Nda
La
canzone è “Pescatore” di Pierangelo Bertoli. Nella mia versione
preferita la parte di lei la canta Fiorella Mannoia.
Adoro
questa canzone - anche se forse per qualcuno sarà datata - , ogni
volta che la sento ho i brividi. Ieri mi è venuto in mente di
scrivere la storia che mi immagino si celi dietro le parole, quello
che non viene raccontato.
Non
c'è molto da dire.
Le
parti in blu sono maschili, quelle in viola femminili.
Per l'ambientazione pensavo di non avere un'idea definita. Il pescatore che immagino io non ha niente di biblico – anche se qualche richiamo ci si potrebbe vedere – però scrivendo di lei, immaginando lo scenario della costa, mi sono ritrovata a descrivere e figurarmi un paesaggio stile Galilea ai tempi di Gesù – tutto polvere, povertà, fatica. In alternativa si potrebbe vederci anche l'Acitrezza de “I Malavoglia”. Questo è quello che ho immaginato io, ma penso che ognuno possa vederci quello che vuole. Anzi sono curiosa! Fatemi sapere quale scenario vi fa venire in mente la canzone, cosa vedete quando pensate a questo pescatore e alla sua sposa.
Pescatore
Getta
le tue reti, buona pesca ci sarà
E
canta le tue canzoni che burrasca calmerà
Pensa,
pensa al tuo bambino, al saluto che ti mandò
E
tua moglie sveglia di buon mattino
con
Dio di te parlò
con
Dio di te parlò
Li ignoro, mia moglie e
mio figlio, mentre carico sulla piccola barca dalla vernice scostata
le reti, il sacco con il cibo, le cime e le altre cose di cui potrei
avere bisogno durante l'uscita in mare. Li ignoro finché tutto non è
pronto.
Quando l'ultimo oggetto
ha trovato ordinatamente posto sull'imbarcazione che è la mia vita,
la nostra vita, allora mi permetto di lanciare loro un breve, intenso
sguardo.
Mio figlio è in piedi
a pochi passi dalla banchina. Mi somiglia nel modo strano e
inaspettato in cui lo fanno i bambini. Tutti ti dicono che quello è
il tuo sorriso, il taglio della tua bocca. Tu non te ne rendi conto.
Poi un giorno lo vedi fare un'espressione che riconosci come tua e
allora la somiglianza ti salta alla vista. Non scompare più.
Mio figlio mi somiglia,
ha il mio sorriso e il colore olivastro della mia pelle.
Gli occhi no, quelli
sono tutti suoi.
Mia moglie è anche lei
in piedi, una figura eretta e immobile che si staglia contro il
grigiore delle mura della nostra casa.
Non dice una parola.
Le rivolgo un cenno del
capo e lei fa altrettanto, impercettibilmente, a malapena potresti
affermare che si è mossa.
Non dice niente.
Dimmi
dimmi mio Signore, dimmi che tornerà
L'uomo
mio difendi dal male, dai pericoli che troverà
Troppo
giovane sono io ed il nero è un triste colore
La
mia pelle bianca e profumata ha bisogno di carezze ancora
ha
bisogno di carezze ora
Lo vedo preparare la
barca, raccogliere le sue cose per l'uscita in mare. L'ennesima.
Ho perso il conto dei
giorni in cui sono uscita fuori dalla porta per guardarlo partire.
Ho perso il conto delle
volte che ti ho rivolto, Signore, questa muta preghiera.
Proteggilo,
dammi la forza di aspettare, riportarlo a me.
Ogni volta, queste sono
le mie sole richieste.
Essere la moglie di un
pescatore non è vita facile. Non è facile essere colei che
custodisce il focolare mentre il marito è assente. Spesso penso che
sia la peggiore tra le nostre due sorti.
I pericoli sono tutti
là fuori, lo so bene, ed è il mio uomo che li fronteggerà. È lui
che rischia la vita, è lui che lotta per sfamarci.
Ma stare ad aspettare,
senza avere notizie, non è forse il vero inferno?
Qui in questo villaggio
di uomini di mare che adesso brulica di vita, ma che con la partenza
delle barche si trasforma ogni volta in un triste paesaggio di anime
in pena, come me, come tutte. In un limbo grigio che sa di paura. In
un limbo senza uscita e senza possibilità di fare alcunché. Con
l'incertezza costante che ti rode l'anima e ti invecchia le membra
anzitempo.
Eppure sono ancora una
ragazza.
