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Autore: Rowena    30/05/2012    3 recensioni
Demelza Robins ha un problema, si è presa una cotta per una sua compagna di squadra che non ne vuole sapere di lei… E se ci mettesse lo zampino la sua amica Ginny Weasley?
[Seconda classificata al contest "Bouquet di FemSlash" su Writers Arena Rewind]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Ginny Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Note dell'Autore: Dunque, non sono per niente convinta di questa storia... Ho provato per il contest, ma non sono sicura che mi sia riuscita. Anche lo slash... Ditemi voi che ne pensate! Comunque... Ho preso spunto da un piccolo accenno che avevo fatto in un'altra storia, uno dei primi capitoli de Il XIII uso del sangue di drago.

 
 
 
 
 
L’ultimo allenamento era stato davvero spossante, pensò Ginny riponendo la sua scopa e le protezioni anti-Bolide nell’armadietto e si preparò a farsi una lunga doccia corroborante prima di vedersi con Harry.
Avevano una prenotazione nel nuovo ristorantino di Diagon Alley che la Gazzetta del Profeta aveva tanto decantato e, dato che le pagine delle recensioni erano le uniche di cui ancora ci si potesse fidare, voleva assolutamente provare la loro cucina.
«Ti ho detto di no, per cui smettila di scocciarmi!»
Dai bagni, una più che infastidita Maggie Saunder comparve come una furia, recuperò la sua borsa e senza neanche salutare lasciò lo spogliatoio.
«Buona serata anche a te, Maggie! Ma che modi», sbuffò Ginny. Sembrava tornata ai suoi primi tempi in squadra: taciturna, rabbiosa, diffidente. Era andata avanti per qualche tempo, finché Gwenog non l’aveva rimessa in riga facendole presente che con quell’atteggiamento non avrebbero mai vinto. Se non c’era gioco tra i tre Cacciatori, era impensabile sperare di scalare la classifica come le Harpies si erano prefissate da tempo, per cui Maggie era stata messa davanti a un ultimatum: o cambiava, o sarebbe stata fuori dalla squadra.
A Ginny non era piaciuta subito: il suo atteggiamento sempre sulla difensiva avrebbe fatto perdere la pazienza a persone ben più tolleranti di lei. Perdeva una Pluffa? Il sole l’aveva distratta. Mancava una ricezione? Chi aveva tirato aveva di certo una pessima mira. Sbagliava un lancio? Eh, forse gli anelli non erano regolamentari. No, decisamente una persona così non poteva sopravvivere a lungo nelle Holyhead Harpies, sorellanza di donne prima ancora che squadra. Non era una sorpresa che fosse ancora una riserva da utilizzare proprio nel caso non ci fosse altra alternativa.
Poi erano iniziati a serpeggiare i pettegolezzi sul suo improvviso cambio di casacca. I Falmouth Falcons non erano una squadra facile: erano duri e s’impegnavano perché i nuovi arrivati diventassero altrettanto tenaci e pronti al fallo. Maggie non sarebbe dovuta finire in quella squadra, non aveva la giusta tempra, pensò Ginny, ma quello che le era successo era imperdonabile. Sembrava che uno dei due Battitori l’avesse molestata dopo una partita e che i responsabili della società avessero ignorato il fatto adducendolo a un altro dei sistemi comprovati per rendere delle rocce i giocatori.
Vermicoli senza palle, si disse Ginny ancora furiosa. Dopo quella scoperta, si era detta che sarebbe stato più facile avvicinarsi alla nuova arrivata, ma non era tutto.
La Gazzetta aveva pubblicato delle foto di Maggie colta mentre baciava un’altra ragazza. Sembrava che l’elegante Battitore avesse proposto a entrambe una sveltina, arrivando a schiaffeggiare la fidanzata della sua compagna quando questa aveva cercato di rimetterlo al suo posto. La Cacciatrice si era fatta avanti per difenderla e le aveva prese a sua volta. Nonostante il fatto fosse accaduto fuori dallo stadio, si era aspettata che i Falcons la proteggessero da quelle molestie, in fondo era la promessa della squadra, ma anche dai dirigenti erano arrivate proposte simili a quelle avanzate da quel maiale di Appleseed.
