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Autore: Geisha    30/05/2012    2 recensioni
Wendy era sempre stata quel rompicapo che neppure lui, bambino prodigio, era mai riuscito a risolvere. E a pensarci bene, era perfino da stupidi pensarla così, perché l’amica non era poi tanto diversa da miliardi di altre ragazze che avevano gravitato nella sua vita, avvicinandosi per poi allontanarsi senza fare più ritorno. O, forse, era stato proprio lui a decidere di non provare a dare un senso a quel puzzle umano, troppo spaventato al pensiero che, la soluzione, avrebbe potuto scombussolare la sua esistenza.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 1

 

Wendy Lamont

 

 

Come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già prima. La prima riga della prima pagina di ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori del libro. Oppure la vera storia è quella che comincia dieci pagine più avanti e tutto ciò che precede è solo un prologo.”

Italo Calvino

 

 

River Road, Casa Lamont, Ore 8.12

 

-Aspetta, altrimenti ti sporchi la divisa-  Wendy si allungò sul bancone della cucina, rubando dal piatto di Abigail una fetta biscottata imburrata. La bimba gonfiò le guance mentre recuperava un bicchiere di succo d’arancia, portandolo alle labbra con entrambe le manine –Allora, preoccupata per il compito di matematica?-

La bimba scosse la nuca –Ho chiamato lo zio Spencer l’altra sera e mi ha aiutata a studiare! Lo sai che lui sa tante cose?- Wendy ridacchiò a quella domanda. E come poteva non saperlo? Quel piccolo genio prodigio l’aveva sempre sommersa di nozioni e curiosità su cose prive di importanza, almeno per lei, dall’età di sei anni!

-Aha, e cosa ti ha insegnato?-

-Mi ha raccontato una leggenda sugli scacchi. E ha detto che facevi schifo, quando giocavate.- e le sorrise raggiante, sua figlia, dondolando i piedini dalla sedia mentre tornava a sorseggiare il succo. Wendy ripose alcune fette biscottate ricoperte di marmellata sul piatto di Abigail, scuotendo la nuca di fronte alla simpatia del migliore amico, rimpiangendo i bei tempi in cui era lei a burlarsi di lui.

-Coraggio, sbrigati a mangiare o farai tardi a scuola- liquidò la conversazione alzando le mani al cielo, dirigendosi verso il telefono di casa che aveva cominciato a suonare da qualche secondo; si appoggiò contro i fornelli mentre alzava la cornetta - Casa Lamont!- rispose con tono squillante e mentre attendeva una risposta, Wendy portò il pollice alle labbra, mangiando il residuo di marmellata d’arancia.

-Wendy, sono Erin Strauss- a quella voce austera, un’espressione di disgusto le imbruttì il volto coperto di lentiggini, facendole perdere ogni briciolo di felicità –Scusa il disturbo, ma il cellulare risulta irreperibile.- comprese dalla sua lunga pausa quanto fosse irritata per non averla trovata subito e prima che una ramanzina potesse rovinarle la giornata, la padrona di casa prese la parola.

-Non pensavo avrebbe avuto bisogno del mio aiuto-- si schiarì la voce, massaggiandosi una tempia mentre cercava di mantenere un minimo di self-control –E’ successo qualcosa di grave?- cominciò a giocherellare con un lembo della lunga maglietta dei Metallica che le arrivava fino a metà coscia, lanciando un’occhiata sfuggevole alla bambina che, incurante di lei e della sua conversazione, continuava a mangiare con tranquillità.

-Credevo che la mia segretaria fosse sempre disponibile- a quella frecciatina detta con fastidio, la Lamont si morse la lingua, frenandosi  dal pronunciare quella deliziosa imprecazione che penzolava dalle labbra carnose –Ad ogni modo, ho bisogno che tu venga a lavoro.- fu tutto ciò che le disse senza concederle alcuna spiegazione. A quelle parole, Wendy trattenne una risata nervosa.

