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Autore: Pendragon of the Elves    29/05/2012    4 recensioni
è durato solo un momento, una misera manciata di secondi che, però, ha condizionato irrimediabilmente il resto della mia giornata. Una frazione di minuto tanto aliena e nuova nella mia vita che, per quanto terribile, non mi ha impedito di viverla come un'esperienza del tutto nuova ed emozionante. L'ho vissuta più con meraviglia che con spavento, anche se è intrinseca della natura umana la paura di questi fenomeni, anche se quella che qui è stata una leggera vibrazione, più lontano è stata una scossa devastante. Ma questo, in quel momento, non lo sapevo ancora.
(Un pensiero in memoria del terremoto del 29 maggio 2012)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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29.5.2012: Il mio primo terremoto


è durato solo un momento, una misera manciata di secondi che, però, ha condizionato irrimediabilmente il resto della mia giornata. Una frazione di minuto tanto aliena e nuova nella mia vita che, per quanto terribile, non mi ha impedito di viverla come un'esperienza del tutto nuova ed emozionante. L'ho vissuta più con meraviglia che con spavento, anche se è intrinseca della natura umana la paura di questi fenomeni, anche se quella che qui è stata una leggera vibrazione, più lontano è stata una scossa devastante. Ma questo, in quel momento, non lo sapevo ancora.

