretta mi ha sorpresa non poco: «L’avresti pensata diversamente prima?»
«Sì», ha iniziato, «credevo nell'essere fedeli e fidarsi del tuo partner e tutta quella roba lì...prima di– ci credevo. Ed ero sicurissima che non mi sarebbe mai capitato di trovarmi in una situazione del genere.»
Ho preso un bel respiro: «Se non questo…allora su cosa scommettiamo?»
Roxanne ha alzato scurissimi occhi blu su di me. I suoi capelli erano raccolti in una doppia treccia, assolutamente identica a quella che lei era solita portare i primi tempi dopo essersi trasferita a Milwaukee. Così uguale eppure così diversa da allora, in una maxi t-shirt con barchette blu in sottofondo, e sotto braccio una grossa borsa di paglia: «Penso che Sally non tradirà il suo ragazzo, ma ho i miei dubbi.»
Le sue parole insicure contrastavano contro la decisione nel suo sguardo e nella sua voce.
«Vuoi comunque accettare la scommessa?», ho chiesto, «Cioè, se non sei sicura...»
«No, la accetto», ha detto Roxanne, «Chi perde dovrà chiedere a Nina dove ha comprato la sua borsa.»
Io sono scoppiata a ridere, pur mantenendo le mie risate ad un volume ridotto per non attirare l’attenzione degli altri.
«Quando la spieghi così, sembra una scommessa davvero stupida», ho sussurrato.
Roxanne ha risposto alle mie risate con altre appena più fragorose e poi si è fermata per stringermi la mano in un segno di accordo. Io ho restituito la sua stretta.
La mattina è passata in maniera molto simile alla precedente. Abbiamo preso il sole, ci siamo fatti un bagno nelle acque della cala, scherzato tra di noi e organizzato un’altra partita di beach volley. Il tutto, evitando di fissare troppo i nudisti che ogni tanto ci passavano davanti in tutta tranquillità. Ciò non ci ha impedito, però, di scoppiare a ridere come dei dodicenni ogni volta che qualcuno di questi sfilava di fronte a noi.
In più, ho osservato quasi ininterrottamente Sally e Jeremy, usando come scusa la nostra scommessa. Sally aveva sorriso per tutta la mattina precedente, ma sempre in maniera vacua e falsa. Stavolta il suo sorriso era sincero - per quanto quello di una delle sciocche Gallinelle possa esserlo - e costantemente rivolto verso Jeremy.
Ho tenuto sott’occhio anche Nina, e con sempre più ammirazione la sua borsa, ma in lei non sono riuscita a trovare i segnali che mi avevano allertata durante la sera prima. Sembrava piuttosto normale nei confronti di Jeremy, sebbene li avessi visti interagire molto di più il giorno precedente.
È vero, il loro rapporto non era mai stato troppo evidente ai miei occhi, eppure avrei affermato senza dubbio che fossero buoni amici e non semplici amici di circostanza.
Tutti tranne me, Roxanne e Ashley sono andati a fare un secondo bagno dopo un’oretta dal primo. Io e Ashley abbiamo osservato Roxanne, intenta a scarabocchiare il panorama mozzafiato di Cala Comta. Roxanne aggiungeva linea su linea, ma per quanto il disegno fosse già verosimile e in perfetta prospettiva, lei non sembrava mai soddisfatta. Curvava di più a sua linea per ritrarre le leggere onde del mare e la induriva per i grossi scogli vicini all’orizzonte. Era riuscita persino a catturare il veloce passaggio di un bagnante su una grosso moto d’acqua.
Anche senza i fantastici colori del tramonto che Nole ci aveva già annunciato, con il solo tratto della grafite, Roxanne aveva dato vita ad una copia perfetta della spiaggia sul suo foglietto striminzito. Era inevitabile immaginare la portata di quello che sarebbe riuscita a produrre su un supporto più decente.
«Wow», ha esclamato Ashley con occhi sgranati, echeggiando inconsapevolmente i miei sentimenti. Roxanne ha fatto un breve sorriso e ha lasciato che guardassimo il disegno fino a soddisfare i nostri occhi, prima di ripiegarlo e gettarlo distrattamente in borsa. Mi è piaciuta la nonchalance con cui ha reagito, ma devo ammettere che l’unico campo in cui Roxanne l’ha mai dimostrata è appunto la sua arte.
Nina è tornata in spiaggia sulle spalle di Frank, il quale aveva insistito nel portarla a cavalluccio per tutta la distanza per dimostrare la sua prestanza fisica. Tutti gli altri che li seguivano stavano sorridendo di buon umore.
Gli unici che mancavano all’appello erano Jeremy e Sally, ma quasi nessuno l’ha notato in favore dell’ilarità del momento.
Dopo un po’ Simon e Frank si sono allontanati per chiedere dove fosse possibile recuperare una di quelle moto ad acqua che avevamo visto sin dalla mattina, lasciando sole noi ragazze.
Le Gallinelle, esclusa Sally, si sono messe tutte distese in fila sotto la linea del sole come lucertole in bikini colorati.
Roxanne e Leah si erano addormentate sotto l’ombrellone.
Io, Nina e Bonnie stavamo chiacchierando del più e del meno, godendo altrettanto dell’ombra.
Quando il silenzio è calato sulla nostra conversazione, Bonnie si è guardata intorno e poi si è rivolta a Nina: «Dov’è andato a finire quel cretino del tuo ex?»
Nina mi ha lanciato un breve sguardo, poi ha restituito quello di Bonnie scandendo accuratamente ogni parola: «Non ne ho la più pallida idea.»
Bonnie ha alzato un sopracciglio, ma non ha commentato ulteriormente.
«Chi?», ho chiesto in un impulso di innocente curiosità. «Jeremy», ha risposto Bonnie, imperturbata.
«Coooosa?», Nancy è sobbalzata in piedi lasciando il suo posto al sole, seguita a ruota dalle altre Gallinelle, «Jeremy è il tuo ex ragazzo?!»
