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Autore: Malik31011    27/05/2012    8 recensioni
Avete presente i Fantagenitori?
Ecco, Allison e Zayn erano come Cosmo e Wanda per Jenny, una ragazza che nella sua vita non aveva mai avuto niente, non aveva mai realizzato i suoi sogni. Quasi diciottenne, i due si presentano in casa sua e..
Spero che vi piaccia :)
Non so come mi sia venuta in mente questa storia.
La dedico alla mia migliore amica, perché lei c'è sempre e io devo fare qualcosa per lei, per forza. (?)
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Jenny. 
Ti voglio bene, tanto, troppo.



Immagino che come primo capitolo non sarà un granché. Spero di rifarmi con i prossimi e spero soprattutto che vi piaccia come idea.
Se volete lasciate qualche recensione. :) 







Bip-bip. 
Jenny aprì lentamente un occhio, lanciando uno sguardo minaccioso verso il comodino. Il suo cellulare stava suonando e vibrava impazzito, senza accennare a smetterla. Alla fine decise di afferrarlo, magari per spaccarlo in mille pezzi. 
"Sai che giorno è oggi?" quelle parole illuminavano lo schermo, perciò impedirono a Jenny di frantumare il suo Blackberry. 
"Si, so bene che giorno è oggi." digitò velocemente. Era stata Bridget a mandarle quel messaggio alle sette di mattina, per ricordarle che giorno era. Quel giorno sarebbero uscite le date dei concerti di quel biondino, il caro e buon vecchio signor Bieber. 
Bip-bip. "Emozionata?" Jenny lesse quel messaggio con un volto amaro sul viso, un sorriso che le impediva di piangere. Lei sapeva bene che non avrebbe mai realizzato uno dei suoi sogni, per il semplice fatto che non ne aveva mai la possibilità. 
"No, non voglio più sentir parlare di questa storia B, ti prego. Ci vediamo al solito posto più tardi, a dopo." rispose velocemente, abbandonando con rimpianto il suo comodo e caldo letto. 
Evitò di guardarsi allo specchio quando passò davanti al bagno e andò dritta a fare colazione. Sua madre era già uscita di casa, riusciva ancora a sentire la scia del suo profumo impregnata nel corridoio che portava fino alla porta. Ormai ciò che condivideva con sua madre era soltanto la casa. Dov'era suo padre? Quello era uno dei tasti dolenti di Jenny, preferiva evitare sempre l'argomento e non parlarne. 
Appena finì i suoi cereali, posò la ciotola nel lavandino e corse di sopra a lavarsi. Una doccia calda era ciò che le serviva a rilassarla e a prepararla psicologicamente e fisicamente per un'estenuante giornata scolastica al liceo. Avvolta nell'asciugamano, si avvicinò a passo veloce all'armadio e tirò fuori i primi pantaloni e la prima maglia che le capitarono in mano. Si vestì velocemente, dopodiché andò in bagno a pettinarsi e a mettersi una buona quantità di eyeliner nero sulle palpebre. Ecco, era pronta. Afferrò la borsa e si diresse verso il portone. Prima di uscire, però, passò davanti al calendario. 21 ottobre, era cerchiato in blu e, al suo fianco, il 22 ottobre, cerchiato e ricerchiato in rosso. Il suo compleanno. 
Jenny sospirò e uscì di casa, infilandosi le immancabili cuffiette e immergendosi in un mare di note. Andò a scuola a piedi, non era poi così lontana. L'aria era fredda, premeva sulle sue guance, arrossandole. Ancora pochi metri e sarebbe arrivata in quello che per lei era come un carcere, forse peggio. Si sentiva giudicata, osservata in ogni secondo, da un mare di persone pronte a giudicarla per quello che era. Lei era una persona forte, non le importava degli altri, era fiera di essere ciò che era, di essere come lei voleva, e non come volevano gli altri. Ma era stancante affrontare quel branco di ignoranti superficiali ogni giorno, scontrarsi con la loro ottusità. 
