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Autore: formerly_known_as_A    27/05/2012    9 recensioni
Islanda ha pensato che un viaggio lontano dal se stesso fisico potesse fargli soltanto del bene. A volte succede. A volte gli sembra che l’isola sia troppo piccola, troppo vuota, persa com’è in mezzo al mare. A volte ha bisogno di allontanarsene per rendersi conto di quanto sia bella.
E non c’è nessun avvenimento che gridi ‘vattene’ come una separazione.

{Personaggi: Islanda, Olanda, Danimarca}
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danimarca, Islanda, Paesi Bassi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Islanda non saprebbe dire come siano finiti lì. In un pessimo albergo ad ore ad Amsterdam, che puzza di fumo ed alcol. Brennivìn. È quasi sicuro che sia colpa di quella bevanda demoniaca -oh, ma tanto buona, le perdona anche questo- o forse è stato l’assenzio? Il fumo?

Incastra la gamba tra quelle dell’uomo e continua a baciarlo, afferrandolo per la camicia ed abbassandolo, lasciandosi andare ad un lamento quando si rende conto della differenza di altezza. Quando hanno cominciato a baciarsi era così alto? È sempre stato così alto? Ricorda, Eirìk, ricorda! Non potete essere lì senza un motivo.

Oh, c’è un motivo. Sesso. Non è un motivo valido? Nella mente annebbiata da fumo ed alcol, non riesce a trovare motivo migliore per desiderare altri mille di quei gemiti che l’uomo sta lasciando uscire dalle labbra.

Ricorda. È solo un flash, ma gli manda un brivido lungo la schiena. Van Gogh, le raccomandazioni di Norge, Olanda…

“Jan…” geme, buttandolo malamente a sedere sul letto, che cigola come se dovesse crollare da un momento all’altro -al piano di sotto, a giudicare dallo scricchiolare del pavimento- e salendogli a cavalcioni sopra.

Certo, è cominciata così, ecco perché non era poi così alto, gli era in braccio, dannato olandese e le sue droghe che gli fanno scordare le cose importanti.

“Tuo padre mi ammazzerà.” sussurra lui, nell’ennesima protesta che dovrebbe, di norma, far fermare l’islandese. Ha cominciato con ‘non sei il mio tipo’ e passando per ‘sei troppo giovane’ è arrivato a quello. Islanda gli ha risposto sempre allo stesso modo.

“Che peccato.”

Muove il bacino su di lui, sensualmente, stuzzicandolo oltre l’impossibile, spostando le mani sul suo corpo, sotto la camicia, sulla sua pelle, leccandogli le labbra prima di legarle con un bacio profondo, impedendogli di protestare ulteriormente.

Andare in Olanda per vedere le città, i musei… quella era stata la sua idea iniziale. Non è il tipo da andare in giro in cerca di sesso o droga, solitamente è troppo timido per questo. No, non è il tipo, allora perché sta spogliando l’uomo di fronte a lui? Uomo. Non dimostra la sua età, chissà che cos’avrà pensato la signora alla reception! Se la ricorda in modo appannato, forse era un uomo, ma le unghie laccate erano un segno che…!

L’olandese lo allontana, secco e deciso, facendolo vergognare a morte per il modo in cui lo prende per la vita, lo solleva e lo posa sul letto, lontano da lui, come se non pesasse nulla o fosse un bambino. Poi resta seduto sul bordo del letto, la testa tra le mani, i capelli scompigliati che ricadono un po’ sugli occhi.

“Sei un bel ragazzo. Davvero, sei intelligente e mi piace parlare con te, ma sei ubriaco e probabilmente non avrei dovuto farti fare un tiro. Dio! Ma cosa diavolo stavo pensando, sei suo figlio!” sbotta, tirando un pugno al materasso, che protesta rumorosamente.

Islanda non sa cosa rispondergli. Ha la testa che gira e l’eccitazione non svanirà perché glielo dice lui. Però si sente un po’ più razionale, rispetto alla persona che ha oltrepassato la porta e si vergogna. Molto.

Allunga le mani verso l’olandese infelice, vorrebbe allo stesso tempo sbatterlo sul letto ed abbracciarlo, è una sensazione strana, gli gira la testa perché ci pensa davvero troppo. Le incastra sotto alle proprie cosce, come a punirle per aver disubbidito e voler evitare altri danni.

“Ti accompagno in albergo.” sussurra l’altro, più calmo, alzandosi e porgendogli la mano. L’islandese guarda di lato, non osando guardarlo in faccia, cercando di elaborare qualche modo creativo di mandarlo via, per lasciarlo solo con la propria vergogna.

“Eirìk, non è successo nulla, torna in albergo e dormi, senza alcol in corpo starai meglio.” aggiunge, conciliante, un tono che ancora non ha sentito, nella sua voce.

Libera una mano e prende la sua. Ma non lo guarda. Resta a guardare in terra mentre fanno il percorso inverso verso la reception e Jan parla con la persona con cui hanno parlato prima. È amichevole e l’altra persona ride allegra. È una donna, ma non ha voglia di alzare lo sguardo per vedere se ha le unghie laccate o meno.

Barcolla insieme all’accompagnatore fino in strada e senza neppure accorgersene si trova in taxi. La testa rimane rigidamente voltata dalla parte in cui sa che non ci sarà nessun uomo dagli occhi verdi e la mano che gli aveva porto ritorna a nascondersi, mentre si addossa alla portiera e chiude gli occhi.


   
 
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