Sconvolta, Maggie aveva minacciato di spiattellare tutto alla stampa se non fosse stata ceduta subito, sebbene si trovassero a metà stagione, e per fortuna era riuscita a liberarsi da quella situazione allucinante. Non c’era da stupirsi se non si fidasse delle persone, a quel punto.
Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere.
Sebbene quella frase fosse stata pronunciata da un personaggio deprecabile – Bartemius Crouch Jr, nei giorni in cui si era travestito da Moody – Ginny non era riuscita a dimenticarla. Gliel’aveva detta per farle forza, un pomeriggio in cui l’aveva trovata in un’aula vuota in un attacco di panico. Ogni tanto le erano capitati episodi simili, dopo la possessione di Voldemort, e ancora a quei tempi non riusciva a farsi una ragione di quanto le era capitato.
Era danneggiata, e così Maggie. Si era fidata della sua squadra ed era stata trattata come la più ignobile delle sgualdrine, senza ricevere la minima protezione nei confronti di un individuo che l’aveva minacciata e picchiata. Certe cose non si dimenticano in fretta…
Ginny fu richiamata al mondo reale da un singhiozzo proveniente dai bagni. Maggie aveva litigato con qualcuno ed era facile immaginare di chi si trattasse.
«Demelza?», chiamò con una voce un po’ troppo esasperata, prima di entrare.
La sua compagna di squadra fin dai tempi di scuola era seduta sul pavimento di piastrelle bianche, con le ginocchia sotto al mento e gli occhi lucidi. Non stava piangendo, non se lo sarebbe mai permesso, eppure era visibilmente scossa.
«Deve essere stata davvero una brutta discussione, se stai lì», commentò Ginny con aria schifata. «Quel pavimento ha visto giorni migliori».
«Ho combinato un casino, Gin», rispose l’amica sospirando.
«Dal modo in cui Maggie è uscita in fretta e furia dagli spogliatoi, lo supponevo. Che è successo?»
Demelza si pulì il naso nella divisa sudata, alzando gli occhi al cielo. «Niente di nuovo, ho insistito perché accettasse il mio invito… Mi sono arrabbiata perché ha detto delle sciocchezze per respingermi e sono volate parole grosse. Pluffa persa su tutta la linea».
«Perché t’infiammi sempre senza pensare», rispose Ginny vincendo la sua repulsione e andando a sedersi accanto all’amica. «Con quello che ha passato Maggie, è comprensibile che non voglia pensare ad altre storie, la sua fidanzata l’ha mollata dopo l’aggressione di quel balordo…»
Voleva bene a Demelza. Erano diventate davvero affiatate quando la giovane Weasley si era resa conto che era l’unica del suo dormitorio che non voleva soffiarle Harry. Era comico che Ginny le avesse confessato quanto le piacesse quel rispetto per il suo primo amore, col senno di poi! La sessualità della ragazza non era certo un problema per lei. Certo, avrebbe preferito che l’amica le avesse rivelato la verità prima di chiedere una specie di appuntamento a Ron per capire se davvero i ragazzi non le interessavano, ma pazienza.
«Lo so, Ginny, ma temere di essere nuovamente al centro di uno scandalo giornalistico mi sembra un motivo sciocco per rifiutarmi. Non esce con nessuno, non fa altro che allenarsi e stare a casa… Voglio aiutarla».
«E non farlo standole vicina come amica, invece di cercare di forzarla perché accetti qualcosa per cui non è pronta?», suggerì la ragazza dai capelli rossi. «Magari da cosa nasce cosa, e stando fianco a fianco potrebbe scoccare la scintilla!»
Demelza scosse il capo ridacchiando. «Per essere cresciuta con sei fratelli maschi, sei disgustosamente romantica, Gin. Non credo sia così semplice, è davvero determinata a farsi terra bruciata intorno».
Harry di certo la stava aspettando a Diagon Alley… Ginny doveva andare, ma le spiaceva lasciare l’amica in quello stato. «Ascolta, vuoi che ci parli io?»
«No, figurati! Peggioreresti solo le cose», rifiutò la ragazza tirandosi su dal pavimento. «Non è così grave, sono solo un po’ melodrammatica. Magari lasciandole un po’ di spazio cambierà idea».
Con un sorriso, Demelza offrì una mano all’amica per aiutarla a rimettersi in piedi e la ringraziò per il suo sostegno morale. «Avanti, non vorrai perderti la tua cenetta con il signor Eroe-del-mondo-magico!»
 
