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Autore: Gringoire97    31/05/2012    0 recensioni
Una ragazza molto insicura di se ha poche passioni, una delle quali è la musica. Suona la batteria. Si offre per un provino come seconda batterista. Non sa che cosa le riserva la vita. Quali nuovi sentimenti e con chi la aspettano.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Sei dei nostri”

 

 

 

 

 

Mi giro, guardo la sveglia. È tardi. Oddio. Mi devo alzare, devo vincere la forza che mi tiene attaccata a questo materasso. Sono giorni che non mi alzo. Devo farmi una doccia, devo uscire. La vita prosegue. Cerco disperatamente conferma di ciò che ho appena pensato sui muri limpidi e spogli della mia camera. Spogli. Nulla c'è più. Ogni cosa è stata cancellata, tutto si distrugge, è inutile dire di no. Sento che qualcosa mi scorre dentro, qualcosa di molto simile alla rabbia, pervade il mio Io. Non sono più cosciente. Di scatto mi volto, sono seduta sul letto. Le mani ben salde al materasso. Penso. Non dovrei. Sto male, eppure devo farlo. Mi giro. I segni delle foto sono lì, forse, allora, tutto si trasforma. La fisica non diceva così? Forse avrei dovuto essere più attenta a scuola, non ricordo niente. Fitta nebbia si è impossessata della mia mente. Cerco di diradarla, gli unici fendinebbia che ho sono i ricordi. Mi alzo. Era tanto che non lo facevo. Ho le gambe intorpidite. Tocco la parete, proprio lì dov'era la sua foto, la nostra foto. Tutto diventa limpido, ricordo.

 

Mattina presto. Un sole splendente brucia l'asfalto. Ho caldo ma non posso togliermi il grazioso e leggero giacchetto che ho sulle spalle, questo, forse, è il giorno più importante della mia esistenza. O forse uno dei tanti, non so. Mi costringo a smettere di pensare, mi confondo ancor di più. Non so chi mi abbia indotto a farlo, so solo che cammino apparentemente sicura sulle mie ballerine verso un destino che certo quando mi sono laureata non mi aspettavo. Medicina, massimo dei voti e bacio accademico, che vuoi di più? Eppure, nonostante l'invidia di molti io non ero invidiosa di me stessa. Non andava bene, voleva dire che non ero soddisfatta. No, basta pensieri, mi impongo su me stessa. Lo faccio da sempre è naturale ormai. Sono sfinita, non dovrei. Accelero il passo, guardo l'orologio, sono di nuovo in ritardo. Mi chiedo se Dio mi ha tolto la puntualità per regalarmi un minimo di talento nella musica. Non è possibile che io suoni il ritmo, il tempo eppure sia costantemente in ritardo, forse è una compensazione. Forse quando sarò in paradiso, o magari all'inferno, glielo chiederò. Ci dovrei essere. Ho colto l'attimo, mi hanno indotto a farlo. Dicono che ho talento. Io non lo so. Mi giro. Sì, ci sono. Spingo il lucente portone di vetro. Poi se vado a vedere bene mica è tanto limpido, impronte di mani campeggiano giulive su quella porta. Decido di aggiungerci la mia, tanto ce ne sono già così tante che una in più non farà la differenza, sarà il simbolo del mio passaggio. L'atrio è grande e luminoso, luce entra candida da una miriade di finestre, un raggio di sole mi illumina. Mi avvicino al bancone:

-Scusi, dove devo andare per il provino?- chiedo timidamente.

-Secondo piano, la prima sala a destra- Risponde l'impiegato, arrogante. Me la prendo con lui, per me è un giorno importante, non può rovinarmelo. L'ansia cede il passo alla rabbia. Le persone arroganti mi irritano. Salgo con furia le scale, quasi ci sono. Vedo la porta, il cartello sopra di essa. Afferro la maniglia, la giro. Ci sono. Tre. Due. Uno. Entro. Tanti strumenti costituiscono l'unico mobilio di quella stanza. Sono in lista, dovrebbe essere il mio turno.

-Sei Giulia?- Una voce mi giunge alle spalle. Persa nei miei pensieri non me ne sono accorta. Scontrosa. Mi chiedo perchè tutti mi trattino così. Sarà il caldo. Nella borsa sento un familiare ticchettio che mi calma.

-Sì sono io.- Rispondo, sicura di me d'un tratto. Mi dicono di accomodarmi nella sala adiacente. Strano, in quella dove mi trovo ora ci sono così tanti strumenti eppure manca Lei. Vado. Ringrazio l'illuminazione mattiniera che mi ha fatto vestire elegante ma non troppo , soprattutto comoda. Ci siamo. Forse la mia vita cambierà, forse no. Sono così incerta. Mi siedo sulla sedia. Poi la stessa donna di prima mi chiama e mi conduce in una sala che sembra già riempita da qualche persona. Lo so che non è facile.

