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Autore: Ryo13    31/05/2012    11 recensioni
Erin Knight ha un solo obiettivo nella sua vita: da quando ha perso lo zio Klaus, ucciso dall'uomo che amava, non vive che per trovare colui il quale possiede il potere complementare al suo, ovvero quello di manovrare il tempo. Tuttavia la sua missione è ostacolata da Samuel Lex — adesso capo dei ribelli e conosciuto col nome di 'Falco' — e dai capi dell'esercito reale che la osteggiano, minacciando la sua carica di Luogotenente. Unica donna in un mondo di uomini e senza alleati, sarà costretta a forgiare nuove alleanze in luoghi inaspettati...
❈❈❈Storia in revisione ❈❈❈
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 01 - La trappola del Falco


Avevo perso i miei compagni durante lo scontro e non sapevo dove potessero essere finiti ma non avevo il tempo di preoccuparmi. Si trattava di guardie addestrate, dopotutto: dovevano essere capaci di badare a loro stesse.

La missione di quella notte era saltata, ormai non c’era più rimedio per il danno causato. Dovevo solo pensare a fuggire prima di essere raggiunta.

Imboccai un canale di scolo, sperando mi portasse da qualche parte fuori da quel dannato posto. Dopo aver percorso un tratto, vidi della luce che mi fece sperare di essere relativamente al sicuro.

Trovando un’apertura, mi ci lanciai con uno slancio che richiese pochissimo sforzo grazie ai duri allenamenti cui mi ero sottoposta sin dalla morte dello zio.

Quella perdita ancora mi bruciava, ma sapevo che esisteva un modo per mettere a posto le cose. Sì, era possibile tornare indietro e io lo avrei fatto: lo speravo con tutte le mie forze. Dovevo crederci e fare di tutto perché portassi a compimento il compito affidatomi da Klaus.

Arrivai a una botola arrugginita, vi posi le mani ai lati e con uno strattone la spostai, lanciandola sul terreno erboso.

Non sapevo dove fossi di preciso, ma da lì avrei potuto trovare facilmente la strada per unirmi ai miei uomini e tornare alla base.

Prima di poter decidere che direzione prendere, un rumore di zoccoli e il respiro affannoso di qualcuno, mi avvertirono che non ero da sola.

Feci per voltarmi ma qualcosa mi picchiò in testa facendomi barcollare in avanti.

Delle mani tozze e sudicie mi presero per le braccia strattonandomi per farmi mantenere l’equilibrio; altre risatine mi diedero l’idea che l’assalitore non era solo.

Confusa per la botta presa, non seppi liberarmi subito.

«Eccola qua, l’abbiamo catturata. Il padrone sarà contento del nostro lavoro!», esclamò con la voce piena di orgoglioso trionfo.

«Abbiamo Violet, ci meritiamo una cospicua ricompensa. Legala per bene e assicurati che non scappi questa volta! Voglio il bottino a ogni costo», si lamentò un secondo uomo più smilzo di quello che mi teneva bloccata.

«Sì, sì, non la lascio andare», disse, e per confermare le sue parole strinse la presa sulle mie braccia, provocandomi delle fitte alla spalla.

Non gli diedi la soddisfazione di sentirmi lamentare.

«Forza, andiamocene da qui, che si è fatto già tardi. Samuel non vorrà attendere troppo a lungo, sai che si irrita altrimenti.»

L’energumeno fece un verso di intesa e iniziò a legarmi i polsi con una spessa corda. Dopodiché mi spintonò avanti e mi frappose fra sé e gli altri due uomini della banda.

«Non fare giochetti», mi avvertì, prima di avviarci verso l’entrata del palazzo, da cui avevo cercato di scappare.

Mi chiesi di nuovo che fine avessero fatto i miei uomini.

Dopo qualche minuto, i briganti ritrovarono il proprio gruppo, appostato davanti al cancello.

L’unica luce a illuminare l’ambiente erano delle torce: non c’era luna, delle spesse nuvole coprivano tutto il cielo e occultavano le stelle.

«L’avete trovata!» La guardia che ci accolse per primi sembrava stupita: non si aspettava che tre soli uomini riuscissero a sopraffarmi. «Bene, il padrone ne sarà lieto», fece un cenno a indicarci la strada, «salite, vi aspetta di sopra, nella sala grande.»

