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Autore: keaton holw    27/05/2012    0 recensioni
eccomi qui con la mia prima fan fiction!!! spero sia di vostro gradimento ;)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1 Sento un freddo allucinante. Uno di quei geli che ti fanno rabbrividire tutta. Accidenti, perché oggi non mi sono messa i collant? Cammino lentamente, anche se vorrei avanzare il passo. Non so perché, mi sento debole e non ne ho motivo. Ad un tratto ricevo un’ “amichevole” ventata da dietro la schiena. La custodia del sassofono diventa esageratamente pesante. Alzo il viso. È buio, il cielo. Mamma starà più che in ansia per me. Onestamente, preferirei rimanere qui a pensare. Il mio carattere mi consiglia di farlo, mentre il buon senso me lo sconsiglia. Mi trovo tra Scilla e Cariddi, cavolo. Stanca morta, mi fermo, sedendomi su una panchina. Strano, sono solo le nove di sera eppure non vedo girare nessuno in città. La solitudine mi piace, ma quando sono eccessivamente sola, mi sento un masso sulla testa: la paura. Indecisa su cosa fare, apro la custodia del mio strumento e inizio a strimpellare qualcosa. Ad un tratto, avverto un fruscio. Sarà meglio mettersi in cammino per tornare a casa, penso, mettendo a posto il sax e affrettandomi verso il mio quartiere. Ma non riesco affatto a capire dove sono! Prendo dalla tasca della giacca il mio cellulare. Digito il numero di mia madre, ma una voce fastidiosamente femminile mi avverte del credito esaurito. E non potrei nemmeno fare credito, primo perché è sera e non ho proprio dove andare per farlo, secondo perché non ho un centesimo. Come sono sfigata, accipicchia! Poi, sento di nuovo quel fruscio minaccioso. Non emetto un respiro. Ammetto di avere molta, moltissima paura. Ad un tratto, un venticello attraente mi sfiora la schiena. So che non è l’atmosfera attorno a me. È qualcuno attorno a me. -Chi è?- domando, stringendo la maniglia della custodia. Nessuna risposta. Ad un tratto, avverto la voglia di correre. E corro. Fino ad arrivare in un luogo a me completamente sconosciuto. L’altezzosa costruzione davanti a me è protetta da un cancello in ferro battuto. È sera, non riesco bene ad identificare cosa c’è dietro l’immenso cancello. Mi batte forte il cuore. Fa freddo, ho le gambe scoperte e oltretutto sono impaurita peggio di un cervo davanti al suo predatore. Giro la testa e vedo una macchina. I fari sono accesi e si sta avvicinando verso di me. Faccio per spostarmi, ma dall’autovettura sbuca una mano. L’auto si ferma. La mano mi tira per i capelli. Cerco di dimenarmi, ma il braccio si avvicina sempre di più a me. Solo ora capisco che l’uomo o donna che sia è sceso dalla macchina. Mi giro preoccupata e impaurita, scoprendo che davanti a me c’è un signore con una mole molto grande che mi tiene per un braccio. -Ehi, bella ragazza, adesso vieni con noi.- mi ordina l’uomo, spingendomi verso i sedili posteriori. Non dico niente, tanto appena non mi vedono chiamo la polizia. Giusto, il credito non c’è l’ho! Ad un tratto, però, sento il mio corpo non volersi muovere. Ehi, gli dico, tanto poi ritorniamo a casa! Il signore capisce e, vedendomi immobile come un sasso, mi punta una mano sulla guancia, pronto a sferrarla con tutta la forza nel palmo. Eppure, proprio quando sto per essere schiaffeggiata, qualcosa o qualcuno fa cadere l’uomo. L’autista che ho notato solo ora, impaurito, accende i motori e scappa a tutta birra. Nella penombra scorgo una persona. Poi vedo che ha una torcia in mano, che punta verso di me. –Ciao, finalmente ti ho trovato, Alexis.