*
 
Se qualcuno avesse detto a Ginny Weasley che assomigliava terribilmente a sua madre, probabilmente si sarebbe beccato un bel pugno dalla suddetta. O una bella fattura Orcovolante, le riuscivano così bene…
Tuttavia, Ginny Weasley davvero assomigliava terribilmente a sua madre e quella breve conversazione con Demelza era stata sufficiente per mettere in moto le rotelle nella sua mente. Le spiaceva vederla così triste e, in fondo, amava moltissimo combinare appuntamenti più o meno al buio.
Se la sua amica era già cotta a puntino, capire cosa pensasse Maggie di lei sarebbe stato più difficile. La nuova arrivata continuava a dare poca confidenza a tutti, e da quando aveva litigato con la compagna di squadra si era fatta di nuovo taciturna. Superare quel muro di circospezione non sarebbe stato semplice…
Fortuna volle, però, che Gwenog Jones nella sua dittatura da stella del Quidditch che doveva portare la squadra alla ribalta – c’era da sperare che lei e Oliver Baston non s’innamorassero mai, o i figli sarebbero stati vessati in maniera crudele – decise che Ginny avrebbe affiancato Maggie negli allenamenti per aiutarla a migliorare i suoi lanci.
«I miei tiri vanno benissimo, di che si lamenta quella megera?», brontolò la novellina.
La Cacciatrice alzò le spalle e inforcò la scopa, mentre l’altra la seguiva. «Beh, Saunder, i nostri anelli sono delle misure regolamentari come su ogni altro campo da gioco del campionato, che tu ci creda o no. Se la tua mira manca il bersaglio così spesso è perché ti manca esercizio… E perché immagini di uccidere quel bastardo di Appleseed con la Pluffa, invece che fare dei punti».
Erano a una decina di metri dai pali, a quel punto. Maggie storse il naso, lanciando la palla rossa senza attenzione: il tentativo fu così fiacco che non arrivò nemmeno all’anello più basso.
«Visto? Se non ti concentri sul gioco, non potrai migliorare», la prese in giro Ginny.
La riserva andò a recuperare la Pluffa, tornò in posizione alla distanza da cui normalmente venivano tirate le punizioni e provò di nuovo, mancando ancora una volta il bersaglio centrale. Non sarebbe mai riuscita a concentrarsi con quella petulante alle calcagna, ma non aveva scelta. Si volse in direzione dell’altro lato del campo, ma proprio di fronte a lei Gwenog Jones stava sgridando – non sentiva quello che diceva, ma l’atteggiamento della severissima allenatrice era inequivocabile – Demelza Robins. Maggie tornò a guardare verso i suoi anelli, infastidita, e fece per recuperare la Pluffa, quando si accorse che era tra le mani di Ginny Weasley.
«Ridammela, sono io che devo esercitarmi», soffiò rabbiosa. Ma di che s’impicciava la stellina d’oro della squadra? Era così brava da poter spendere il suo allenamento a occuparsi dei problemi personali delle compagne?
Ginny scosse il capo: «Guarda che ti voglio soltanto aiutare. Tutta la squadra non desidera altro, anche Demelza. Ci servi in forma per vincere il campionato».
«Sono solo una riserva».
«Ma Angelina potrebbe ritirarsi presto… Io certe cose le so in anticipo, è fidanzata con mio fratello George e vogliono mettere su casa!», replicò la titolare con un sorriso soddisfatto.
Non aveva il controllo della situazione, e Maggie detestava quando accadeva. Doveva migliorare e guadagnarsi il posto in squadra, così da dimostrare a tutti che le Harpies l’avevano presa per le sue capacità, e non perché avevano pena della sua storia di abusi, come molti avevano sostenuto al momento della sua cessione, e per fare ciò aveva bisogno di calma, di tranquillità… Certo non di una celebrità decisa a rovinarle la giornata.
«Avanti», proseguì Ginny, prima di fare un centro perfetto, «ti puoi fidare di noi. Nessuno ti farà del male qui».
Era la goccia di troppo per la giocatrice più giovane. Non aveva più voglia di sentire discorsi comprensivi, vedere facce amichevoli e pietose, persone che cercavano di avvicinarla per convincerla ad aprirsi. Era stanca.
«Per te è facile parlare, non è vero? Non sei tu quella che ha rischiato di essere stuprata da un maniaco e che si è sentita consigliare da tre vecchi maiali che avrebbe dovuto ritenersi fortunata per simili attenzioni!», gridò Maggie piegandosi sul manico di scopa per andare a riprendere la Pluffa.
Eppure i quindici anni li ha passati da un pezzo… Le sembrava di essere tornata a Grimmauld Place dopo che suo padre era stato attaccato al Ministero. Harry aveva assistito alla scena grazie al collegamento con la mente di Voldemort ed era rimasto profondamente turbato da quella visione, ricacciando ogni tentativo dei suoi amici di rassicurarlo. Aveva dovuto ricordargli che lei era stata posseduta al primo anno, perché l’ascoltasse.
