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Autore: aniasolary    30/05/2012    42 recensioni
Spoiler il canto della rivolta.
Finnick e Annie.
Annie volteggia con addosso il vestito verde della cerimonia.
Gira come una vecchia trottola, odore di mare e di spiaggia, vecchi pezzi di legno infilati nella sabbia.
«Annie, aspetta.» Si appoggia al muro e ride, con una mano sulla pancia.
La guarda correre.
Annie è una sirena che ha scoperto che cosa significa camminare, sarà per questo che a nessuno sembra davvero normale. Sarà per questo che Finnick non ha mai guardato nessun’ altra. Gli basta pensare a lei per fare qualunque cosa, scappare, pescare, ridere, sorridere, uccidere, salvare qualcuno.
Trovare un modo per restare sempre se stesso.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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hope waves

Hope Waves

 

Annie volteggia con addosso il vestito verde della cerimonia.

Gira come una vecchia trottola, odore di mare e di spiaggia, vecchi pezzi di legno infilati nella sabbia.

«Annie, aspetta.» Si appoggia al muro e ride, con una mano sulla pancia.

La guarda correre.

Annie è una sirena che ha scoperto che cosa significa camminare, sarà per questo che a nessuno sembra davvero normale. Sarà per questo che Finnick non ha mai guardato nessun’ altra. Gli basta pensare a lei per fare qualunque cosa, scappare, pescare, ridere, sorridere, uccidere, salvare qualcuno.

Trovare un modo per restare sempre se stesso.

La risata di Annie è lontana eppure sembra che provenga dal suo stesso cuore.

Lo raggiunge con un rimbombo.

È il canto delle onde.

«Annie, di qua.» E sorride anche lui.

Annie… eri bellissima, quel giorno. Quando sei caduta dalla barca di tuo padre ed io sono corso ad aiutarti. Non ti eri ancora persa.

 Stavi per sprofondare giù per sempre.

«Dove? »

«Di qua.»

Non ti avrei mai lasciato andare.

È così bella che se si trovasse in mare potrebbe sprofondare dentro senza riemergere.

Nella stanza è tutto buio, e non sa se sta illuminando il percorso con i suoi occhi o se è una novità del distretto 13: permetterti di vedere anche quando sembra che l’oscurità abbia vinto la luce.

Si toglie la giacca e fa una giravolta.

«Annie, you’re a star. »

Finnick canta, è stonato ma non se ne accorge.

«You’re just going very far. »

Fa qualche passo, qualche salto.

Va benissimo così.

Ti ricordi quando ti ho trascinato sulla spiaggia? Il tuo vestito era pesante, inzuppato sul tuo corpo da bambina. Hai respirato, ti ho toccato i capelli.

Annie si toglie una scarpa col tacco.

Forse ti amo da quel giorno.

Ne ha solo una quando gli corre incontro e gli butta le braccia al collo, appoggia la testa sulla sua spalla e sospira, con gli occhi chiusi.

Mi hai guardato e avevi gli occhi del mare.

Profondi e verdi, come le nostre acque.

Li amo ancora adesso.

«Mi hai portato a casa, Finn. »

Casa.

Pesca alle quattro di mattina.

Odore di mare, puzza di pesce, capanne di legno.

Sai cosa amo dell’acqua, Finn? Non c’è vita se lei non c’è. E se io ci sono, c’è anche lei. E ci sei tu.

Casa è annodare le reti, il tramonto che si riflette, i baci in barca.

Annie.

«Siamo nel 13, Ann.»

«Fuori c’è il mare.»

Deglutisce.

Lei apre gli occhi e guarda di fronte a sé.

Annie, guardami. Fammi vedere cosa vedi, ti prego. Fammi vedere con i tuoi occhi.

Lui trema.

Sa che la ragazza che ballava sulla spiaggia prima di quella maledetta edizione degli Hunger Games non tornerà più.

È esplosa insieme al fuoco e alle mine vaganti, e lui raccoglie tutti i pezzi di lei che sono rimasti.

