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Autore: Guardian1    19/12/2006    5 recensioni
Post-game; Rikku affronta i suoi fantasmi dai soprabiti rossi nel miglior modo che conosce. E’ dura avere sedici anni da poco compiuti, essere appiccicosa, e avere il cuore spezzato.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Auron, Rikku
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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A/N: Inequivocabilmente per Gabi. L'invenzione dei “Cidolphus” è tutta sua, e io m’inchino di fronte alla maestra. XD

The Naked Dead, And Her


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In un deserto non c’è molto che si possa fare con i fiori ma non è che faccia qualcosa perché i fiori in un deserto sono l’ovvio sinonimo di oooops appassirà tra cinque secondi wow, a meno che tu non ti premunisca di fiori di cactus, e i fiori di cactus non contano perché sono delle specie di bei cappellini su delle donne molto brutte. E poi chi ha bisogno di fiori quando non ci sono le tombe? Beh, non tombe vere, quelle con gli angeli di pietra dagli occhi enormi che assomigliano a Yuna dopo una crisi di pianto e ragazzi se Rikku sa a cosa assomiglia Yuna dopo una crisi di pianto di questi tempi, ma questa è tutta un’altra storia.

Tutti a Spira accusano gli Al Bhed di disprezzare i morti, ma è una cosa orribile di cui essere accusati, specialmente quando tutti sanno che circa un centinaio di anni fa i Guado mettevano a seccare i propri morti sulle forche e poi li mangiavano come popcorn al luna park; eretici, tutti quanti, fino a quando non è arrivato Jyscal e tutti loro a dire ci dispiace tanto Yevon, diventando i peggiori scimpanzé mai nati dal concepimento di Shelinda. E ironia della sorte, alla fine Yevon si è rivelato una grossa, tronfia zecca morta. Ma non è molto carino dire “Te l’avevo detto”.

Nessuno rispetta i morti più degli Al Bhed. Nessuno. Conservano i loro corpi nella sabbia salata di Bikanel, tesoro, come un grembo materno più che come una tomba, come cose messe ad essiccare; e i ricordi sono solo ricordi, d’accordo, ma sono preziosi. Non è bene cazzeggiare cercando di fingere che i ricordi sulle pareti dell’Oltremondo siano più di quello che sono – lunioli che recitano delle gag nella tua testa – ma lo è ricordare e ricordare intensamente, fino a rompersi i denti. Disprezzare i propri antenati può spingere i morti a bucare le spalle dei vivi – cosa che pietrificava Rikku in mezzo secondo quando era piccola fino a quando non riuscì a capire col suo favoloso cervellino che la nonna, il nonno e zia Dari probabilmente guardavano al suo furto della scatola di biscotti con un certo livello di indulgenza e probabilmente con occhio consigliere. Quindi era tutto a posto.

Così il campo degli antenati a casa è un casino assurdo di luci, stoffa e girandole, quantità abnormi di girandole, luminosamente sfarzose, graziose, e squisitamente destinate a perdersi se non curate costantemente. Gli Al Bhed non seppelliscono i loro cari sotto cumuli di pietra per poi dimenticarsene. Quella che è una cosa tristissima, no?

Il campo era molto lontano dall’invasione, tanto che è ancora intatto – anche se l’invasione l’ha allargato – ma neanche i soldi di Rin potrebbero occuparsene del tutto; si tratta di un lavoro lento e accurato, un continuo riaggiustare cose, rimettere a posto cose, rispolverare cose. E tutti quei soldi dovrebbero servire per la vita.

Però ha ancora un certo splendore; è un posto quasi allegro, vivo, con il costante ruggito del vento che scorre in tutte le girandole facendole turbinare come orologi impazziti. Rikku ama le girandole e per questo ha le braccia piene di quelle cose maledette, che le si conficcano dolorosamente nella carne subito dopo i legnetti, la pittura e gli stracci. Le ci vuole un po’ per arrivare al posto dove stanno mamma, nonna, nonno e tutti quanti, quel pezzettino della tribù Cidolphus ormai andato via, e si inginocchia sulla sabbia rinfrescante del tramonto, e bacia sua madre, e la rispolvera, e si sente meglio per averlo fatto.