Improvvisamente sentì una mano ticchettargli sulla spalla. Jenny sobbalzò, voltandosi spaventata, ma si ritrovò affianco Beth, la sua migliore amica. 
"Mi hai spaventata." disse Jenny.
"Buongiorno anche a te." rispose l'amica, accennando un sorriso sulla sua pelle chiara. Bridget per una volta tanto aveva slegato i suoi capelli, lasciandoli cadere lisci e setosi sulle sue spalle. 
"Non provare a dire una sola parola, so già a cosa stai pensando." disse Jenny, accelerando il passo. Beth la seguì in silenzio, rimuginando sulle sue parole.
"Perché? E' il tuo sogno, dovresti inseguirlo, realizzarlo." disse Bridget. 
"Perché no? Perché non posso. Non ho nessuno che mi accompagni e, soprattutto, non ho i soldi." ribetté Jenny furiosa. 
"Domani è il tuo compleanno, farai diciotto anni. Sei grande abbastanza per badare a te stessa." replicò l'amica. 
"Okay, ammettiamo che possa andarci da sola. Dove li trovo i soldi?" domandò l'altra. 
"Trovati un lavoro part-time." le suggerì.
"Oh, ma certo, immagino che tutti stiano cercando una commessa imbranata, stupida e che non ha un minimo di esperienza. E comunque sarebbe inutile, escono oggi le date." disse Jenny, intenzionata a far terminare lì il discorso. Bridget non le rispose, entrarono nell'edificio scolorito della scuola e si diressero in classe. 
Le ore passavano lente e inesorabili, i professori spiegavano in modo incomprensibile alle orecchie di Jenny, le lancette dell'orologio argentato appeso sopra la lavagna sembrava immobile ai suoi occhi. Nemmeno la mensa caotica riuscì a darle una 'svegliata'. Aveva la testa altrove, la mente in preda ad un turbinio di pensieri. 
Il giorno seguente sarebbe stato il suo compleanno, avrebbe fatto ben diciotto anni. Diciotto anni sprecati al vento, diciotto anni in cui era accaduto di tutto nella sua vita, eppure niente che l'avesse accontentata. C'erano soltanto episodi dolorosi. La morte di suo padre, la depressione di sua madre, i suoi problemi a scuola, con gli 'amici'.. solo la musica riusciva a tenerla ancora a galla. La musica, i suoi idoli e il canto. Jenny passava le sue giornate a cantare e, ammettiamolo, non era per niente male. Aveva una di quelle voci belle e potenti, che però era rintanata nella sua gola e usciva soltanto tra le pareti del bagno di casa sua, quando si faceva la doccia. 
"Pss." la chiamò Bridget. Erano sedute ad un tavolo in mensa insieme ad altri ragazzi, Jenny aveva preso a fissare il suo bicchiere di coca cola e si era incantata a pensare.
"Cosa?" le domandò confusa. 
"C'é Harry." disse lei, cercando di nascondere un sorriso euforico. Harry, il ragazzo che le piaceva da una vita. 
"Va' a parlare con lui, invitalo alla festa di Halloween." propose Jenny. 
"Sei impazzita per caso? A malapena ci parliamo, non avrei il coraggio. E comunque a lui non piacciono quelle come me. Insomma, guardami." disse, lagnandosi.
"Ti sto guardando. E vedo una ragazza innamorata persa di quel cretino lì. Se stai qui a lagnarti e non fai niente, non credo che sarà lui a fare il primo passo. Sai com'é fatto." rispose Jenny. 
"Tu piuttosto, hai intenzione di continuare ad ignorare il caro Horan?" chiese Bridget, cambiando argomento.
"Adesso eviti di parlare di Harry solo perché sai che ho ragione?" chiese Jenny, inarcando un sopracciglio. Stava facendo finta di non aver sentito la sua domanda, eppure era scattato qualcosa dentro di lei non appena Horan era entrato nelle sue orecchie. 
"Rispondimi, J. So benissimo che hai una cotta per lui." disse Bridget.
"Piantala." disse l'amica, giocherellando con le sue ciocche castane. 