Il fuoco ti ha fatto chiudere gli occhi e quando li hai riaperti era tutto cambiato.

La stringe forte.

Forse riconosci solo me.

Sospira.

Sei l’unica che riesce a riconoscermi.

«Sì, Annie, c’è il mare.»

«Uguale ai tuoi occhi.»

Annie continua a guardare o a non guardare, gli passa una mano sul volto e sussurra, ancora, la sua nuova cantilena.

 «Uguale ai tuoi occhi.»

Aspettavi di morire, sei troppo buona per uccidere. E i buoni non sopravvivono agli Hunger Games.

Finnick si dondola sui piedi, come se fosse spinto dalla corrente.

Io ho vinto solo per tornare da te.

Mare, spiaggia, casa.

Sarò io a salvarti.

«Come i tuoi occhi.» ripete ancora.

«E come i tuoi, Annie.»

Finalmente si risveglia.

Sbatte le palpebre e lui continua a stringerla, forte. Continua a posare la mano su quei suoi fianchi così sottili, ad accarezzarle i capelli lunghi e bruni. Capelli di lama d’acciaio, che non torneranno mai soffici come prima.

Finnick le sfiora la cicatrice sul braccio, quella di quando è stata ferita alla Cornucopia.

Fa un respiro profondo.

I giorni passati non sono importanti, ora. Perché il segno che hanno lasciato basta a non far dimenticare.

«Ho sonno.»

Posa la bocca sulla sua fronte. La capisce, come tutte le volte.

«Ora dormi, Annie.»

Si stacca da lei ed è doloroso come l’acqua che brucia i polmoni quando si annega.

La fa stendere su uno dei letti della stanza.

Il capo di lei si posa sul cuscino. Fa lo stesso rumore degli uccelli che tornano al nido, la paglia schiacciata e il sospiro sereno di quando si trova rifugio.

Resta sempre così, amore. Sarò sempre qui.

Le toglie l’altra scarpa, lei ha i piedini di Cenerentola, proprio come la fiaba.

Nessuno conosce le fiabe, nei distretti sottomessi a Capitol City. Quando la morte è l’unica cosa che vogliono da te, ogni divertimento passa in secondo piano. Ma in fondo mai nessuno ha smesso di tessere speranze, anche oltre le tele di lino su cui marinare le alici. Forse si sta avvicinando il momento in cui i giorni bui vedranno la luce.

«Finnick, resta con me.»

«Non me ne vado. Non me ne vado.»

«Finnick… » Fa la voce del pianto.

È il dolore delle bruciature, delle punture dei pesci velenosi.

La stessa sensazione di quando, agli Hunger Games dell’edizione della memoria, Annie ha urlato fino a fargli sanguinare le orecchie.

Finnick, aiutami. 

Aiutami… aiutami… aiutami…

Non era Annie, erano gli ibridi.

Ma non basta lo stesso.

«Abbracciami.»

Ti abbraccio forte, Ann. Non ti farò andare via.

Si stende.

Il dolore finirà.

La stoffa liscia dell’abito contro le coperte di lana.

Sarà dissipato come il gas velenoso all’edizione della memoria… ci salveremo.

«Ti amo.»

La sente sorridere, sospirare. Annie gli stringe le mani e se le avvicina alle labbra.

Ecco, la riconosce. È proprio lei, non c’è nessun ricordo spaventoso a risucchiarla via.

«Io di più.»

Quando Annie sospira e sorride sembra quella di prima… ma lui la ama ogni giorno di più anche quando guarda nel vuoto e resta in silenzio. Non gli importa se per gli altri è la povera ragazza pazza del distretto 4.

Anche lui è pazzo. Chi vince gli Hunger games lo è sempre.

Ma solo chi ama sa vedere le sfumature dei colori fra le ceneri e le macerie. Perché il carbone delle miniere non è solo nero, ma sa riflettere anche i raggi del sole.