Rikku accumula in un mucchio scintillante le girandole ai suoi piedi e si chiede se Tidus conti come morto. Non si può morire se non si nasce; Tidus è l’Amico Immaginario più grande e rumoroso del mondo, e ora se n’è andato, e se non fosse morto non ci sarebbe motivo di stare così male.

“Sai,” gli dice, scavando nella sabbia con i capelli appiccicati al viso e sentendosi la perdente più grande del mondo, “solo gli Al Bhed vivono qui, ma tu eri di Yunie e lei è metà e metà, quindi immagino che nessuno si sia arrabbiato. Giusto, mamma? Che ne pensi, nonnina?”

Conficca una girandola da zia Dari, per zio Braska, e le manda un bacio. Le sembra giusto.

“Cioè,” continua, “per morire bisogna andarsene, è una cosa fondamentale. Non devi per forza urlare argh e non deve uscirti il sangue da tutte le parti per essere morto. Insomma, di sicuro aiuta un sacco per capire se una persona è morta, ma Tidus se n’è andato per sempre e a mio parere è proprio una cosa da morti. Giusto? Giusto.”

Le girandole di Tidus sono verde brillante per l’acqua, blu scuro, e un po’ gialle perché a chi non piace il giallo. Fratello le ha dato una delle sue vecchie palle da blitzball dopo essere stato lusingato, allettato, e aver ricevuto dieci giri di pugni in faccia, e dopo molte imprecazioni bruttissime quello si è bucato con un triste wheee, tipico delle cose che si sgonfiano, su uno di quei bastoncini affilati che lei pianta nella sabbia come il bosco più strano del mondo. Lo riempie di sassolini e gli dà un nome con della pittura appiccicosa verde, e poi con un po’ di blu, e poi gli dipinge una faccia sorridente gialla perché è la cosa più grandiosa del mondo. Ci infilza dentro altri bastoncini e lo copre con un panno di lino giallo limone che nessuno voleva, per non farlo abbrustolire al sole, e alla fine si risiede a terra per contemplare il suo lavoro fatto a mano.

“Ciao, Tidus,” dice. “Pahdunhydu y lycy. Bentornato a casa. Manchi a tutti. Yunie piange così tanto che non c’è un momento che non sembri tutta rossa, gonfia e ritardata. Non è affatto carino, lascia che te lo dica. Sei davvero un cretino per farla piangere, un gran brutto cretino. Ti ucciderei, se solo non fossi non reale e tutto il resto.”

Si scuote un po’ di polvere di dosso e dà un casto bacio alla palla da bliztball su entrambi i lati del volto sorridente, molto dolcemente, quasi come una sorella; sarebbe stato carino avere un fratello che non fosse stato Fratello e che non le avrebbe dato una scossa che ancora si ricorda con un Thunder o la spintonava a terra, ma d’altronde Tidus era Tidus e si sarebbe sicuramente incastrato la testa nei vasi e cose su questo stile. (Non bada alla pittura verde e blu che si ritrova sul mento, sulle guance e sul naso.)

“Notte notte, Tidus,” gli fa. “Piuhyhudda. Ti amo. Specifichiamolo, in un modo in cui devi tenere su i pantaloni, eh, non fraintendermi. Nuota bene per me.”

E’ rimasta ancora qualche girandola, e per qualche ragione si sente nuda per quello che sta per fare, come una dodicenne svestita pronta ad entrare nella scena del mondo accompagnata da un’imbarazzante fanfara di tromba e cori di Rikku è tutta nuda! Si gira per non far vedere alla mamma e agli altri quello che sta facendo, e pianta le girandole rosse come mai si potrebbe desiderare, troppo rosse per lui perché il suo soprabito era del colore di un sole morente e non di quello laccato degli Al Bhed ma tanto che vuoi che ne sappia lui.

“Devo ancora capire perché tu sei qui,” dice alla prima girandola, severamente, minacciandola col dito in un gesto di protesta. “Eccetto che non avevi altro posto in cui andare, e nessun altro che lo possa fare per te. E se non c’è nessun altro, devo farlo io, giusto?”