Nonostante il mio
bambino stia già ritto sulle sue gambe e abbia imparato a parlare.
Sono ancora una
ragazza, nonostante gli abiti consumati dal sole e dal lavoro
nascondano il mio corpo e celino in parte la mia giovinezza e la mia
bellezza.
Ma è così che ancora
sono - giovane, bella.
Anche se la vita che ho
scelto porta via la vitalità come le mareggiate la sabbia. Lo leggo
nei volti delle donne qui intorno, mogli senza speranza che la
centesima, millesima volta, vedono partire il proprio uomo senza
sicurezza di ritorno.
E loro restano. Badano
ai figli, alla casa. Cuciono reti, rammendano vele.
E così faccio io. Ogni
giorno, ogni mese, sempre.
Non mi pento mai della
mia decisione. Ho scelto col cuore mio marito, non lo rinnego.
Ma queste mattine,
quando lui parte verso l'ignoto e a me non resta che stare sulla
soglia di casa assorta nella mia muta preghiera mi ricordo chi sono,
sento forte come mai prima il cuore che batte ancora nel mio petto,
forte, vitale.
So che sono troppo
giovane per morire dentro, troppo giovane per fare la vedova e
bruciare in nero e lutto tutto quello che resta della mia esistenza.
Pesca
forza tira pescatore, pesca e non ti fermare
Poco pesce nella
rete, lunghi giorni in mezzo al mare
Mare che non ti ha mai dato
tanto, mare che fa bestemmiare
Quando la sua furia diventa grande
e la sua onda è un gigante
la sua onda è un gigante.
In
mezzo al mare scuro mi sento a casa. La vita del pescatore non è
vita facile. Ogni viaggio potrebbe essere l'ultimo. Ogni viaggio può
presentare pericoli inaspettati e mortali. Ogni viaggio non è detto
che porti a raccogliere quello che serve per sopravvivere.
Immagino
che per la gente la mia vita si riduca a questo. Per i ricchi, per i
cittadini, anche solo per i commercianti al sicuro dentro le loro
piccole botteghe. Pericolo, incertezza, morte.
Per
me c'è dell'altro.
Quando
remo contro-corrente per spingermi al largo, quando lotto con la
forza della corrente per mantenermi nella rotta giusta, non è la
paura o il timore ciò che mi domina. È la meraviglia. Lo stupore di
essere solo un piccolo uomo, perso in un infinito di blu. La
consapevolezza della mia piccolezza, della mia insignificanza.
Sono
poco più che un granello di sabbia nel vento. Agli occhi del cielo
non sono niente.
Eppure
lotto. Ho la forza per combattere le potenze marine, per imporre il
mio sebbene piccolo e insignificante volere.
Eppure
lotto. Anche quando tutto mi rema contro, anche quando intorno si
addensa la tempesta.
Non mi arrendo. Non smetto di gettare la rete in
acqua e tirarla di nuovo a bordo dopo un tempo infinito di attesa e
preghiera. Non smetto di sperare che il mare sia generoso.
Non
smetto.
Dimmi
dimmi mio Signore, dimmi se
tornerà
Quell'uomo che sento meno mio ed un altro mi sorride
già
e Scaccialo dalla mia mente - non indurmi nel peccato
Un
brivido sento quando mi guarda e una rosa egli mi ha dato
una rosa
lui mi ha dato
Torno
dal mercato con una strana sensazione sulla pelle. Mi sento quasi
bruciare.
Non
è successo nulla. Me lo dico, me lo ripeto, cerco di
convincermene, eppure mente cammino verso casa non riesco a smettere
di pensarci.
Penso
a lui, quel giovane dagli abiti eleganti e dal sorriso aperto.
Penso
a lui, quel ragazzo dal viso disteso, senza traccia di stanchezza
sulla pelle chiara.
Penso
a lui, lo sconosciuto che è venuto per rubarmi la pace.
Mi
allontano dalla folla a passo svelto, cercando di mettere più
distanza possibile tra me e lui. Tra me e i suoi occhi profondi.
Per
un attimo lui mi ha guardata e io mi sono sentita nuda, perduta,
spaventata. Ma anche terribilmente viva.
Allora sono fuggita.
Ripetendomi che non è accaduto nulla e che probabilmente quello
sguardo era rivolto alla ragazza al mio fianco.
Qualcuno bello come
solo chi non deve lavorare per sopravvivere può essere – io non lo
sono.
