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Autore: Strega_Mogana    21/12/2006    16 recensioni
Cinque ragazze, cinque ragazzi, cinque amori.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inner Senshi, Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Bene eccoci qui! Un nuovo progetto (non temete gli altri vengono assolutamente prima!) su Sailor Moon, questa volta scordatevi mostri, alieni invasori, energie planetarie e principesse della Luna. Cinque ragazze, cinque ragazzi, cinque amori. Cinque storie brevi (al massimo saranno divise in 2 parti come questa) melense e zuccherose e spero anche divertenti (ragazze siete avvertite! Ma il clima natalizio mi rende più romantica del solito!). Dedico queste storie brevi a due persone che mi stanno molto a cuore: la prima é la mia sorellona Luana (perdonami sorellona ma l’idea di queste 5 storie mi é venuta in mente leggendo le tue splendide one shot sul sigillo, non c’entrano nulla ma mi hanno ispirato un sacco!), la mia cara sorellona che é sempre presente quando sono triste e, anche se lontana, sento vicinissima a me! La seconda persona é Alessandro che legge sempre, o quasi sempre, le mie storie in anteprima e le trova belle ogni volta (non lo pago giuro! ^o^) e mi incoraggia a postare. Buona lettura, Buon Natale e Felice Anno Nuovo nel caso non dovessi postare fino a Gennaio! Un bacio e un forte abbraccio a tutti! Elena

Allergia all’amore (parte prima)



Sono un genio.
Beh non lo dico io è solo un dato di fatto.
Il mio quoziente intellettivo è superiore alla media, anzi diciamo che è il più alto della scuola se non dell’intera città.
La mia intelligenza non mi ha mai ostacolato, se non per le amicizie.
Chissà perché le persone etichettano una ragazza particolarmente intelligente come una ragazza odiosa e che si da arie.
Io non mi sono mai data arie, solo perché mi piace pranzare da sola e leggere in tranquillità non vuol dire che mi reputo superiore agli altri.
All’inizio mi sentivo sola, sfiduciata dalla gente che non mi capiva, che non voleva neppure provare a capirmi, ci avevo fatto l’abitudine alla solitudine, sembrava quasi lei la mia migliore amica, lei e i miei libri.
Un po’ patetico ora che ci ripenso...
Ma ora il giudizio degli altri è l’ultimo dei miei pensieri, ho altro a cui pensare, i miei studi, le mie ricerche e il mio futuro nella medicina.
E poi ho delle amiche, le migliori che una ragazza diciassettenne più avere. Sono sempre li per me, mi aiutano, mi sostengono, fanno il tifo per me e questo mi basta. Non importa quanti amici tu abbia l’importante è che siano sinceri e loro lo sono. A volte sono un po’ brutali ma sono sincere.
La mattina è la parte della giornata che preferisco, le luci ancora soffuse della città, il silenzio interrotto dai primi rumori mattutini, la gente mezza addormenta per strada, l’odore di caffè e brioche calde che riempie l’aria frizzante. Mi piace passeggiare per la città di mattina presto mentre vado a scuola, spesso esco prima solo per allungare la strada e passare attraverso il parco. C’è pochissima gente, qualche distinto uomo d’affari che adora il paesaggio irradiato dai primi raggi del sole proprio come me. Quando sono molto in anticipo mi siedo sulla panchina e leggo un libro oppure rimango solo lì ad immaginare il mio futuro fissando il sole che si specchia nel lago.
Mi fa stare bene… mi sento sempre in pace.
E, per qualche minuto, non sono il genio della scuola, sono solo Ami.
- Anche stamattina in anticipo. - mi volto di scatto, è Rei, l’unica delle mie quattro migliori amiche che arriva puntuale a lezione.
- Buongiorno Rei.
Si avvicina con il suo passo felpato, il passo tipico delle sacerdotesse del tempio scintoista dove lavora con il nonno o lo stesso passo che hanno i dottori nelle corsie d’ospedale durante il turno di notte.
- Ti sei fermata al parco anche oggi?
- Sì, avevo bisogno di rilassarmi un po’. Ho passato parte della notte a studiare per il compito di scienze.
