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Autore: Sasotta    01/06/2012    6 recensioni
Non era certo stata la mia mente ad immaginare quella voce. Diamine, non avevo tutta quella fantasia.
Deglutii a vuoto, sperando che la mia gola si riprendesse e non rimanesse invece secca e arida come il deserto del Sahara.
Cosa dovevo fare? Girarmi e rischiare di avere un infarto trovandomi quel suo bel faccino davanti agli occhi? No. Pessima idea.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Dakota! > mi bloccai di botto, mentre un brivido caldo mi percorse lento la schiena.

Non era certo stata la mia mente ad immaginare quella voce. Diamine, non avevo tutta quella fantasia.

Deglutii a vuoto, sperando che la mia gola si riprendesse e non rimanesse invece secca e arida come il deserto del Sahara.

Cosa dovevo fare? Girarmi e rischiare di avere un infarto trovandomi quel suo bel faccino davanti agli occhi? No. Pessima idea.

< Dakota! > chiamò di nuovo.

Non poteva essere ancora la mia immaginazione; non un'altra volta, almeno.

Mi voltai, respirando a malapena e sbattendo gli occhi ripetutamente.

< Nathan? > quasi mi strozzai con la mia stessa lingua, mentre pronunciavo ogni singola lettera che componeva quel dannatissimo nome.

Già. Nathan. 

< Dio, Kota, quasi non ti riconoscevo! > esclamò mister-bel-faccino avvicinandosi e sorridendomi.

Un tuffo al cuore per quei 32 denti magnificamente bianchi e perfetti... e per quel nomignolo con cui adorava chiamarmi ai tempi del liceo.
Con cui solo lui adorava chiamarmi, per la precisione. 

< Sono più di quattro anni che non ci vediamo Sykes, è ovvio che sia un po' irriconoscibile. > sbuffai irritata.

Perché, dovevo ammetterlo, ero incazzata da morire. Avrebbe potuto farsi sentire quello stronzo, in quattro anni, invece di abbandonarmi
dopo un'amicizia durata secoli. Che dico!, ere.

< L'unica cosa che non è cambiata è il tuo caratterino, però, per quanto posso constatare. > sogghignò, arricciando il naso e portandosi
una mano sulla pancia.

< Che intuito. > alzai un sopracciglio disturbata, mentre lui continuava a tenersi stampato sulla faccia quel sorrisetto; che faccia da schiaffi.

< Su Kota, non sei felice di vedermi dopo tutti questi anni? > allungò un braccio per circondarmi le spalle, ma io lo scansai prontamente.

< Appunto, Nathan, tutti questi anni. > ringhiai, rischiando di rompermi una mascella tanto stavo tenendo i denti stretti.

Acquisì una faccia da cucciolo bastonato, guardandomi con quei suoi occhioni profondamente grigi e azzurri che ti facevano cadere
a terra stesa.

Ma ormai mi ero abituata, e non avevo perso la bravura nel nascondere quanto mi facessero impazzire.

< Non ci provare, la faccia tenera non funziona più con me. > dissi, dandogli una leggera pacca su una guancia.

Corta barbetta. Aiuto.

< Beh, almeno lascia che ti offra un drink... > lanciò l'ultima carta che ancora possedeva in mano.

E non avrebbe di certo ricevuto un due di picche.

< Te lo concedo. > risposi stizzita. Mi ci voleva un bel cocktail per scaricare la rabbia. Dopotutto un altro dei nomignoli che
la gente amava appiopparmi era "la figlia di Bacco", quindi dovevo pur tener alto l'onore di quel soprannome.

E quale posto migliore per farlo, se non al 'Glouce Bar'!?

Ci avviammo verso il bancone, mentre intorno a noi si accalcava sempre più gente.

< Hei Joe. Due Daiquiri per favore. > Nathan si mise dietro di me e ci fece spazio, proteggendomi dalle gomitate degli ubriaconi
che chiedevano da bere per la ventesima volta, guadagnandosi da Joe un 'Hai finito per stasera.' e andando a lamentarsi dalla
persona più vicina.

< Nathan, quanto tempo! Come va il tour? > Domandò il barista, iniziando a mischiare rum bianco e succo di lime.

< Bene, bene. Ripartiamo tra una settimana. > sviò il discorso, guardandomi.

< Per dove? > chiesi io, curiosa di sapere della vita da star che il mio ex migliore amico aveva intrapreso da quei quattro dannatissimi anni. 

< Los Angeles. > abbassò lo sguardo sui bicchieri che Joe ci stava passando. Nathan tirò fuori una banconota da 20 dollari e gliela infilò
nella tasca del grembiule davanti.

< Alla prossima, Joe. > salutò, prima di passarmi il drink e girarsi, diretto verso il primo tavolo libero.

< Ti ricordavi del daiquiri, eh? > sorrisi sedendomi, guardando il contenuto del mio bicchiere scendere di mezzo centimetro dopo aver
preso una sorsata.

< Certo. > sorrise.

< Mi ricordo un sacco di cose. > malizioso. Malizioso e crudele.

< Ah sì? Non sai quante me ne ricordo io, Sykes. > lo beffeggiai, godendomi il suo sguardo.

Quasi ruppe la cannuccia, piegandola con quelle sue dita che amavo osservare quando suonava il piano.

< Non ti riferirai a... > biascicò, tossicchiando.

< Oh, proprio a quello. > confermai, dura.

< Potrei andarmene in giro a raccontarlo a tutti. Sai che divertimento? > Risi inmodo un po’ isterico, mentre osservavo la sua
faccia improvvisamente tesa.

