Caro Gerard,
stasera ho deciso di scriverti perché la luce pallida della candela mi ricordava il tuo viso.
La pioggia sta entrando nella mia camera e i tuoni mi fanno sentire un po' come in quei film dell'orrore, ma non ho paura.
Sono seduto accanto al telefono nero che comprammo insieme prima che mi trasferissi qui, aspettando ossessivamente una tua chiamata.

Che non arriva mai.

E questo fa così male che mi fa quasi intuire che tu lo sappia.
Che tu sappia quello che mi sta corrodendo come l'acido con cui cerco di togliere la ruggine ai ricordi stanchi.

Che poi alla fine, che t'importa?
Che c'importa, di ciò che proviamo, io e te?
Che tu ami lei e che io dopo centinaia di lei amo te?

Tu.

E lo sappiam tutti, io e le parole che ti fissano, che questo cambierà il tuo modo di guardarmi, ma sono sempre io.
Sono sempre quello che ti suona la chitarra per farti addormentare.
Mentre tu mi suoni il cuore scacciando via le paure.

E stringerò al petto ogni ricordo fino ad arrugginirmi.

 

E rovinerò tutto ogni volta che mi guarderai negli occhi e ci troverai l'amore bagnato di pioggia e il riflesso dei lampi al cuore.

E dimmi perché devi mandarmi all'inferno.

E dimmi perché non posso restare ancora un po' con te.

E dimmi perché i tuoi occhi sembrano color nocciola e a me le nocciole son sempre piaciute.

E che il problema è che ti ricordi di prepararti alle cose solo dopo che accadono.

E poi il silenzio.

 

E perché l'ultimo giorno, l'ultimo treno, l'ultimo respiro,
non l'hai lasciato andare via voltandoti?



















































































 

A random proprio.
Vicky, ho cancellato la vecchia OS e te ne ho sparata una su due piedi, così.
Questa è per te.
Per ciò che potrebbe provare quella ragazza.
Per l'amore.
E boh, stop.