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Autore: jennij    31/05/2012    1 recensioni
Renesmee arriva a Seattle in una calda serata autunnale, potrà finalmente lavorare al progettodi ricerca sull'alzheimer al Seattle Grace Hospital. Quando prende il taxi per arrivare in albergo conosce l'aiutante Jacob Black che la attrarrà immediatamente. E se fosse un colpo di fulmine?
Dal primo capitolo:
- vuole dare a me il bagaglio, lo carico dietro- . La sua voce era un po’ roca, tremendamente sexy come lui del resto. Vedevo dalla maglia nera a maniche corte uscire due braccia muscolose come del resto il suo fisico che si intravedeva per l’aderenza di quel dannatissimo pezzo di tessuto.
Senza neanche rispondere annuì col capo troppo imbambolata per formulare una frase sensata. Salì velocemente dietro e mi sistemai mentre lui riprendeva il suo posto alla guida del veicolo.
- dove la porto signorina?- gli diedi le indicazioni per giungere al mio albergo e lui partì subito.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Seth Clearwater, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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It isn't a dream-

“Siamo lieti di informarvi che l’aero è appena atterrato all’Aeroporto Internazionale di Seattle-Tacoma. I gentili passeggeri sono pregati di rimanere seduti con le cinture allacciate e i dispositivi elettronici spenti  fino allo spegnimento dell’apposito segnale”
 
Nessuno si curò dell’avviso dell’hostess e tutti incominciarono ad accendere i propri telefoni e ad alzarsi.
Ero distrutta da viaggio e non avevo voglia di fermarmi ancora su quell’aereo. Per tutta la durata del volo New York- Seattle un bambino di 3 anni aveva pianto e a lui se ne erano accodati altri, per non parlare di quanto erano scomodi i sedili.
Solitamente non ero una persona che si lamentava ma ero arrivata veramente al limite. Ero partita alle ore 17.05 orario della Grande Mela e solo dopo 7 ore circa avevo intravisto dal finestrino la Seattle Tower. Ora erano le 21.15 ore locali e le 24.15 fuso di New York.
Ma in realtà il fastidiosissimo volo non era stato altro che la goccia che stava facendo traboccare il vaso perché per tutta la giornata avevo dovuto sentirmi nelle orecchie la voce di mia madre  che strillava che la stavo abbandonando, la sua piccola bimba indifesa si stava trasferendo dall’altra parte del paese.
Ero talmente stravolta che non mi accorsi nemmeno che erano rimaste solo poche persone a bordo dell’aereo. Velocemente presi il mio bagaglio e mi avviai verso l’uscita più vicina, salutai gentilmente l’hostess e mi diressi verso il recupero bagagli.
Sul nastro non viaggiava nulla segno che avrei dovuto aspettare ancora un po’ prima di raggiungere il mio albergo. Mi sedetti su una sedia e mi misi il trolley tra le gambe .
Riflettei velocemente: ero a Seattle a più di 4000 km da casa, il mio sogno si stava avverando e finalmente avrei preso parte al progetto di ricerca sull’alzheimer* tenuto nel prestigioso Seattle Grace Hospital.
In pochi minuti tutta la stanchezza era passata. Ero esattamente dove volevo essere e tutto grazie ad un concorso vinto alla Columbia University, che segnalava le eccellenze dei vari corsi per prendere parti a importanti ricerche.
Dopo 30 minuti riuscii a recuperare il bagaglio e finalmente euforica mi diressi verso l’uscita alla ricerca di un taxi, poiché benché sapessi dell’esistenza della Sea-Tac ovvero la metropolitana che portava in centro non me la sentivo di prenderla da sola a quell’ora.
Immediatamente vidi una macchina gialla accostare al ciglio della strada fermata dal mio braccio alzato, uscì fuori un ragazzo bellissimo dalla carnagione scura e gli occhi e i capelli neri. Mi guardò e mi sorrise con i suoi denti bianchissimi.
 
- vuole dare a me il bagaglio lo carico dietro- . La sua voce era un po’ roca, tremendamente sexy come lui del resto. Vedevo dalla maglia nera a maniche corte uscire due braccia muscolose come del resto il suo fisico che si intravedeva per l’aderenza di quel dannatissimo pezzo di tessuto.
Senza neanche rispondere annuì col capo troppo imbambolata per formulare una frase sensata. Salì velocemente dietro e mi sistemai mentre lui riprendeva il suo posto alla guida del veicolo.
 
- dove la porto signorina?- gli diedi le indicazioni per giungere al mio albergo e lui partì subito.
 
Io presi il mio telefonino e composi il numero di casa, ero sicura che i miei genitori fossero svegli ovviamente preoccupati di sentire se la loro figlioletta era sana e salva.
Io capivo tutte le loro manie, ero pur sempre la loro unica figlia, ma avevo 25 anni, non potevano tenermi ancora sotto una campana di vetro.
Al primo squillo mi rispose la voce di mia madre con un tono preoccupato “ bambina mia sei arrivata? Tutto a posto?”
 
- si mamma, sono in taxi sto andando in albergo- alzai gli occhi al cielo e il tassista se ne accorse e ridacchiò
“amore com’è andato il volo? Sei stanca? Hai mangiato? Qualcuno ti ha importunato? E il bagaglio? ” aveva cominciato con le sue solite domande a raffica e come sempre io mi ero fermata alla prima .
 