«Sì», ha confermato Nina, «Ci siamo lasciati lo scorso febbraio.»
Ammetto che a questo punto anche io avevo la stessa espressione idiota di sorpresa stampata sui volti delle altre.
«E avete deciso di andare in vacanza assieme?», ha esclamato Rita in un tono che io considererei semi-isterico, ma che per le Gallinelle è normale, «Come se niente fosse?»
Nina non le ha detto di farsi i cazzi suoi – come invece avrei fatto io – ma ha risposto alla sua domanda con calma e ragionevolezza: «Beh, ci conosciamo da più di sei anni ormai. Più che il mio ex ragazzo lo considero come il mio migliore amico, perché è quello che è sempre stato.»
«Due migliori amici che si innamorano l’uno dell’altra…è romantico no?», ha detto Nancy.
Nina, inaspettatamente è scoppiata a ridere, «Sì, ma è stata anche la nostra rovina. Un cliché romantico che funziona nei film, ma non nella realtà.»
«E perché no?», ha insistito Rita.
Nina ha fatto un breve sospiro, prima di iniziare a raccontare la sua storia.
In breve, da migliori amici lei e Jeremy erano ben consapevoli degli aspetti negativi l’uno dell’altra, ma non erano stati mai costretti a sopportarli come si fa con quelli con cui si sta assieme. È stato così che, nell’assoluta mancanza di sorpresa dei loro amici, i quali avevano già previsto l’evento da tempo, si erano innamorati.
I primi mesi insieme erano stati bellissimi, poi le cose avevano iniziato a degenerare. Avevano iniziato a litigare, ma non riuscivano a farla finita. Erano troppo attaccati l’uno all’altra.
«E poi che è successo?», ho domandato, mio malgrado presa dal racconto.
«Le cose erano diventate orribili a quel punto e alla fine abbiamo deciso di lasciarci», ha risposto Nina, «ma anche se la decisione era partita da entrambi, è stata comunque la fine di una storia importante per me, perciò i primi tempi non volevo vederlo.»
«Sì», si è inserita Bonnie, «e ci avete costretto a dividere il gruppo in due a causa vostra.»
«Non avresti fatto lo stesso se tu e Simon vi foste lasciati?», le ha chiesto Nina, in un tono che faceva intendere che in passato avesse già usato quella tesi a suo favore.
Bonnie ha scacciato ogni tipo di dubbio con la sua risposta: «Io e Simon non ci lasceremo mai.»
Nina ha roteato gli occhi in risposta e io ho incontrato i suoi occhi per un breve sorriso divertito.
Nina ha continuato a spiegare come il gruppo si fosse diviso per colpa della loro rottura e di quanto Bonnie e gli altri fossero arrabbiati con entrambi all’inizio.
Poi ci ha detto che una delle lezioni di psicologia seguite al suo college riguardava uno studio sulle relazioni interpersonali e su come risolvere le situazioni più disparate in modo maturo. È stato allora che lei ha dovuto ammettere l’assurdità della cosa: studiare come gestire maturamente i rapporti con le altre persone, eppure vivere la propria vita in maniera completamente opposta. Quello è stato l’impulso necessario per farle prendere di nuovo la situazione in mano.
Lei e Jeremy sono tornati a parlarsi poco più di un mese fa e deciso di fare una vacanza in Spagna, per tentare di ricostruire il loro precedente rapporto.
«Perché con i miei ex…una volta che l’amore era finito, dopo la rottura non volevo parlarci più», ha continuato «ma con Jeremy è stato diverso…gli volevo bene già da molto prima che ci mettessimo insieme, gliene voglio ancora, e credo ci sarà sempre del bene per lui da parte mia.»
Bonnie aveva un sorriso triste sulle sue labbra, ma Nina l’ha ignorata continuando a raccontare di come la settimana precedente, quando il suo gruppo era a Barcellona, Jeremy l’aveva vista baciare un ragazzo in un locale. Lui l’aveva avvicinata e le aveva augurato buona fortuna, spronandola a lottare contro la distanza che li separava se il nuovo tipo le piaceva veramente. Nina ha ammesso di aver rassicurato diverse volte Jeremy che quel bacio non era significato nulla: solo un momento di impulsività in una serata altrettanto casual.
«Ma il solo fatto che lui fosse venuto da me per incoraggiarmi – come aveva fatto in passato solo da mio migliore amico – ha significato molto per me», ha ammesso, concludendo la storia.
Bonnie ha fatto la domanda che tutte noi avremmo voluto farle, ma nessuno si era azzardato ad esporre ad alta voce: «E quando l’hai visto con la loro amica? Sembravi scioccata. Non negare, perché ti ho vista.»
«Io…Non dico di non essere stata scioccata, o anche ferita, dalla cosa», le ha risposto Nina, intrecciando le mani sul tavolo attorno al quale eravamo ormai tutte sedute, tralasciando Roxanne e Leah, ancora addormentate sui loro asciugamani, «ma non ero gelosa.»
Bonnie ha scosso la testa in una risata di scherno.
«Davvero», l’ha rassicurata Nina, «Non provavo gelosia…solo delusione. Delusione perché la nostra storia non aveva funzionato. E quando rifletti sulla tua vita… se non riesci a far funzionare le cose con il tuo migliore amico, che altre speranze puoi avere? Nessuno ti capirà più di così e chi ti capiva meglio di tutti ti ha lasciata. Però, anche se non è facile, voglio che questo nuovo rapporto con Jeremy funzioni. Prima o poi dovrò abituarmi di nuovo a vederlo con altre ragazze, o in questo caso con Sally.»
«Sally ha già un ragazzo», ho specificato. Le Gallinelle mi hanno lanciato delle occhiate omicide, ma stavo dicendo la verità perciò non ho lasciato che questo mi fermasse: «Dubito dovrai abituarti a vederlo con lei. Domani non avete l’aereo del ritorno?»