Qualcuno
sorridente come solo chi non ha mai provato la fatica che ti
risucchia ogni allegria può essere – io non lo sono.
Qualcuno
giovane come solo chi sa di avere una vita davanti può essere – io
non lo sono.
Arrivo
in vista della nostra modesta casa. Sento le risate dei bambini che
giocano sulla banchina. Non lo vedo, ma so che tra loro c'è anche
mio figlio.
Entro
e scaccio ogni pensiero tentatore dalla mente. Il lavoro, la fatica,
la preoccupazione – questi sono i miei orizzonti.
Dopo
un tempo indefinito esco di nuovo all'aria aperta. Respiro la brezza
che per adesso sembra solo un'arietta innocua, ma all'orizzonte si
addensano nubi scure e minacciose.
Abbasso
la testa per scacciare il timore.
Allora
la vedo.
Una
rosa, rossa, perfetta, è posata sul piano accanto alla porta.
Come
in un sogno allungo una mano e la sfioro. Poi mi faccio ardita. La
prendo in mano. Respiro il suo odore che sa di buono, che sa di vita.
E
so senza possibilità di errore chi è che me l'ha donata.
Rosa
rossa pegno di amore, rosa rossa malaspina
Nel silenzio della
notte ora la mia bocca gli è vicina
No per Dio non farlo
tornare, dillo tu al mare
E' troppo forte questa catena, io
non la voglio spezzare
io non la voglio spezzare
Tengo la rosa tra le
mani da molto tempo. La rigiro, conto i petali. Non riesco a posarla
anche se dovrei; non so trovarle un posto dentro questa casa che
parla di un altro uomo.
Dovrei gettarla,
liberarmene. Invece la stringo come un'ancora di salvezza. Le spine
mi pungono le dita, ma nemmeno me ne rendo conto. La stringo più
forte.
Passo da una all'altra
delle due piccole stanze che sono casa nostra. inquieta, incerta.
Non faccio nulla.
Per tutto il giorno
vago da una camera all'altra, senza sosta, senza posa. Il cucito
resta abbandonato sul tavolo della cucina, le vele da rammendare un
mucchio di stoffa chiara in un angolo.
Mio figlio rientra, gli do
qualcosa da mangiare e poi si addormenta silenzioso nel suo
lettuccio. Quando me ne rendo conto, lo copro meglio e gli sposto una
ciocca di capelli ribelli dalla fronte.
Riprendo a camminare.
Sono ancora impegnata
nella mia occupazione senza scopo quando lui arriva.
Prima di alzare gli
occhi avverto la sua presenza.
La sento, e so che sono
perduta.
La tentazione non
assume solo delle sembianze amabili e invitanti come è successo
altre volte in passato, ma questa volta si fa parola. La tentazione
sussurra di una vita diversa, di qualcosa di migliore oltre le
colline. La città, la gente, la vita.
Un mondo che aspetta a pochi
passi, che aspetta proprio me.
Sono perduta.
Ma non perdo comunque il
coraggio. Alzo la testa, fiera, sicura, e lui è lì, sulla mia
porta. Dove già sapevo che sarebbe stato.
Sbuca alla fioca luce
della lampada dalla notte fitta e scura.
Lo vedo e so che sono
perduta.
Lo so ancora prima di
sentire le sue braccia forti cingermi la vita. Lo so ancora prima di
lasciarmi andare contro il suo petto saldo.
Lo so, prima di cercare
la sua bocca con la mia.
Pesca
forza tira pescatore, pesca non ti fermare
Anche quando l'onda ti
solleva forte e ti toglie dal tuo pensare
E ti spazza via come
foglia al vento che vien voglia di lasciarsi andare
Più leggero
nel suo abbraccio forte
Ma
è così cattiva poi la morte?
E' così cattiva poi la morte?
La bufera mi ha
travolto implacabile, con la forza di mille uomini.
La barca sembra
quasi prendere il volo. Si solleva sui flutti, poi precipita in
basso. La barca, e io con lei.
Stringo i denti. Cerco di trovare la
forza per non mollare la presa, per non lasciarmi andare. Anche se
dopo alcune ore di questa danza infernale la stanchezza inizia a
premere sulle mie membra come una cappa di piombo. Anche se l'abbattimento
rischia di sopraffarmi.
In alto, in basso, di nuvo in alto, poi in basso.
L'acqua
salmastra mi riempie la bocca, il mare la vista. Una distesa di
grigio e verde tempesta è tutto quello che vedo.
Passa un'altra ora e
sono stremato.