- Sono certa che non avrai problemi… a differenza di qualcun altro.
Non c’è bisogno di spiegare a chi si rivolge, ridacchiamo ed andiamo in aula.
Poco prima che la campanella suoni Usagi entra di corsa in classe, affannata, in disordine e con il fiato corto.
Sorrido di fronte alla sua capacità di trasmettere gioia già di prima mattina e rivolto verso la finestra che da sul cortile.
Un paio di studenti corrono dentro ancora più in ritardo della mia amica, poggio la testa sulla mano e aspetto che arrivi la professoressa.
La giornata è stata dura e faticosa, il test era semplice da gestire, il pianto disperato di Usagi per l’ennesimo tre in inglese un po’ meno.
Non ho mai visto una ragazza prendere così tante insufficienze come lei. Eppure è sveglia, capace, non capisco perché non si mette d’impegno con la scuola.
Afferro la borsa ed esco dal bar dove ho passato il pomeriggio con le altre davanti ad una coppa di gelato alla vaniglia; avrei dovuto portarmi avanti con i compiti ma non importa, loro vengono prima, studierò stanotte tanto non sono mai stata una ragazza che dorme molto.
Ora, però, sono molto tesa e ho bisogno di svagarmi un attimo, e non c’è posto migliore della piscina della città per far sciogliere la tensione nel mio corpo.
L’acqua è il mio elemento. Lo è sempre stato fin dalla nascita, mamma dice sempre che sono nata prima del termine solo perché fuori pioveva ininterrottamente da tre giorni, avevo sentito il richiamo della pioggia ed io avevo risposto nascendo. Papà mi invia sempre dei quadri bellissimi di laghi di montagna o mari al tramonto, lui capisce come me questo legame, anche lui si sente legato a quell’elemento.
L’acqua ha la capacità i raccogliere in se tutte le mie preoccupazioni e portarle via, lontano e di non farmele più incontrare.
Quando ho un problema io so che una bella nuotata più aiutarmi a risolvere tutto.
Ora non ho un problema… ho solo bisogno di liberare la mente, di non pensare, di sentirmi una creatura marina.
Lo spogliatoio femminile è vuoto, lo è sempre a quest’ora è anche per questo motivo se vengo così tardi.
Voglio restare sola, senza interruzioni inutili, senza perdite di tempo in chicchere, questo è il mio rifugio nascosto e per ora voglio che sia solo mio.
Il mio angolo di paradiso.
Mi cambio lentamente, mi piace sentire il tessuto elasticizzato del costume sulla mia pelle chiara, è come una seconda pelle, un piccolo scudo dal freddo dell’acqua. Afferro il mio asciugamano blu ed esco fuori, non incontro nessuno fino alla vasca più grossa quella con il trampolino più alto.
Nella vasca non c’è nessuno ma sul trampolino c’è un ragazzo che non ho mai visto prima.
Alzo lo sguardo e lo vedo dritto sulla piattaforma, fissa un punto davanti a lui, sembra molto concentrato.
Mi piace vedere qualcuno tuffarsi, sono una grande nuotatrice ma i tuffi non mi riescono bene, soffro di vertigini e non è la patologia ideale per tuffarsi.
Mi appoggio al muro e lo osservo mentre alza le braccia e si mette in posizione.
I muscoli del suo torace di contraggono appena, non è un atleta professionista, non ha il fisico di uno che nuova tutti i giorni, ma non è neppure un brutto ragazzo da quel poco che posso vedere, il viso è sfuocato, è troppo lontano ed in alto e la mia miopia non mi aiuta a mettere a fuoco i tratti del suo volto. Saltella e poi si tuffa, il suo corpo fa una capriola nell’aria ed entra in acqua quasi senza fare nessuno schizzo.
Incredibile. Un tuffo da nove.
Lo vedo risalire e nuotare con grazia verso il bordo della piscina, ora vedo meglio le sue spalle larghe e i suoi lunghi capelli biondi legati assieme con un nastro nero. Si issa sulle braccia e si alza, l’acqua gli scivola sulla pelle, prende l’asciugamano nero come il suo costume e se lo mette in spalla. Si avvia verso gli spogliatoi dove ci sono io appoggiata al muro. Mi sorpassa dandomi solo un’occhiata di sfuggita, i suoi occhi sono grandi e verdi. Un’occhiata penetrante, lunga e breve nello stesso momento, sembra quasi che mi stesse aspettando.