Nina ha annuito alla mia ultima affermazione, aggiungendo solo: «Non è questo il punto, Kate.»
Diversi secondi di silenzio sono passati. Ho atteso che lei elaborasse ulteriormente il suo punto, invano.
In un breve intermezzo nella conversazione, ho riferito a Roxanne l’ultima rivelazione riguardante Nina e Jeremy.
Lei ha spalancato gli occhi, come avevamo fatto noi tutte in precedenza, trattenendosi giusto per un pelo dall’esclamare un «Cooosa?» ancora più rumoroso.
Io ho portato l’indice alla bocca e mormorato un «Shhh!», che l’ha placata prima che potesse attirare troppa attenzione. Mi ha chiesto poi altri dettagli a cui io non ho saputo rispondere, limitandomi a riferire ciò che la stessa Nina aveva ammesso.
Roxanne ha smesso di guardare la borsa di Nina con interesse e ha iniziato a fissare l’ignara ragazza come se stesse per crollare a terra da un momento all’altro. Io ho rilasciato un respiro esasperato. La vicinanza alla melodrammaticità delle Gallinelle era seriamente nociva per il buon senso della Miller.
Per l’ultima sera di Nina & Co ad Ibiza avevamo programmato una serata in discoteca, ma prima avevamo deciso di visitare meglio il borgo medievale intravisto la sera precedente in moto.
Ho evitato di indossare l’abito che avevo preparato per la discoteca, e ho indossato un leggero scamiciato blu sui sandali che avevo indossato la sera precedente in spiaggia, assieme ad una deliziosa pochette che risaltava nella notte grazie a coloratissime pietruzze incastonate sulla superficie esterna.
Il mio pezzo forte della serata era riservato al dopo cena.
Roxanne aveva già indosso il semplice vestito longuette con maniche corte leggermente a sbuffo, che lasciava la sua spalla scoperta appena sotto la linea delle scapole abbronzate. Era il più delizioso abbigliamento che le avevo mai visto addosso e, proprio quando stavo per dirle ciò, lei ha ammesso di averlo fregato a sua sorella. Io non ho trattenuto le mie risate, e il suo sguardo leggermente offeso non ha fatto altro che moltiplicarle.
Sotto mio suggerimento, Roxanne ha sciolto le sue trecce, sistemando i suoi mossi capelli mogano in due lunghi codini, che le ricadevano sulle spalle e contrastavano visibilmente con il colore scuro del vestito che indossava.
Per la prima volta durante tutto il viaggio, ho visto le Gallinelle vestite diversamente l’une dalle altre e non solo nel colore dei loro vestiti. Che ciò fosse indice di disconnessione nel loro gruppo?
Ashley indossava un tubino senza spalline con vivaci ricami e applicazioni sulla parte anteriore, Nancy portava dei pantaloni marroni lucidi sotto una camicetta rosa salmone (look molto azzardato, ma che tutto sommato è riuscita a far funzionare), Rita sfoggiava un semplice vestitino nero, con gonna a palloncino e Sally un aderentissimo vestito nero decorato da cerchi concentrici argentei che descrivevano la sua vita e tutte le sue curve, avvolgendosi attorno a tutto il suo corpo. Non c’era dubbio: il suo era un look fatto per sedurre. Persino più facile era indovinare verso chi volesse indirizzare tali piani di seduzione.
Jeremy, però, sembrava rivolgerle gli stessi sorrisi semi-discreti della mattina, niente di più, niente di meno.
Le strade della città medievale erano stracolme di monumenti, muri di recinzione e soprattutto persone, locali, e ancora tante altre persone come in tutto il resto dell’isola.
I turisti rappresentavano quasi l’integrità della popolazione che intasava le strade, facendo tante foto quante ne stavano facendo Roxanne e Leah, designate come fotografe ufficiali dei due gruppi.
Frank ha comprato un irritante fischietto da una bancarella e si è divertito per quasi tutto il tempo a inscenare la parte dell’intransigente allenatore, richiamandoci all’attenzione con questo, in modo che non sostassimo troppo in un negozio, o a guardare la merce esposta su una bancarella, o a prendere un drink in un bar.
In mezzo alla strada alcune discoteche si facevano pubblicità con originalissime sfilate, fatte da ragazze che lanciavano volantini o pass che permettevano di avere un drink gratis all’entrata.
Noi avevamo già pensato di dirigerci verso una discoteca suggerita da Simon (il quale aveva degli amici che ci erano stati prima e si erano divertiti immensamente), ma abbiamo raccolto comunque qualche volantino lanciato nella nostra direzione.
Al termine della nostra esplorazione, Bonnie ha suggerito che ci avviassimo direttamente in discoteca, ma io ho insistito perché tornassimo al mio hotel e io potessi cambiarmi nel vestito che avevo già programmato e su cui avevo basato anche lo smalto rosso alle mie unghie e il vivace rosso ciliegia del mio rossetto.
Ho sentito qualcuno sbuffare alla mia richiesta, ma non ho desistito: «Ragazzi, io devo assolutamente andare a cambiarmi. Voi potete fare ciò che volete. Vi raggiungerò in taxi appena sono pronta.»
Roxanne, però, ha insistito a venire con me, e con lei le Gallinelle, e quindi anche i più restii del gruppo di Nina si sono lasciati trascinare loro malgrado nella hall del nostro albergo, in attesa della mia discesa.
Io mi sono subito infilata nel vestito già disteso sul letto.
Roxanne dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, ha emesso un wow di ammirazione.
Il vestito monospalla (fortuna che avevo abbassato le spalline del costume! Niente bruttissimi segni d’abbronzatura!) color ciliegia, scendeva sul mio corpo con tutta la delicatezza del raso, in punti di stoffa arricciata alternati a stoffa liscia, fermandosi in una linea decisa sopra il mio ginocchio. I ricci che avevo domato al ritorno dal mare erano ormai diventati ordinatissimi boccoli che coprivano le mie spalle quasi a sopperire la mancanza stilistica della seconda spallina per il vestito.