Se è buffo fare una lapide per qualcuno che non è mai esistito, lo è ancora di più farla per qualcuno che non è stato vivo per un pezzo. Rikku sente le mani strane mentre sotterra i suoi fiori che non germoglieranno mai, le sue girandole, i fiori dai petali di carta; è come se le sue mani si siano pietrificate, dita bagnate in quella terra aridissima, e non le senta neanche a trafiggerle. Conficca fuscelli tagliuzzati di metallo nel terreno, per catturare l’ultima luce della sera prossima alla morte, e immerge un dito nella pittura gialla per disegnare una faccia sorridente molto vaga sul più grande tra i pezzetti di metallo, quello che sembra comportare meno rischio di infettarla di tetano nel caso si tagliasse. Dovrebbe essere sorridente, ma delle gocce dell’ultimo minuto rovinano tutto e ora ha un cipiglio stupido che batterebbe ogni altra smorfia.

Anche le sue girandole sono conficcate. Quelle di Tidus stanno esaminando il vento, assaporandolo, mentre le sue oscillano leggermente e con riluttanza nella brezza. “Bene,” le apostrofa, “fate come vi pare.

Rikku ritorna sulle ginocchia e guarda la lapide di Auron. Ha l’impressione che quella la guardi torvamente, giusto un pochino. Yunie l’ha mandato a prendere e l’ha seppellito, nel metaforico senso no-non-ho-toccato-il-suo-corpo-in-decomposizione, e si era aspettata di tutto fuorché un coro immaginario cantare al ritmo di Rikku è tutta nuda!, perciò è una fihe mwukede.

Qui ci sono la sabbia e le sue stelle filanti e qui ci sono i suoi ricordi e questo è tutto ciò che ha, dev’essere così; ma da molto lontano sente il verso di un antoleon nell’imbrunire, e di colpo diventa incredibilmente sola.

“Va bene per Tidus essere immaginario, ma tu sei morto,” gli dice, con rabbia. “E poi, lui non lo sapeva, ma tu eri seduto lì tutto a recitare la parte del ‘sono morto e ho bisogno di più fibre nella mia dieta e indosso il cappello misterioso dell’irritabilità’; come posso essermelo perso? Come potevi essere morto?”

Le girandole sono silenziose. Qui non ci sono risposte per lei.

“Perché non ci hai dato un aiutino? Perché non hai detto ‘Wow, ragazzi, non sapete quanto mi dispiaccia dirlo, ma sono spirato, spero non penserete male di me’? No, tu eri tutto puntini-puntini e risi bassi senza allegria e ‘Rikku, non farlo,’ e ‘Rikku, non toccarlo,’ e quanto ti sentivi davvero di buon umore, ‘Dicono che l’elettrocuzione arresti la crescita cerebrale, Rikku’. Se l’avessi saputo sarebbe stato diverso. Sarei stata comprensiva, avrei, avrei, avrei detto ‘Hey Auron, che ne dici di parlarmi un po’ di com’è essere morti, scommetto che di sicuro fa un male cane’ e ‘Hey Auron, lo vuoi il tuo pudding, perché scommetto che non ti serve, essendo tu un non trapassato e quella roba lì’, e avremmo potuto superare le file e oddio, oh, Dio, non è per il fatto che sei morto, è per il fatto che te ne sei andato e io ti odio!”

L’ultima parte risuona come un selvaggio grido demoniaco nel placido blu della notte, smorzato dalle tonnellate di sabbia e stelle, disperato e impotente, mentre le sue mani si serrano in pugni tanto stretti che le nocche si sbiancano. Percuote la sabbia fino a quando molti granelli non vanno a decorare i dorsi delle sue mani come zucchero sui dolci, ma in una maniera quanto più distante possibile dal bello. Il suo cuore è diventato un motore in surriscaldamento con gli ingranaggi logorati.

“Okay,” dice, con la voce rotta, “okay. Ecco il tuo segreto. Eri il mio preferito perché comunque mi davi sempre il tuo pudding e perché mi conoscevi meglio di tutti gli altri, senza neanche chiedermi qualcosa, solo guardandomi – nemmeno Yunie ci riesce – e dovresti essere qui. Non è lo stesso senza di lui e lo è ancora di meno senza di te, se capisci cosa intendo e sicuramente è così perché lo fai sempre ma ora dovrei dire facevi e questo è tutto quello che mi rimane.”