Ora la storia si ripeteva.
«Non mi è mai successo», esclamò strappando la palla di mano alla compagna di squadra e centrando l’anello di mezzo. «Ma posso capire cosa stai provando».
«Non credo proprio, quelle come te non sanno cosa siano le difficoltà», sbottò Maggie con rabbia.
Erano bastati due anni nelle Harpies e un premio come migliore giocatrice esordiente, più molte pagine scandalistiche sulla sua relazione con Harry Potter, perché il mondo dimenticasse chi fosse Ginevra Weasley. Nessuno ricordava che fosse la settima figlia in un clan che aveva tirato per anni a stento, che era andata in giro con vecchi vestiti smessi di sua madre o, peggio, dei fratelli, che aveva avuto tutto di seconda mano, finché le cose non avevano cominciato a girare. Soprattutto, nessuno o quasi sapeva del suo tragico primo anno a scuola. Lei non aveva mai voluto trasformare la sua avventatezza in una bandiera per farsi compatire dal prossimo, eppure a volte avrebbe voluto far conoscere al mondo quella terribile storia.
«Eri a Hogwarts l’anno della Camera dei Segreti?», domandò cercando di mantenersi calma.
Maggie annuì: «Sì, ma che c’entra?»
«E se ti dicessi che ero io la ragazzina posseduta da Voldemort che l’ha aperta e ha aizzato dieci metri di serpente contro i suoi compagni di scuola?»
«Direi che sarebbe una bugia così grossa…», la voce della novellina morì nel vedere l’espressione funerea di Ginny, così spaventosa che perse la Pluffa. «Sul serio?»
«Io in persona, anche se non ne vado molto fiera», rispose l’altra recuperando la palla e ripassandola alla compagna. «Come vedi, posso comprendere come ci si sente a essere violate e a non sapere a chi rivolgersi. Mira all’anello a destra, ora».
Questa volta Maggie fece centro e questo le diede un po’ più di sicurezza. «Come hai fatto a riprenderti da una cosa del genere?»
«A volte non credo di esserci mai riuscita… Scendiamo a terra? È una conversazione troppo seria per portarla avanti volteggiando in aria», propose Ginny.
«E Gwenog? Se ci trova ferme, ci farà una lavata di capo inenarrabile».
«Nel caso me la lavoro io, non ti preoccupare», disse la più esperta, puntando verso il suolo. «Quello che voglio dirti è che non devi permettere a quanto ti è accaduto di condizionare la tua vita più di quanto abbia già fatto. Avresti dovuto ricevere comprensione e protezione, è vero, ma non è successo e ora sta a te decidere cosa fare».
Maggie era scettica. «Mi fai questo discorso perché sei davvero preoccupata per me o perché vuoi che esca con la tua amica Robins?»
«Perché sono convinta che se sfogassi la tua rabbia repressa potresti diventare la punta di diamante di questa squadra… E perché sì, vorrei che dessi un’occasione a Demelza. È una testa di Grinzafico, quando vuole, ma è una brava persona».
Ginny amava parlar chiaro, era risaputo, e fingere che l’avesse avvicinata senza voler aiutare l’amica innamorata sarebbe stata una bugia indegna. E poi davvero Saunder avrebbe potuto diventare una grande giocatrice: aveva del talento, anche se ben nascosto.
«Non mi voglio impegnare al momento. Ne vengo dalla storia con Cassidy e ci siamo prese una pausa…»
«Da quello che ho sentito, questa Cassidy si è spaventata a morte e ha deciso che non uscirà mai più con una giocatrice di Quidditch. Oltre dal bruto che vi ha aggredito, è rimasta sconvolta dalla tua abilità a menare le mani», commentò Ginny con una certa asprezza. Poteva apparire dura, ma non doveva permettere che la compagna si creasse delle illusioni. Sarebbe stata ancora più dura superare il problema, in questo caso. «La tragedia irrompe nella tua vita come un tornado, scoperchiando tutto, creando caos. Puoi vivere nello sfacelo e fingere che sia ancora la casa che ricordi. Oppure puoi strisciare fuori dalle macerie e ricostruire».
Maggie tornò a cavalcioni della scopa e fece per rimettersi in volo. «Sto ancora aspettando che le raffiche di vento cessino, a dire il vero».
Ginny la raggiunse in aria e l’affiancò: «Facciamo così, allora: se vinciamo la prossima partita, tu concederai un appuntamento a Demelza».
«La prossima è con il Puddlemere, non ce la faremo mai», commentò ridendo la ragazza scartando all’improvviso.
«Allora non ti creerà problemi accettare una scommessa già aggiudicata in partenza…» ghignò l’altra prima di centrare l’anello più alto.
 