Gli unici gioielli che portavo addosso erano un paio di luminosi orecchini pendenti – e soprattutto pesanti – indossati assieme a due voluminosi bracciali rigidi: uno argentato e l’altro dorato.
Con le mie fidate Louboutin nere ai piedi mi sentivo finalmente pronta per affrontare la serata.
Sapevo che avrei avuto di sicuro gli occhi di tutti puntati addosso al mio ritorno. Li avevo fatti tornare apposta al nostro hotel solo per un cambio di vestito, dopotutto! È facile ricordare le facce che il resto del gruppo mi ha rivolto, quando ho sceso le scale che portavano alla hall.
C’erano una miriade di espressioni e sentimenti, concentrate in quasi una dozzina di paia di occhi: chi mi voleva, chi voleva essere me, chi mi invidiava, chi odiava non poter raggiungere il mio livello, chi si accontentava di respirare anche solo la mia stessa aria, chi mi aveva elevata sull’Olimpo delle cose troppo belle per essere vere, ma che presto avrebbe avuto la conferma che io ero a tutti gli effetti reale. In quanto a vera…beh, quella è un’altra storia.
La discoteca Pacha era la nostra meta, per l’ultima serata trascorsa con il gruppo di Nina, il quale avrebbe preso un volo diretto a Los Angeles solo il pomeriggio successivo.
Dopo esserci guardati attorno nel locale, abbiamo notato una parete lungo cui scorreva del fumo illuminato da faretti colorati posizionati in alto, che lo facevano sembrare quasi una cascata arcobaleno.
Un folto gruppo di persone si è riunito per fare foto con la pseudo cascata in sottofondo.
«Ne facciamo una anche noi?», mi ha chiesto Roxanne e io ho annuito. Perché no.
Abbiamo aspettato che lo spazio di fronte alla parete fumosa si liberasse e poi io ho dato la mia fotocamera a Frank, il più vicino a noi, perché ci fotografasse.
«Pronte?», ci ha incitate, pronto a scattare.
«Che ne dici delle Charlie’s Angels?», ho suggerito a Roxanne, mettendomi in posa e lei ha fatto lo stesso, spalla contro spalla, imitando una pistola con le dita.
«Non avete niente di più originale? Noiose!», ha detto Frank con voce divertita.
Roxanne non si è smentita nella sua imprevedibilità: «Questo è abbastanza originale per te?», ha chiesto alzando il medio e sorridendo verso la fotocamera.
«No, Leah mi ha risposto così cinque secondi fa!», ha canzonato Frank, per niente offeso.
«Brava!», chiamata in causa, Leah ha incitato Roxanne tra il divertimento degli altri in sottofondo.
Frank ha innescato il flash, ritraendo Roxanne con un sorriso mezzo sorpreso in volto e me piegata all’indietro, appoggiata completamente alla sua schiena con una grassa risata sulle labbra.
Siamo rimasti alla “cascata” per qualche altro minuto, scattando varie foto, individuali e di gruppo, fino a che il luogo ha perso l’attrattiva iniziale e abbiamo deciso di addentrarci più all’interno del locale.
La serata è iniziata in maniera tranquilla, cosa che non mi aveva affatto preparata al pandemonio che sarebbe successo in seguito.
Ci siamo assicurati un tavolino in un privè che per fortuna ci conteneva tutti e 12 e poi io, Roxanne e Frank siamo andati al bancone per ordinare qualcosa. Roxanne ha dichiarato di voler venire con noi solo per dare un’occhiata all’altra parte del locale, ma io avevo deciso di tenerla ben sotto controllo nel caso si avvicinasse a qualche drink.
Una delle nostre ultime esperienze in discoteca - con Roxanne sbronza, addormentata su un divanetto alla mercé di qualunque pervertito fosse passato di lì - non era stata delle migliori.
Ci siamo destreggiati tra la gente e tra l’arredamento verde acido e fucsia evidenziatore che le luci psichedeliche illuminavano ad intermittenza, colori interrotti solo da qualche tavolino giallo fosforescente che risaltava nell’atmosfera semibuia.
Il DJ che avrebbe animato la serata non era ancora arrivato, perciò nell’attesa stavano riproducendo alcune canzoni commerciali su cui pochi avevano iniziato già a ballare, incuranti degli sguardi annoiati degli altri appoggiati ai muri.
Una ragazza si stava allontanando dal bancone e io ho colto l’occasione, arrampicandomi sullo sgabello che lei aveva appena abbandonato. Dico arrampicata, perché quel affare fosforescente era così alto che seduta lì troneggiavo letteralmente sia su Frank che su Roxanne.
Abbiamo chiacchierato del più e del meno, attendendo che il barman si liberasse, o meglio, io e Roxanne abbiamo lasciato parlare solo Frank e riso alle battute che lui sembrava emettere facilmente quanto il sudore (se la stoffa fradicia della sua maglietta rossa fosse di una qualche indicazione). Il suo deodorante, però, sembrava fare più che il suo lavoro, perciò non ho dovuto inventare nessuna scusa per allontanarmi.
Insomma, tutto stava andando per il meglio, quando all’improvviso ho notato un tizio pelato (rasato, più che altro, vista la ricrescita) fissarmi a bocca spalancata. «No!», ha esclamato lui, superando di gran lunga la musica di sottofondo con la sua voce.
In più di 18 anni di vita, dopo essere stata oggetto di centinaia di sguardi di desiderio, catalogata, osservata, fissata o più semplicemente ammirata da lontano, non avevo mai visto qualcuno guardarmi così. Come se fossi un sogno fatto realtà e un incubo insieme.
All’inizio non pensavo nemmeno che si stesse riferendo a me. Mi sono voltata verso Roxanne, credendo che si fosse rivolto a lei (e che lui avesse anche un leggero problema di strabismo), ma le sue sopracciglia alzate erano molto più eloquenti di un “Guarda che sta parlando a te.”