-Come prego? Mi scusi Signora Strauss, ma le mie vacanze si concluderanno fra una settimana e—deglutì quando avvertì il suo sospiro pesante –E ho promesso ad Abby che avremmo trascorso tutto il tempo assieme.- la sua voce divenne appena udibile.

-Mi spiace, ma dovrai rimandare i tuoi progetti- dal tono di voce palesemente contrariato, comprese che no, non le importava nulla delle sue priorità –Ma ho bisogno di te qui, ora. E fammi un favore: passa prima da casa mia e fatti preparare una valigia con dentro il cambio e tutto il necessario per due, tre giorni. Ti spiegherò tutto quando sarai arrivata.- Wendy biascicò un certo privo di allegria, ponderando sul perché quella donna dovesse partire per una vacanza costringendola ad interrompere la propria. La superiore continuò a parlare, ma l’attenzione di Wendy era ora rivolta alla figlia. Guardò Abby, cercando di trovare le parole migliori per dirle che, ancora una volta, non sarebbero riuscite a trascorrere del tempo assieme. Se avesse cominciato ad odiarla, non le avrebbe dato tutti i torti.

-Wendy, mi stai ascoltando?-

-Ahm, certo… Diceva?-

-Ti voglio qui in ufficio fra un’ora. Vedi di essere puntuale.- categorica, le diede le direttive senza curarsi delle sue precedenti lamentele. E la Lamont, suo malgrado, si ritrovò ad annuire.

-Il tempo di portare Abigail a scuola e sarò da lei- adesso la figlia le stava prestando attenzione. Aveva capito che non ci sarebbero state altre camminate al parco o che non sarebbe più andata lei a prenderla a scuola, glielo si leggeva sul viso bianco contornato da lunghi capelli rossicci –E Signora Strauss, mi scusi per—allontanò la cornetta e la fissò. La megera aveva riattaccato –Al Diavolo…- borbottò riattaccando con malagrazia, avvicinandosi poi alla bambina con pacatezza, in punta di piedi per non patire il freddo del pavimento gelido.

-Era la Strega di Biancaneve?-

-Chi?!-

-Il tuo capo.- mugugnò la bimba rigirandosi il bicchiere fra le manine.

La ragazza si morse il labbro inferiore, torturandosi le dita mentre annuiva e cercava di indorarle la pillola, ma quando mormorò un flebile -Abby— portandosi una lunga ciocca scura dietro l’orecchio solcato da tre orecchini, la diretta interessata la interruppe incolore -Chiamo la signora Campbell.-

Wendy la vide imbronciarsi e scendere dalla sedia, senza finire la colazione. La madre guardò il soffitto e poi la seguì fino alla cameretta, osservando la piccola che metteva il pigiama nello zaino –Abby, sai bene che la mamma non può saltare il lavoro quando c’è una chiamata urgente. Anche se mi piacerebbe stare a poltrire sul divano, o passare del tempo con te.- concluse mogia, grattandosi la punta del naso mentre la vedeva stiracchiare un sorriso prima di superarla.

-Non sono arrabbiata. E comunque dalla signora Campbell mi diverto.- scomparve ancora dietro la porta che dava sulla cucina unita al salotto, e dopo pochi secondi, udì Abigail parlare al telefono con quella che poteva definire la sua tata.

Wendy sospirò, massaggiandosi un braccio solcato da numerosi tatuaggi di piccola fattura.

Fantastico, nel giro di cinque minuti era riuscita a farsi odiare dalla Strauss e dalla propria figlia di otto anni. Beh, del resto quello era diventato un giorno come tutti gli altri. Di che cosa si sorprendeva?

********

 

Quartier Generale F.B.I., Quantico, Virginia. Ore 10.00

 

 

Wendy Lamont, segretaria della signora Erin Strauss, fece il proprio ingresso nell’open space dell’F.B.I. armata di caffè doppio, borsa ritirata da casa della megera e sguardo truce, il tutto condito da acidume che riversava sui malcapitati colleghi che osavano rivolgerle la parola.

