Sol maggiore -
Takeshi
teneva gli occhi chiusi, ascoltando la melodia del pianoforte. Era seduto
accanto a Gokudera, che stava suonando. Come fossero finiti in quella
situazione, probabilmente, l'italiano non l'avrebbe mai accettato. Lui non
aveva più suonato, dopo aver scoperto chi fosse davvero sua madre, non aveva
più voluto suonare.
Troppo
doloroso, forse.
Quella
volta però non aveva avuto nemmeno la voglia di ribattere all'altro.
In
fondo, il massimo che aveva fatto Yamamoto era chiedergli se poteva, per una
volta solamente, sentirlo suonare. Che si sarebbe accontentato di quell'unica
volta e poi non gliel'avrebbe mai più chiesto.
Gli
aveva detto che voleva condividere con lui qualcosa che sapeva -o che almeno
aveva intuito dal racconto di Reborn- fosse
importante per l'italiano.
Non
che Yamamoto fosse un grande esperto di musica, ma credeva, sperava, che nelle
note suonate da Hayato potessero esservi rinchiuse tutte quelle parole che
l'altro non sarebbe mai riuscito a pronunciare.
E
già il fatto che avesse acconsentito -anche se con un borbottio di sottofondo
che suonava tanto come un 'che razza di richieste sono queste, stupido idiota
del baseball?' un po' imbarazzato che l'aveva fatto sorridere- era un enorme
passo avanti, di questo il Guardiano della Pioggia era certo.
Per
questo si era messo seduto accanto all'albino, il sorriso smagliante e felice
stampato sulle labbra -e aveva giurato di sentire un velato 'prima o poi te lo
smonto, quel sorriso idiota' a cui aveva risposto con una risata- pronto ad
ascoltare la musica di Hayato.
Il
cuore di Hayato.
E
in fondo non si era sbagliato più di tanto.
Di
musica non ci capiva quasi niente, ma la melodia di Gokudera era così
malinconica, nostalgica. Yamamoto sarebbe rimasto ad ascoltarlo per sempre, se
possibile. Perché lì c'erano tutti i sentimenti che Gokudera non aveva mai
voluto mostrare al mondo -per paura, per orgoglio. Lì c'era Gokudera stesso.
Dall'Hayato bambino, all'Hayato che aveva conosciuto e amato -e che ancora
amava, per la precisione-.
Perché
per quanto fosse bravo a tener nascoste le cose, il pianoforte, la musica, è in
grado di assorbirle e trasmetterle a chi le sa ascoltare. Che lo si voglia o
meno.
L'incanto,
però, cessò all'improvviso.
Yamamoto
aprì gli occhi e si voltò verso il compagno "Cosa c'è?"
Gokudera,
per tutta risposta, sospirò. Era arrivato quel punto.
Quel
punto che si era ripromesso di aggiustare prima di poter rivedere di nuovo lei. Ma poi lei non era più tornata, e
lui aveva smesso di suonare.
Non
aveva più mantenuto quella piccola promessa.
Chiuse
le mani a pugno e le allontanò dal pianoforte.
"Il...sol
maggiore" mormorò, come se l'altro dovesse capire quello che stava
dicendo.
"Il
sol maggiore?" ripeté confuso il moro.
Gokudera
sospirò di nuovo, storcendo la bocca "Lascia perdere. Hai ascoltato, ora
sei contento? Sparisci o ti faccio saltare in aria!"
Yamamoto
sorrise "Gokudera, c'è qualche problema?"
"Sì!"
rispose d'istinto l'altro, rivolgendogli un'occhiata truce "Tu!"
Takeshi
per tutta risposta scoppiò a ridere.
Gokudera
si alzò stizzito, decidendo per tutti e due che lo spettacolino finiva lì.
Stava per dirigersi verso la porta della stanza, quando Yamamoto lo raggiunse
e, di slancio, lo abbracciò da dietro.
Inizialmente,
Gokudera s'irrigidì, spiazzato. Yamamoto e le sue mosse imprevedibili, non lo
sopportava. Il suo corpo però non era d'accordo, perché al contatto col petto
di Yamamoto si rilassò percettibilmente. Non fosse stato il suo stesso corpo,
l'avrebbe fatto saltare sicuramente in aria. Ma era il suo corpo e, dopotutto,
doveva anche dargli ragione.
"Hayato,
c'è qualcosa che non va?" gli chiese nuovamente il moro, più dolcemente,
poggiandogli il capo sulla spalla destra e aspettando, senza fretta, che
l'altro si decidesse a rispondere. Tanto sapeva che l'avrebbe fatto.