«Perché sei qui?», ha continuato lui, imperterrito.
Io mi sono guardata nervosamente attorno, fino a quando ho dovuto accettare che l’attenzione non solo del tizio, ma di un’altra decina di persone era tutta incentrata su di me.
L’ho guardato meglio allora, tentando di ricordare se l’avevo mai visto prima, se ci avevo mai fatto qualcosa (domanda che non mi sarei mai dovuta nemmeno fare…cazzo, ho degli standard!), se era stato vittima di una mia vendetta, oppure una pedina in una mia manipolazione.
Il responso è stato negativo su tutti i fronti: ero assolutamente certa di non conoscerlo.
«Mi dispiace, non-», ho iniziato a liquidarlo.
«Prima mi dici di non farmi più vedere e poi arrivi persino a seguirmi qui?!», ha urlato lui, avvicinandosi ulteriormente e così scansando con le sue larghe spalle un altro ragazzo che si stava godendo lo spettacolo, visti gli occhi spalancati e l’enorme sorriso idiota che aveva in faccia. Nessun altro intorno a noi ha osato fiatare.
«Ehm…»
«Sentiamo, sentiamo! Quali scuse troverai stavolta? Sei tu che hai voluto lasciarmi e adesso fai pure la gelosa?»
«Gelosa?!», non sono riuscita a trattenermi dal deriderlo. Che assurdità! Io gelosa di un simile uomo-armadio pelato?
Il corpo di Roxanne è sussultato in un singhiozzo e le ho lanciato un breve sguardo, appena in tempo per vederla modersi le labbra per non ridere. Frank sembrava essersi dileguato misteriosamente.
«DovecazzoèFrank?», ho bisbigliato tra i denti.
«Credo sia andato a prendere la telecamera…», ha commentato lei, dietro la mano che aveva portato alla bocca, in un ulteriore tentativo di trattenere le risate.
Oh no! Che figura di merda!
Avevo voglia di morire, ma non prima di aver ucciso con le mie stesse mani Frank, questo tizio e forse anche Roxanne.
«E per quale altra ragione!», l’uomo ha attirato di nuovo la mia attenzione su di sé.
«Senti, tizio. Sono qui solo per passare una bella serata con i miei amici, non di certo per-»
«Ah, adesso sono diventato “tizio” per te? Eh, Lara?», è ritornato alla carica, avanzando ancora di un passo.
Roxanne, ridendo ormai apertamente, ha puntato un indice verso di me, assumendo il ruolo di un utile segnale stradale: «Si chiama Kate.»
L’uomo si è accigliato nel cercare di metterla a fuoco: «Ah! Non sei tu quella stronza che le ha messo in testa che avrebbe fatto meglio a lasciarmi perché non ero al suo fottuto livello?!»
Roxanne ha ingoiato indietro la risata per la sorpresa. Tutti iniziavano a guardarci in tono accusatorio, probabilmente convinti dalla sua fantomatica versione dei fatti.
«Chi cazzo sei per parlarci così?», sono sbottata non potendone più delle sue accuse, «Non ti ho mai visto in vita mia prima d’ora, e nemmeno lei c’entra niente con tutto questo! Che diritto hai di chiamarla stronza?»
«Ho tutti i diritti! Mi hai mollato senza motivo e senza una spiegazione! E ora fai finta di non conoscermi, perché sto facendo vedere a tutti che razza di persona sei! I miei diritti nascono solo da questo!»
Un coro di simpatia si è elevato dagli spettatori alle sue spalle. Era chiaro chi avesse ormai conquistato le grazie del “pubblico”.
L’ho guardato meglio e ho visto che il pelato era rossissimo in volto. Sicuramente non solo per il caldo e l’agitazione.
Bene! Avevo tra le mani uno sbronzo cocciuto ed ostinato. Roxanne, pur con la sua disperata voglia di coccole, al confronto, era un’ubriaca molto più innocua.
Non sapendo come togliermi da quella situazione, visto che tutti ormai sembravano convinti che io fossi l’ignobile Lara, mi sono girata sul mio sgabello e ho dato le spalle al tizio, tornando a parlare con Roxanne. Roxanne, sebbene interdetta dal mio gesto, mi ha assecondata, notando quanto fossi disperata di ritornare alla normalità.
Continuava però a lanciare nervose occhiate oltre le mie spalle, ogni qual volta lui gridava qualcosa nel tentativo di catturare la mia attenzione. Io non ho ceduto e l’ho ignorato ad oltranza, come avrei dovuto fare sin dall’inizio.
Forse il fatto che Frank non fosse ancora ritornato brandendo le riprese dell’accaduto avrebbe dovuto allarmarmi sul fatto che niente si fosse ancora concluso.
L’unico avvertimento che ho avuto è stato un’ ultima occhiata alle spalancate iridi blu di Roxanne, prima che una forza mi spingesse all’indietro, facendo ruotare con la forza il mio sgabello e costringendomi a fronteggiare il tizio che a quel punto mi era più vicino che mai.
“Ora questo mi dà un ceffone”, ho pensato e stavo già alzando la mia mano in risposta, convinta di poterlo battere in velocità, quando lui si è praticamente accasciato davanti a me, come se privo di forze, e ha incominciato a piagnucolare «Lara, ti prego, non mi lasciare di nuovo, ti prego!»
Io ho assistito alla scena basita, mentre tutto intorno a noi c’era chi stava incitando incoraggiamenti in spagnolo, inglese, francese e anche qualche altra lingua europea che non riuscivo a riconoscere. I cori di: «Perdonalo!» andavano per la maggiore.
Lui a quel punto, in un ultimo impulso di dignità – che io credevo ormai avesse perso del tutto – si è mezzo rialzato, cercando di appoggiare le mani sulle mie ginocchia. Ma su quello sgabello fosforescente veramente troppo alto, i miei piedi erano al livello in cui avrebbero dovuto essere le mie ginocchia, quindi lui si è dovuto appoggiare alle mie scarpe per cercare di tirarsi su.