Mi accorgo solo dopo che mi ha superato che ho trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Sento la porta dello spogliatoio chiudersi con uno scatto e torno in me, poggio l’asciugamano sulle panchine di pietra accanto alle vetrate e mi butto in acqua. Inizio a dare una serie di bracciate veloci per riscaldarmi un poco, la mia mente inizia a svuotarsi, la giornata non sembra più così pensate come mi era sembrata prima, i problemi scivolano via come l’acqua sul mio corpo. Risalgo quando l’aria mi manca nei polmoni, riprendo fiato e scosto i capelli bagnati con un colpo deciso di testa. Resto un po’ a galla e mi guardo attorno.. nessuno... quiete... serenità... il mio modo perfetto.
A volte immagino che la mia vita si svolga tutta qua, senza libri da studiare, senza scuola, senza un futuro spaventoso, senza nulla... solo io, il mio costume e la piscina.
Ma poi penso che mi annoierei, che sentirei la mancanza delle mie amiche e dei miei amati libri.

***
Un’altra mattina in anticipo, un’altra giornata iniziata con i raggi del sole che si specchiano nel lago del parco.
Sorrido mentre l’aria, lievemente più pungente questa mattina, mi accarezza le guance come la delicata carezza di una madre affettuosa. Afferro la mia cartella e mi dirigo alla scuola, non é tardi, se tengo un buon passo arrivo pochi secondi prima che suoni la campanella.
Mi posso godere ancora un po’ questo panorama che mi toglie il fiato ogni volta, cammino fissando il lago, non molto saggio da parte mia visto che praticamente non sto guardando dove metto i piedi ma poco importa, é mattina e non c’é nessuno qui la mattina.
Come non detto, non faccio tempo a fare che pochi passi quando la mia testa cozza contro la schiena di un ragazzo.
Dalla sorpresa cado a terra pestando il sedere; in questo preciso momento mi ricordo molto Usagi.
- Mi scusi io non l’avevo vista stavo...- dio mio che imbarazzo! Stavo guardando altrove e non l’ho proprio visto. Mi alzo in fretta e pulisco la mia gonna.
Alzo la testa dal piccolo inchino che ho fatto per scusarmi e vedo due occhi verdi come l’erba in primavera scrutarmi dietro un paio di occhiali con le lenti rettangolari, proprio come i miei che tengo nella cartella e che uso quando studio per non affaticare la vista.
Conosco questo ragazzo.
E’ lo stesso che ho incontrato in piscina ieri sera.
Ora che lo vedo meglio e, soprattutto, con dei vestiti addosso mi rendo conto che non deve esser molto più grande di me, anzi, ora che ci faccio caso, indossa la divisa della mia stessa scuola.
Sorride... le sue labbra solo sottili, delicate... i denti perfetti e bianchi.
Improvvisamente ho caldo... che abbia la febbre? Eppure stavo bene stamattina...
- Non ti preoccupare succede.
Oddio ha perfino una voce calda, sensuale e vellutata.
Ho ancora più caldo... sicuramente sarà l’inizio di qualche nuovo malessere di stagione. Eppure non ricordo notizie in merito sui giornali di medicina che mamma porta a casa dall’ospedale.
Balbetto qualcosa... non riesco neppure io a capire cosa e corro via dopo aver fatto un fugace inchino.
Corro fino a scuola, entro in aula e, senza salutare nessuno, mi metto al mio banco, prendo il primo libro che mi capita in mano ed inizio a leggerlo.
Le prime due ore di letteratura straniera sono volate, le poesie italiane del rinascimento mi hanno fatto scordare il ragazzo misterioso della piscina, e nell’ora successiva di inglese ero così concentrata sulla pronuncia esatta di ogni parola che non ci avevo più pensato.
Così ora quell’incontro imbarazzante é solo un misero, sfuocato ricordo nella mia mente.