"Hayato?
Quando ti avrei dato il permesso di chiamarmi per nome idiota del
baseball?!"
Yamamoto
rise di gusto e Gokudera si ritrovò a trattenere un brivido nel sentire le
vibrazione delle corde vocali dell'altro sulla pelle della spalla -nuda grazie
alle maniche arrotolate dalla maglia della divisa scolastica- e la sua risata
cristallina direttamente nell'orecchio.
"Gomen, gomen"
Gokudera
sbuffò nella direzione di quell'idiota patentato, incrociando stizzito le
braccia al petto -però, per qualche strana ragione, non si era ancora
allontanato dal suo abbraccio "Non sono...mai riuscito ad andare avanti
dopo il sol maggiore" borbottò, lo sguardo fisso al pavimento e le goti
leggermente arrossate dall'imbarazzo. Perché l'aveva detto non lo sapeva
proprio, doveva essere tutta colpa di quel mentecatto.
"E
perché?"
Gokudera
stavolta gli tirò una gomitata al fianco, costringendolo a lasciarlo. Yamamoto
però stava ridendo, quindi non era riuscito nel suo intento.
"Che
razza di domanda sarebbe 'perché', idiota? E' così e basta!"
Takeshi
sorrise, sedendosi dov'era precedentemente, davanti al pianoforte, pizzicando
appena i tasti in avorio che poco prima gli avevano permesso di ascoltare il
cuore di Hayato.
"Ma
tu non c'hai più nemmeno provato, giusto?"
Gokudera
imprecò qualcosa fra i denti, infastidito "E anche fosse? Non ho più avuto
motivo di suonare, è già tanto che mi ricordi ancora come si fa. Muovi il culo
da quella sedia, che voglio tornare a casa!"
Yamamoto
rise. Chissà cos'era successo nell'infanzia di Hayato da fargli odiare tanto
anche il pianoforte della scuola.
"Va
bene, va bene" esclamò, raggiungendo al volo il compagno. Gli passò un
braccio intorno alle spalle e lo baciò appena sulle labbra. Quando lo vide
arrossire impercettibilmente non poté fare a meno di sorridere e baciarlo di
nuovo e, ignorando le minacce che seguirono l'atto, lo prese per mano.
"Allora
andiamo a casa, Hayato?"
Gokudera
fece saettare gli occhi per tutto il corridoio prima di guardare di nuovo il
nipponico negli occhi.
"Quante
volte devo dirti che non ti ho dato il permesso di chiamarmi per nome?"
ululò iroso "E non fare lo smielato dove possono vederci tutti! E mollami
la mano, so camminare da solo!"
"Io
ti do il permesso di chiamarmi Takeshi, se vuoi" fece, con un sorriso
smagliante sulle labbra.
"E
chi se ne frega?"
Continuarono
così per tutto il tragitto, ma Takeshi non permise mai alle loro mani di
lasciarsi, e Hayato, stranamente, smise di lamentarsene.
Angolino Autrice:
Cos'è questa? Non lo so, un altro strano esperimento 8059
immagino xD
Insomma, è tutto nato dal
fatto che io amo la figura di Gokudera davanti al piano, che vorrei davvero
vederlo suonare anche nel manga ma in alternativa, beh, me lo immagino da me ù_ù
Dunque, lasciatemi spiegare sta cosa del Sol Maggiore. Prima di
tutto è nato tutto dalla saga del futuro. Ricordate quando Gokkun
sente Bianchi che prova a suonare e, ad un certo punto, quando lei stona, lui
mormora 'il sol maggiore è di nuovo scordato'? Beh, io là ho avuto la
sensazione che si riferisse a se stesso, perché fino a poco prima stava
ricordando la villa e anche sua madre. Quindi ho avuto la sensazione che, beh,
per lui quel sol maggiore fosse una specie di ostacolo da bambino e che magari
volesse riuscire a superarlo. Ma poi ha scoperto di sua madre, e blabla, e ha
smesso di suonare. Naturalmente noi non lo sappiamo, questa è stata tutta una
mia pippa mentale, un'enorme pippa
mentale xD
L'altro motivo per cui è nata questo shot
è, beh, la dou 'Serenata', che io trovo, lasciatemelo
dire, meravigliosa. Non c'entra molto con questo scritto, ma non importa.
Insomma, fate finta che io mi sia presa, come al solito, alcune
licenze poetiche e, se potete, perdonatemi.
Grazie mille a tutte -presto risponderò anche alle rece
dell'altra shot ^^-
Un bacio, vostra,
Asu <3