Non appena ho visto le sue dannate manacce lasciare luride impronte sulle mie Louboutin tirate al lucido, mi sono ripresa dalla mia temporale paralisi.
La rabbia, l’irritazione e il fastidio generale per tutta quella situazione mi hanno assalita e ho iniziato a scalciare, minacciandolo con i miei tacchi a spillo.
«Lasciami, lasciami!», ho iniziato a strillare. Se lui fosse stato un po’ meno sbronzo e avesse avuto un po’ più di sale nella zucca, si sarebbe allontanato a gambe levate, invece continuava a cercare di afferrare le mie caviglie per fermarmi e invitarmi a ragionare.
Non che sarei stata molto più disposta a ragionare persino prima che lui avesse attentato all’incolumità del mio paio di scarpe preferite, ma arrivata a quel punto mi stavo a malapena trattenendo dal trapanare il suo cervello con il mio tacco 12.
Il pubblico ha assistito stupefatto, fino a che Roxanne non mi ha tirata da dietro, costringendomi a smettere il mio assalto. Io sono scivolata indietro dallo sgabello con un urletto, accidentalmente fornendo a chi mi stava di fronte un primo piano delle mie mutande.
Le braccia di Roxanne, inaspettatamente solide, mi hanno raddrizzata e aiutata a ritornare in piedi.
Nel frattempo, allo stesso modo gli amici del pelato sono arrivati per riprenderselo – ancora rosso, demoralizzato e con il volto striato di lacrime.
Mi hanno anche chiesto scusa al posto suo, asserendo di sapere che io non ero la famosa Lara che gli aveva spezzato il cuore, ma solo qualcuno che le assomigliava molto.
Ironico che, nonostante tutti i cuori spezzati di cui sono stata responsabile, la prima volta che sono stata direttamente accusata di una simile malefatta, la colpa non era nemmeno realmente la mia.
Finito lo spettacolo, la piccola folla radunata intorno al bancone, attirata da tutto quel clamore, si è dissipata molto velocemente. Fin troppo velocemente, ho pensato, almeno fino a quando non ho sentito il saluto del DJ alla console.
Frank è riemerso dall’ombra, reggendosi la pancia dalle risate e brandendo orgoglioso la sua telecamera: «Ho filmato tutto!»
Sono piuttosto sicura che lui non sia stato il solo ad avere una simile idea. Molto probabilmente, nei prossimi giorni, in qualche parte remota di Youtube, spunterà una copia dell’accaduto. Devo solo sperare che nessuno, vista la scarsa luminosità, riesca a riconoscere me nei panni della “psicopatica” che ha assalito un ragazzo grande e grosso armata solo delle sue vertiginose calzature.
Ho lanciato a Frank uno sguardo omicida in risposta e lui deve avermi presa sul serio, perché avevo appena dimostrato di non aver alcun problema a far del male a qualcuno se necessario.
«Cancellalo subito», ho ordinato.
«No dai!», si è lagnato, «lascia almeno che lo faccia vedere una volta agli altri!»
«Fallo adesso!»
«Su, Kate», si è intromessa Roxanne, nuovamente piena di energia, dopo lo shock dell’intervento che mi aveva aiutata a tornare in me stessa, «Solo una volta. Le altre non sanno cosa si sono perse!»
Forse per riconoscenza verso quello che lei aveva fatto per me pochi minuti prima, mi sono lasciata convincere.
Una volta si è trasformata in due, poi in tre, poi in quattro…e poi ho perso il conto. Tutti gli occupanti del nostro tavolo hanno guardato e riguardato il filmato sulla telecamera di Frank, eruttando in sonore risate ogni qual volta si arrivava al punto in cui io iniziavo a minacciare il tizio con le Louboutin.
Io ho nascosto la testa tra le mani mortificata e ascoltato il loro divertimento, come se fosse qualcosa di lontano e troppo estraneo a me.
Ashley, in un raro lampo di perspicacia, deve essersene accorta e ha tentato di sviare l’attenzione degli altri sulla pista da ballo che avevamo a lungo ignorato in favore del video amatoriale.
Io ho guardato gli altri alzarsi uno per uno, pronti a scendere a ballare. Stavo pensando di declinare l’offerta, nel timore che uscendo dal privè qualcuno mi avrebbe riconosciuta come la ragazza che aveva appena dato spettacolo vicino al bar, quando Roxanne mi ha afferrato il braccio e dato uno scossone.
Prima che potessi scuotere la testa in diniego, lei è riuscita a trascinarmi via dai divanetti, rimettendomi in piedi come già aveva fatto durante quella serata.
Lasciare il mio corpo libero di muoversi nella musica, incontrare con un sorriso gli sguardi delle Gallinelle, Nina, Bonnie, Frank, Leah, e vedere quelli di Jeremy e Sally che si incrociavano reciprocamente di nascosto, ridere quando Frank ha iniziato a ballare su di un ritmo particolarmente movimentato scalciando i piedi in una efficace imitazione del mio famoso gesto, osservare Roxanne inseguirlo allo stesso modo con le sue ballerine ultrabasse che non avrebbero mai potuto fargli alcun male, alzare le braccia verso la schiuma colorata che ha iniziato a scendere dall’alto bagnandoci completamente fradici…mi sarei persa tutto questo e molto di più se fossi rimasta da sola al privè.
Ho guardato Roxanne e ho pensato che un altro grazie si sarebbe aggiunto alla lista di quelli che non le avrei mai detto.
Erano le tre di mattina quando siamo tornate al nostro hotel con un bus navetta della discoteca, ancora un po’ umide. Avevamo appena finito di salutare con baci, abbracci e promesse di risentire il gruppo di Nina, che sarebbe ritornato in California con un volo del pomeriggio dopo. Ho evitato di guardare il modo in cui Jeremy e Sally si salutavano, proprio perché la cosa mi sembrava ormai così ovvia che aveva perso tutta la sua attrattiva iniziale. E poi sia io che Roxanne avevamo ormai già dimenticato la borsetta di Nina, in favore di una particolarissima collana di fibra intrecciata che avevamo visto indosso ad una ragazza in discoteca.