Probabilmente non lo rivedrò più.
Grazie a Dio ho ripreso il controllo del mio cervello.
La campanella dell’intervallo viene accolta dai miei compagni come l’acqua nel deserto, mi alzo e vado nel corridoio dove so che hanno appeso i risultati del test di scienze che abbiamo fatto la settimana scorsa. Fuori é un carnaio, tutti stanno cercando di vedere il proprio risultato.
Usagi già piange in un angolo, Rei e Makoto non hanno un’espressione molto allegra.
Prevedo già un’enorme coppa di gelato oggi pomeriggio al bar di Motoki.
Sto per andare al tabellone quando qualcuno mi afferra per il braccio.
- Dove credi di andare tu?
Mi volto sorpresa quando vedo una folta chioma bionda arrivarmi in faccia.
- Minako...- mormoro sconcertata levandomi i capelli dal viso – cosa c’é? Vado a vedere il mio risultato.
- Non puoi.
- Cosa?
- Non puoi. – ripete con più enfasi.
Ora anche le altre si sono accorte della mia presenza e si sono avvicinate.
- Ami devi prepararti ad un brutto colpo. – mi fa Usagi tirando su col naso.
Brutto colpo? Ho studiato per due settimane per quell’esame e non può esser andato male!
- Non é possibile...- balbetto incredula e schioccata.
- E’ accaduto. – fa Makoto mettendomi una mano sulla spalla.
- Ti staremo accanto.
Mi avvicino al tabellone, il mio corpo sembra fatto di granito tanto é pesante.
Alzo lo sguardo sull’elenco appeso in bacheca, lentamente salgo dall’ultimo, Usagi e Minako sono tra le ultime, Makoto é in un po’ più in alto mentre Rei é in mezzo alla graduatoria.
Ma il mio nome non l’ho ancora visto.
Continuo a far scorrere lo sguardo fino a quando non lo trovo... é il primo! Un sospiro di sollievo mi esce dalle labbra... perché mi hanno fatto prendere uno spavento del genere?
Sgrano gli occhi quando vedo una cosa che non é mai capitata prima.
Un ragazzo ha preso il mio stesso punteggio.
Entrambi siamo primi... questa cosa é nuova... non era mai successo nella mia carriera scolastica.
Solitamente tra me e il secondo classificato c’erano sempre un centinaio di punti di differenza anche di più.
- Yatamore Zoisite. – leggo socchiudendo gli occhi – Non l’ho mai sentito questo nome nella scuola. Minako sai chi é?
Come se avesse previsto una mossa del genere Minako estrae dalla tasca della sua gonna il taccuino marrone di cui va tanto fiera. E’ un piccolo quaderno rilegato in pelle marrone dove annota tutti i nomi dei ragazzi della scuola, suddivisi per nome, età e bellezza. Ci annota tutto quello che riesce a scoprire su quella persona e, se riesce ad uscirci, anche commenti personali.
- Yatamore Zoisite,- legge velocemente – 18 anni, appena trasferito da Osaka, i genitori sono divorziati, era il miglior studente nella scuola precedente, si é trasferito da due settimane ma viene a scuola praticamente solo da due giorni. – alza lo sguardo e sorride – Ah... é lui!
Mi volto per vedere chi é questo ragazzo così intelligente, tra tutti i miei compagni scorgo una chioma bionda che mi è famigliare, l’unico ragazzo che non conosco é proprio lo stesso che ho visto in piscina... lo stesso con cui mi sono scontrata questa mattina.
Ho di nuovo caldo.
- Non... non é possibile...- mormoro facendo un passo indietro – E’ lui...
Minako guarda me e poi il ragazzo nuovo.
- Lo conosci?
- No!- mi affretto a dire ma la mia voce doveva esser troppo alta perché lui si é volato e ora mi fissa.
Oddio... mi sento male...
- Ami stai bene?- mi chiede Usagi ma la sua voce é così lontana che a malapena riesco a sentirla.
- No... si...- mi porto una mano alla testa.
Zoisite si avvicina di un passo... sorride...
Mi gira la testa... tutto attorno a me diventa nero.
Non ricordo più nulla.
   
 
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