Rikku prende un paio di respiri. Il suo sistema circolatorio ha bisogno di più ossigeno per affrontare la rabbia e questo strano, potente pudore. Rikku è tutta nuda! Le sue guance sono più rosse delle fragole, delle sue girandole, dei pomodori, e la notte è scesa ma questo non le nasconde; il rossore sulle sue guance è un’enorme fiammata che la smaschera fino ai nodosi anelli della sua spina dorsale.

“Te ne sei andato ma non sei svanito. Ecco cosa sto cercando di dire. Te ne sei andato ma non è qualcosa come ‘Oh, quell’Auron se n’è andato, ragazzi sicuramente mi mancherà fare la danza della ladruncola attorno a lui e beccarmi il suo sguardo accusatorio quasi fossi una delinquente’, è come se tu fossi nei miei vestiti e nei miei capelli e nella mia bocca e io non riuscissi a farti andare via. Mi facevi sentire sicura – smettila di ridere, vecchio stronzo – e, ma, ecco qui il problema, non è come se tu fossi questo presunto Secondo Padre per me. Ho già un papà e non lo trovo attraente e oh cazzo l’ho detto davvero.

L’intero campo è piombato nel silenzio, spezzato solo dal tintinnare degli scacciaincubi e dal brusio delle girandole nella notte, e dalla tenda di qualcuno che sventola lassù nel vento in aumento. Gli dà la schiena e si assicura che la Palla sorridente stia bene, riempita di sabbia e sassolini. Quando si rigira, alla fine, si lascia ricadere a terra con un lievissimo tonfo e un guaito ancora più lieve per sdraiarsi con le girandole accanto al suo ventre, in uno stranissimo tipo di confortante intimità.

“Okay,” dice. “Avevo una cotta.” Silenzio. “Ora non fare il solito shoopuf compiaciuto per questo.”

Silenzio.

“Una piccolissima innocentissima cottarella.”

Silenzio.

“D’accordo, brutto bastardo, una grande cotta molto frustrante.”

Silenzio.

“… Una grande abnorme schifosissima cotta con tanto di campane, bandiere, parate e un pizzico di cioccolata, ti va bene? E’ stata la mia prima cotta! Eri sexy in quel modo tutto tuo, vecchio e irritabile! Solo che, mitico, alla fine si è scoperto che eri morto, quindi per forza che ora mi sento la nuova Miss Feticista Zombie e scommetto anche che sapevi di Oltremondo e di lichene e… e… e di muffa. Scommetto fosse illegale. Scommetto che secondo la legge fosse catalogabile come necrofilia, abuso di cadaveri, molestia di uomini morti ben preservati con un occhio solo davvero stupendo, e allora non ci sei più e io invece sì e non non non non è giusto.”

Se tiene gli occhi socchiusi le stelle le sembrano fiocchi di neve, e allora li dischiude. Ma le stelle continuano a sembrare fiocchi di neve perché le è volata della sabbia negli occhi non protetti e li ha fatti diventare tutti granulosi e sta piangendo fino a scoppiare. Sono i singhiozzi stanchi di una bambina che ha passato l’ora di andare a letto, di una donna allo stremo delle forze, di vecchie ferite e di qualcosa che sa tanto di autocommiserazione e sa di avere l’aspetto un gattino a cui è stata pestata la coda. Trombe in spalla, amabili gentiluomini; Rikku è tutta nuda!

“Credo di sapere perché mi sei addosso come una brutta infezione cutanea,” dice al cielo. “Non sono mai riuscita ad averti, e non avrei mai potuto averti, e non credo che mi permetterò nemmeno di desiderare di averti per sempre con una promessa stucchevole come il miele, ma prima che tu dicessi, ‘Rikku, sei la canzone più stonata che sia mai stata suonata sulla chitarra più scordata del mondo’, sappi che stavo per darti un grande e confuso bacio sulla tua fredda bocca da morto. Scommetto che poi avrei avuto bisogno di un antidoto, ma stavo per baciarti, hai sentito, brutto vecchiaccio.”

Non aveva potuto averlo e così aveva inglobato lui, avvolgendolo tra le sue mani come la prima farfalla della primavera, gravida della sua assenza che le si era impressa sul corpo in una ferita ancora aperta, e aveva dato vita a piccoli segreti irrequieti e oscuri. E, come dicono, ‘se la sfera è spenta, non succede niente’.