- Nella luce fioca vedo il viso della persona davanti a me. È un ragazzo! -Come... come fai a conoscere il mio... mio... mio nome?- biascico, spaventata. Noto che lui non mi risponde, comunque non ci faccio caso. –Grazie per l’aiuto...- gli dico, vedendo che mi porge la mano. Per quanto confusa, la afferro e mi costringe a seguirlo. -Dove stiamo andando?- gli domando. Cammina verso il nulla. –Dentro il palazzo, Alexis.- mi risponde, dicendo di nuovo il mio nome. -Il... il palazzo? Cioè, quel mostro davanti a noi?- ribatto, ancora più stranita. -Ovvio, Alexis.- mi fa, continuando a camminare. Non capisco proprio perché continua a ripetere il mio stramaledetto nome: Alexis. Uffa, mi da un po’ fastidio. Lo osservo. Tira fuori dalla tasca dei pantaloni una chiave che porta a una porticina nel cancello. Infila la chiave in una toppa sottile che sembra sempre sul punto di spezzarsi, così entriamo nel palazzo. -Che posto è, di preciso?- chiedo al ragazzo. Lui non mi risponde, continua a camminare. Mi afferro dalla mano che non tiene la mia la torcia e la punto verso il tragitto che stiamo seguendo. Non capisco di preciso dove sono, mi sto agitando. Davanti a me c’è un sentiero largo e costeggiato da alberi che ora non so che siano. Intanto, ho l’impressione che la camminata sia quasi finita, perché il ragazzo comincia a rallentare. Ad un tratto, puntando la torcia vedo davanti a me una casa. Una specie di castello, forse. Lui apre il portone e, con tutta la luce che c’è in confronto a prima, i miei occhi si chiudono immediatamente. Quando li riapro, vedo davanti a me una grande sala. È sul genere gotico, con colori scuri e medievali. In fondo a un lungo corridoio, scorgo una saletta da tè, almeno credo. Mi giro verso il ragazzo e gli chiedo:- Ma come ti chiami?- Lui mi sorride. È biondo, gli occhi azzurri e un’aria malinconica. È proprio bello, caspita. -Il mio nome? Keaton.- mi afferra la mano e mi fa camminare per tutto il corridoio, fino ad arrivare a questa saletta, che, infatti, è da tè. Qui vedo, seduti su due poltrone, una donna e una ragazza. -Salve Keaton.- fa la donna, appoggiando la tazzina da tè su un tavolino, sorridendo candidamente. La ragazza rimane in silenzio, osservandomi. Avverto una punta di schifo nel suo sguardo. Mi sta già antipatica. La signora si rivolge a me, dicendo:- Ti aspettavamo tutti calorosamente, Alexis.- Io la guardo, confusa. –Scusi, ma... che intende?- -Eh, cara... siediti pure, ti racconto tutto.- Io mi siedo su una poltrona, facendo attenzione a non rovinarla. -Allora, cara – mi dice la donna, accavallando le gambe. – so che in un primo impatto questa notizia ti potrà confondere e spaventare, ma posso assicurarti che quello che sto per dirti è l’assoluta verità. Allora, tanto per cominciare, questa è la Vampire Academy. Adesso so che tu ti prenderai un colpo, - e in effetti è vero... – però, ti assicurò che sono leale e sincera con te. Lui, Keaton, ti ha portato alla V. A (noi la chiamiamo così per abbreviare) perché... bhè... allora, la ragazza accanto a me è Clarissa, mia figlia. E anche tu sei mia figlia, Alexis.- -Freni, freni, freni! Io sua figlia? Spero che lei sta scherzando!