Mi spinsero a proseguire dentro l’immensa abitazione, su per enormi gradini di pietra. Giunti al primo piano, svoltarono nel corridoio di sinistra e si fermarono davanti ad altre guardie che stavano appostate davanti la porta della sala. Una di esse fischiò al nostro indirizzo non appena ci scorse.

«Sbrigatevi a entrare. Samuel sembra stare perdendo la pazienza.»

Tanto fu sufficiente a farli affrettare. Attraversammo la porta di legno massiccio: ero nello stesso luogo dove, prima della mia fuga, avevamo combattutto contro gli uomini del Falco.

«Signore, vi abbiamo portato Violet!», annunciò l’uomo smilzo al mio fianco.

Il Falco ci dava le spalle, impegnato a parlare con un suo sottoposto e impartendo ordini. Alle parole del bandito, si girò lentamente e il suo sguardo si illuminò nello stesso istante in cui i suoi occhi marroni incontrarono i miei e le labbra sottili e sensuali si tesero in un sorriso di compiacimento.

«Finalmente!», esclamò col suo tono tranquillo ma vigoroso, «quasi non ci speravo più. Bentornata tra noi, mia cara Violet, non siete stata molto cortese a lasciarci così di gran fretta poc’anzi.»

«Avevo altre cose da fare», risposi a tono, senza lasciarmi intimorire dalla situazione critica. Non era la prima volta che mi trovavo alla sua mercé: speravo di potermela cavare bene anche questa volta.

«Non ne dubito, ma hai dimenticato indietro qualcosa…», disse, allungando una mano e mostrandomi tre uomini ai piedi di un seggio, legati e imbavagliati: la mia squadra.

«Mi stavo giusto chiedendo dove fossero finiti», replicai simulando calma.

«Dunque ora che lo sai puoi rilassarti, no?»

«Non posso, se non mi dici cosa intendi farne di loro, Falco.»

Mi guardò accigliato e ignorando le mie parole, disse: «smettila di chiamarmi in quel modo, sai che preferisco che tu mi chiami per nome, Erin.»

In effetti lo sapevo, proprio per questo evitavo di farlo: volevo irritarlo a morte visto che non riuscivo a ucciderlo in un duello di spada.

Però questa volta mi trovavo decisamente in svantaggio, non era saggio istigarlo. Non per così poco almeno.

«Va bene, Samuel. Ora dimmi che ne farai di loro.»

Compiaciuto, si avvicinò. Fece indietreggiare le guardie, le quali ci lasciarono soli al centro della sala tondeggiante.

«Devo ancora pensarci, ma prevedo che mi torneranno utili in un modo o nell’altro.»

«Perché non li lasci andare e la fai finita? Volevi solo me e ora eccomi qui. Lascia fuori chi non c’entra nulla.»

«Purtroppo devo avvisarti che loro non sono così estranei a quello che sta succedendo qua. Se ricordo bene sono penetrati in questo palazzo assieme a te, quindi… sono responsabili quanto te di tutta questa situazione. E se devo punire qualcuno, loro sono i più indicati.»

«Che interesse avresti nel punirli? Sai che non possono farti più nulla ormai. Sono legati, completamente alla tua mercé!»

«Proprio come te, mia cara», mi ricordò con tono gioviale.

Allungò una mano e mi sfiorò il viso: aveva un tocco delicato, quasi riverente, che mi sorprendeva sempre per la sua grande intensità.

Non dissi nulla perché aveva ragione su tutto quanto, così mi limitai a fissarlo fino a quando non si decise a parlare.

«Sei così bella…», sussurrò a un palmo dal mio viso. Gli occhi parevano ardergli tanto era concentrato nello scrutarmi. «Dammi la tua risposta, Erin, ora. Dimmi quello che voglio sentire.»

Presi una boccata d’aria, pronta al peggio. «No. La mia risposta è ancora no, Samuel, e non cambierà.»

Il bagliore nei suoi occhi parve smorzarsi un po’, ma un pensiero successivo lo riaccese e si concentrò su altro.

«Lo farai. Presto o tardi so che sarà così.» Mi sorrise come se fosse triste, ma si trattò solo di un attimo e la sua solita espressione arrogante era già tornata a marcargli i tratti del bel viso.

«Allora, dato che la tua risposta al momento è ancora no, contrattiamo.» Si volse alle sue guardie e disse: «Slegatele le mani.» Le guardie eseguirono senza protestare i suoi ordini.