Ero leggermente brilla, grazie alla vodka condivisa con Nancy (è difficile lasciarsi scappare l’occasione di ordinare un alcolico, visto che ci sono molti meno controlli in Europa), ma certa che una buona dormita e un intenso mal di testa al mio risveglio sarebbe stato sufficiente a smaltire il tutto. Niente di piacevole, ma batteva di sicuro il vomitare sul tappetino del bagno.
Io e Roxanne abbiamo salutato le altre e siamo entrate in camera. Ci siamo velocemente liberate dei nostri vestiti, Roxanne per infilarsi nei pantaloncini e la canotta del suo pigiama ed io per indossare la mia camicia di notte di seta di Victoria’s Secret.
«Che giornata», ha sospirato Roxanne distesa sul letto fissando il soffitto, con le mani incrociate sulla sua pancia.
«Già», ho concordato io, al suo fianco.
Improvvisamente lei ha iniziato a ridere.
Io ho roteato gli occhi, girando la testa verso di lei: «Che c’è?». Ero certa che stesse ridendo perché le era venuta in mente di nuovo la scena di cui ero stata protagonista al bancone.
«Posso chiederti una cosa?», ha chiesto lei, riducendo l’intensità della sua ilarità a brevi risatine.
«Potrei impedirtelo?», ho sbuffato sarcastica.
«No.» ha risposto Roxanne senza alcuna vergogna, poi ha proseguito: «Qual è stata la cosa che ti ha fatta sbottare? Certo, quel tipo era estremamente irritante e non è mai piacevole farsi toccare da uno sconosciuto…ma…»
«Le scarpe», ho borbottato, ancora restia a rivangare la figura di merda che avevo fatto.
«Le scarpe?», ha ripetuto Roxanne, confusa.
«Sì. Mi stava insozzando le Louboutin con le sue schifose manacce», ho insistito, «Dopo sono corsa in bagno per togliere le impronte, ma credo ne sia rimasta ancora qualcuna sulla vernice.»
La risata in cui Roxanne è scoppiata dopo pochi istanti mi ha fatto quasi sobbalzare nel semi-buio della nostra stanza. Ho girato la testa sul cuscino ed è stato facile vederla accanto a me, illuminata solo dai bagliori residui della strada sottostante alla stanza d’albergo.
Le mie labbra si sono increspate in un sorriso e, per la prima volta in tutta la serata, ho messo da parte l’imbarazzo per godermi l’aspetto più esilarante di tutta quella vicenda.
«Davvero», ho continuato, «L’ho fatto.»
«Non lo metto in dubbio», ha replicato Roxanne, scuotendo tutto il letto con le sue risate. Io non ho potuto fare a meno di unirmi a lei.
Quando eravamo ormai senza fiato, Roxanne ha dichiarato: «Basta adesso. Dormiamo.»
I minuti sono passati, ma i nostri fiati nel buio erano ancora troppo pesanti perché una delle due si fosse appisolata.
«Non stai dormendo», ho notato.
«Nemmeno tu», si è difesa lei.
«Non sei stanca di ridere sulle mie sventure?»
«No», ha risposto con un’altra risatina soffocata, «È difficile trovare qualcosa di così tanto divertente.»
«Ah sì?», ho detto, pensando già a qualcosa, «E se ti dessi un altro motivo per ridere?»
«Quale?», la voce di Roxanne mostrava tutta la sua curiosità. Allo stesso modo, quando mi sono avventata addosso a lei per farle il solletico, l’acuto gridolino emerso delle sue labbra mostrava tutta la sua sorpresa.
Roxanne ha risposto al mio assalto, tentando di fare altrettanto, e riuscendo un paio di volte a raggiungere il mio punto debole a livello dei fianchi, che mi ha fatta piegare letteralmente in due. Dopo qualche altro minuto di lotta, ci siamo arrese reciprocamente, ricadendo sul materasso e gettandoci reciprocamente il fiatone accumulato in faccia. Le nostre fronti sudate scivolavano l'una contro l'altra al ritmo delle nostre risate.
È passato qualche altro istante di silenzio, prima che io lo interrompessi con la mia voce: «Perché non vieni a stare da me?»
«Uh?», Roxanne si è staccata per guardarmi meglio.
«Al ritorno. Non devi tornare a Miami…non se non vuoi. Puoi restare a casa mia fino a settembre. E poi possiamo partire insieme per Princeton.»
Ecco fatto.
Il mio ragionamento non faceva una piega. Certamente l’avrebbe capito anche lei.
Le stavo offrendo un’occasione imperdibile: un’estate libera e lontana chilometri e chilometri dalla ragione dei suoi rimorsi, per poi fuggire verso un’università in un altro stato.
Roxanne era esterrefatta, potevo benissimo vederlo anche nell’ombra: «Sul serio?»
Ho annuito: «Non vuoi?»
«No! Cioè-lo voglio, mi piacerebbe molto, se non sono di troppo disturbo-»
«Se lo fossi stata, non te l’avrei chiesto», ho notato acidamente, rigirando lo sguardo verso il soffitto, irritata da tutta quella sua falsa modestia.
Mi aspettavo che lei sarebbe stata più pronta ad accettare un tale onore. La mia casa è praticamente una reggia ma, nonostante l’abbondanza di spazio, non è mia abitudine invitarvi ospiti così a lungo termine. Come al solito, Roxanne aveva frainteso completamente la situazione.
Stavo per ritirare l’offerta, quando lei mi ha preceduta con un «Va bene. Domani chiamo Madison e le dirò che resto a Milwaukee da te.»