< Non lo sarebbe, credimi. > cambiò improvvisamente espressione, mentre con una mano faceva cerchi sul tavolo.

< Io penso proprio di sì, cara la mia star! > andai avanti imperterrita.

< Mi sa che non hai presente che ho delle fan urlanti pronte a massacrarti per ricevere un 'premio speciale' dal sottoscritto. > esclamò,
schioccando la lingua compiaciuto.

< Per premio speciale intendi scopartele e poi mandarle a quel paese? > ringhiai, alzandomi di scatto dalla sedia per evitare di prenderlo
a pugni.

< Kota, smettila di dare spettacolo. > sussurrò, abbassando lo sguardo deciso.

< Lo sai che odio i cretini. > mi sedetti di nuovo, ignorando gli sguardi della gente.

< Ma sai anche che io non farei mai una cosa del genere. > mi zittì.

< Sono quattro anni che non ti vedo, potresti essere lo stesso stronzo che se ne fotte dei sentimenti della gente. > ribattei, sicura di quello
che stavo dicendo.

< Non sono così. > si giustificò.

< Come dei miei, per esempio. > sbattei una mano sul tavolo, incazzata per la sua risposta.

Dovevo dirglielo o mordermi la lingua?

< Ti ho detto che ti amavo, e sei sparito. Non ti sei fatto sentire per tutto questo tempo, andando a destra e sinistra per il tuo lavoro, ed ora
pretendi di venire qui con il tuo bel faccinoe far finta che quello che è successo non sia successo. >
esplosi, guardandolo furente e con la faccia
infuocata dal rossore.

Restò a fissarmi, senza aprire bocca nemmeno per respirare.

Era il colmo; la goccia che faceva traboccare il vaso.

Mi girai con le lacrime agli occhi, dirigendomi verso l'uscita del locale e fulminando con lo sguardo un ragazzo che mi stava letteralmente
venendo addosso, ubriaco marcio.

E dentro speravo. Speravo che mi raggiungesse, che si scusasse per il suo comportamento da perfetto coglione, che mi abbracciasse e che...

< Dakota, fermati. Fermati ti prego. > l'aveva fatto. Mi aveva preso per un braccio e mi stava trascinando verso The Cross, la via che portava a casa mia.

< Lasciami. >  lo volevo, e non lo volevo.

Cavolo, ora sì che mi rendevo conto di quanto il cuore e il cervello di una donna potessero andare completamente in disaccordo.

< Mi fai male! > gridai, sentendo la sua stretta forte stringersi ancora di più sul mio braccio.

Niente, non voleva saperne.

Svicolammo nel giardinetto di casa mia. Si ricordava ancora dov'era, quel maledetto.

Prese la chiave di scorta da sotto il vaso accanto ai gradini e mi spintonò per entrare.

< Ma come diavolo ti permetti!? > gli scaraventai addosso la borsetta.

Mi resi conto che potevo pensarci prima, ma come al solito le buone idee saltano in mente dopo, e colsi la palla al balzo, appena mi fu possibile.

< Sono venuto qui, ogni santa, maledetta volta. > si decise a parlare, la voce leggermente roca per lo sforzo di tenermi ferma.

< Ogni mese, per quattro anni. > riuscì a fermarmi.
 
Lo guardai allibita, osservando lo sguardo perso dei suoi occhi.

< Ed ogni volta non avevo il coraggio di suonare il tuo campanello, per paura...> la voce gli si spezzò in gola, mentre si avvicinava a me.

< Per paura di ferirti un'altra volta. Per paura di essere mandato via, di non poter essere accettato. > alzò una mano, portandola ad accarezzare
la mia guancia, leggermente a fuoco in quel momento.

< Per paura di amarti. > disse infine, mentre le mie labbra, al suo tocco, formicolarono. 

< Io avevo paura di poter rovinare tutto, a causa del mio lavoro, della mia lontananza da te. Avresti sofferto ancora di più. > si interruppe, sorridendo.

< Ma poi ho capito. > anche l'altra sua mano raggiunse il mio viso, provocandomi dei brividi che neanche sapevo di poter immaginare.

< Quando ti ho rivista, stasera, il mio cuore quasi volava. Io non posso fare a meno di te, Kota. Io... Io non ce la faccio. > sussurrò, avvicinandosi a me.

Senza neanche accorgermene le mie mani si avvinghiarono alla sua maglietta, e mi ritrovai a piangere tra le sue braccia, come una bambina
che ha rotto la sua bambola preferita e corre dalla mamma a farsi consolare.

Mi era mancato il suo abbraccio. Mi era mancato tutto di quel ragazzo dagli occhi magici. Mi era mancato  come manca la luce alle piante e
l'ossigeno agli esseri viventi.

< Io ti amo Kota. > si staccò da me, asciugandomi una lacrima con il pollice.

< Ti amo. > un soffio. Un soffio d'aria calda al freddo. 

Le nostre labbra si incontrarono, per la prima volta, dopo tutti quegli anni passati insieme.

Un sigillo per il nostro amore che, ora ne ero sicura, sarebbe durato in eterno.
 




Buonsalve! :3
Ecco, il mio cervello ha prodotto un'altra cosa strana! eh no, perchè Chasing the Sun. non bastava ù.ù
Beh, che dire!? Spero che vi piaccia! :) ho provato a migliorare un po' il mio metodo, quindi sono curiosa
di sapere che ne pensate! :D
Un grazie enorme a chi leggerà e anche a chi deciderà di lasciare una recensione! :)
Ed un altro enorme grazie alla mia Beta, nonchè Chara ! :) Ti voglio bene Giuls! <3
Yeah buddy, ho finito! :)
Un enorme abbraccio!
Sara :D

   
 
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