- ero incredula e veramente, veramente confusa. -Come ti ho appena detto, io sono leale con te. Le idee adesso ti confonderanno, però è tutto così. Come stavo dicendo, tu e Clarissa siete le mie due uniche figlie. E, questo istituto, in realtà, è un paese intero. Il Villaggio dei Vampiri. Qui tutti sono vampiri, compresa te. Io sono la regina di questo paese e voi due siete le due principesse. Allora, Keaton ti ha portato qui perché è arrivata l’età giusta per dirti tutta la verità. Adesso tu, ti aggiudichi vampira. O meglio, principessa vampira. E, dato che quando io morirò il Villaggio dei Vampiri avrà bisogno di un successore, tu e Clarissa vi contenderete il trono di regina. - La fisso sbigottita. Non so, ma tutto quello che mi ha detto suona familiare. O sono improvvisamente diventata pazza, o forse quello che mi sta dicendo ‘sta donna è vero. Onestamente preferisco la prima tesi, mi rincuora. -Alexis, tranquilla.- mi rassicura improvvisamente Keaton, accarezzandomi il palmo della mano. Lo guardo e sorrido appena. Nella stanza cala il silenzio. -Cosa dovrei fare ora?- chiedo alla “regina”, che mi risponde:- Semplice. Adesso vai a dormire, domattina ti spiegherà tutto quanto Keaton.- e si rivolge a lui:- Dalle il cambio e dormi con lei, non si sa mai che gli umani la possano attaccare.- Il mio viso prende un colorito rossastro. No cara, io non dormirò ma in una stanza con un ragazzo! La donna mi sorride, aggiungendo:- Ora che tutto ti è chiaro, ti dico il mio nome, Alexis: Luana.- Bel nome, penso, sarcastica. Vedo Clarissa che sbuffa, scocciata. O è stanca o le sto in antipatia. Bhè, è plausibile, visto che “dovremmo contenderci il trono”. Sempre che tutto questo sia vero. Keaton mi accompagna verso camera mia. o forse in una camera qualunque, purché ci sia un bel lettino. Questo ragazzo è pallido, teso e... molto carino. -Credo che Luana non ti abbia spiegato tutto il necessario, ma ti chiarirò meglio io le tue idee.- Affretta il passo, poi si ferma davanti a una porta di legno scuro. Credo che sia ebano, ma è inutile far caso alle particolarità. -Questa è la tua stanza.- mi dice, girando il pomello e mostrandola con orgoglio. È bella, non c’è che dire. Degna, poi, dell’arredamento della casa in sé. Anche se a prima vista sembra cupa e misteriosa. Come tutto quello che mi sta succedendo. Non riesco a capire... -Senti Keaton, - gli dico, appoggiami alla porta, indecisa se entrare o no. –io non so che dire. Tutto questo è assurdo. Non posso credervi dopo quattro parole buttate là. Devo capire dove mi trovo e perché sono qui. Adesso, però no, sono troppo stanca. Ne vogliamo parlare domani?- Lui mi sorride, come se acconsentisse, facendomi entrare nella camera. Ad un tratto, Keaton va verso un armadio, lo apre e ne tira fuori dei vestiti. Pigiama. -Indossalo, però vai in bagno.- mi dice, anche se l’ultima parte era più che ovvia. Percorro la camera innervosita e stanca. Appena entro nel bagno, predo il cellulare. Giusto, mi dico, non ho credito. Mamma starà sicuramente agitata per me. Bando alle ciance, mi vesto e, quando esco, vedo che anche Keaton si sta cambiando. -Scusa... non sapevo che... ti stessi vestendo... aspetto in bagno.- E, senza dargli il tempo di rispondere, mi rinchiudo nella stanza. Stava a torso nudo, voltato di schiena. Mamma mia, che imbarazzo!!! Sento la sua voce:- Vieni, ho finito.- Un po’ esitante, apro di uno spiraglio la porta. Quando lo vedo vestito e pulito, esco sorridente e stanca. -Coricati, sarai stanca.- mi dice, sistemando le coperte. Mi ha letto nella mente, probabilmente. Ha un’aria così dolce. Mi accoccolo nel piumone, cercando di cascare nel sonno, ma davanti a Keaton la cosa diventa ben più che difficile; impossibile, piuttosto. -Non riesci a dormire, vero?