Ho atteso che parlasse ancora, ma lei ha semplicemente colpito il cuscino per gonfiarlo e ci ha appoggiato la testa sopra. La conversazione è finita così, senza che nessuno aggiungesse altro o avesse bisogno di farlo.
Un fastidioso bip mi ha svegliata poco più di due ore dopo. Il cellulare sul comodino mi segnalava la batteria scarica.
Ho tentato di riaddormentarmi, frustrata, pur sapendo che una volta svegliata è difficile che riesca a riprendere sonno. Ho profondamente invidiato Roxanne spaparanzata su tutta la sua metà del materasso.
Vista la futilità dei miei tentativi, mi sono alzata alla ricerca del caricabatterie, quando improvvisamente ho ricordato di averlo prestato a Rita il giorno prima. Lei aveva la mia stessa marca di cellulare e scordato il suo caricatore a casa.
Le Gallinelle stavano molto probabilmente dormendo, ma ho deciso comunque di andare a bussare alla loro camera. Non era giusto che fossi l’unica perseguitata dall’insonnia.
Sono uscita in corridoio ancora in camicia da notte – pensando di non trovare anima viva in giro – quando ho ricevuto una sorpresa che ha smentito i miei pensieri.
Alla fine del corridoio, scarpe in mano e piedi nudi sul carpet del corridoio dell’albergo, Sally si stava facendo lentamente strada verso la sua stanza. Io ho cercato di ricordare se lei fosse tornata con noi. Ero certa di sì, ma allora perché sembrava essere arrivata appena adesso? E poi con dei capelli persino più scompigliati di quelli che aveva in discoteca? Che a scompigliarli fosse stato proprio lo stesso Jeremy in un ultimo gesto di addio prima della sua partenza?
L’ho fissata farsi strada verso la stanza che condivideva con Rita fino a che lei non ha alzato gli occhi e li ha spalancati quando mi ha vista.
«Kate?»
«Rita ha il mio caricabatterie», ho spiegato, volendo specificare che non ero rimasta sveglia per controllare quando sarebbe tornata, «Potresti restituirmelo?»
Lei ha sbattuto le palpebre, chiaramente aspettandosi di essere vittima di un interrogatorio. Per sua fortuna, io non sono come Ashley e il resto delle Gallinelle ficcanaso.
«Sì…aspetta un attimo, te lo cerco.»
È entrata in camera, assicurandosi di fare piano per non svegliare Rita, e poi è ritornata qualche secondo dopo in pantofole e con il mio caricabatterie in mano.
L’ho fissata dritta negli occhi e lei ha abbassato lo sguardo verso la mano contenente l’oggetto che cercavo.
Uh. Uh. Che avesse da nascondere più di un semplice bacio questa volta? Povero Brian ignaro di tutto a casa!
Ho preso il caricabatterie dalle sue mani e ho annusato l’aria sentendo il forte odore di alcol addosso a lei. Prima in discoteca non l’avevo nemmeno vista bere, ma era indiscutibile: neanche la sua prestigiosa eau de toilette riusciva a camuffarlo.
«Buon drink?»
Sally ha annuito, sguardo ancora basso: «Sì, era buono.»
«Beh, cerca di non abusarne. Anche se ti darebbe una vera scusa per vomitare, stavolta», ho detto, mostrando tutta la mia faccia tosta.
Lei ha alzato di scatto la testa. Credeva davvero che io non avessi saputo niente della sua ultima crisi?
«Kate…»
«Lascia perdere», ho tagliato corto le sue giustificazioni, «Hai una bella vita, buoni amici e sei in questo bellissimo posto per divertirti, giusto?»
Avevo finalmente ceduto e detto ciò che Ashley mi aveva supplicata di dire da due giorni, eppure l’avevo fatto non perché mi ero sentita in dovere di farlo come sua amica, ma semplicemente perché mi andava di farlo. Niente più, niente meno.
È questo il solo tipo di motivazione di cui ho bisogno la maggior parte delle volte.
«Sì, giusto», ha ammesso lei con una certa fatica, sebbene fosse la cosa più evidente del mondo.
«Allora non sprecare tutto questo», ho concluso.
«Ok», ha risposto Sally, guardandomi con uno sguardo quasi scintillante di lacrime.
«Ok», ho ripetuto nervosamente, desiderosa di scappare prima che potesse costringermi a subire uno degli abbracci superzuccherosi delle Gallinelle, «Beh, grazie per questo», ho indicato il caricabatterie, «Me ne torno in camera. Buonanotte.»
Ed eccomi qui a riportare tutto il resoconto delle mie giornate alla fioca luce della lampada, aspettando che arrivi l’alba.
Meglio non rinunciare ulteriormente al mio sonnellino di bellezza per aggiornare questo dannato diario. Dopo tutto questo scrivere, suppongo di avere un po’ più di sonno adesso, quindi farei meglio ad andare…bye, bye!

Ore 15.00: Approfitto di un momento di distrazione di Roxanne, intenta a fare zapping tra i canali spagnoli, per riportare un breve aggiornamento.
Dopo una mattinata molto pigra, passata a recuperare il sonno che avevamo perso questi giorni, poco fa la voce di Sally è squillata al di là del muro in un: «Ciao amore, mi sei mancato tantissimo!»
Roxanne mi ha lanciato un sorrisino, chiaramente compiaciuta che Sally e Brian avessero risolto i loro problemi.
Anche io ho sorriso, ma per ben altri motivi.
Non le avevo detto del breve incontro che avevo avuto con una scompigliata Sally quella stessa mattina, conservando dentro di me il segreto, casomai si fosse rivelato utile in futuro. Chi può sapere se un giorno mi sarebbe servito ricattare una delle Gallinelle per raggiungere uno dei miei scopi?
Le Gallinelle hanno iniziato a strillare di gioia per la riunione della coppia nell’altra stanza e io ho sospirato in rassegnazione.
È vero.
Pur in un mondo in continua evoluzione, certe cose non cambiano proprio mai.

   
 
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