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Autore: Charlotte McGonagall    01/06/2012    10 recensioni
E se qualcuno avesse origliato la conversazione tra Dumbledore e Snape nell'estate del '96? E se questo qualcuno ormai non avesse più nulla da perdere e fosse pronto a tutto per salvare la vita di Dumbledore?
Allora, cosa cambierebbe nel sesto e settimo anno di Harry?
Pairings: Albus/Minerva, Severus/Sybil, OC/OC; gli altri pairing che verranno accennati si rifanno al canon.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio, Severus Piton, Sibilla Cooman | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'MMADly in love'
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NdA: Io uso sempre i nomi inglesi, spero non sia un problema.
Per quanto riguarda Minerva, non mi sono voluta rifare a Pottermore, come penso sarà evidente.
La fic avrebbe dovuto partecipare a questo contest, ma a causa della mia lentezza ciò non è stato possibile.

EROS E THANATOS

Capitolo 1

Mi hai lasciato senza parole
come una primavera
e questo è un raggio di luce
e un pensiero che si riempie di te

L'attimo in cui il sole
diventa dorato
e il cuore si fa leggero
come l'aria prima che il vento
ci porti via...

[Elisa ~ Ti vorrei sollevare]

Minerva si premette un fazzoletto sulla bocca e vi soffocò svariati colpi di tosse. Sentì gli sguardi preoccupati dei suoi colleghi su di lei. Da quando era tornata dal San Mungo, sembravano tutti eccessivamente apprensivi.
"Tutto bene?", chiese Pomona.
Minerva annuì.
"Potrei visitarti dopo la riunione," suggerì Poppy.
"Non sarà necessario, grazie," rispose l'insegnante. "Domani ho comunque la visita di controllo al San Mungo. Inoltre," aggiunse, "non è nulla di grave, ne sono certa".
"Magari potresti comunque prendere una pozione per calmare quella tosse," propose l'infermiera. "Sarei felice di portartene un po'".
"Grazie, Poppy, molto gentile da parte tua," disse Minerva, controllando le pergamene aperte davanti a sé. "Abbiamo altri argomenti all'ordine del giorno?".
"No," rispose Albus. "Possiamo aggiornare la riunione al 20 agosto, per discutere gli orari una volta che avrò - si spera - trovato qualcuno per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. Buone vacanze a tutti".

I professori indugiarono qualche minuto nella sala insegnanti per parlare dei loro progetti per l'estate.

Sybil Trelawney stava cercando di coinvolgere il professor Snape in una conversazione, ma - dati gli scarsi risultati - si diresse da Dumbledore, protestando con veemenza per la scelta di dividere la cattedra di Divinazione tra lei e Firenze.
Minerva le lanciò un'occhiata di disapprovazione, prima di tornare a concentrarsi sulla voce di Pomona, eccitatissima alla prospettiva del viaggio alle Galapagos per il quale sarebbe partita il giorno successivo.
"Immaginate la quantità di piante rare che ospita quell'habitat incontaminato...", stava dicendo l'erbologa con un luccichio negli occhi.

Minerva sorrise, sperando che nessuno notasse che si stava reggendo con la mano allo schienale di una sedia. Si era decisamente pentita di aver lasciato il bastone in camera, ma non l'avrebbe mai ammesso.
"Ci vediamo domani mattina a colazione, allora?", chiese Pomona.
"Certo, anch'io dovrò svegliarmi presto per andare a Londra," rispose Minerva.

In quel momento, Albus - congedata finalmente Sybil - la raggiunse.

Dumbledore era una delle poche persone ad avere il potere di farla sorridere, anche senza motivo, nonché forse la sola in grado di rabbonirla nei suoi momenti di rabbia. Albus Dumbledore era stato per lei prima un padre e un maestro, per poi diventare l'unico uomo che avesse mai amato davvero.
Adorava la sua voce pacata e calma - persino nei momenti di pericolo - oltre al suo modo unico di gesticolare mentre parlava e congiungere le dita mentre ascoltava; amava i suoi occhi azzurri e brillanti, la genialità eccentrica e l'ironia pungente e sottile: tutto in lui l'aveva catturata, persino il naso adunco e l'indole sfuggente.

Lui le sorrise.
"Posso accompagnarti fino alla tua stanza? Non avevo ancora avuto l'opportunità di discutere con te l'ottimo articolo che hai pubblicato su Trasfigurazione Oggi".
"Oh, certo," disse lei, prendendo il braccio che lui le porgeva, chiedendosi se lui avesse intuito che era troppo debole per camminare da sola ma non volesse ferire il suo orgoglio, camuffando quel gesto in una manifestazione di galanteria.

Albus aveva sempre avuto il dono di capire le persone, di guardare dentro di loro, comprendere i loro bisogni o le loro debolezze. A volte, questa sua capacità la metteva a disagio: si sentiva vulnerabile di fronte a lui, come una tartaruga privata del suo carapace. Non era mai stata abile nel "leggere" gli altri, interpretare le loro emozioni, mostrare empatia, se non in rare occasioni.
Non era per freddezza o disinteresse: semplicemente, i rapporti sociali per lei erano sempre stati un mistero ed era per questo che aveva solo pochi amici intimi.
Forse chiudersi in se stessa l'aveva allontanata dal mondo, fingersi insensibile ai propri sentimenti l'aveva resa suo malgrado estranea anche a quelli altrui.