-Ciao!- Mi giro, sono appena entrata. Davanti a me vedo un ragazzo. La mia stessa età. Abbasso istintivamente gli occhi. Faccio sempre così.-Accomodati-. È abbronzato, non vedo i suoi occhi. Porta dei grandi occhiali neri. Mi giro, la vedo. Mi dirigo verso di lei.

-Dai il meglio di te, sei la prima femmina- Mi giro, irata. “La prima femmina” ma guarda un po'. Darò il meglio di me. Tre. Due. Uno. Fuori le bacchette. Cinque. Quattro. Tre. Quasi ci siamo. Due. Uno. Tum. La pelle rimbalza sotto le bacchette. Ci sono, sto suonando. Sgranchisco le dita, mi preparo. Un rullo, poi un altro. Tum. Tum. Scandisco il tempo. Qualcuno canta sopra la mia musica. Non sento nulla tranne i rimbalzi che provoco sulla pelle del tamburo. Non sono io. Mi sono trasferita in quella meravigliosa dimensione estranea a chi non ama qualcosa. Sono immersa nella musica. C'è silenzio. Nessuno canta più, il vociare si è estinto. Apro gli occhi, fermo i polsi. Alzo gli occhi, mi giro. Dietro di me, facce incantate. Sorrido. I miei denti candidi e lucenti rispecchiano una gioia senza alcun nervosismo. Sono io. Ho trovato il vero me.

-Tu... Dove eri?- Una voce nuova, maschile. Mi giro sullo sgabello come se fossi a casa. Un ragazzo biondo con grandi occhi azzurri mi rivolge uno sguardo stupito. Sono stupita anche io.

-Cosa scusa?- Gli occhi a punto interrogativo.

-Tu, perchè non sei famosa?- Sono sempre più stupita. Perchè dovrei essere famosa, non capisco. La mia espressione basta. Il ragazzo si gira e parla con altre persone. -L'abbiamo trovata.- Poche parole. Si girano verso di me. -Tu ci stai?- Mi grida da dietro tutte quelle persone il ragazzo che mi ha accolto. Ho capito. Sono dentro. Sono una di loro. È stato facile, wow. Vado verso di loro.

-Sei la nostra seconda batterista- dice lui. Il provino cercava un secondo batterista di sostegno al primo, le date del tour sono tante. Ne hanno bisogno. Mi sento importante. Ci sono riuscita. Mi complimento con me stessa. Salterei di gioia.

-E così tu sei Giulia. Brava, complimenti- dice il ragazzo del “Perchè non sei famosa?” non so nemmeno come si chiama – Sono Davide, il batterista. Avrò di che preoccuparmi per il mio sgabello.- Mi strizza l'occhio e mi tende la mano. Mi tira a se e mi stringe come se fosse il mio migliore amico. Che calorosa accoglienza. Rivolgo uno dei miei sorrisi. Mi hanno sempre detto che ho un bel sorriso. Io non so nemmeno questo.

-Io sono Luca.- Un imponente uomo si avvicina, formale, mi tende la mano. Immagino sia il manager. - Sono il bassista- I miei occhi si spalancano. Oddio, non voglio che lo facciano. -Lo so, non sembro- Mi sorride, mi batte la mano sulla spalla. E poi compaiono in sequenza davanti a me Giovanni, chitarra, Mauro, tastiere e il ragazzo che mi ha accolto. Riconosco la voce che cantava sopra la mia musica. Marco. Accidenti che carino che è. Il mio spirito di osservazione non si arresta mai. Mi rimprovero. Sorrido. Mi abbraccia. Impacciata, lo ricambio.

-Vieni qui domani. Tieniti libera. Ci sono le prove e la sera usciamo. Tu devi venire- Mi sorride. Quando il suo sorriso si schiude vedo una fila di candidi denti dritti e senza imperfezioni. Che sorriso.

-Adesso puoi andare.- Li saluto. Domani è domenica. Non ho lavoro. Riuscirò a gestire tutto questo, lo so. Sono sempre stata brava a conciliare i miei impegni. Esco. Sono libera. Adesso, forse, per qualche minuto ci posso credere che sono brava. Mentre cammino non riesco a trattenere la gioia. Corro e so già dove mi sto dirigendo. No, non vado a casa, vado dalla persona che mi ha spinto a fare questo grande passo. No, non cammino, piroetto. Ho trovato, forse per pochi minuti, consapevolezza di qualcosa che la gente chiama talento ma che io chiamo passione. 

  
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