-Wendy, che ci fai qui? Non dovresti essere in vacanza?- a quella voce così allegra, la ragazza sbuffò, pronta a biascicare un saluto privo di gioia. Quando però si rese conto che a correrle incontro era Spencer Reid, un sorriso di serenità le increspò le labbra prima incurvate. L’accolse con un sorrisone e una tazzona di caffè, spostandosi dalla sala relax a lei.

La alzò le spalle -La Strauss mi ha chiamata questa mattina e dice che, causa urgenza dell’ultimo minuto, le mie meritate vacanze terminano da oggi.- sorseggiò un po’ di caffè, cominciando ad incamminarsi verso il proprio ufficio.

-Abigail come l’ha presa?-

-Nh, male- scosse la nuca –Mi ero ripromessa di essere una mamma sempre presente e invece mi ritrovo a trascorrere più tempo a lavoro che in casa. Se-- gli lanciò una sfuggevole occhiata, vedendolo attendere incuriosito –No, lascia perdere.- sventolò la mano libera, accelerando il passo, conscia che prima o poi le avrebbe propinato un’analisi sul rapporto madre e figlia che legava lei e Abby. Perché Reid era sempre stato bravo a leggerle la mente anche quando si ostinava a porre delle barriere e quella mattina, non sarebbe stata diversa dalle altre.

-Lo sai che lei non ti odierebbe mai, vero?- la guardò con gli occhi spalancati, come se quella fosse un’ipotesi da non prendere in considerazione –Tu sei una buona madre, lei lo sa.-

-Mio padre avrebbe da ridire su questo- lo vide aprire la bocca, pronto probabilmente a psicanalizzare il suo rapporto con la figura paterna, ma Wendy dribblò l’argomento scomodo, buttandosi in picchiata verso altri lidi –Gideon e Hotchner sono tornati?- in quelle due settimane di riposo, nulla sembrava essere mutato, almeno apparentemente. Le sembrò di mettere piede in un alveare impazzito, dove tutto lo sciame si muoveva frenetico e senza una meta precisa, quasi l’equilibrio interno fosse stato eliminato. E lei, pur essendo stata assente e quasi irrintracciabile, sapeva bene a cosa fosse dovuta quest’aria tesa; Spencer l’aveva ampliamente aggiornata –tenendola incollata al telefono per parecchie ore o piombando a casa ad orari improponibili- sulle ultime faccende che avevano colpito la loro squadra.

Reid serrò le labbra e scosse la nuca –Hotch è nell’ufficio della Strauss, lo ha convocato questa mattina-portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli, incurvando le spalle mentre il suo tono di voce si incupiva –Gideon non si è presentato. L’ho aspettato in ufficio tutta la notte e--

-Lo hai aspettato qui?!- arcuò un sopracciglio, scrutando il suo viso stanco e assonnato.

-Dovevamo giocare a scacchi- fissò il liquido scuro, riportando poi la propria attenzione sull’amica –Magari è solo in ritardo- mormorò pensieroso, soffiando sulla tazza. Wendy annuì, sorseggiando la bevanda, lasciando che tra loro calasse il silenzio, conscia che lui non avrebbe cercato di riempirlo con domande scomode. Magari le avrebbe solo elargito perle mattutine o le avrebbe raccontato delle sue nuove scoperte o l’avrebbe sommersa di aneddoti su qualche caso appena affrontato. Ma quella mattina, Spencer Reid era piuttosto abbacchiato e sapeva che la causa era il vuoto che Jason Gideon aveva lasciato con la sua recente lontananza –Tu credi che tornerà?-

-Non lo so, sono successe così tante cose- gli accarezzò la spalla con dolcezza, cercando di tranquillizzarlo –Senti, Spency- lo vide storcere il naso a quel nomignolo stupido –Credo che Gideon in questo momento abbia bisogno di stare un po’ da solo e-e sono sicura che qualsiasi decisione lui prenderà, sicuramente farà in modo di fartelo sapere.-