Anche la morte sembra attraente, da questa
prospettiva. Un luogo sereno e pacifico, senza acqua, senza rumore.
Un luogo dove il dolore non esiste, dove il sale non ti brucia la
pelle, dove il mare non cerca di inghiottirti.
La morte sembra adesso un
porto sicuro...
Dimmi
dimmi mio Signore, dimmi che
tornerà
Quell'uomo che sento l'uomo mio, quell'uomo che non
saprà
che non saprà di me, di lui e delle sue promesse vane
Di
una rosa rossa qui tra le mie dita,
di
una storia nata già finita
di una storia nata già finita
Esco fuori di casa,
nella bruma grigia che precede l'alba.
La tempesta di questa notte
sembra finalmente placata. Tra le nubi che si diradano un pallido
sole è pronto a fare capolino.
Mi stringo lo scialle
intorno alle spalle e prego, ancora.
Prego per il ritorno
del mio uomo, prego per la vita di ogni giorno.
Nella testa mi
risuonano ancora le parole che mi ha sussurrato il ragazzo dagli
abiti eleganti e dal sorriso aperto, l'altra notte. Quelle dette
sulla soglia di casa, quelle dette mentre mi baciava, quelle dette
mentre a uno a uno mi toglieva i vestiti.
Per un secondo gli ho
creduto, ho voluto credere.
Lasciarmi alle spalle
tutto questo – questa terra desolata e crudele che ti fa lottare
per ogni tozzo di pane, questa quotidiana monotonia che ti strappa
brano a brano ogni briciolo di vitalità e di speranza.
Trovare una vita
migliore. Perché sono ancora giovane e bella, perché non sono
morta.
L'ho ascoltato, gli ho
ceduto, ci ho creduto.
Con l'alba del nuovo
giorno tutte le parole sussurrate nella notte tempestosa da un
ragazzo sorridente e spensierato venuto dalla città alla moglie
infedele di un pescatore si sono rivelate per ciò che sono: bugie.
Ho aperto gli occhi e
lui non era più al mio fianco. Il letto era freddo, vuoto.
Ero sola.
Come se lui
non fosse mai stato qui, come se mi fossi immaginata tutto. La rosa
rossa che mi aveva donato il ragazzo giaceva calpestata sul nudo
pavimento, maltrattata come le mie speranze.
Sono rabbrividita, e ho
maledetto me stessa.
Poi ho raccolto il
fiore e sono uscita all'aperto.
Finalmente sono
riuscita a lasciarlo andare, e ho pregato di nuovo per veder tornare
l'uomo che da anni chiamo marito, e amore.
Pesca
forza tira pescatore, pesca non ti fermare
poco pesce nella rete,
lunghi giorni in mezzo al mare
mare che non ti ha mai dato tanto,
mare che fa bestemmiare
e si placa e tace senza resa
e ti
aspetta per ricominciare
e ti aspetta per ricominciare
Tiro
le reti sulla barca. La pesca è stata proficua.
Stavo
per farmi avvolgere dai flutti, la decisione era presa. Abbandonare
la lotta sembrava così dolce e sereno.
Poi nell'ultimo istante, tra
la schiuma delle onde e il fragore del mare, ho visto davanti agli
occhi, come se fossero stati sulla barca con me, mio figlio, la mia
donna.
Non
ho più potuto mollare la presa.
Ho lottato per un tempo indefinito, disperando quasi di rivedere
la luce. Ma ora alzo gli occhi e il sole di un nuovo giorno si
intravede tra le nubi, il cielo si rischiara e so che il peggio
è
passato.
Allora
mi rimetto a lavoro, per far sì che questa uscita in mare sia
stata
proficua. Per rendere utile un viaggio che poteva costarmi la vita. Ma
la sopravvivenza non è a sua volta la nostra scommessa
giornaliera? Bisogna rischiare. Per vivere, bisogna richiare.
Dopo ventiquattro ore che sembrano durate un anno intero torno in vista della costa.
Il
mare intorno adesso è tranquillo, lo sciabordio delle onde
contro lo scafo niente più che un basso borbottio bonario.
Sembra
quasi voler negare la furia di stanotte. Rassicurante, amico mare.
Ma allo stesso tempo può risultare fatale.
Come alla partenza guardo verso casa mia. Sulla
soglia di casa scorgo lei, come l'ho lasciata, come se non si fosse mai mossa.
Le faccio un cenno con il capo, lei
risponde allo stesso modo.
Non
dice niente.
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