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Autore: lafilledeEris    28/05/2012    7 recensioni
-Signorina Germani, sono il tenente colonnello Melis. La chiamo per darle una notizia. Non si trovano mai le parole giuste per…-
Giulia si siede sulla poltrona – quella per cui Fabrizio aveva tanto insistito quando avevano scelto i mobili -accanto al telefono.
-Lui come sta?-
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Kaia, la mia ufficiale gentildonna che mi ha dato l’ispirazione.
A Egoica, che ha un cuore grande, e mi ha ricordato perché mi piace scrivere.
A Elle, per tutte le volte che ha sventolato i ponpon per me.
A Venenum e ai nostri piani per conquistare l’elfo.
A Darky, perché in qualunque modo la si chiami lei c’è.
A Eva, perché ormai l’ho adottata.
A Cri, perché anche se ci sentiamo poco io ci tengo a lei.
A Leryn, che aspettava qualcosa di mio, con la speranza di non deluderla.
A chiunque dedicherà un po’ di tempo a leggere e avrà voglia di lasciare un segno del suo passaggio.





 

 

Digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani
dove l'amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni
per ritornare dopo l'amore
alle carezze dell'amore
era facile ormai
non sei riuscita a cambiarmi
non ti ho cambiata lo sai.
                                           Verranno a chiederti del nostro amore- Faber



                                           Siamo solo dolore.

                                                                                                                  Ricordati che t’amo





Era una calda mattina d’agosto e Giulia si muoveva pigra, ancora in dormiveglia, strusciava i piedi contro le lenzuola. Si girò su un fianco e le sue cosce incontrarono quelle dell’uomo che dormiva accanto a lei.
Continuando a tenere la testa contro il cuscino, aprì un occhio, trovandosi davanti il più bello spettacolo. Dio, era fantastico! La sua bellezza andava dalla punta dei corti capelli biondi ai piedi grandi, per cui lei lo prendeva in giro paragonandoli a delle barche.
Il suo Fabrizio.

 

 

Sono le quattro del mattino e Giulia sente il telefono squillare. Un groppo in gola e la bocca diventa d’un colpo arida.
Lo stomaco si chiude in una morsa. I brividi di freddo la invadono.
-Pronto?- risponde lei, timorosa. Eccolo il momento che in quei sei mesi temeva di più…
-Signorina Germani, sono il tenente colonnello Melis. La chiamo per darle una notizia. Non si trovano mai le parole giuste per…-
Giulia si siede sulla poltrona – quella per cui Fabrizio aveva tanto insistito quando avevano scelto i mobili -accanto al telefono.
-Lui come sta?-
Melis sospira, dall’altro capo del ricevitore.
-E’ arrivato ferito all’ospedale da campo, poi mentre lo operavano la situazione si è complicata e…-
-NO!- grida Giulia – non è vero! Non può essere!- e scoppia in lacrime.
- Signorina..- prova il tenente.
- Dovevamo sposarci!- dice Giulia con voce rotta dal pianto.

 

 

Decise di alzarsi, facendo il maggior silenzio possibile. Lei era una sbadata di natura e lui diceva di adorarla anche per questo. Era la sua piccola sbadata. Questo era il bello della relazione fra Giulia e Fabrizio, non si prendevano mai davvero sul serio.
Giulia si alzò dal letto e volendo evitare di accendere le luci o di aprire la finestra, cercò i suoi abiti a tentoni.

Il tragitto al buio, una volta tanto non si era rivelato irto di pericoli come spigoli comparsi a tradimento.

 

( - Ma quel mobile è sempre stato lì?- chiedeva Giulia dopo aver ululato dal dolore al dito più piccolo del piede, che aveva sbattuto – Sì, amore- Fabrizio rideva).


