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Autore: Mami Shimizu    28/05/2012    0 recensioni
Che cosa succede se un giovane ragazzo, figlio di un grosso imprenditore miliardario, si innamora della propria cameriera personale?
Questo è quello che succede al giovane Akiko che, innamoratosi della giovane quanto graziosa Moe, farà di tutto pur di non farle accadere qualcosa di brutto.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saaaalve! Quest'oggi vi presento una storia d'amore in due capitoli che parla di un giovane e, apparentemente, ricco ragazzo, e della sua personale cameriera.
Bho, detto questo vi lascio alla storia XD
buona lettura.





Era mattina e venni svegliato dai raggi del sole. Aprii gli occhi a fatica, e vidi una sagoma nera davanti a me:
«Buongiorno, Signorino.» Mi sentii dire. Io mugugnai, girandomi dall’altra parte. La sagoma mi scoprì. «Non sia pigro su. Ho bisogno di rifarle il letto. La prego, si sposti.» Mi disse. Io mi girai verso la sagoma e sgranai gli occhi. Riconobbi la sagoma: era Moe, la mia cameriera personale. Bassa dai capelli biondi corti e la carnagione un po’ scura, occhi neri e lineamenti da bambina. «…Ma perché..? Non puoi rifare il letto dopo? È domenica.. Lasciami dormire un po’.» Mi lamentai, cercando di riprendere le coperte. «…Signorino.. In verità oggi è lunedì.» Mi rispose lei, con tono un po’ confuso. «Cosa?!» Mi alzai subito, guardai l’ora e vidi che erano le 7:45. «Aaaah! Il pullman tra un po’ passa! Farò tardi..!» Dissi disperato, iniziando a cambiarmi. «V-vuole che le faccia preparare una macchina..?» Mi chiese Moe, avvicinandosi alla porta. «No! Preferisco i mezzi pubblici. Che sia quello stupido di mio padre a sperperare tutti i soldi..!» Le risposi, arrabbiato. «N..non dovrebbe parlare in quel modo di Uchiyama-sama, signorino..» «Tsk.. Comunque, vai a cambiarti anche tu.» Moe mi fece un inchino. «Con permesso..» Disse, uscendo dalla camera. Mi preparai ed indossai la mia divisa scolastica: Una camicia bianca a maniche corte, cravatta blu e pantaloni a quadri blu, con i mocassini neri. Presi la cartella ed andai all’ingresso. Subito dopo arrivò Moe: Stesso vestito, solo con la gonna ed’un fiocco. 
«Passi una buona giornata signorino. Ed anche tu, Moe-chan.» 
Tokiko, il capo-maggiordomo, ci salutò sorridendo. 
Ci misimo a correre verso la fermata e riuscimmo a prendere il pullman di fortuna.
Saliti sul pullman, mi sedetti: «Ci siamo andati vicino, eh?» Le dissi sorridendo. «…Se lei non fosse così orgoglioso, potremmo prendere la macchina..» Si lamentò. «Ti ho già detto che non voglio. E comunque, che ci fai in piedi? Siediti che si vede che sei stanca..» Le dissi, guardandola preoccupato. «Non fa nulla.. Sono pur sempre la sua cameriera..» Mi rispose. «Allora… Ti ordino di sederti.» Le ordinai, con serietà. «…Come desidera Signorino.» Moe si mise a sedere nel posto affianco al mio. Passammo un po’ di tempo in silenzio e poi, quando in pullman salì una signora anziana, mi alzai, facendola sedere al posto mio. «Aaaah. Grazie mille giovanotto. Se fossero tutti gentili come te. Ohohoho!» Mi disse la vecchietta, ridendo. «Non serve ringraziarmi.» Le risposi, sorridendo. Con la coda dell’occhio vidi Moe che mi guardava un po’ incantata.
Arrivammo alla fermata vicino alla scuola e scesi dal pullman con Moe dietro. «Il suo è stato un gesto molto gentile, Signorino.» Mi lodò Moe. «…Almeno uno in famiglia dev’essere gentile con gli altri…» Risposi, con tono alterato. «…» Moe non mi rispose, ma continuò a seguirmi. Arrivammo all’istituto: Un’enorme giardino precedeva una gigantesca costruzione completamente bianca. Mi misi a camminare per tutto il sentiero immerso nel verde che portava all’istituto in sé. Tutti mi guardavano dall’alto in basso, con sguardi di scherno e dei stupidi sorrisi stampati in faccia. Io continuavo a guardare avanti, stringendo i pugni. «Signorino.. Tutto bene?» Mi chiese Moe. «…Si. Mi dispiace soltanto che anche tu sia stata messa in mezzo essendo la mia cameriera.» Le risposi, continuando a guardare dritto. Arrivammo in classe e non venni accolto meglio. Appena entrai in tutta la classe si creò un gran brusio. «…» Rimasi in silenzio ed andai a sedermi. Moe mi seguì e si sedette al posto affianco al mio. Riuscii a notare un gruppetto di compagni guardare me e Moe, per poi sorridere. «…Lasci perdere quello che dicono di lei. Sono stupide persone che la giudicano per il suo modo di fare..» Cercò di calmarmi. «Di quello che pensano di me non me ne frega nulla. Ma che non si azzardino a ridere di te!» Le risposi, alzandomi. «C-che vuole fare..?! Signorino?»  Mi portai vicino al gruppetto di persone e mi sedetti vicino a loro. «Ahahahah! Che cavolo avete da ridere?!» Urlai, arrabbiato. «Ehi, vedi di abbassare la cresta.» Mi rispose un tipo, alzandosi. «Non stavamo facendo nulla di male noi. Sparlare delle persone stupide è una cosa normale.» Aggiunse, poggiando la mano sulla mia spalla. «Vedi di tapparti la bocca!» Li dissi, levandoli la mano. «E perché mai dovrei?» Riprese lui. «Dovrei forse smettere di parlar male di uno stupido figlio di papà che non vuole sfruttare quello che ha?! Oppure dovrei smettere di parlar male di quella sottospecie di serva che ti porti a presso?! Cos’è, un cane?!» In quel momento persi il controllo. Mi alzai di scatto, facendo cadere la sedia dietro di me, dando una ginocchiata in pieno volto a quel cretino. Lui cadde a terra, col sangue che li usciva dal naso. «S..! Signorino!» Mi chiamò Moe, afferrandomi per un braccio. «Parla male di me quanto vuoi, ma non ti azzardare a parlare male di Moe! Hai capito?!» Urlai, in preda alla rabbia. 
«Finitela voi!» Ci bloccò una voce. Mi girai e vidi il professore. «Akiko! Subito dal preside. Moe, vieni anche tu.» 
     
