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Autore: BeliveInAngels    28/05/2012    0 recensioni
"Anno 2178, pianeta "New Rise". Siamo stati sbattuti qui, come insetti, su questo... stupido pianeta. Tutto ciò che è rimasto, della razza umana, è stato trasportato qui, dopo la distruzione di quel dannato pianeta che era la Terra...
Questa è la nostra punizione. La redenzione potrà essere trovata solamente quando riusciremo a fermare la costruzione di quella raffineria di Magma, salvando così milioni di persone... ma cosa possiamo fare, noi, come siamo ora? Siamo disposti a tutto. Riprenderemo ciò che ci è stato tolto... e solo Dio sa... quello che siamo disposti a perdere.
"
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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LA CITTA' DI SEURAT

 

 

 

Era una giornata come tutte le altre. Faceva schifo e non si poteva negare. Guardando l'orizzonte si potevano solo scorgere le rovine di quella che, un tempo, era la città di Seurat.

Ci furono anni, in quelle valli ora bruciate dal sole, in cui crescevano gli alberi più alti dell'intero pianeta. Non è un chissà che motivo interessante del perchè quella città fosse magnifica... fattostà che non c'era più. Rasa al suolo.

Ed era bastato così poco...

 

Un uomo osservava il suo terreno, attraverso le finestre barricate, serrate con assi di legno, bloccate al muro con chiodi ormai arrugginiti. Nessuno potrebbe capire cosa l'uomo stesse guardando, però la sua famiglia, chi era con lui, sapeva benissimo che il suo sguardo duro era rivolto alla creatura che era li fuori.

Il letto del fiume, che scorreva proprio accanto alla casa, ora era riarso, evaporato completamente, lasciando spazio ad enormi crepe da cui fuoriusciva vapore. Lo si poteva chiaramente vedere, mentre sbuffava dal terreno.

Fece qualche passo indietro, allontanandosi dalla finestra, controllando che fosse ben sigillata.

“Sta arrivando, di nuovo.” commentò solamente. Quelle parole fecero rabbrividire i presenti, che si schiacciarono gli uni contro gli altri. La moglie prese tra le braccia i due bambini spaventati, stringendoli a se. Sul suo viso, ormai scavato dalla fame, si dipinse una smorfia di dolore.

Chissà quanto sarebbe andata avanti quella situazione.

La casa tremò in modo spaventoso, alcuni soprammobili impolverati caddero, frantumandosi a terra. L'uomo si allontanò ulteriormente dal suo luogo d'osservazione, sena mai staccare gli occhi dalla finestra. Ci vollero una trentina di secondi perchè l'abitazione si fermasse e il rombo all'esterno smettesse di far piangere i bambini. Da quanto non uscivano? Probabilmente non l'avrebbero più fatto.

No, una soluzione ci doveva pur essere. Quella 'cosa' non poteva rimanere la per sempre. Avrebbe trovato un'altra dimora, non certo il loro terreno ma... se così non fosse? Se fosse rimasta li fino a quando non li avesse uccisi? Nessuno poteva dare risposte certe.

“Quando avrà fine tutto questo?” domandò la donna, troppo stanca ormai di dover consolare i figli terrorizzati. Come poteva tranquillizzarli se, lei per prima, stava morendo di paura?

L'uomo, poco più che cinquantenne, incrociò le braccia. Era attento all'esterno, non ascoltava nemmeno la moglie che continuava a chiedere spiegazioni. Nessuno gliele aveva mai date, dopotutto.

“Non credo che ce l'avrà.” rispose semplicemente lui, chiudendo gli occhi e scuotendo il capo, quasi ad arrendersi.

“No, non ci posso credere! Non voglio rimanere qui! Quella cosa ci ucciderà!” esclamò lei con gli occhi gonfi di lacrime, mentre i bambini ricominciavano a piangere, capendo forse la gravità della situazione.

“Hai alternative? Uscire? Non possiamo. Rimanere qui? Ci ucciderà. Non ci sono alternative. In un modo o nell'altro moriremo comunque.” aveva ragione. Aprire quella porta, avrebbe significato lasciare entrare la creatura che, ancora nessuno era riuscito a vedere chiaramente. Né l'uomo, né la moglie e nemmeno i figli erano stati in grado di vederla. Per loro era come una presenza sempre vigile, che aspettava solo il momento giusto per prenderseli e portarli via. Cos'era... non lo sapevano.

“Non abbiamo più cibo, Everett. Non abbiamo acqua. Non abbiamo elettricità. Il telefono... non parliamone. A questo punto, possiamo anche uscire e aspettare che ci mangi tutti quanti.” sospirò la donna, sciogliendo i figli dall'abbraccio.

“Hennie, ascoltami bene. Non dobbiamo farci prendere dallo sconforto ora, ok? Dobbiamo tenere duro. Prima o poi qualcuno ci troverà.” cercò di tranquillizzarla lui, ma sembrò inutile, perchè la donna si alzò in piedi “Che stai facendo?” chiese lui, aggrottando le sopracciglia.

“Sono stanca di stare con le mani in mano. Morirò comunque, tanto vale farlo sapendo chi ha fatto patire così me e i miei figli!” era risoluta. Niente le avrebbe fatto più cambiare idea, neanche i tentativi di Everett di fermarla, trattenendola per i polsi.

“Lasciami!!!” urlò lei, riuscendo a liberarsi con un ultimo strattone. Corse alla porta, intimando al marito di non muoversi, se non voleva un vaso in piena fronte.

“Ti prego” fece lui sconsolato “Ragiona...”

“Non è più tempo di ragionare. E' ora di fare qualcosa.”

Iniziò ad aprire tutte le serrature che il marito aveva diligentemente montato, vista la situazione, e ci volle un po' prima che mettesse mano alla maniglia. Non aprì immediatamente, sembrò quasi pensarci su. Come biasimarla? Che c'era lì fuori?

“Non farlo... ti prego...” tentò poi Everett, facendo un passo avanti. In risposta, lei aprì. La luce del sole la colpì in pieno come una spada, tanto era caldo. L'aria non sapeva di niente. I rumori, introno, erano prodotti solo dagli sbuffi di vapore provenienti dal letto del fiume.

Passò forse un minuto, prima che Hennie trovasse il coraggio per mettere un piede sulla terra bruciata. Prima sondò con la punta, come per sentire se il terreno era molle, poi si lasciò completamente andare. Non c'era un filo di vento, neanche uno spostamento di polvere. Quella era pace. Alzò gli occhi al cielo, coprendo leggermente la fronte con una mano, per non rimanere accecata dal sole. Coraggiosamente, avanzò di un altro passo.

“Hennie...” sussurrò il marito, senza fiato “Torna indietro...”

Il paesaggio era una landa deserta. Perfino i ceppi di quelli che furono i più grandi alberi, stavano inceneriti, piegati sul terreno. Avanzò ancora.

“Everett... non puoi capire...” fu questione di un attimo. Solo un battito di palpebre. Sotto i piedi della donna, si aprì un foro. La terra tremò leggermente. Quello che uscì, fece tremare l'uomo che tentò di allungarsi ad afferrare la mano della moglie, ma ormai, era troppo tardi. Lava. Lava viva. Questo aveva visto, o gli sembrava di aver visto, prima di saltare indietro, chiudendosi la porta alle spalle. Corse alla finestra, con il cuore che aveva preso il posto del cervello da quanto era schizzato in alto e guardò fuori, cercando la moglie con lo sguardo. Hennie non c'era più. Dissolta nel nulla. Al suo posto, non era rimasto altro che un circolo perfetto di terra nera, carbonizzata.

 

(...)

   
 
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