Non voleva svegliarlo. Si appoggiò qualche secondo alla porta, ancora chiusa. Le piaceva guardarlo mentre dormiva, in quella penombra. Le sembrava ancora il ragazzino di quattordici anni che l’aveva fatta innamorare. Ora era un omone alto un metro e novanta, ciononostante in lui, nel suo sguardo, era rimasta traccia di quel suo modo di vivere la vita così fanciullesco. Ormai erano nove anni che stavano insieme, solo due anni prima avevano deciso di andare a convivere, quando lui si era arruolato.
Le aveva promesso che al ritorno dalla sua prima missione l’avrebbe sposata. Giulia scherzava dicendo che l’avrebbe lasciata in mezzo al casino del matrimonio. Fabrizio rispondeva che sapeva che sarebbe stata un sergente di ferro e che nei preparativi sarebbe filato tutto liscio.
“Mi fido a tal punto” aveva detto “ che puoi scegliere anche il vestito per me”. Giulia aveva arricciato il naso, al sentire quella stramba proposta. Fabrizio le aveva dato un bacio sulla punta del naso e aveva sviato la conversazione.

 

“ Giulia dobbiamo andare”. Non riconosce la voce che la chiama. Non le importa. Che si fottano tutti. Lei vuole stare sola. L’unica cosa che conta è sentire quel freddo al petto che si espande in tutto il corpo, sino a consumarla. Vuole avere freddo come Fabrizio. Vuole morire, proprio come lui. Vuole addormentarsi e non svegliarsi mai più.

Giulia uscì dalla camera, e si diresse in cucina. Aprì lo sportello – in alto a destra, il posto lo aveva scelto Fabrizio, dicendo che gli veniva facile ricordarlo perché era lo stesso in casa di sua madre- e prese la caffettiera e il barattolo in ceramica dove mettevano il caffè.
Dopo aver riempito la caffettiera e acceso il fornello, Giulia poggiò i gomiti sul piano della cucina e sistemare il mento sulle mani a coppa.
Persa nei suoi pensieri, sussultò quando due mani grandi le cinsero la vita.
-Ehi!- le sussurrò Fabrizio all’orecchio – chi credevi che fosse?-
Aveva una risata cristallina e contagiosa.
Giulia, stretta nell’abbraccio di Fabrizio riuscì a voltarsi per guardarlo negli occhi.
Erano grandi e scuri, con lunghe ciglia ad incorniciarli. Il nero dell’iride si confondeva con la pupilla. Era bello perdersi così, occhi negli occhi. Sapevano che nessuno dei due si sarebbe mai realmente perduto, perché erano l’ancora di salvezza l’uno dell’altra
.

 

 

Giulia stringe forte i pugni, fino a sentire le unghie cortissime dovute al suo vizio di mangiarsele, conficcarsi nella pelle. Sposta le mani sul tessuto del vestito, tirandolo in due versi opposti. Vorrebbe strapparselo di dosso, vorrebbe urlare che l’unico colore che vorrebbe indossare ora che Fabrizio è tornato è il bianco, anzi no, l’avorio perché quello è il colore del suo abito da sposa.
 

 

Giulia alzò gli occhi al cielo, poggiando l’indice con l’unghia mangiucchiata al mento, fingendosi pensierosa.
-Mah. Viste le mie ultime conquiste, poteva benissimo essere il panettiere, l’idraulico, il venditore porta a porta del Folletto…Ahia!-
Non riuscì a finire la lista perché Fabrizio le aveva morso la spalla, coperta solo dalla sottile bretella della canottiera.
Fabrizio non le lasciò il tempo di ribellarsi e senza esitazioni se la caricò agilmente sulla spalla.

 

(- Non puoi caricarmi sulla spalla a tuo piacimento- gli diceva Giulia.- Oh sì, che posso! Mi approfitto del fatto che sei una nanetta- replicava prontamente lui ridacchiando).
 

 

 

Arrivarono al divano e Fabrizio vi buttò Giulia , senza pensarci due volte. Quando Giulia lo guardò in faccia capì di essere spacciata…
-No!No!- urlava, ridendo con le lacrima gli occhi.
-Invece sì!- Fabrizio con sguardo birichino allungò le mani sui fianchi di Giulia e iniziò a farle il solletico.

Lei si contorceva preda del solletico, delle risate, e del mal di pancia.
-Scusa! Scusa! Lo sai che tu sei l’unico uomo per me! Ti prego! Mi scappa la pipì!-
- Ti lascio se dici che sono il più figo, il più bello, il più sexy…-
Giulia cercò di bloccargli le mani.
-Te lo dico, ma dopo che torno dal bagno, tu controlla il caffè nel frattempo-.
Al che Fabrizio la lasciò andare e lei corse di volata in bagno e fece come il suo sergente gli aveva detto.