***     
 
Il professore portò me e Moe in presidenza e il preside ci fece sedere davanti a lui. «…Aaaah.. Akiko. Ormai non so più che dirti. Ho dovuto chiamare tuo padre e, dal tono che aveva, era furioso. Comunque non può venire a prendervi. Tra un po’ arriverà il maggiordomo e vi porterà a casa. Fino a quel momento, aspetterete qui nel corridoio.»
Senza spiccicare parola mi alzai ed uscii dalla presidenza. Mi andai a sedere nel posto vicino alla porta della presidenza e rimasi in silenzio. Moe si sedette affianco a me, con lo sguardo rivolto verso il basso. «Aaaah…» Sospirai, mettendo la faccia tra le mani. «Sono proprio stupido.. Cercando di proteggerti, ti faccio passare casini… Mi odierai..» Dissi a voce bassa. «Quel genere di linguaggio non vi si addice Signorino.. E poi non ho bisogno di protezione. Anzi, dovrei essere io a proteggervi, invece…» «La vostra macchina è arrivata..» Ci interruppe il preside. «Ah! Grazie, e scusi per il disturbo arrecatovi..» Disse Moe. Io continuai a non parlare, ed uscii dall’istituto. 
Arrivammo al giardino e ci accolse Tokiko sorridendo, aprendoci lo sportello della limousine. Io a quella vista feci una smorfia e ci entrai a malincuore. 
Partimmo verso casa: «Allora Signorino. Cos‘è successo?» Mi chiese, con tono scherzoso. «Ho rotto il naso ad un tipo..» Risposi, sbuffando. «Uhuhuhuh! Se l‘ha fatto per una buona causa allora non c‘è problema, no?» Tokiko si mise a ridere. «..Sarà così. Aaaah… Vorrei tanto che anche mio padre reagisse come te..» Sospirai, sdraiandomi sulle gambe di Moe. «Mooooe.. Hai le gambe così morbide. Che bello…» Le dissi, strusciandoci la testa sopra. «S-signorino..!» cercò di fermarmi. «Uhuhuhuh! Che bella la giovinezza!» Si mise a ridere Tokiko, alzando il vetro oscurato, come se volesse lasciarci un po’ di intimità. 
Subito calò un gran silenzio. A malapena si sentivano le canzoni anni 60 di Tokiko. «Moe…» La chiamai, portando la testa verso l’alto, in modo da vederla bene. «Mi dica..» Rispose lei. Io portai la mia mano dietro la sua testa, tirandola verso di me, baciandola. Lei subito arrossì. «…S…Signorino..!» Disse, portando la mano alla bocca. «Dimmi..» Le risposi, sorridendo. «Arrivati.» Esclamò Tokiko, abbassando il vetro. Io scesi dalla macchina, e Moe pure. «Moe-chan.. Tutto bene? Sei stranamente rossa.» Le chiese Tokiko. «S-sto bene!» Rispose lei, rientrando di fretta in casa. 
 
***
 
Io tornai nella mia stanza a riposare quando sentii la porta d’ingresso chiudersi:
«Akiko! Scendi subito!» Era arrivato mio padre. Io ubbidii, ed andai da lui.
Subito mi diede uno schiaffo davanti a gran parte del personale. «Hai combinato ancora qualcosa?! Quando imparerai a startene al tuo posto?!» Continuò così per un bel po’ di tempo, poi sospirò. «Aaaah.. Se ci fosse stata ancora tua madre forse…» «Cosa?! Che cosa sarebbe successo se ci fosse stata ancora la mamma!? Non sarebbe cambiato molto!» Li urlai. «Ora basta! Vai in camera tua! Moe, vai con lui.» Ci ordinò. Io ci tornai con gli occhi pieni d’odio. Entrai in camera e mi buttai nel letto, e Moe si sedette al bordo. «S-Signorino.. Le fa male la guancia..? È molto arrossata.» Mi chiese mettendomi la guancia alla luce. Io le presi la mano. «Sto bene. Sono solo un po’ stanco…» Aggiunsi poi. «Se è così, la lascio riposare…» Disse, iniziando ad’alzarsi. La tirai facendola risedere, per poi poggiarmi sulle sue gambe. «Non voglio che tu esca da questa stanza quando c’è mio padre in giro per casa. Neanche se ti ordina di andare da lui. Ci penserò io a proteggerti nel caso..» Le dissi, chiudendo gli occhi. «Ma non posso disubbidire ad Uchiyama-sama..» Replicò lei. «Sarà egoistico da parte mia ma… io ti voglio tutta per me.. Non sono disposto a dividerti con nessuno. Neanche sotto minaccia.» «…La ringrazio..» Mi rispose, carezzandomi la testa. Passò un po’ di tempo e mi addormentai. 
  
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