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Autore: crystalemi    01/06/2012    1 recensioni
L'unico coinquilino di Momoshiro negli ultimi tre anni è stato Karupin, ma il suo originario padrone è arrivato a riprenderselo dopo anni di assenza.
Quella mattina non attendeva nessuno, perciò rispose alla porta con estrema curiosità. E per poco non gli venne un infarto.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ryoma Echizen, Takeshi Momoshiro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è dedicata all’anno cominciato oggi, sperando che anche nella seconda decina io possa continuare a scrivere e divertirmi.

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Without You



You said sit back down where you belong
Sit back down on the couch where we
Made love the first time and you said to me this



Momoshiro non si aspettava visite quella mattina, ma ecco che il campanello aveva suonato lo stesso e per tutta la sua casa non aveva fatto altro che rimbombare nel silenzio ormai familiare. Erano ormai tre anni che i suoi si erano ritirati in campagna con i nonni lasciandogli la villetta in cui aveva vissuto per tutta l’infanzia, gliel’avevano lasciata perché speravano che ci fosse una fidanzata e che presto avrebbero visto il loro ragazzo sposato e con un paio di bambini in arrivo, ma in quella casa passavano solo amici di vecchia data, che erano soliti chiamare in anticipo e avvertire nonostante Momoshiro avesse assicurato che casa sua era aperta a tutti a qualsiasi ora. Eiji l’avrebbe preso in parola, ma ora che conviveva con Oishi le cose funzionavano alla maniera di quest’ultimo, così Momoshiro aveva sempre un paio d’ore d’anticipo sull’arrivo dei senpai.

Ma quella mattina non attendeva nessuno, perciò rispose alla porta con estrema curiosità.

E per poco non gli venne un infarto.

Momoshiro era soddisfatto con la sua vita: una casa grande tutta sua, niente genitori, tanti amici, un buon lavoro, le partite domenicali ai campi da tennis di strada, qualche amante occasionale che rimorchiava in bar e discoteche quando l’idea di tornare in una casa vuota e silenziosa lo angustiava. Eppure in tutto quello qualcosa mancava, qualcuno che non aveva mai smesso di aspettare, anche se era una follia sperare che tornasse. Momoshiro si accontentava di vederlo in televisione, senza riflettere troppo sul fatto che non si fossero mai lasciati, ma che nemmeno potevano mai essersi considerati fidanzati. Erano stati migliori amici alle medie, avevano fatto sesso assieme alle superiori e Momoshiro si era innamorato come un idiota, non prendendo mai in considerazione il fatto che era sempre stata una relazione instabile.

Poi lui se n’era andato e per sei anni l’aveva raramente sentito per mail, e solo per informarlo che il gatto che gli aveva lasciato in custodia stava bene.

Ed ora, Echizen stava in piedi sul suo zerbino con il solito cappellino bianco, come se non fosse mai andato via, con un sorrisino arrogante dipinto sulle belle labbra. Echizen entrò senza nemmeno essere invitato, ma Momoshiro sapeva che l’avrebbe fatto anche se gli avesse sbattuto la porta in faccia. Non che ne avesse intenzione, comunque.

In silenzio lo invitò a sedersi sul divano, ma appena Echizen lo fece il suo cuore saltò un battito al ricordo della loro prima disastrosa volta. Entrambi vergini, entrambi che nemmeno avevano idea di dove mettere le mani, entrambi che volevano farlo ad ogni costo. Su quel divano che i suoi genitori avevano appena comprato. Non che il divano fosse il motivo, semplicemente non avevano avuto il coraggio di staccarsi le mani di dosso, per paura che nel tragitto dal salotto alla camera da letto uno dei due cambiasse idea e tutto diventasse imbarazzante da quel momento in avanti.

«Karupin!» fu la prima cosa che disse Echizen fra quelle mura, appena vide il gatto vecchio e grasso arrancare dalla cucina al divano. Momoshiro, fece un sorriso mesto mentre Ryoma sollevava l’animale e lo coccolava, ottenendo fusa a non finire.

Momoshiro scomparve nella cucina per prendere qualcosa da bere e per calmarsi, per convincersi soprattutto che non era un sogno. Echizen era proprio lì, in casa sua, dove l’aveva sempre voluto. Chissà se era tornato solo per il gatto o magari... no, Momoshiro decise che non si sarebbe illuso: Ryoma era tornato per il gatto non certo per lui. Probabilmente Echizen aveva qualcuno in America con cui usciva, faceva l’amore ogni sera e che pensava di sposare presto – perché Momoshiro era sicuro che in qualsiasi punto degli U.S.A. due uomini potessero sposarsi.

Echizen non aveva tempo per un idiota con cui aveva fatto sesso alle superiori. Echizen era andato avanti, non si era bloccato nell’attesa di qualcosa che non sarebbe mai successo.

Diversamente da Momoshiro.

«Cosa ti porto?» gli chiese senza tornare in salotto, alzando appena la voce.

«Latte.» gli rispose Echizen, facendolo sorridere, ricordando che era davvero cresciuto dalla prima volta che l’aveva visto. Ben dieci centimetri, come amava ricordargli alle superiori con arroganza, sebbene ancora Momoshiro fosse molto più alto.

«Arriva.» gli rispose mentre versava del latte per lui e tirava fuori dal frigo una birra per se stesso.

Ryoma non disse nulla sulla sua scelta di bevanda – non come Oishi che tirava avanti ore e ore su quanto l’alcol facesse male, e solo il cielo sapeva come ancora nessuno l’avesse zittito per sempre, probabilmente era l’aria dolce e la paura di incappare nell’ira di Eiji a fermare tutti.