"Bingo, ho fatto centro, non è vero? Mi era parso di intravedere il suo nome accompagnato da tanti cuoricini sul tuo quaderno." disse Bridget con un ghigno.
Il suo quaderno. Quello non era un semplice quaderno, era la sua unica valvola di sfogo, l'unico luogo dove poteva scrivere tutto ciò che voleva, dalle lamentele ai sogni. E diciamolo, di sogni ne aveva un bel mucchietto. In quel caso si trattava di 'sogni nel quaderno', altro che nel cassetto. Aveva addirittura stilato una lista, stabilendo i suoi 9 desideri di maggiore importanza. Il 9 per lei era un numero significativo, aveva scoperto Justin il 09/09/09. 
"Hai sbirciato nel mio quaderno?!" domandò imbestialita Jenny.
"Un mucchio di volte." disse Bridget, come se fosse niente. 
"Ti odio." le disse Jenny. In quel momento suonò la campanella.
"Credo che tu abbia detto qualcosa, ma la campanella mi ha impedito di sentirti. Ci vediamo dopo cara." disse Bridget, ridacchiando. Se ne andarono e tornarono in classe. Il pomeriggio passò lento come la mattina, le lezioni sembravano non finire mai e le spiegazioni erano soltanto una cascata di parole senza senso. Jenny sentiva che la testa stava per scoppiarle, ogni minima parola o rumore contribuiva ad aggravare la sua emicrania. 
Finalmente la campanella suonò, la giornata era finita, finalmente. Jenny uscì e tornò direttamente a casa, mentre il cielo s'imbruniva. Erano circa le sei quando varcò la porta di casa sua, trascinando i piedi dentro. Sua madre era seduta in cucina, insieme ad una calcolatrice e ad una montagna di bollette. Si scambiarono uno sguardo, che per loro era il massimo che potessero condividere. 
Si diresse velocemente nella sua camera e si chiuse dentro a chiave. Lanciò il suo zaino ai piedi della scrivania e si lasciò cadere sul vecchio letto cigolante. Chiuse gli occhi e restò in silenzio, sprofondando tra le coperte e i cuscini. Cominciò a pensare un po' a tutto. Alla sua vita monotona, alla sua vita amorosa inesistente, a quanto le mancasse suo padre, a Justin. La sua vita era un casino e lei non poteva fare niente per cambiarlo. 
Si alzò, accese lo stereo e Welcome to my life dei Simple Plan cominciò ad uscire dalle casse, minacciando di far crollare le pareti della sua stanza. Passò il pomeriggio così, a scarabocchiare sui libri mentre studiava. 
Alle nove sua madre bussò due volte alla sua porta, segno che la cena era pronta. Scese di sotto e trovò un piatto di polpette, le sue preferite. Mangiò lentamente, guardando svogliatamente la tivù, mentre sua madre sistemava il salotto. 
"Vado a dormire." disse, alzandosi dal tavolo. 
"Io porto fuori Polpettina." le rispose sua madre con un tono gelido. Polpettina era il loro cane, un pechinese marroncino. E riguardo al tono di sua madre, Jenny non si aspettava che lei si comportasse diversamente, ormai sapeva bene che le cose tra loro stavano così e che non poteva farci niente. Jenny guardò sua madre uscire fuori insieme al cagnolino che trotterellava dietro di lei. Aspettò che la porta si chiudesse prima di tornare in camera. Camminò al buio lungo il corridoio e aprì la porta. Cercò più volte di accendere la luce, ma l'interruttore non funzionava. Forse si era fulminata la lampadina. Jenny camminò al buio nella stanza alla ricerca della sua torcia, quella che usava di solito in quei casi. La cercò, ma non c'era. Sentì un rumore provenire da un lato della stanza e piccole goccioline di sudore presero a scendere sulla sua nuca. 
La luce si accese all'improvviso, illuminando una figura sdraiata sul suo letto. Era un ragazzo sulla ventina, forse di meno, capelli neri come la pece, occhi penetranti e un sorriso beffardo sulle labbra. Il giubbino di pelle nero fasciava il suo corpo piuttosto muscoloso e la sigaretta che pendeva dalle sue labbra non erano poi così tanto convincenti.