- mi chiede. Io volto lo sguardo verso di lui. È così bello. -Mmmh... è un’impresa, con tutte queste notizie nella mente. Io però, non ci credo. È una cosa praticamente assurda.- -Uhm, è comprensibile, per te. Dopotutto ti abbiamo ritrovata dopo quindici anni. hai quindici anni, giusto?- -Sì, fra due settimane sedici.- gli rispondo, mezza compiaciuta. –Tu quanti anni hai?- gli domando, sedendomi. -Diciassette.- -Ma... tu cosa saresti di preciso qui? Un vampiro?- -Sì, però sono una specie di aiutante della regina. Sai, lavoro per lei da quando avevo dieci anni. lo so che sembra strano, ma la mia famiglia...- si blocca. -... la mia famiglia non c’è più, allora lei mi ha raccolto e mi ha portato qui.- -Oh.- ecco la mia misera risposta. –Ma... immagino che...- -Senti, sei stanca, ne parleremo tutto domani.- mi ferma, facendomi distendere. -Aspetta, dato che non credo molto, anzi, non credo a nulla di tutto questo posto, vorrei una prova della lealtà di tutti.- -Uhm... vediamo... so che non dovrei farlo, ma...- Mi prende la spalla sinistra e mi fa scendere la spallina del pigiama. Divento rossa come una mela matura. Poi, mi avvicino di più alla mia spalla e vedo un simbolo piccolo. È una scritta. -Questo è il marchio che attesta il tuo dono vampiresco. Adesso mi credi?- Eccome, gli volevo rispondere. In realtà alla fine mando un leggero sospiro e mi metto sotto le coperte, fingendomi addormentata. In realtà rimango pensierosa e molto frastornata. Io non sono un vampiro, ne sono sicura. Altrimenti da subito avrei desiderato sangue. Escludendo il fatto che sono un patita del rosso. Amo la carne ancora insanguinata e mi attirano proprio i vampiri. Okay, inizio a credere che tutto questo sia un po’ vero, però la mia mente è troppo fiacca per ragionarci. Così cado nel sonno più profondo. -SVEGLIAAAAAAA!!!!- sento un urlo pesante che mi frastorna i timpani. Apro un occhio, vedo le labbra di Keaton a cinque centimetri di distanza da me. Apro anche l’altro occhio, inorridita e imbarazzata. –Sei fuori, Keaton? Mi hai fatto prendere uno spavento!- lo rimprovero, alzandomi dal letto. Il ragazzo è in pigiama. Si vede che anche lui si è appena svegliato. Indossa... oddio, che bello... camicia e pantalone, ma anche così è uno schianto. I bottoni della camicia sono quasi tutti sbottonati, mi devo concentrare su altro, chiaro? Mi dirigo verso il bagno, mezza addormentata. Mi lavo e, quando esco, vedo che Keaton mi ha messo sul letto dei vestiti. -Cosa... cosa sono?- gli chiedo, notando che sono simili a una divisa scolastica. -Questa è la tua divisa. Adesso devi andare in accademia.- mi risponde, prendendo anche le scarpe. -Wow, però che bella divisa...- commento. È nel genere marinaretta, nera con un fiocco giallo al collo. La gonna è corta, a balze. I mocassini sono marroni e ci sono addirittura gli scaldamuscoli bianchi! -Uhm... ma cosa intendevi per accademia?- domando, ammirando i vestiti. -Bhè, sei ancora nei piani di studi liceali, proprio per questo, anche gli altri vampiri frequentano la scuola come te.- -Ah...- faccio, delusa. – Vuoi dire che devo studiare anche qui?- -Ovvio! Ti pare che una principessa vampira dev’essere un’ignorantona?- Non escludo che quello che ha detto è giusto. -Va bhè... ma, una domanda: io sarò la principessa di un’accademia?- -Noooo, te lo ha già detto Luana: questo è un paese intero, nella quale tutti i vampiri del mondo si rifugiano, perché gli umani cercano di annientarci. Tu sei il loro primo pensiero e devo dire che non do tutti i torti: sei la principessa. Ma anche Clarissa è in pericolo.