Quelle che Giulia sente sono solo parole al vento. Buttate lì, a fare scena. Possibile che tutti ad un certo punto diventiamo degli esempi da seguire, delle brave donne e dei bravi uomini, dal grande cuore, dall’animo puro?
Giulia sa che Fabrizio quell’animo lo aveva davvero. Ed è per questo che lo ama. Non riesce ad usare quel verso al passato. Non perché faccia male o perché farebbe sembrare reale tutta la situazione. Il fatto è che sa in cuor suo che non s’innamorerà mai più in vita sua. L’amore, quello vero, è finito sotto metri di terra.


Quando Giulia uscì da bagno trovò Fabrizio per metà immerso nella cassapanca all’entrata della loro casa.
-Che cerchi?- Si era avvicinata a lui e accovacciata sui talloni, osservava la scena.
- Il cambio della bandana della divisa- sentì dire dal fondo della cassa- Lo hai visto?-
Giulia si diresse in camera loro, dopo aver aperto il cassettone del comò e trovato ciò che cercava tornò da Fabrizio.
Gli picchiettò sulla spalla per attirare l’attenzione. Quando lui si voltò, dopo essere riemerso dalla panca ,la bandana penzolava davanti ai suoi occhi.
-Tu sì che sei una donna di casa!- Aveva preso Giulia fra le braccia e l’aveva stretta forte. Giulia in quell’abbraccio spariva e si sentiva protetta.
- No, sei tu che sei distratto!- aveva protestato, con voce soffocata contro il petto di Fabrizio.
Quando riuscì a liberarsi da quell’abbraccio, andò in cucina e prese la sua tazzina con caffè.

-A che ora parti?- chiese Giulia. Aveva una strana sensazione allo stomaco. Lo sentiva contratto e le faceva male. Guardò la tazzina e decise che non era il caso di peggiorare la situazione.
-A mezzogiorno parto da qui per essere all’aeroporto-.
-Quindi abbiamo ancora tre ore- ci pensò su Giulia – e che vuoi…- Fabrizio le prese la mano, intrecciando le dita fra loro. La portò nella loro camera dove Giulia, mentre Fabrizio cercava il resto delle cose che gli servivano, aveva sollevato le tapparelle.
Si amarono baciati da sole. Fusi carne nella carne. Si lasciarono segni profondi in tutto il corpo. Non volevano che fosse solo qualcosa di superficiale, di cutaneo. Volevano entrambi che fosse più profondo. Dovevano marchiarsi a vicenda. Fare in modo che, nonostante la distanza fossero vicini. Volevano lasciarsi addosso i loro profumi, le loro labbra , i loro sguardi.
Ciò che importava era che ognuno avesse un pezzo d’anima, di cuore , dell’altro.
Non era per dirsi “ E’ stato il miglior sesso che abbia mai fatto”, perché sarebbe stato mentire.
Era più un “Mi mancherai”, un “ Ti prego, torna presto”.

 

 

Giulia fissa il tricolore sulla bara, sistemata accanto a quelle dei colleghi di Fabrizio. Sente che qualcuno le prende la mano. E’ Marta ed in una di quelle bare c’è suo fratello maggiore. La cosa che stupisce Giulia è che la ragazza non ha versato una lacrima. Nemmeno una. Ma questo vuol dire che lei non soffra o che non senta la mancanza di suo fratello?
 

 

Ora arrivava il momento di salutarsi. Momento di dolore, che se avesse avuto un colore sarebbe stato grigio come la camicia di Fabrizio che Giulia detestava, perché diceva che era un colore troppo spento. Lei quella camicia però l’aveva messa sotto il cuscino dalla sua parte del letto. Era come avere Fabrizio sempre con sé. Era consapevole di una cosa, non l’avrebbe mai indossata. Avrebbe significato togliere l’odore del suo uomo dall’indumento.
 