Il sole che diventa fuoco nel mare. Il sole che sono i sorrisi delle persone quando torno al distretto. Il sole che è il viso di Annie ogni volta che mi riconosce fra la folla.

«No, io di più. »

«Non puoi vincere sempre.»

«Ho pescato cento pesci in una giornata.»

«Avevi barato.»

«No.»

«Sì.»

La stringe ancora, il mento posato sulla sua spalla.

Sarò con te, sempre.

«Ho avuto paura, tanta.»

Annie si rigira fra le sue braccia e lo guarda.

Sono a casa loro, anche se nessuno lo sa, a loro basta guardarsi negli occhi per tornare sulla spiaggia.

«Anche io, ma adesso no.»

Avvicina le labbra a quelle di Finnick, e lui la tiene stretta e la bacia come se fosse l’ultima notte al mondo.

Domani scoppierà una bomba, o un’altra guerra. Forse ci sarà una resa, forse una vittoria. Finnick andrà in missione con e gli altri, tornerà. Le lingue di fuoco non appartengono solo al centro della Terra, lui le sente nel cuore.

Non fanno male… È solo amore.

Un sentimento assurdo in un mondo di persone che si uccidono per un gioco. Ma grazie a un Dio in cui più nessuno crede, esiste ancora.

Ed Annie sta guardando il mare, adesso.

Nei suoi occhi.

La stola del vestito scivola via e le lascia scoperta la spalla, Finnick la accarezza con le labbra.

C’è il sapore del sale, dei giorni di sole.

Il mare si agita, le onde bagnano la sabbia, tornano indietro, rincorrono i bambini…

Annie che sospira mentre il vento le fa volare il cappello.

Il fresco dell’acqua, l’aria che scorre.

Annie che mi abbraccia dopo un viaggio a Capitol City. «Non te ne andare mai più.»

Bambini che giocano, palette e secchielli.

«Finnik, che fai? Alla tua età i castelli di sabbia?» Risate.

«È un bel gioco, no?»

Pesci enormi che scivolano dalle mani, vermi che imboccano l’amo, fiori fra i capelli.

«Cosa pensi che ci sia oltre il mare, Ann? Oltre tutti i distretti? »

«Non lo so, Finn. Secondo te?»

«Un giorno vedremo cosa c’è oltre l’Oceano.»

«Sul serio? »

«Ti porterò con me.»

Annie che canta, Annie che balla, Annie che guarda l’orizzonte.

Niente più giorni bui.

«Sei sicuro di tutto questo, Finnick? Ci credi davvero?»

Le copre le gambe nude con il lenzuolo, i capelli di lei sono solo una macchia scura sul petto.

La avvolge con le sue braccia.

«Sì, Ann.»

La respira e il sogno non è più un sogno.

È il futuro.

Guarda la spiaggia, Annie. Sarò sempre lì.

La bacia ancora, spera che la mattina non arrivi mai.

La abbraccia ancora, la cicatrice è sempre lì, sul braccio e sul cuore.

La copre ancora, con la coperta, per salvarla dal freddo.

Ora le parla all’orecchio.

Ascoltami.

La sua voce è un sussurro, somiglia al vento che soffia quando è mattina presto.

Quando aspettare il sole è solo aspettare che il tempo passi, come ogni giorno.

Sorride, nel buio.

La luce li sta raggiungendo.

«Io ci credo.»

***

Annie affonda le mani nei granelli di sabbia. Manda indietro la testa, stesa sul telo. La illumina una sola stella di fuoco, che ora si sta immergendo nel mare. Non c’è pericolo che una bomba cada su di lei.

Quel tempo è finito.

«Mamma? Mamma, mi stai ascoltando?»

Guarda suo figlio.

Il piccolo scuote la testa e i riccioli gli cadono sulle orecchie. Ha lo sguardo serio, il verde più profondo.

«Sì… Sì, Nautés. Ho sentito tutto.»

Annie gli accarezza i capelli.