- -Quella ragazza mi sta antipatica.- -A tutti sta antipatica, Clarissa. Però ha la stoffa della regina, devo dire.- -Ah, io no?- gli urlo, prepotentemente. -Che dici? Non ti conosco bene, Alexis. Non posso dirti se sei portata o no.- -Sarà...- dico, andando a vestirmi. Dopo esco dalla camera, seguita da Keaton. Ho mille domande da fare, però adesso mi è passata la voglia di parlare. Mamma sarà andata ormai fuori di testa. Appena passeranno le 24 ore chiamerà la polizia, lo so. Però non posso nemmeno raccontarle quello che mi è successo. -Ma l’accademia dove si trova?- chiedo. -Dietro al palazzo. Dobbiamo fare un po’ di strada.- Dopo dieci minuti di camminata, ci fermiamo davanti a un edificio. È costruito con mattoni marroncini e ben sistemati. È grande, enorme. Maestoso, ecco il termine giusto. Vedo un sacco di ragazzi camminare e scherzare fra loro. -Uhm... non so...- mormoro. –Con me c’è anche Clarissa?- -Certo.- mi risponde Keaton, sorridendo. -E tu non vieni?- -No, i miei studi li ho già finiti da un pezzo. Bhè, ciao, e buona giornata.- Lo vedo andarsene. Mi sento già persa. Cammino insicura. I libri non li ho, la borsa contiene solo un astuccio e un quaderno per gli appunti, come devo fare? Non mi piace questa situazione. Nemmeno un po’. Si sente la campanella suonare. Corro velocemente, volando verso la scuola. Appena entro, rimango immobile, insicura e preoccupata. -Ah, eccoti.- sento. Mi giro e vedo Clarissa. Mi calmo improvvisamente. Questa ragazza è bellissima. Bionda, i capelli lisci cadono perfettamente sulle spalle, gli occhi scuri e penetranti, uno sguardo forte e deciso. Cammina con sicurezza. Mi guarda con superiorità. -Ciao.- le dico, sorridendo timida. -Ehi, qui non si perde tempo. Mi devi seguire in silenzio.- apostrofa, prepotentemente. -Scusa, mamma mia!- esclamo. Non mi risponde, prende la mia mano e mi trascina in una classe. -Questa è la classe Night.- mi spiega. –Noi stiamo nella Solar. La Night e la Solar sono classi diverse. Quella della Night è per i bambini da i 6 a i 14 anni. la Solar è per i ragazzi da i 15 a i 23 anni. ovviamente queste due classi sono divise in sezioni. La Solar è al secondo piano. Le sezioni sono dalla A alla I. i ragazzi dei 15 anni fino ai 17 sono nelle sezioni: A per i 15; B per i 16; C per i 17. Per il resto te lo spiegherò con il passare del tempo. Tutto chiaro?- La fisso, confusa. Se non l’altro qualcosa l’ho capita. -Okay, quindi io sto nella Solar sezione A, giusto?- chiedo. -Sì, e anch’io, sfortunatamente.- ammette, abbassando lo sguardo. –Ora andiamo.- taglia corto, prendendomi per mano. Saliamo le scale e vedo passare tanti ragazzi. Quando arriviamo al piano Solar, vedo un corridoio infinito che è costeggiato da tantissime porte coloro ebano. Clarissa si ferma davanti a un portone con la scritta in oro: Solar sez. A. Apre la porta. Mi tremano le mani e le gambe. Sento una gelatina sotto di me, caspiterina, ho così paura? -Buongiorno professore, lei è Alexis, - poi continua con disprezzo, - mia sorella.- Non mi va giù il fatto che lei è mia sorella, ma mi accontento. Ringhio senza farmi vedere. -Oh, allora sei tu Alexis!- esclama l’insegnante, sorridendo a trentadue denti. Mi viene ribrezzo, i denti sono gialli e sporchi. “Dove sono capitata?!” penso, sorridendo appena. La classe è enorme. Tipo come quelle dell’università, con i banchi lunghissimi. -Prego, siediti lì, vicino a Stefan.