-Come fai ad esserne sicura?-

-Non lo so, è una sensazione- sorrise nostalgica mentre i ricordi prendevano il sopravvento –Del resto, è stato lui a cercarti, no?-

 

Wendy si districava nella massa di studenti che affollavano i corridoi dell’università di Caltech, continuando a fissare il proprio capo per non perderlo di vista. E lui, che imperterrito continuava a camminare veloce senza curarsi che lei stesse al passo, non le aveva nemmeno detto il perché di questa loro scampagnata in California. Non che Jason Gideon la rendesse mai partecipe delle sue geniali trovate, ma almeno quel giorno sarebbe stato carino da parte sua spiegarle perché l’avesse buttata giù dal letto alle 6.00 del mattino.

-Ripetimi perché siamo qui!- dribblò alcuni ragazzi e si fiondò verso il boss.

-Dobbiamo trovare un ragazzo.-

-Aha, hai altre informazioni o dobbiamo basarci su questo?- ironica, neppure badò al suo sospiro pesante –No perché, se non lo avessi notato, Caltech non è un collegio femminile.- gli fece notare con ovvietà, agitando la mano libera mentre l’altra stringeva il quaderno degli appunti e il cellulare.

-Dovresti sapere che non vado mai sulla scena del crimine senza informazioni. Ma se vuoi un altro indizio… Sto cercando un ragazzo che alla sola età di quattordici anni è riuscito ad entrare in questa università.-

Wendy fischiò –Wow, un genio!- lo guardò curiosa –E posso sapere chi è?- gli si parò davanti, ricevendo in cambio un’espressione annoiata e un “No” laconico, prima di venire superata di nuovo –La tua segretaria non dovrebbe essere a conoscenza di ogni tuo più recondito pensiero?-

Gideon arcuò le folte sopracciglia e la fissò di sbieco –No, deve solo prendere le mie chiamate, fissare gli appuntamenti e prepararmi il caffè- Wendy fece per rispondergli, ma lui fu più veloce nel zittirla -Pazienta qualche altro minuto. Dovrebbe essere qui, da qualche parte. E Wendy, copriti quella spalla, lo sai che non mi piace vedere i tuoi tatuaggi.- la rimproverò indicandole la spallina del maglione che continuava a scivolare.

La giovane roteò gli occhi e aggiustò la manica -E’ un’università, Gideon, basterà chiedere in segreteria e-

-Lo hai già fatto?- fermò il suo passo veloce, voltandosi a fissarla con sguardo interrogativo. Wendy aprì le labbra, cominciando a rigirarsi fra le dita una ciocca ribelle sfuggita all’alta coda di cavallo –Ricorda, Wendy, sempre un—

-Sempre un passo avanti all’obbiettivo, lo so.- sbuffò riprendendo la propria corsa frenetica verso questo prodigio che tanto aveva catturato l’attenzione dell’agente; e doveva essere davvero in gamba per averlo spinto a recarsi là di sua spontanea volontà, senza fissare un appuntamento. E pensare che lei, per riuscire a diventare quello che era, aveva dovuto pedinarlo fino al suo ufficio ogni santo giorno, appostandosi davanti alla sede dell’F.B.I. rischiando di venir scambiata per un S.I.

-Coraggio Wendy, non abbiamo tutta la mattina!- lo raggiunse davanti alla porta dell’aula 106.

-Gideon, staranno facendo lezione. Non è meglio aspettare fuori?-

L’uomo alzò le spalle mentre allungava la mano verso la maniglia –Non interromperemo la lezione. Rimarremo in piedi in silenzio e aspetteremo la fine. Contenta?- inclinò il capo e lei, di fronte alla sua ironia, si limitò a storcere il naso mentre lo seguiva all’interno dell’aula, bloccandosi di fianco al muro. Grazie al cielo, nessuno sembrò fare caso a loro dopo alcune sfuggevoli occhiate.