"Chi diavolo sei tu? E cosa ci fai nella mia stanza? Adesso chiamo la polizia." disse Jenny, cercando di mostrarsi coraggiosa.
"Tesoro, aiuto." disse il ragazzo, guardando alle spalle di Jenny. Lei si voltò, in tempo per vedere una ragazza che girovagava silenziosa nella stanza, curiosando qua e là. Indossava un top nero e dei jeans tutti strappati, i capelli ricci e scompigliati che scendevano fino all'ombelico. 
"Si può sapere cosa cazzo sta succedendo?" sbottò Jenny, cacciando il cellulare dalla mia tasca. Era intenzionata a chiamare qualcuno. 
"Calma, fiorellino, non vogliamo farti del male. Anzi, siamo qui proprio per rendere la tua vita così come l'hai sempre desiderata." disse la ragazza. 
"Si, certo, e io sono la fata turchina." disse Jenny sarcasticamente. 
"Cazzo, la nostra copertura è saltata." esclamò il ragazzo. 
"Ehi, ehi, aspetta, facci spiegare. So che è strano ritrovarsi due tipi come noi in camera tua di notte. E del resto guardaci, non siamo presentabili in effetti. Comunque, sappiamo che domani qualcuno fa ben diciotto anni." disse la ragazza, guardando Jenny con un sorrisetto.
"E allora? Avete deciso di rapirmi e di uccidermi? Me? Una stupida e anonima ragazza di Wembley?" chiese Jenny, ormai stufa. 
"No, sciocca." le disse Zayn. "Siamo qui per esaurire i tuoi desideri." continuò.
"Cosa siete, i geni della lampada?" domandò Jenny, esasperata.
"Più o meno. Possiamo esaudire i tuoi nove desideri." disse la ragazza, aprendosi in un sorriso per una volta tanto sincero. Jenny la guardò senza capire, eppure quei nove desideri fecero scattare un campanello nella sua mente. La sua lista, il suo quaderno. Loro dovevano sapere per forza della loro esistenza.
"Come fate a saperlo?" chiese Jenny, piuttosto terrorizzata stavolta, anche un po' ferita. Erano cose private, cose che nessuno avrebbe dovuto leggere. 
"Questo non ha importanza." disse la ragazza. "L'importante è che tu esaudisca tutti i tuoi desideri, a partire da domani. Immagino che questa ti servirà." aggiunse, mostrandole la sua lista. Jenny la afferrò con mano tremante, ancora incapace di credere alle loro parole. In fondo, potevano benissimo essere due pazzi drogati che cercavano di illuderla, o due maniaci. 
"Io non capisco." mormorò.
"Ti serviranno anche questi." continuò il ragazzo, porgendole una scatola. La aprì, dentro c'erano nove cioccolatini, tutti con una stellina di glassa sopra. "Ogni volta che ne mangerai uno esprimi un desiderio e, di conseguenza, quello si avvererà nel giro di pochi minuti." spiegò. 
"Ma mi prendete in giro? Queste sono solo stronzate!" disse Jenny. 
"Hai presente quel cartone? I Fantagenitori? Prendici come se fossimo Cosmo e Wanda, okay?" disse il ragazzo ridacchiando. 
"Torneremo a controllare e a vedere come procede." disse la ragazza. Il ragazzo si alzò e andò vicino a lei, cingendole le spalle con un braccio.
"Posso almeno sapere come diavolo vi chiamate?" chiese Jenny, ancora immobile al centro della stanza con la scatola e la lista in mano.
"Io sono Allison, lui è Zayn." rispose la ragazza. Si avvicinarono alla finestra e la spalancarono, lasciando entrare una gelida folata di vento nella stanza, che scompigliò i capelli a tutti. 
"Ah, Jenny?" la chiamò Zayn. "Buon compleanno." dissero i due insieme, prima di sparire nel nulla. 
   
 
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