- mi dice l’uomo, indicando un ragazzo. Cammino indispettita verso di lui, guardandomi intorno. Appena mi siedo accanto a lui, mi guarda e non dice nulla. Ha i capelli neri e lucidi, gli occhi grigi-neri. Il professore si avvicina a me e si presenta:- Mi chiamo Mr. Glenn. Sono il professore-tutore di questa classe, molto piacere Alexis Valeyer.- Ora che ci penso non avevo ancora capito quale fosse il mio cognome da vampira. Valeyer. Uhm... boh! Dopo i convenevoli, si comincia la lezione, con inglese. Estenuante. È tutto quello che posso dire. La scuola, qui, è estenuante. -Eccoci all’ultima ora!- sento. Sullo stipite della porta compare una donna. Ma il nostro professore non era Mr. Glenn? La donna, entrando in classe, si avvicina a me e con la coda dell’occhio mi accorgo che Mr. Glenn se ne sta andando. -Tu devi essere la sorella di Clarissa Valeyer, giusto?- Annuisco, cercando di essere serena, ma il fatto che il nostro professore sia uscito così all’improvviso mi mette ansia. La donna si dirige verso la cattedra. -Ti chiedi perché Loren Glenn sia uscito così all’improvviso, vero?- mi chiede… aspetta! È Stefan che ha parlato! Mi volto verso di lui. Mi sta fissando. Ha degli occhi così scuri che sembrano carbone. Ha un’aria misteriosa, rispetto a Keaton, anche se pure di lui non so molto. -Bhè, si. Come mai se ne andato?- dico, dopo cinque secondi di silenzio. -Jane Moser, è la nostra insegnante di educazione all’essere vampiri. Io la chiamo vampirogia, poi dipende dai gusti.- sorride. Non sembra così antipatico. -Okay, bhè, quindi Moser insegna a diventare vampiri?- ribatto, in vena di domande. -Sì, se vuoi metterla così.- sento. Mi giro. Dietro di me una ragazza biondissima mi sorride. -Ciao, io mi chiamo Nydia, tu sei Alexis, giusto?- mi chiede la ragazza. -Sì. Piacere.- ricambio il sorriso. Ad un tratto sento la voce della Moser dire:-Brama di sangue!- Sobbalzo dalla sedia. Oggi parleremo dell’argomento più imbarazzante per una novizia come me, giusto? Lei continua:- Noi di cosa ci cibiamo?- Oh. Questo è imbarazzante. -Ci sono stati tantissimi vampiri prima di noi che si cibavano del… sangue. Tipo Adachigahara che era spirito cannibale delle leggende giapponesi. Per salvare il principe, colto da una gravissima malattia che soltanto il sangue dei bimbi poteva guarire, ne uccise parecchi per lui.- Wow, che scoperta! Anche se mette molto i brividi! -Oppure Kalmasha-Pada secondo la mitologia indiana un re che fu condannato da uno spirito maligno a potersi nutrire soltanto di carne umana ed a bere soltanto sangue.- Questi tizi nemmeno li avevo sentiti nominare, ma mano a mano che racconta dei vari esseri vampiri mi sembra tutto molto più familiare. Moser continua la spiegazione e gli occhi dei ragazzi rimangono incollati a lei:- Sempre vero che alcune di queste storie erano solo credenze, perché, si sa, i vampiri non sono così cattivi. Noi siamo solo creature che aspirano a essere differenti dagli umani.- -Qual è la nostra religione?- chiedo, improvvisamente. -Bella domanda, Alexis. Te lo dico subito: si dice che noi siamo esseri che credono alla magia e alla superstizione, ma in realtà non è esattamente vero. Certo, richiamiamo i cerchi nella notte di Samhain, Halloween, per gli umani, ma noi non abbiamo una religione vera e propria.- -Quindi vuole dire che non crediamo a niente?- -Esatto. A che serve credere nel Paradiso e nell’Inferno se poi noi non moriamo mai?- Questa osservazione mi si fermò in gola. -Ma la regina Luana dovrà pur morire per lasciare il trono o a me o a Clarissa.