-Oh, eccolo lì!- vide le labbra di Jason incresparsi in un leggero sorrisetto, indicandole l’uomo alla cattedra, affiancato da un ragazzo che, probabilmente, doveva essersi vestito al buio quella mattina –Lo vedi?-

-E come faccio a non vederlo?- l’occhiataccia bieca di Gideon, di fronte alla sua ironia, la fece zittire di colpo. Era il classico ragazzo che, sicuramente, alle scuole superiori non se l’era passata granché bene, probabilmente preso di mira dai bulli. E quel maglione a righe più lungo di lui era un pugno in un occhio. Si appoggiò al muro, chiedendosi cosa ci trovasse Jason di così esaltante in una noiosa lezione di matematica. E poi, la voce incolore del docente, ebbe lo strano potere di catturare la sua attenzione:

-Ora vi illustrerà il prossimo problema il Dottor Spencer Reid.-

Assottigliò gli occhi blu truccati e agitò il cellulare, indicando -Spency!- trillò, guadagnandosi l’occhiata confusa dell’agente al proprio fianco.

-Allora hai fatto le tue ricerche.-

Wendy scosse la nuca –Lo conosco da tanto tempo. Non credevo fosse arrivato fin qui.- meravigliata, fissò il ragazzo che, goffo, se ne stava di fianco al docente mentre esponeva alcune equazioni.

Sorrise intenerita, rivedendo il ragazzino della sua adolescenza…

Il ragazzino impacciato e che continuava a gesticolare quando parlava era… Era diventato uno slanciato ventenne impacciato che continuava a gesticolare quando parlava, il tutto corredato da un abbigliamento osceno e da battute che solo Einstein & Co avrebbero potuto comprendere. Si sentì sollevata nello scoprire che il suo Spency non era affatto mutato in quegli anni di distanza e vederlo in quella posizione, nonostante la sua giovane età, le fece comprendere come finalmente avesse trovato il suo posto nel Mondo anche senza il suo aiuto.

-Non sembra molto a suo agio.-

-Non è mai stato bravo a parlare in pubblico.- a quel punto, rimase davvero in silenzio, rapita dalla sua parlantina veloce e dalla sua incredibile capacità di riuscire ad esporre le proprie conoscenze nonostante fosse visibilmente a disagio. Cielo, come le era mancato…

Fu solo quando il professore riprese la parola che i loro sguardi si incrociarono. E lei rimase lì, con Gideon che attendeva a braccia conserte che la lezione finisse. E non ebbe bisogno di salutarlo o chiamarlo per farsi riconoscere, perché Reid le aveva sorriso raggiante dopo averla guardata con sorpresa…

 

-La Strauss ti sta fissando.- la sua voce pacata la riportò alla realtà. Una triste realtà, se doveva essere sincera. Wendy sbuffò e dopo aver sistemato meglio la borsa sulla spalla, si avviò verso la donna affiancata dall’agente Hotchner.  Proprio un bel rientro, non c’era che dire.

-Wendy, sei in ritardo.- Erin indicò il quadrante dell’orologio da polso.

-Signora Strauss, agente Hotchner… Mi scusi, ma essendo partita così tardi da casa, ho trovato più traffico del solito- evitò accuratamente di mostrare tutto il proprio fastidio –Sono passata inoltre a prendere la sua roba, come mi ha chiesto- portò le braccia dietro la schiena, osservandola -Posso sapere per quale motivo sono stata richiamata a lavoro?- domandò il più gentile possibile, adagiando il borsone e la giacca sulla scrivania.

La donna annuì ma prima di esporle tutto il programma, si rivolse a Spencer che, in piedi, trincava il proprio caffè con noncuranza -Agente Reid, non ha un caso da seguire?- la Strauss portò le mani sui fianchi, inclinando il capo mentre lo vedeva annuire veloce e abbandonare la stanza dopo aver biascicato delle scuse –Innanzitutto, mi scuso per averti costretta a concludere senza alcun preavviso le tue ferie- Wendy sorrise tirata –E’ riuscita a trovare qualcuno che potesse badare a sua figlia?-