Rimane in silenzio. Da quando è tornata a casa non ha più lasciato il distretto 4. Lì ci sono tutte le cose di Finnick. Il costume degli Hunger Games, vecchi vestiti di quando era piccolo, dei fogli con le fiabe scritte a mano da sua madre, una canna da pesca di metallo, una collana di conchiglie, delle vecchie foto, il filmino del loro matrimonio.

«Allora vorresti viaggiare, Nautés?» gli chiede.

Non andare, Finn. Cosa farò se tu non ci sei?

Vivrai per me.

Finnick lo vorrebbe.

Finnick vorrebbe che Annie giri per il mondo. Che veda cosa c’è oltre l’Oceano.

Che continui a vedere negli abissi del mare e delle persone.

Continua a guardare, Ann. Fammi vedere con i tuoi occhi.

E che continui a vivere.

Non per la mia morte, per la mia vita.

Nautés si alza e raccoglie un sassolino, il vento del pomeriggio a fargli scuotere la maglietta. «Il padre di Marius ha costruito una barca enorme… devo solo chiederglielo e dirà di sì! Ma ci vado solo se vieni anche tu, te l’ho detto. Sarò gentile, gentilissimo!» Lo lancia in acqua, a fargli attraversare le onde.

Finnick ha fatto tutto solo per Annie.

Ha dato se stesso, fino alla fine.

E l’ha salvata, fino alla fine.

Una fine che grazie a lui e a tutti quelli che non ci sono più è diventata un inizio.

«Sarebbe bellissimo.»

«Oltre l’Oceano… potrebbero esserci pirati, e principesse… e castelli? Quelle cose scritte in quei fogli? Piante strane e altri bambini?» Annie sorride, lo sguardo verso l’orizzonte. «Persone felici… senza “Hunger games”?»

Lei sorride ancora.

Ora ci sono solo giorni di sole, anche quando piove, anche quando è notte. E Finnick c’è ogni volta che l’ arcobaleno fa un disegno nel cielo, ogni volta che Nautés pesca un pesce, ogni volta che guarda il mare.

Sarò sempre con te, Annie. Lo sai.

Ogni volta che accarezza il vestito verde del suo matrimonio, ogni volta che combatte le immagini del passato e resta ferma nel presente, ogni volta che canta insieme a Katniss quando si incontrano.

E la memoria è un foglio su cui scrivere di una vita che va avanti e non indietro. E il mondo è una Terra in cui l’acqua degli occhi di Finnick si riflette in quelli di suo figlio.

Guarda la spiaggia, Annie. Sarò sempre lì.

Finnick ha salvato entrambi.

«Gli Hunger games non ci saranno mai più.»

Ha salvato tutti.

«Sul serio?»

Ascolta la mia voce.

«Io ci credo.»

*

*

*

*

finn e ann

Ho scritto questa storia senza pretese, ancora triste per il destino che Suzanne Collins ha deciso di dare non solo a Finnick, ma a tutti quelli che sappiamo. La loro storia mi ha incuriosito da quando ho letto " La ragazza di fuoco", e non sono riuscita a trattenermi da scrivere di loro. E' la prima volta che pubblico una storia in questo fandom e spero che vi sia piaciuta. Questi libri mi hanno fatto riflettere, e non mi riferisco alla storia fra Katniss, Peeta e Gale. Secondo me gli Hunger Games rappresentano un possibile futuro a cui potrebbe portare la cattiveria del mondo se non viene fermata. Questi libri mi hanno coinvolto, mi hanno fatto riflettere e mi hanno commossa.

La canzone che canta Finnick ad Annie nella prima parte della one shot è la canzone Annie di James Blunt, bellissima. Ho preso in prestito lui, ma potrebbe benissimo essere una canzone inventata da loro nel distretto <3

Il nome Nautés non credo esista. E' una parola greca che significa marinaio <3

Grazie a tutti per aver letto. Se mi fate sapere cosa ne pensate non potete che rendermi felicissima <3

Grazie davvero.

Ania

   
 
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