Il silenzio permeò la stanza, ora che Karupin aveva smesso di fare le fusa e si era deciso a lasciare il posto sul divano accanto a Ryoma libero. Posto subito occupato da Momoshiro, con la scusa che non c’erano né sedie né poltrone in quel salotto.

«Congratulazioni per l’ultimo torneo.» esordì Momoshiro quando Ryoma ebbe quasi finito il suo latte. Il ragazzo più giovane si strinse nelle spalle e poggiò il bicchiere non ancora vuoto sul tavolino di vetro davanti a sé, per poi tornare ad appoggiarsi allo schienale, stanco.

«Atobe è stato la solita spina nel fianco.» borbottò contrariato, abbassando la visiera del cappellino, riferendosi alla finale. Momoshiro gli sorrise, ricordandogli che aveva comunque vinto lui.

Certe cose non cambiavano mai, notò Momoshiro fra sé, ma lasciò cadere l’argomento, facendo tornare il silenzio.

«Da quanto sei a Tokyo?» gli chiese alla fine, sperando in una risposta diversa da “parecchio”, perché in fondo, nemmeno così tanto in fondo, voleva essere fra le prime persone che Ryoma aveva visitato.

«Più o meno tre ore, c’era traffico per strada.» sbottò Ryoma e Momoshiro si rese conto che il ragazzo era andato da lui appena rimesso piede in Giappone. La consapevolezza gli strinse lo stomaco e rischiò di distruggere tutti quei buoni propositi di non pensare di essere importante per Echizen.

Cadde ancora il silenzio, con Momoshiro che non riusciva più a spiccicare parola.

«Ho fatto una promessa a me stesso quando me ne sono andato, Momo-senpai.» esordì Ryoma, togliendo il cappello e lasciando che l’altro gli arruffasse i capelli, come se non fossero passate che poche ore dall’ultima volta che s’erano visti. Eppure il peso degli anni in sospeso era quasi insostenibile.

«Ho lasciato Karupin perché sapevo che era l’unico modo per tornare.» continuò, mandando in frantumi ogni dubbio in Momoshiro: sapeva che il gatto era più importante, stupido a credere di avere ancora un posto nella vita di Echizen.

Fece per dire qualcosa di stupido per fugare il dolore e l’imbarazzo, ma Echizen lo conosceva troppo bene per anche solo permettergli di emettere una sillaba: gli chiuse la bocca con una mano, scuotendo la testa, intimandogli di ascoltare, con uno sguardo così serio ed intenso che Momoshiro lo ricordava solo sul campo da tennis, davanti ad una sfida particolarmente importante.

«Momo-senpai, non ho lasciato solo Karupin qui. Ho lasciato te. E questo divano.» mormorò, togliendo la mano dalla bocca del senpai, che però non fece in tempo a chiedere cosa stesse dicendo, perché subito le loro labbra si toccarono gentilmente, in un accenno di bacio a stampo.

Momoshiro si bloccò incredulo, sentendo distintamente le labbra di Echizen sulle sue cercare di coinvolgerlo in un bacio degno di quel nome, uno che sciogliesse il nodo che gli anni avevano creato da qualche parte nel loro corpo, e Momoshiro non resistette molto prima di lasciarsi andare e lottare per il controllo di quel ritrovo.

Fecero l’amore, di nuovo su quel divano, ora non più nuovo, ma carico di paure e speranze, fecero l’amore senza badare alla presenza di Karupin che rubava il latte dal bicchiere del padrone, approfittando della sua distrazione. Fecero l’amore, come non l’avevano mai fatto, con la paura per la prima volta che fosse un cambiamento troppo grande, con la consapevolezza che da quel giorno in avanti qualcosa sarebbe davvero cambiato.

«Okaerinasai, Ryoma.» sussurrò Momoshiro nell’orecchio di un Ryoma già quasi addormentato, incurante del fatto che l’altro fosse ancora nascosto dentro di lui. Ryoma sorrise davvero, non un abbozzo o un ghigno di scherno, ma un sorriso vero e felice che non se ne andò nemmeno quando Momoshiro si sfilò dal suo corpo per tornare a sdraiarsi sul divano, invertendo le posizioni per non soffocare Echizen, portandolo quindi a stendersi sopra il suo petto. Ryoma baciò il punto in cui sentiva battere il cuore di Momoshiro e dopo vi poggiò la testa, per ascoltare ancora. Sempre.

«I’m home, Momo-senpai.»



It's been a long time since I came around
Been a long time but I'm back in town
This time I'm not leaving without you.



Note Finali: Okaerinasai è giapponese, per dire “ben tornato a casa”, a cui Ryoma risponde “sono a casa” in inglese. Non sono solita usare parole giapponesi (a parte senpai, perché ancora non so come si dica “upperclassman” in italiano) ma volevo rendere questo scambio “multiculturale”, richiamando comunque un modello giapponese di saluto. Considerando che non ho mai fatto giapponese, prendetelo con le pinze, ahah.
Anyway, questa è la mia prima fic su Momo e Ryoma, sono piuttosto dubbiosa sulla loro caratterizzazione e mi piacerebbe conoscere altre opinioni per migliorare, visto che mi piacerebbe cominciare a scrivere attivamente sul fandom :D Fatemi sapere se avete letto, quindi!

Disclaimers: i pezzi in corsivo sono tratti da “U&I” di Lady Gaga, inoltre Momoshiro Takeshi e Echizen Ryoma sono proprietà di Takeshi Konomi. Nessuno scopo di lucro ♥


   
 
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