-Il problema non è quello- mormorò appena, ricevendo uno sguardo comprensivo da parte di Aaron –Mi dica, cosa sta succedendo?-

-Non so se sei a conoscenza dei recenti avvenimenti che hanno colpito il nostro ufficio, in particolare la sezione di Analisi Comportamentale capitanata dal qui presente agente Hotchner, ma la situazione non è delle più rosee e abbiamo necessità di apportare alcune sostanziali modifiche- la ragazza annuì, prendendo la penna e il quadernino degli appunti pronta a scribacchiare –Innanzitutto, l’agente Hotchner non sarà più a capo della squadra di Analisi Comportamentale. Pensavamo che, data i suoi trascorsi, potrebbe entrare nella Task anticorruzione e—

-Io non ho ancora dato la mia disponibilità.- la interruppe Aaron con bruschezza, sollevando più dubbi che conferme nella mente della giovane segretaria che ascoltava in silenzio mentre prendeva appunti.

-Ne abbiamo già ampliamente discusso, non intendo tornare sull’argomento- fu la secca risposta della donna prima che riprendesse a parlare con la sottoposta -Poi contatta l’agente Prentiss- la vide inumidirsi le labbra mentre fissava di lato, osservando gli agenti che si muovevano nell’open space –Ha deciso di dare le dimissioni con effetto immediato—

-Cosa? E per quale motivo?!- aggrottò le sopracciglia, ricevendo un’occhiata bieca da parte della superiore.

-Non mi interrompere quando sto parlando- Wendy annuì –Deve firmare tutte le carte, sai la procedura. Cancella inoltre tutti i miei programmi per oggi.-

Wendy continuò a scrivere -Va da qualche parte?-

-Affiancherò la squadra dell’agente Hotchner, supervisionandola. In seguito sarà mia premura trovare un suo sostituto. A tal proposito, comincia a stilare una lista di possibili agenti che potrebbero prendere il suo posto. Qualche altra domanda?- né Hotch né la Lamont fiatarono a quella domanda, limitandosi a lasciarla andar via dall’ufficio in tutta la sua severità. La ragazza guardò la propria scrivania con aria abbattuta, soffermandosi ad osservare la foto di Abigail che sorrideva.

Fu solo dopo qualche istante che l’uomo ancora in ufficio con lei le rivolse la parola -Mi spiace averti costretta a terminare le tue vacanze prima del dovuto- Aaron la scrutò –Spero che Abigail non se la sia troppo presa.-

Wendy ridacchiò –Sai come sono i bambini. Le passerà- portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli scuri -Preparo le carte per il trasferimento quanto prima. E, Hotch- si voltò, portando le mani dietro la schiena –Bentornato. Spero che tutto si sistemi al più presto.-

-Wendy, avanti, ho altri compiti per te!- la voce di Erin interruppe le sue confessioni –E prendi il borsone.- Aaron le fece un cenno con la nuca, permettendole di dileguarsi dall’ufficio. Si fiondò nel corridoio, raggiungendo la donna che la attendeva a metà strada –Senta, Signora Strauss… Affiancarli, ne è sicura? Se posso permettermi, lei non è mai stata sul campo e—

-E’ mio dovere proteggere questa squadra e se ciò richiede il mio intervento, sono pronta a recarmi sul luogo del crimine per dare una mano- troncò la conversazione accelerando il passo, lasciandola nel corridoio con una miriade di domande che, sapeva, non avrebbero mai trovato risposta alcuna. Sapeva bene quanto quella donna fosse intrattabile e ora che Hotch e Prentiss se ne sarebbero andati via e Gideon era disperso chissà dove, il suo umore già instabile era diventato ancora più insopportabile. E mentre ponderava su ciò, stringendo le labbra carnose affinché qualcuno le mandasse un segnale su come non chiuderla nell’ufficio e gettare la chiave, il capo richiamò la sua attenzione –E Wendy- alzò la nuca, ripuntando gli occhi blu su di lei –Copriti quelle braccia. Sembri una galeotta.- un risolino spontaneo le fuoriuscì dalla gola e scuotendo la nuca si apprestò a seguirla fino all’aereo che avrebbe portato la squadra a Milwaukee.