Sospirò; le era occorso l'esercizio di una vita, un lento perfezionamento, per costruirsi la propria corazza, per proteggersi dal mondo. Eppure, più si nascondeva, più si sentiva vulnerabile, esposta al giudizio altrui, nuda.
Fin da bambina, aveva temuto che le persone potessero comprendere le sue emozioni e i suoi pensieri. Aveva conosciuto presto la crudeltà del mondo, i ricatti affettivi, l'astuzia e gli scherni dei malevoli e sapeva che penetrare qualcuno fino alle profondità dell'anima significa avere potere su di lui, tenerlo in pugno.
Si sentiva come quei pesci negli acquari - li aveva visti una volta, a Londra, in uno zoo Babbano - che possono essere visti da tutti senza vedere a loro volta, ai quali giunge solo l'eco confusa di mani che premono contro il vetro.

Era per questo che non aveva mai rivelato ad Albus i propri sentimenti?
Sì, senza dubbio: se vi era una persona che avrebbe avuto il potere di ferirla, di governare la sua esistenza, era proprio lui.
Se solo non fosse stato così dannatamente difficile capire i suoi pensieri, se solo l'avesse ricambiata...

Albus camminava lentamente, mentre conversavano, e Minerva teneva il ritmo del suo passo.
Lui non accennò mai a ritirare il braccio, anzi, quando Minerva dovette fermarsi, oppressa da un nuovo accesso di tosse, la cinse col braccio libero per sorreggerla. I suoi occhi azzurri indugiarono su di lei: era pallida e molto magra, ancora convalescente in seguito ai quattro Schiantesimi ricevuti.

Minerva aveva sempre goduto di ottima salute - le occasioni nelle quali l'aveva vista malata in tanti anni di collaborazione avrebbero potuto essere enumerate sulle dita di una mano - e vederla indebolita lo rattristava e lo indignava.
Soprattutto, lo disgustava la consapevolezza che né Dolores Umbridge né nessun'altro sarebbe stato incriminato per quel gesto ignobile.

"Tutto bene?", chiese, appena lei ebbe ripreso fiato.
Era preoccupato: ormai erano passate circa due settimane dall'attacco, possibile che non fosse ancora guarita completamente?
"Sì, grazie," disse lei, schiarendosi la voce, "ho solo bisogno della pozione di Poppy".

Giunsero di fronte alla stanza di Minerva.
"Grazie mille, Albus," disse lei, sulla porta, "a domani mattina, allora".
"Veramente, domani dovrò partire molto presto, non credo che scenderò a colazione".
Lei lo scrutò per un attimo, quasi aspettando una spiegazione che non venne. "Capisco," disse.
"Forse tornerò in serata, se ho fortuna," precisò lui. "E tu? Tornerai qui o resterai a Londra?".
"A Londra, probabilmente," rispose, "anche se dovrò tornare nei prossimi giorni per prendere alcune cose".
"Allora, buonanotte e buon viaggio, Minerva".
"Anche a te," concluse lei, chiudendo la porta.

*

Albus scivolò sotto le coperte, un senso di ansia che gli premeva sul cuore.
L'indomani sarebbe andato a cercare un Horcrux nella vecchia baracca dei Gaunt e ora - ad aggiungersi al numero già non quantificabile dei suoi fardelli - si era aggiunta la preoccupazione per Minerva.

Già, Minerva...

Ricordava bene i suoi anni da studentessa: era una ragazzina matura e brillante, avida di sapere e desiderosa di compiacere i suoi insegnanti.
Aveva una particolare predilezione per lui e la sua materia: aveva una cotta per lui, in effetti.
All'epoca non aveva dato particolare peso alla cosa, si era limitato ad assecondare il desiderio e le inclinazioni della giovane: l'aveva presa sotto la sua protezione. Nel corso degli anni, aveva modellato quella giovane mente piena di potenzialità e aveva fatto di lei una delle migliori streghe della sua generazione.

Lei era stata il suo orgoglio più grande: ricordava ancora la gioia provata nell'accompagnarla al Ministero per l'inserimento nel registro degli Animagi, la soddisfazione con la quale l'aveva presentata ai suoi conoscenti.

Senza che potesse controllarlo, col tempo, quella ragazzina era entrata prepotentemente nella sua vita.
Quella piccola adulta era tornata a Hogwarts come una donna forte e fragile al tempo stesso, testarda e orgogliosa, ma più brillante e acuta che mai.
Non era cambiata molto, dopotutto.

Se ne era innamorato, infine, senza nemmeno capire come né quando; la tenacia dell'amore di Minerva aveva vinto la sua resistenza. Eppure, non lo avrebbe amato se avesse conosciuto il suo passato; era questa consapevolezza ad averlo tenuto lontano da lei per anni.

Come avrebbe potuto dirle che aveva amato Gellert?
Non avrebbe potuto... Non dopo quello che era successo...

NdA2:
Ebbene, cosa sarà successo?

So che in questo capitolo non succede praticamente nulla, ma ho ritenuto le riflessioni necessarie per chiarire i successivi sviluppi della vicenda.
Per chi se lo stesse chiedendo, Albus in questa storia è bisessuale, come si dovrebbe evincere anche dal capitolo.

   
 
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