“Ti odio,” dice alle immobili e tetre girandole, al sole ormai sparito, ai cumuli di sabbia che le sferzano la pelle. “Ti odio e visto che non lascio mai le cose a metà probabilmente ti amo più che posso allo stesso tempo.”

Rikku ama tutti più che può. Ma ora ha amato lui più che ha potuto, come Tidus, come tutti, come mamma, e continua ad amarli e quando si drizza a sedere sa che questo nessuno potrà portaglielo via.

“Quindi sì, sei stato il mio Primo Amore, huh. Sapevo che avrei dovuto scegliere Kimahri. Lui aveva una voce matura e dei muscoli gatteschi incredibilmente sexy. E poi non era morto, cosa che fa circa tre miliardi di punti a suo favore, Mister Suscettibilità.”

Le stelle brillano sulla sua testa. Il suo cuore batte uno, due, tre colpi, e le viene da sospirare molto pesantemente proprio come faceva sempre lui – quel modo permaloso, irritabile, fisso su Lotta Permanente – e bacia una delle girandole con tutta la gravità e la solennità e il lucidalabbra al lampone che avrebbe messo su di lui. Le coppe della girandola si sbloccano nel vento, tagliandole quasi il naso prima che lei lo ritragga, e anche quella si unisce al sacro coro del resto del campo nel lento e infallibile wirr.

Rikku la osserva, la guarda girare e girare finché non le vengono le vertigini, e pensa alla vita e alla morte e al dolore e a tutto questo genere di belle cose. Quando visiti l’Oltremondo ti porti quello che hai, che altro non è che un’anima, spumosa e fatata, e la tua anima è fatta dalle persone che ti toccano e da una bella cucchiaiata di te stesso. E’ sacrosanta e preziosa. Portarsi con sé Auron non deve diventare il suo scuro e avvelenato peso da nascondere nell’armadio; può essere un sassolino che tiene in tasca, leggero e gentile e tutto suo per sempre, e improvvisamente si accorge di possedere lui e di aver vinto.

“Ti amavo da morire,” dice, senza lacrime, vuota come il cielo ma piena di una moltitudine di minuscole lucine scintillanti. “Ti amavo terribilmente, Auron. Ecco. Ah! Ficcatelo nella tua pipa e fumatelo. Ho vinto.”

I capelli le scivolano via dagli occhi e si alza e si spazzola la sabbia di dosso, guardando la girandola che continua a girare, e vincere sa di buono e di pulito e un po’ di cuore spezzato, ma quello lo può sopportare. Lui sa e lei sa, e il deserto ha fiori eterni che possono testimoniarlo. Non si sente una meraviglia, ma almeno si sente sana, e questo è abbastanza meraviglioso in sé e di per sé.

Le piacerà averlo lì per potergli parlare, decide, gli parlerà più spesso che può. E Yuna può venire a visitare Tidus, quando le sue cose scure e sanguinanti saranno sparite. Il dolore è nelle piccole cose, nelle mille sanguisughe che ti metti sul corpo per farle uscire; stamattina ha raccontato a Yuna della tradizione Al Bhed sul farsi crescere i capelli per il lutto (smettendolo e ritrovandoti qualcun altro in cucina a prepararti una torta quando stavi tanto meglio, apparentemente) e ha già visto una ciocca clandestina di capelli castani ornare il collo di Yunie.

Rikku fa un piccolo balletto della vittoria di fronte alla tomba improvvisata di Auron. Certe cose sono dure a morire.

(Come lui, invero.)

“Beh,” dice quando ha finito, con un tono luminoso come una candela, “certo che sta cominciando a far freddo qui fuori. E’ tempo di porre fine a certe cose.”

La prima fiaschetta la svuota su Tidus, di fronte alla felice palla da blitzball: non c’è nulla di più dolce di qualche sorso d’acqua fresca in un deserto, e la sua sabbia assetata la beve tutta. Per Auron, c’è la seconda fiaschetta, una goccia del whiskey più orribile di Rin ed ecco che appare sul suo viso il compiaciuto sorriso che sta a significare ‘ho-fatto-bene’. Questo l’avrebbe approvato. La sabbia si inzuppa e l’assorbe, e sono entrambi benedetti.