- dissi. Era giusto. -Ovviamente, ma solo se il vampiro decide di morire.- -Quindi, vuol dire che moriamo a nostra scelta?- sembrava la cosa più idiota del mondo. -Più o meno così. Ma io non stavo parlando di questo.- Sembrava quasi un rimprovero. Proprio in questo momento suona la campanella. -Voglio una relazione scritta e orale sulla brama del sangue per lunedì.- ci spiega Moser. Esco di corsa dalla classe Solar, urtando qualcuno. Pochi attimi dopo mi accorgo di avere il naso schiacciato sul petto di Keaton. -Oh… Scusami!- balbetto, imbarazzatissima. Lui si sposta, entrando in classe rapidamente. -Ehi, ma per caso tu stai con Keaton?- mi chiede, all’improvviso Nydia, scoppiando a ridere. -NO!- esclamo, rossa in viso. –Non l’ho visto, mentre camminava, tutto qui.- Cerco in tutti i modi possibili di nascondere il mio folle imbarazzo. -Uhm… ho saputo che ieri sera ti ha portato proprio lui qui, alla VA… cosa vuol direee???- s’intromette Stefan, allungando il collo verso di me. -Un bel niente. Dopotutto mi ha salvata da dei… killer o qualcosa del genere.- -VERAMENTE?!- esclamano all’unisono Nydia e Stefan. -Sì… ve lo posso assicurare.- Ad un tratto, vedo passare Keaton. -Ciao, Keaton!- lo saluto. -Ciao Alexis, com’è andato il primo giorno di scuola, eh?- -Molto bene, grazie.- bhè, questa conversazione all’aria di essere fin troppo formale. -Come vedo hai conosciuto Nydia e Stefan, - osserva, squadrandoli. – e mi fa piacere.- Dopo secondi di interruzione, io propongo:-Andiamo a pranzare!- -Sì!- mi segue a ruota libera Nydia, sorridendo a trentadue denti. Ma, mentre mi accompagnano verso la mensa (okay, sala da pranzo o quello che è), sento il cellulare squillare. -Pronto?- chiedo, non riconoscendo il numero. -ALEXIS!!!- Ora riconosco la voce di mia madre, però. -M-m-mamma… ciao.- -Dove sei?!- Chiedo aiuto con lo sguardo ai miei amici. Tranne Keaton, gli altri alzano le spalle, in segno di resa. -Passamela.- mi ordina Keaton, afferrando il telefonino. Non faccio in tempo a ribattere che lui già dice:-Salve signora, mi chiamo Keaton e…- Va a finire che le racconta tutta la storia della Vampire Academy senza interruzioni. -Quindi… sua figlia è costretta a rimanere qui, anche perché lei è un vampiro.- L’avrà sicuramente scossa. -COSA???- sento dalla cornetta. Riprendo il telefonino, dicendo, freddissima:-Mamma, io ora vivo qui, alla Vampire Academy, quindi non rompere, voglio restare qui. Ciao.- Chiusa la telefonata, Nydia mi domanda:-Non sei stata un po’ troppo cattiva con tua madre?- Abbasso lo sguardo e scoppio a piangere. Mi manca tanto e mi rendo conto di essere stata molto cattiva con lei. Mi siedo su una sedia e singhiozzo. Keaton si avvicina a me, anzi si siede accanto a me, abbracciandomi le spalle. Divento rosso peperone. -Stai tranquilla Alexis, tua madre ti perdonerà. E poi una volta al mese ai parenti dei vampiri è permesso venire qui. Quindi la rivedrai e cercherai un modo per farti perdonare. Serena, Alexis.- In questo stesso istante, compare Clarissa, che dice:-Keaton, ricordati che quella con cui Alexis ha parlato al telefono non è la sua vera madre, caro. Luana è nostra madre. Anche se questo porterà a una guerra senza fine tra me e lei. Si deve levare di mezzo, sono io la futura regina vampira!- scoppia in una risata fragorosa, che mi fa innervosire da matti, ma è inutile arrabbiarsi con lei, finisce che ci litighi. Alla fine, andiamo nella sala pranzo, affamati (e io triste e in colpa).
  
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