Il capo della sezione Omicidi della polizia di Los Angeles non aveva avuto una buona giornata.
Prima il traffico, poi mille grattacapi al lavoro, quell’ imbranato di Gumshoe che aveva rovesciato il caffè su delle pratiche importanti... E adesso, gli toccava fare la cosa che odiava di più del suo lavoro.
Assistere a un’ esecuzione capitale.
Sospirò. Criminali o no, non apprezzava quell’ aspetto della giustizia, e odiava vedere delle vite, di ogni età, sesso, aspetto, andarsene da questa terra proprio davanti agli occhi suoi e di quelli impassibili, a volte spietati, dei magistrati, o peggio, del boia. E vedere i corpi ridotti a gusci vuoti senz’ anima gli dava sempre una tristezza infinita. Ma quel giorno, i suoi occhi avrebbero dovuto assistere a una scena ancora più crudele del solito. Perché a morire, sarebbe stata una giovane, e per giunta, bella come un angelo.
La campanella del magistrato lo risvegliò dai suoi pensieri. Si alzò, imitando gli altri, e la condannata entrò, con due agenti di scorta.
Si chiamava Dahlia Hawthorne, ed era simile a un angelo.
 La giuria cominciò a esporre il suo verdetto. Il capo rimase allibito: aveva visto, sui volti dei condannati, davvero la totalità dell’ espressione umana: disperazione, terrore, lacrime, ira, sofferenza, pentimento….
Ma non aveva mai visto l’ impassibilità.
Mai.
E quel giorno, fu la prima volta.
Perché la giovane guardava il cappio che presto le avrebbe rubato il respiro con occhi glaciali, impassibili, crudeli.
Mentre la giuria continuava con il suo spietato, monotono discorso, il capo osservò a lungo la ragazza.
Sapeva chi aveva davanti, e tuttavia non riusciva a credere
che una creatura così innocente e delicata fosse una sadica
assassina.
Si chiamava Dahlia Hawthorne, ed era un demone vestito da angelo.
L’ uomo la osservò, come faceva sempre con i condannati;
notò che Dahlia aveva la pelle perfetta, e bianca, di un bianco quasi spettrale.
Notò i suoi glaciali occhi ambrati.
Notò i suoi capelli rossi, rossi come le fiamme, rossi come il sangue di cui quelle mani bianche si erano macchiate tante, troppe volte.
Notò che, sebbene i suoi occhi fossero impassibili e gelidi, le mani tradivano un grande nervosismo, perché si torcevano fino quasi a strapparsi la pelle.
Ma non sembra nervosismo. Sembra…. Ira….
Pensò l’ uomo, confuso. Ma poi ricordò il ghigno diabolico che aveva la ragazza quando era stata condannata in tribunale, e capii verso chi fosse quella furia ceca a stento repressa che si leggeva nelle mani e negli occhi.
La giuria tacque, e si sedette di nuovo.
 L’imputata venne condotta al patibolo. E dopo un ultimo, gelido, demoniaco, spaventoso sguardo lanciato a tutti i presenti, Dahlia Hawthorne seguì il boia e lasciò che quell’ orrenda corda le venisse legata attorno al collo.
Dopo pochi, infiniti, orribili minuti, il capo aveva davanti a sé un altro guscio vuoto che ondeggiava nel vento. Mentre il corpo veniva depositato su una barella, tutti  cominciarono a uscire, ma il capo volle guardare un ultima volta quella giovane. E prima che il boia le abbassasse le palpebre, vide, oltre agli spasmi del soffocamento, un'altra cosa.
Vide ancora un po’ di quella ira demoniaca nelle iridi color tramonto.
Quella sera, ripensò all’ esecuzione, e naturalmente, alla condannata e ai suoi orribili delitti.
Ricordò il suo sguardo, reso perso nel vuoto dal sonno eterno, forse, ma ancora malvagio e crudele.
Si chiamava Dahlia Hawthorne, ma chi la conosceva bene poteva chiamarla anche… morte.
La morte può morire.
 
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Il personaggio di Dahlia Hawthorne è meraviglioso e terribile allo stesso tempo, secondo me,
e questa semplice one shot mi è venuta spontanea appena letto che era stata impiccata.
spero che vi sia piaciuta, recensite, ciaoooo!
Alimanga ^_^