Era successo assolutamente in un momento imprevisto, in un momento in cui -per una volta tanto- non stavo pensando che qualche intervento divino potesse salvarmi dall'imminente compito di scienze, per il quale mi stavo preparando da tre settimane (non che ne fossi spaventata, è che il prof se ne era dimenticato…). E sono pronta a scommettere che nessuno nell'intera scuola si sarebbe aspettato nulla del genere al momento. Nella nostra classe era un momento di rilassamento che segue la lezione di matematica (mentre solo uno è alla lavagna e sai che il tempo non basta perché la prof chiami te) e precede la verifica di scienze che, dopo quasi un mese passato a studiare, faceva paura a pochi o a nessuno, un momento quando il cervello non si spegne ma vaga placidamente e tranquillo nei suoi mari inseguendo i propri pensieri. Il momento durante il quale -come Hollywood insegna- è più facile che accada qualcosa di imprevedibile.
è successo tutto all'improvviso. Devo ammettere che non me ne sono accorta subito, perché stavo energicamente cancellando un disegnato fatto sul banco: mi girava già la testa per la debolezza che mi ha colpito in questi ultimi giorni e, il moto sussultorio provocato dallo sfregamento, non mi è sembrato più intenso del solito. Durante le lezioni di matematica -per ovvie ragioni- il silenzio è già completo ma, in quel momento, in un istante, da rispettoso e attento, è diventato attento e preoccupato. Poi, come in un sogno, nel silenzio dell'aula ho sentito un basso mormorio provenire da dietro le mie spalle, la voce di un mio compagno che pronunciava una sola semplice parola. Neanche per un istante ho pensato che fosse uno scherzo, o che fosse solo uno stralcio di conversazione captato per caso dalle mie orecchie. Non credetti nemmeno di aver capito male, come tante volte mi succede, a riprova del fatto che, in quella situazione eccezionale, il mio istinto animale assopito aveva preso in un secondo il posto della mia tipica distrazione. Credetti subito, con tutta me stessa a quella parola. Non era una frase, non possedeva nemmeno un verbo, né un aggettivo, né altro: era solo un semplice sostantivo ma che racchiudeva in se tutto ciò che c'era da dire. E penso che ognuno dentro quella stanza avesse colto perfettamente e al volo ciò di cui si trattava.
«Terremoto…».
Il tempo di concepire l'immenso concetto in essa racchiuso e mi sono accorta che la mia sedia, così come il mio banco ed l'intero edificio, stavano tremando, ed io, assieme a loro.
Ho alzato lo sguardo dal mio banco, stupita, solo per vedere, dinnanzi a me, la mia professoressa, solitamente composta e assolutamente seria e controllata, che teneva le mani appoggiate alla cattedra traballante con un espressione preoccupata dipinta in volto. Attorno a me stava  vibrando tutto. Con un colpo al cuore, mi sono resa all'istante conto di quello che stava accadendo. Ma non ero spaventata perché, anche se era la prima volta che provavo un'esperienza simile, sapevo che non era una scossa forte. Quello che non sapevo è quanto potevamo essere in pericolo ma questo non mi ha impedito di emozionarmi senza paura, anzi, quasi con entusiasmo. Dopotutto, era la prima volta che mi succedeva -anche se vivo in zona sismica- e, dal primo tremore avvertito, l'ho subito vista come una manifestazione della potenza di madre natura perché, lo sapevo, quello era il risultato di due immense zolle di crosta terrestre che si muovevano sotto i miei piedi (il che, ammetterete, è piuttosto affascinante). Mi sono voltata quasi sorridendo e ho visto, come al rallentatore, una cosa assolutamente agghiacciante. Dovete sapere che un nostro compagno ci ha portato da Roma un souvenir consistente in una statuetta di Giulio Cesare con la testa a molla (avete presente quelli a cui, se gliela tocchi, ondeggia la testa? Ecco, quelli). Quello che ho visto, era la sproporzionata testona di Cesare che ondeggiava lentamente. E sapevo che non era stato nessuno di noi a muoverla. L'imperatore sembrava annuire confermando i nostri timori (in seguito abbiamo tutti convenuto, che avere un'oggetto in classe poteva tornare utile in situazioni del genere).
Quando tutti i miei compagni si sono alzati l'ho fatto anche io col cuore in gola per l'emozione. Ho immediatamente capito che nessun'altra di noi era terrorizzato e non ci sarebbero stati episodi di isteria da parte di nessuno. E poi, anche se eravamo all'ultimo piano, eravamo la classe più vicina alla scala di emergenza. Mentre scendevo a terra assieme a quel fiume umano che si riversava vociando concitato fuori dalla scuola non potevo fare a meno di ripetermi in testa con incredulità: "un terremoto… è un terremoto!". Non potevo impedirmi una certa eccitazione. Capivo anche che era piuttosto fuori luogo essere allegre in una simile situazione ma, in un ipotetico dibattito, avrei avuto molte argomentazioni che mie avrebbero giocato a mio favore. Innanzi tutto, non andare nel panico poteva tornare a mio vantaggio, anche perché non agitarmi troppo era anche la prima cosa che potevo fare per me stessa e per gli altri per rimanere in salvo. Inoltre, non mi stavo comportando da incosciente: mi stavo semplicemente recando senza correre, gridare o disperdermi fuori dalla scuola che aveva già smesso di tremare. E poi, i miei pensieri, anche se indubbiamente fuori luogo, non potevano nuocere ad alcuno.
Ci siamo radunati tutti nella piccola piazza che precede la nostra scuola e lì abbiamo aspettato. Io, per prima cosa, ho controllato la facciata constatando che non si era formata alcuna crepa: il liceo era coriaceo e resisteva ben piantato a terra.
è stato strano trovarci tutti fuori a quell'ora della mattina: noi indispettiti per la verifica di scienze che avrebbe dovuto attenderci, quelli di quarta e prima infuriati per aver dovuto interrompere delle facili versioni di latino e per aver buttato la possibilità di un gran bel voto nella materia, provvidenziale a fine anno. Attendevamo quindi impotenti al sole e al caldo che qualcuno ci desse un segnale per rientrare, segnale che non sarebbe arrivato velocemente come nelle simulazioni perché, questa volta, il terremoto c'era stato davvero e poteva tornare da un momento all'altro. è stato divertente quando un'anziana passante, strabuzzando gli occhi nel vedere quell'agglomerato umano stanziato fuori dalla scuola senza fare nulla di istruttivo, ci è venuta in contro e ci ha domandato se, per caso, non avessimo scuola. Non so se si fosse immaginata una marina di gruppo ma, quando le abbiamo spiegato che c'era stata la scossa, ha ammesso di non essersene neppure accorta.
Dopo circa venti minuti, il terremoto non si presentava ancora mentre si era presentato il prof si scienze a proporci di fare la verifica in metà del tempo (mezz'ora). Un mio compagno ha ribattuto dicendo che eravamo troppo scossi per sottoporci il compito.
Nuovamente in classe, seduti tranquillamente ai nostri banchi, aspettavamo che si presentasse il prof di scienze per vedere se avesse per caso osato l'affronto di recare con se il compito da sottoporci. Il prof, alla fine, si è presentato ma solo per dirci:«Fuori, fuori, c'è stata un'altra scossa. Fuori tutti!». Questa volta non l'avevamo sentita neppure noi ma io ho putto constatare dalla faccia del prof, di non essere l'unica eccitata per la situazione (ma che altro ci potevamo aspettare da un geologo?).
E così, eccoci fuori di nuovo, ad attendere un'altra ora nel sole e far nulla, se non aspettare un'altra scossa o un segnale di agibilità dell'edificio.
Purtroppo alla fine della terza ora, non ci fu nessuna scossa a salvarci da due ore di greco con rispettiva interrogazione e correzione dell'ultimo stra-maledetto compito. Dato che la terra non sembrava avere intenzione di tremare più, ci siamo un po' rilassati (per quanto lo si possa essere durante un'interrogazione di greco) e abbiamo seguito (beh, chi più e chi meno…) la lezione senza aspettarci nulla ad interromperla.
Ma proprio mentre stavamo tutto contando i secondi di quel misero minuto che ci separava dallo squillare della campanella, ecco che alzo di nuovo la testa dal banco come un cervo allertato da un rumore nel sottobosco: il mio banco ondeggiava di nuovo, così come la testa di Cesare.
Lo stesso mio compagno che prima aveva mormorato incredulo, ora l'aveva esclamato a piena voce mentre si alzava dal banco:«Terremoto!».
Ancora mi chiedo come abbia fatto a raggiungere l'altro capo dell'aula nell'arco di due decimi di secondo (il nostro prof di educazione fisica sarebbe stato fiero di lui). Ancora più incredibile è stato vedere la nostra professoressa che, seduta su una cattedra che vibrava a vista d'occhio e con una classe allarmata, diceva, infastidita per l'interruzione del paradigma:«Ma no, non c'è nulla. Io non sento nulla…». Se solo avesse visto la testa di Cesare forse si sarebbe ricreduta.
Ad ogni modo, terremoto o no, le 13 meno 5 minuti rimangono sempre e comunque le 13 meno 5 minuti e la nostra campanella, ligia al dovere, ci concesse il permesso di alzarci dai banchi e andarcene a casa.
Solo una volta arrivataci ho scoperto che l'epicentro vero del terremoto era stato molto più lontano e che quello che avevamo sentito era solo la sua meno feroce e meno distruttiva eco.