Dopo i funerali, Giulia riceve il basco e la bandana della Brigata Sassari che erano stati di Fabrizio. Se c’era una cosa che aveva imparato da suo padre, anche lui arruolato, era che una volta che ti impegni con un uomo che indossa una divisa, il tuo impegno va anche verso quest’ultima.
Perché fa così male?

 

-Sei bellissimo-.
Giulia guardava Fabrizio, con indosso la sua uniforme color verde militare. Gli si buttò fra le braccia.
Sentiva delle lacrime capricciose e caparbie che tentavano di sfuggire, lei coraggiosa le ricacciò indietro.
-Torno presto. Vedrai, questi mesi voleranno-.
L’ultimo bacio prima della partenza.

E poi un altro.
E un altro ancora.
Si guardarono negli occhi, senza dire più nulla.
-Ti amo- fu l’unica cosa che le disse Fabrizio prima di chiudersi la porta alle spalle e salutarla con quel sorriso di cui Giulia si era innamorata.

 

 

Giulia è seduta su una panchina, dopo aver lasciato tutti. Ha ancora fra le braccia il basco e la bandana. In questo momento di solitudine , alza gli occhi al cielo e decide di fare un gesto, non sicura di compierlo nel migliore dei modi, perché crede le manchi un elemento importante: la fede. Questa è sparita la notte che il telefono ha squillato.

Tentare non nuoce giusto? E’ vero che Lui ascolta tutti, no?

“ Ciao Dio, sono Giulia. Tutti dicono che tu sia lassù da qualche parte.

“Posso essere onesta con Te? All’inizio ero furiosa. Sì, sai quando ho saputo la notizia. Ero talmente arrabbiata che ho fatto a pezzi il mio abito da sposa. Quello che dovevo mettere per giurare il mio amore per Fabrizio davanti a te e alle persone a cui voglio bene, ma che ormai non mi serve più.

Sino a poco fa pensavo che la cosa migliore sarebbe stata morire, lasciarmi andare lentamente finché non sarei diventata l’ombra di me stessa. Poi sono arrivata in questo parco e ho trovato la nostra panchina libera. Sì, quella dove tutto è cominciato. Dove ho visto per la prima volta Fabrizio, che all’epoca era un ragazzetto smilzo e un po’ scemo. Io ero seduta proprio qui e stavo studiando. Lui giocava a calcio con i suoi amici.

Aveva attirato la mia attenzione, quando aveva urlato “Palla!” per avvisarmi che di lì a poco mi sarei fatta molto male. Quell’impatto non è mai avvenuto. Io avevo chiuso gli occhi, raggomitolandomi su me stessa e quando li avevo aperti, Fabrizio mi dava le spalle, mettendosi fra me e la palla.

A lui non l’ho mai detto, ma mi sono innamorata in quello stesso istante.

Avevo fatto finta di essere infastidita quando mi si era seduto accanto, facendo il galletto. Fingevo di essere infastidita, quando in realtà adoravo i suoi modi buffi e parecchio impacciati di approcciarsi a me.

“Su questa stessa panchina un mese dopo ci siamo scambiati il nostro primo bacio. Ricordo di averlo baciato io e che lui aveva preso un accesso colorito rosso.

Ed è qui stesso che mi ha chiesto di sposarlo. Io avevo pianto lacrime di gioia, con la certezza che sarebbero state le uniche nella mia vita.

Poi ha squillato quel dannato telefono. E tutto è cambiato.

Io so per certo che accanto a me ho tante persone che non mi lasceranno mai sola. Ti ho cercato per chiederti un favore. Devi prenderti cura di lui. Ti prego, stagli accanto.

So per certo che anche da Lì, seguirà le partite del Cagliari è per questo che con lui ho fatto mettere la sua sciarpa.

Ah, ha il vizio di essere parecchio disordinato. Se mai dovesse lasciare qualcosa in giro, ti autorizzo a riprenderlo. Mette il muso all’inizio, ma poi passa.

So che ogni tanto gli verrà il dubbio che io lo pensi o meno, tu digli che proprio in quel momento io sto pensando al nostro amore.

Io sarò forte, lo prometto.

Abbraccialo da parte mia e digli che lo amo. Grazie.”

   
 
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