*
 
“Il fenomenale punteggio segnato da Ginny Weasley nella partita che vedeva le Holyhead Harpies contro il Puddlemere United rimarrà nella storia: da sola ha segnato centosettanta punti che, insieme agli altri quindici centri effettuati dalle sue compagne Johnson e Robins, hanno trascinato la sua squadra alla vittoria. Poco importa che il Cercatore del Puddlemere abbia afferrato il Boccino d’Oro: i Cacciatori dello United non sono riusciti quasi ad avvicinarsi agli anelli delle Harpies, grazie alla precisione difensiva di Gwenog Jones e della sua compagna Kettlemore. Una vittoria schiacciante che riapre tutti i pronostici per chi si aggiudicherà la coppa alla fine del campionato, e…”
«Maledizione, me l’ha fatta».
Maggie appallottolò il giornale del mattino e lo gettò in un angolo della stanza. Avrebbe dovuto sapere che, avendola convinta ad accettare quella stupida scommessa, la Weasley avrebbe fatto il diavolo a quattro pur di obbligarla a mantenere i patti!
Quella ragazza era una vera furia, non c’era nulla da fare. Quasi compativa il povero Harry Potter: tra Voldemort e la furia di quella strega, lei al suo posto sarebbe stata in difficoltà a scegliere.
Maggie tentò di sistemarsi i capelli arruffati e si rigirò nel letto. Accidenti, l’aveva proprio giocata alla grande, meglio di una finta Wronsky!
«Buongiorno, sei sveglia?» Demelza comparve dal bagno con lo spazzolino in bocca, facendo arrossire la sua ospite che si coprì fino al collo con le lenzuola. «Però, stanotte non mi sei sembrata così timida».
«Stanotte ero decisamente più ubriaca», bofonchiò l’altra con un certo imbarazzo.
Erano andate tutte insieme a festeggiare la storica vittoria della squadra, avevano decisamente alzato il gomito… Poi loro due si erano ritrovate in un vicolo a baciarsi come adolescenti prese dagli ormoni. Da lì a Materializzarsi nella casa più vicina era stato un attimo. Forse la partita dei record aveva fatto da afrodisiaco, forse semplicemente non aveva più voglia di stare sola come un cane.
Tuttavia, alla luce del mattino sembrava una gran stupidaggine. Accidenti, si era ripromessa di non fare più stupidaggini del genere!
«Beh, a questo punto me ne andrei», disse Maggie cercando di Appellare i suoi vestiti da ogni angolo della stanza. Per fortuna aveva tenuto la bacchetta sul comodino, in un raro momento di lucidità.
«Dove?», Demelza si allungò sul letto per raggiungerla. «Da quello che mi ha detto Ginny, mi devi un appuntamento…»
«A casa, a dormire e a godermi i postumi della sbronza. Credevo che questo contasse come saldo del debito», tentò di cavarsela l’altra.
«Oh no, questo è stato un momento di follia causato dall’alcol», ridacchiò la padrona di casa. «Nei patti era previsto un vero appuntamento! Dai, vestiamoci e andiamo a fare colazione al Paiolo Magico».
Maggie s’irrigidì. «Ti ho già detto che non sono ancora pronta per farmi vedere in giro con una ragazza. Sono andati avanti per settimane coi pettegolezzi, e se qualche fotografo ci vedesse?»
«Prometto che mi comporterò come un’amica e niente di più, parola d’onore», scherzò Demelza dandosi un tono.
«Allora non vuoi capire! Credi che ci crederebbero? Che nessuno lancerebbe occhiatine per capire se siamo amanti o farebbe battute?»
«Effettivamente siamo amanti…» cominciò l’altra, ma si zittì subito vedendo l’espressione di Maggie.
«La settimana scorsa ero a pranzo con mia sorella, ed è stato mortificante».
«Va bene, lasciamo stare», sospirò Demelza, intuendo che continuando in quel modo avrebbero finito per litigare di nuovo. «Però non te ne andare… Restiamo qui, posso scendere a prendere qualcosa alla caffetteria all’angolo».
Effettivamente, Maggie aveva una certa fame, e poi non aveva voglia di tornare a casa per rimuginare inutilmente sull’enorme stupidaggine commessa. Acconsentire era il modo migliore per togliersi dall’impiccio. L’altra le scoccò un bacio e, dopo essersi vestita in un lampo, scomparve dalla porta promettendo di tornare con i migliori cornetti della città.
Rimasta sola, la ragazza finì di recuperare i suoi abiti e andò a bere un sorso d’acqua per rinfrescarsi la gola. Chissà, forse era arrivato davvero il momento di cambiare pagina…
Certo era fastidioso pensare di dovere quello scampolo di felicità a Ginny Weasley!
 
   
 
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