- mamma tutto a posto, sono stanca e ho mangiato. Sono riuscita a recuperare il bagaglio. Ora ti lascio che sono arrivata. Ciao salutami papà.- chiusi il telefono mentre ancora lei mi stava parlando. Non ero arrivata anzi eravamo imbottigliati nel traffico ma una piccola bugia non faceva male a nessuno.
Sbuffai sonoramente, mia madre mi trattava come una bambina, ancora una volta. Si , ero decisamente felice di essermene andata.
 
- i genitori vero?- mi disse sorridendo l’autista, solo la vista delle sue labbra che si schiudevamo mi aveva mandato in tilt.
 
- si- risposi balbettando- già. Non hanno ancora capito che la loro bambina è pronta per andare a vivere da sola e camminare con le proprie gambe-
 
- posso capirti, la stessa cosa è stata per i miei genitori quando sono andato a studiare fuori ma poi hanno metabolizzato il tutto-
 
- spero che anche per i miei sarà così, ma il problema è che non solo la loro unica figlia se ne è andata di casa, ma si è anche trasferita dall’altra parte del paese. Sono di New York-
 
- Wow- disse spalancando gli occhi e poi sorridendomi- e cosa porta una così bella ragazza dalla Grande Mela a Seattle- oddio mi aveva detto che ero bella. Sicuramente stava scherzando sembravo uno zombie dopo 7 ore di volo.
 
- lavoro, sono stata presa per un progetto di ricerca al Seattle Grace Hospital subito dopo la laurea e così eccomi qui- ricambiai il sorriso.
 
- quindi sei un medico, forte. Quello sarebbe stato il mio piano B. io sono laureato in Ingegneria Meccanica e progetto automobili da cosa- disse fiero. Perciò non faceva il tassista, e quindi come faceva a trovarsi lì?
 
- questo si che è forte, non capisco molto di auto in realtà ma mi piace la velocità, è una costante in famiglia perciò abbiamo alcune macchine abbastanza veloci, però se mi chiedi dettagli specifici non te li so assolutamente dare- dissi ridendo e lui mi seguì a ruota. La sua risata era limpida e cristallina, la più bella che avessi mai sentito. – ma quindi se progetti auto da corsa come mai ,ora guidi un taxi?- la mia domanda era sfacciata, ma quella era una parte del mio carattere e in questo momento me ne vergognavo molto. Non avevo nulla in contrario al fatto che lui fosse un tassista solo che ero curiosa. Tutto di lui mi incuriosiva.
 
- lo faccio per adescare belle ragazze come te- mi guardò dallo specchietto e mi lanciò un’occhiata maliziosa, mi aveva definita bella per la seconda volta- scherzo, è solo che il proprietario del taxi è il padre di uno dei miei migliori amici e in questo momento è in ospedale, visto che non si possono permettere di non lavorare questa sera mi sono offerto di farlo per lui tanto non mi pesa e poi sono stato fortunato, sono in ottima compagnia**-
 
Se voleva farmi morire era sull’ottima strada, prima mi dice che sono bella, ora che sono un’ottima compagnia. Ma la cosa che più mi aveva colpito era la sua generosità.
 
- comunque sono Jacob-
 
- Reneesme- gli sorrisi, ma mi ero appena accorta che aveva accostato. Eravamo arrivati. Pagai la corsa e lui scese per prendermi il bagaglio e perciò scesi anche io. Ero triste di lasciarlo, si era creata un’atmosfera quasi intima, come se ci conoscessimo da una vita.
Posò il bagaglio vicino ai miei piedi.
 
- è stato veramente un piacere, questo è il mio biglietto da visita, c’è il mio cellulare, chiamami se vuoi una mano o vuoi fare un giro turistico della città e semplicemente se ti va di parlare e ti senti sola okay?- mi fece l’occhiolino più sexy del mondo e mi porse un cartoncino rettangolare - allora a presto, buona fortuna con i tuoi genitori e buona notte-
 
- buona notte e grazie di avermi tenuto compagnia- ricambiai il suo sorriso e lo vidi rimettersi in macchina per poi sfrecciare nella strada  illuminata e buia, rimamendo lì ferma con il suo biglietto da visita i mano.
 
* non è totalmente una mia trovata, l’avevo visto a Greys Anatomy ma mi soffermerò poco perché non voglio entrare nei dettagli di una cosa fin troppo delicata come questa, diciamo solo che i risultati di questa ricerca non sono propedeutici per lo svolgimento della storia. Anche la scelta di Seattle non è dettata dal telefilm ma solo dalla logistica in quando è vicino a La Push.
 
** non so se effettivamente una cosa del genere si possa fare ma diciamo che nella mia fantasia è possibile.
 
Angolo dell’autrice:
sono cosciente di avere un’altra storia in corso che assolutamente porterò avanti così come questa, ma sono stata “folgorata” dall’ispirazione e ho dovuto scrivere assolutamente. Probabilmente stabilirò dei giorni di pubblicazione ma tutto verrà deciso dalla mia fantasia.
Un bacione Jennij
  
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