Già due volte durante la mia esistenza si erano verificate deboli scosse sismiche nella mia regione ma, entrambe la volte, non le avevo avvertite minimamente (sfido: la seconda volta stavo pure dormendo!) quindi, quella di oggi, è stata un'esperienza nuova per me ed è stata davvero emozionante.
Una cosa di cui sono molto orgogliosa è stato constatare come, una volta in salvo, mi sono accorta di non aver pensato neanche un secondo a recuperare qualche mio oggetto personale o altro prima di evacuare. Molte volte prima d'oggi mi sono posta il difficile problema di cosa prendere prima di una fuga improvvisa per sapere esattamente, quando fosse giunto il momento, cosa portare via con me. è stato rassicurante constatare che, l'unica cosa a cui davvero ho tenuto in quel momento, è  stata solo la mia vita perché è la cosa più preziosa che ho al mondo. Per questo penso che situazioni del genere posseggano abbastanza potere da cambiare una persona e rivelarne, nel momento del pericolo, la sua vera natura.
Inoltre, ciò che è successo oggi, mi ha dato modo di riflettere su come anche l'effimera creatura che è l'essere umano può essere testimone dei grandi cambiamenti che subisce la superficie del suo maestoso pianeta che, per quanto evoluta sia la nostra tecnologia e per quanto siano avanzate le nostre ricerche, non ci consente di prevedere le sue decisioni e trema senza darci alcun preavviso. Per quanto siano terribili e -a volte- letali questi episodi, ci offrono sempre l'occasione di pensare e di renderci conto di quanto siamo in verità piccoli ed impotenti di fronte a questi eventi, esattamente come lo sono tutti gli altri animali e come lo erano gli antichi prima di noi. Credo che, situazioni del genere, abbiano un potere tale da porre le nostre esistenze sullo stesso piano di qualsiasi altra forma di vita su questo pianeta creando una sorta di legame con questa terra sotto di noi cui spesso dimenticammo di appartenere.
Ma dopo ciò che sentito, ciò che ho visto e vissuto oggi, sento la terra meno stabile sotto i piedi, anche se molto più presente, e non posso fare a meno di chiedermi se riuscirà a reggermi in piedi fino alla fine. Perché so che tra poco il terremoto tornerà e sarà molto più forte: anche trenta, novanta volte più intenso di quello di oggi e non so quanta forza possa sopportare la mia fragile vita. Nulla potrà prepararmi a quello che accadrà in futuro, quindi è meglio che parli adesso e confidi i miei pensieri in questo momento, che li immortali su una pagina bianca, prima che possa tacere per sempre.
Non ho paura, ho solo la consapevolezza di essere in balia di qualcosa da cui né l'affetto dei miei genitori, né le mura della mia casa, né la scienza del genere umano possono proteggermi e, per questo, devo essere pronta ad affrontar personalmente la situazione, da sola contro la terra che trema. E quando tremerà, tremerò anch'io ma ora, in questi momenti di precaria stasi, affido il ricordo di questo giorno a voi, col cuore sereno e l'animo leggero augurando a tutti voi di riflettere su questo e di mandare i vostri pensieri non a me, ma a quelli che un terremoto terribile l'hanno già sentito, oggi, alle ore 9:01.
Arrivederci.


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Un pensiero di incoraggiamento e sostegno alle popolazioni terremotate più o meno recentemente d'Italia.

Pendragon of the Elves,
abitante di una regione al alta sismicità

  
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