Si diresse al seggio posto in fondo alla sala: vi si sedette, ai suoi piedi c’erano i miei uomini frustrati e insofferenti. Mi guardarono pieni di sensi di colpa per la situazione in cui si erano cacciati. Feci loro segno che lasciassero fare a me: per fortuna erano più o meno illesi e non avevano riportato gravi danni.

Tornai a concentrarmi su Samuel, seduto sullo scranno come fosse il trono del mondo: emanava un’aura di arroganza che rendevano regali i tratti già perfetti e spigolosi del viso, ricoperto da una corta barba. I capelli scuri cadevano scapigliati sulle spalle: li sapevo morbidi al tocco. Mettendo da parte quei pensieri inopportuni, mi avvicinai a lui.

«Cosa esigi per la loro liberazione?»

«Lo sai cosa voglio», rispose indolente, sul viso un’espressione seria di chi sa che otterrà quello che vuole.

«Molto bene.»

Azzerai lo spazio tra di noi, avvicinando lentamente il mio volto al suo, senza mai perderlo di vista. All’ultimo momento chiusi gli occhi, poggiando le labbra sulle sue. Le sentivo calde e morbide; la barba mi solleticava il mento.

Quando titubai, mi afferrò per un braccio e mi fece cadere di traverso sulle sue gambe.

«Visto che devo accontentarmi di così poco, almeno fallo come si deve», ringhiò sulla mia bocca. «Stai pagando per tre uomini: mettici di impegno e rendilo all’altezza dello cambio!» 

Con rabbia appena trattenuta, lo baciai avidamente, riversando parte della mia irritazione in un morso che lo face sobbalzare. Sanguinò e gemette di piacere sotto di me, mentre le sue mani mi strinsero i fianchi con forza, ma senza farmi troppo male.

Percepivo il suo desiderio di toccarmi eppure, con risolutezza, resisteva a se stesso, non potendo tollerare di cedere alla propria debolezza. Perché debole non lo era mai: per quanto ci provassi, non trovavo mai un punto nella sua corazza da cui potessi penetrare per vincerlo.

Giudicando sufficiente la mia prestazione, mi staccai da lui cercando di non dare a vedere quanto fossi scossa.

Samuel mi fissava pieno di ardore, le labbra gonfie per il bacio e macchiate di sangue, gli occhi socchiusi.

Dopo qualche istante sorrise.

«Sei brava come sempre.»

Mi ritrassi come scottata, rimettendomi in piedi per ricompormi.

«Ora fai la tua parte», ingiunsi.

Non perse tempo, ottenendo con un gesto che i prigionieri venissero slegati e lasciati liberi.

«Alla prossima, Violet. L’incontro di stanotte è stato davvero piacevole.»

Lo fulminai con un’occhiata piena d’ira che mi valse la sua risata di scherno. Mi voltai, abbandonando la sala coi miei uomini, senza che nessuno ci trattenesse. Quando fumo al sicuro, tutti e quattro ci dirigemmo silenziosamente nella zona boscosa dove avevamo nascosto i nostri cavalli.

«Violet, ci dispiace! Abbiamo tentato di scappare e ci stavamo riuscendo, ma poi un gruppo di scagnozzi del Falco ci ha sbarrato il passo bloccandoci all’interno. Erano troppi per noi e ci hanno sopraffatto facilmente.» Eric tentò di giustificare il fallimento del suo gruppo.

«Non preoccuparti. Ormai è fatta e siamo tutti sani e salvi», lo rassicurai. «Questo è l’importante.»

«Però è stato tutto inutile: le voci secondo cui gli uomini del Falco avevano trovato l’uomo che cerchiamo si sono rivelate essere completamente false!»

«Già. Era una trappola.»

 Che stupida a cascarci in quel modo: un errore del genere non doveva più verificarsi.

«Basta rimuginare. Saliamo in groppa e torniamo alla base, ormai è quasi l’alba.»

Obbedirono senza fiatare. Ci lanciammo nel fitto del bosco lungo un sentiero che ci avrebbe riportati a casa.

Mentre all’orizzonte si levava il sole, facevo di tutto per togliermi dalla mente il ricordo di quell’ultimo ardente bacio con il mio nemico giurato.

 

 

   
 
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