Con pacatezza salutò Morgan e JJ che la superarono solo dopo averle chiesto cosa ci facesse a lavoro. Erin le illustrò le ultime mansioni e poi recuperò il borsone, congedandola.  A quel punto, la Lamont poté tirare un lungo sospiro di sollievo, sorridendo a trentadue denti alla vista di Spencer che l’affiancava.

-Fate attenzione- mormorò all’agente quando lo vide aggiustarsi la borsa a tracolla –E ricordati di mandarmi un messaggio quando sarete arrivati, d’accordo?-

-Lo sai che non ho più cinque anni, vero?- replicò seccato, stufo del suo atteggiamento da mamma chioccia. Wendy cominciò ad abbassarsi le maniche della camicetta che, sollevate fino ai gomiti, lasciavano in bella mostra gli innumerevoli tatuaggi che le ricoprivano. Spencer si perse ad osservarli, rammentandosi ancora della prima scritta che aveva ricoperto indelebilmente la sua pelle diafana. Si ridestò quando la ragazza gli posò una mano sulla spalla, pronta ad andarsene –Wendy, se Gideon dovesse chiamarti, me lo faresti sapere immediatamente? O almeno, potresti farti dire dove si trova? Mi piacerebbe sapere se sta bene.- lo vide stringere la spallina della borsa marrone e vecchia, nervoso.

Wendy annuì, scompigliandogli i capelli con fare materno –Se dovesse chiamare, sarai il primo a saperlo- mormorò piano, infondendogli un briciolo di serenità. Lo vide abbozzare un sorriso e darle le spalle, ma prima che potesse scomparire dalla sua vista, lo chiamò -Spency, quando torni ti andrebbe di venire a cena da me? Abby ne sarebbe felice.- e lui, senza darle una risposta, si limitò a sorriderle allegro e annuire vigoroso. E la rabbia nei confronti della Strauss, nei confronti di sé stessa per aver deluso Abigail o per non potersi riposare per un’altra settimana, scemò. Spence, sotto certi aspetti, era ancora il ragazzino della sua infanzia capace di alleviare ogni suo dolore. Probabilmente, senza di lui, sarebbe crollata molto tempo addietro.

 

 

 “Ecco come mi raffiguro una vita equilibrata. E' come essere un giocoliere che usa quattro palle chiamate lavoro, famiglia, amici, umore. Be', quella del lavoro è di gomma: se te la lasci sfuggire di mano, rimbalza e ti ritorna. Le altre palle, invece...sono fatte di vetro.”

James Patterson

 

 

Nella mente dell'autrice:

Premetto che questa è la mia prima fanfiction su Criminla Minds e premetto che non so bene cosa ne verrà fuori, né se ciò che verrà fuori potrà piacere… Ma le idee sono molte e si stanno accavallando, e questo è il risultato: una storia senza troppe pretese :)

Seguirà a grandi linee le stagioni della serie televisiva, ma dubito che Wendy (spero vivamente che non sia la classica Mary Sue, lo spero davvero! Se così fosse, mi farebbe piacere sapere dove sto sbagliando e come poter migliorare) prenderà parte attivamente agli incarichi dei personaggi della serie; questo perché credo che la squadra sia già completa così com’è e non c’è bisogno che uno sconosciuto si intrufoli… Perciò ho pensato di affiancare alla Strauss una segretaria –non brillo certo per originalità xD-

Mi scuso per la brevità del capitolo, ma non mi sembrava il caso di allungare il brodo. Ne ho di tempo per osservare ogni minima sfaccettatura dei personaggi... Che spero non risulteranno troppo OOC :) Vediamolo come un prologo allungato e mal riuscito xD

Concludo invitandovi a lasciare qualche commentino se vi fa piacere; pareri negativi e positivi sono accetti in egual maniera :)

 

Alla prossima! Geisha.

  
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