“Allora ci vediamo in giro.” Rikku tenta di usare l’atteggiamento da donna di mondo e fallisce miseramente. “Ora starete bene, se è possibile star male. Ciao, mamma. Ciao, Tidus. Ciao, nonna. Ciao, nonno – ” e così via, passando per la sua bisnonna, il suo bisnonno, il criceto morto di Fratello e le zie e gli zii e – “Cercherò di tornare più spesso che posso, ma ci sono molte cose impegnative da sbrigare in giro per Spira per le ragazzine Al Bhed carine come me, al momento.”

Rikku corre via, nella notte, ed arriva abbastanza lontano quando scivola da ferma in una pioggia di sabbia. Allora corre indietro, rovistandosi le tasche nel panico, e sotterra un cucchiaio sotto i fumi dell’alcol e le girandole rosse. Si ferma di nuovo, di fronte a sua madre, e si allontana più che può i capelli corti dalla testa in una triste imitazione di incontrollabili trecce d’oro che cadono.

“Che ne pensi, mamma? Puoi star sicura che arriveranno fino al sedere.”

Lei e Yunie avranno decisamente bisogno di più shampoo. Rikku li saluta tutti, e si trattiene, e poi corre di nuovo dallo scheletro della ricostruzione della Base, dal calore, da suo padre e da quello scemo di suo fratello, da quello che ha ora e da quello che si sta tenendo stretto. E poi sua cugina la starà aspettando con tutta se stessa a Bevelle.

La vita è dolce come pudding rubati, e sul cielo c’è scritto il suo nome tra le tante luci intermittenti delle macchine.

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“Me ne darai un po’ perché sono carina.”

Ci sta pensando. “No.”

“Me ne darai un po’ perché sei vecchio e il pudding ti farà salire il colesterolo e morirai seduta stante, e Yunie piangerà e io indosserò un vestito rosso al tuo funerale. E il tuo soprabito. Prendo io il tuo soprabito, giusto?”

“Senza dubbio non è un mio problema se tu mangi senza masticare o assaporare.”

“Auron! Io sono una ragazza in crescita!”

“Ininfluente, a questo ritmo.”

“AURON. Me ne darai un po’ perché sto per fare la mia danza del Per Favore. PER FAVORE PER FAVORE PER FAVORE. PER FAVORE PER FAVORE PER FAVORE.”

Lui si porta il cucchiaio alla bocca. Lei lo guarda come un’orfana con la consunzione, e lui avvicina quella prelibatezza alle papille gustative che smetteranno di lavorare a dovere per qualche lungo, crudele istante, per poi abbassarlo e darlo a lei. Non riesce quasi a credere al suo dono; e poi ne mangia metà e offre appiccicosamente il resto a lui in una dimostrazione di malriposta ma gentile generosità. Lui declina.

“Me l’hai dato perché sono carina,” dice con voce allusiva.

“Te l’ho dato per farti star zitta.”

“Sai,” dice, felice, “alla fine non cambia poi tanto, comunque sia.”

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Nota della traduttrice: non esattamente la fanfiction più allegra per Natale, ma di sicuro una che vale la pena leggere, sempre e comunque. Una Rikku così, tra l’altro in neanche dieci pagine, è più unica che rara...
Un ringraziamento speciale va inoltre a kar85, senza la quale questa traduzione sarebbe stata inguardabile e non scherzo. Meno male che esistono i beta, a questo mondoXD



EDIT DEL 02/02/08: mi sono da poco azzardata a rileggere questa traduzione e mi si è accapponata la pelle per come l’avevo scritta male. Errori di grammatica, di comprensione, di TUTTO ;_; Forse era troppo difficile per il mio livello, e forse anche per quello del beta che al tempo mi seguiva, anzi, sicuramente è così visto che qualche frase mi lascia tuttora perplessa; ci avevo messo veramente il cuore, ma continuo a sentirmi tremendamente mortificata. So che a questo punto avrei dovuto ricorrere a un altro beta, ma ormai è fatta, è passato più di un anno da allora e dubito che ci siano altre persone che la leggeranno. Mi sono limitata a riguardarla e a correggere le terribili sviste che ho notato, e anche se potrebbe essermene sfuggita qualcuna, nel complesso ora dovrebbe essere quantomeno decente.
Chiedo scusa a tutti per il disguido, soprattutto a coloro a cui era piaciuta nonostante la forma pessima.

Youffie
   
 
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