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Autore: My Pride    03/06/2012    8 recensioni
~ Raccolta di flash fiction e one-shot incentrate sulle coppie ZoSan e RuNami ♥
» 58. Tequila Sunrise
«Mi stai facendo passare per il cattivo ragazzo, cuoco».
«Ricorda, marimo: non esistono uomini cattivi.... se sono cucinati bene»

[ Quarta classificata al contest «Rapido e indolore» indetto da Ro-chan { 23 } ]
[ Quinta classificata al contest «Flash Fiction Istantanee» indetto da Dark Aeris { 6 } ]
[ Seconda classificata al contest «Il mondo dei Peanuts» indetto da Dark Aeris { 26 } ]
[ Seconda classificata al contest «Due cuori e...» indetto da Frandra e Silyia_Shio { 24 } ]
[ Seconda classificata al contest «Scrivimi una raccolta» indetto da visbs88 { 29/32/33/34 } ]
[ Terza classificata al contest «Say it with Disney!» indetto da Lady Nazzumi e valutato da Dark Aeris { 23 } ]
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Christmas Spirit al contest «All I want for Christmas is you» indetto da Frandra { 29 } ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Do one, melt one, love one'
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Two hearts and a blue blue sky The One Hundred Prompt Project 

Titolo: Two hearts and a blue blue sky
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 3743 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg [ ZoSan ] Mugiwara
Genere: Generale, Sentimentale, Vagamente ironica
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, What if?

Winter Challenge: 2° Luogo Pista da sci
Tabella/Prompt:
Oggetti › 04. Coperta
Binks Challenge: 44
° Piazza › 38° Sospetto
Ideal Good 10&Lode: #02. Armonia
Prompt: 14° Argomento: ElementiAria
The season challenge: Inverno › Bianco


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Quando quel mattino aprì gli occhi, Sanji si domandò come diavolo avesse fatto a respirare regolarmente con il braccio di Zoro che gli schiacciava praticamente il petto.
    Mugugnando infastidito per la luce che filtrava dalla feritoia della cambusa, raggelò nel rendersi conto che i rumori e le voci che gli era parso di sentire nel suo sogno provenivano invece dalla realtà. Se persino Usopp - perché quella era la voce di Usopp, giusto? - aveva cominciato a chiamarlo a gran voce, c’era decisamente qualcosa che non quadrava. Maledizione, che ore erano? E, soprattutto, che diamine ci faceva ancora disteso con quel cretino di Zoro su quella branda?
    Non perse tempo a rifletterci oltre, affrettandosi a scostare con ben poco garbo il corpo dell’altro da sé e ignorando al contempo il mugolio che si lasciò sfuggire; rabbrividì nel momento stesso in cui il petto, fino a quel momento tenuto al caldo dal braccio dello spadaccino, venne a contatto con il gelo che permeava la cambusa, e si affrettò a recuperare i propri vestiti per infilarseli alla meno peggio. Niente sesso fino a quando le temperature non sarebbero tornate ottimali, aveva deciso. E al diavolo se quel marimo di merda avrebbe avuto da ridire.
    Proprio in quel mentre si sentì afferrare per un polso e quasi ci mancò che si mettesse ad urlare come una donnicciola per la sorpresa, voltandosi rapido in direzione della brandina. Con il viso affondato a metà sul cuscino e un braccio allungato verso di lui, Zoro lo fissava con uno sguardo assonnato e vagamente indispettito - infuriato già di prima mattina, quello scemo? -, per quanto apparisse stranamente adorabile e bambinesco con quel broncio in viso. E l’aggettivo “adorabile” non poteva essere per niente associato a quell’armadio a quattro ante del suo compagno. «Scappi di già, cuoco?» mugugnò tra uno sbadiglio e l’altro, e Sanji alzò di poco lo sguardo al soffitto.
    Liberandosi dalla presa dello spadaccino - cosa stranamente facile, visto che sembrava essere ancora nel mondo dei sogni e dunque ben poco cosciente -, si affrettò ad infilare la felpa per non morire di freddo, non prima di essersi alzato per issarsi mutande e pantaloni e fermare alla svelta questi ultimi con la cintura. «Devo preparare la colazione, testa verde», rimbeccò con uno sbuffo, e quasi gli parve che si stesse giustificando con quell'idiota. «O alla peggio il pranzo, se mi hai tenuto inchiodato qui anche per tutta la mattinata».
    «Non mi sembrava ti dispiacesse così tanto, stanotte», borbottò tra veglia e sonno il Vice Capitano, ed fu alquanto bizzarro vedere con quanta concentrazione tentasse di tenere gli occhi aperti per continuare a fissarlo con attenzione in viso. Davvero una gran forza di volontà, quel dormiglione.
    Per tutta risposta, però, Sanji gli regalò un calcio sfogliato al fianco nudo - ma non aveva freddo, quell'idiota? - passandosi una mano fra quell’ammasso arruffato che un tempo avrebbe chiamato capelli prima di ficcarsi come suo solito una sigaretta fra le labbra. «Ripassa quando riuscirai a formulare un pensiero decente senza crollare dal sonno, marimo», replicò ilare, accendendo l’estremità della stecca per inalarla fino in fondo; scoccò poi un’altra rapida occhiata allo spadaccino, che, nello stiracchiarsi sulla branda, aveva fatto sì che la coperta - che tra l’altro lo copriva già precariamente di suo - scendesse fin sotto al basso ventre, dandogli ben più di una fugace visione del triangolo di peli pubici. «E vedi anche di darti una sistemata», soggiunse quindi quasi frettolosamente, dandogli subito le spalle e incamminandosi per non rischiare di cadere nuovamente in tentazione. E, beh, anche per non mostrare segni di cedimento a quella stupida testa verde, che avrebbe immediatamente colto la palla al balzo nonostante l’aria assonnata e l’avrebbe di sicuro tenuto lì dentro più di quanto non avesse già fatto.
    Non attese nessuna replica e sgattaiolò svelto verso il ponte della nave, sentendosi un idiota nel mettersi a controllare furtivamente a destra e a manca. Per quanto sapesse che esistesse la remota possibilità che nessuno avrebbe avuto da ridire se si fosse venuto a conoscenza che stavano insieme, la prudenza non era mai troppa. E poi, chissà, quando sarebbero stati pronti, avrebbero provato loro stessi a raccontare come stavano esattamente le cose, anche se a volte gli atteggiamenti degli altri lasciavano intendere che qualcosa l’avevano intuito. Specialmente Robin-chan, Nami-san e il piccolo Chopper - Chopper, accidenti! - sembravano adocchiarli con sospetto, maledizione.
    A quei suoi stessi pensieri, Sanji morse furentemente il filtro della sigaretta e bofonchiò chissà cosa fra i denti, spalancando la porta che dava sul ponte già di malumore; si fermò di botto, però, non appena gli si parò dinanzi agli occhi lo spettacolo strepitoso d’una coltre di neve che aveva praticamente ricoperto la superficie della Sunny. E ancor più grandioso fu vedere il candore lontano di un’isola invernale che si stagliava proprio davanti a loro, i cui alberi dai rami ghiacciati sembravano luccicare come tanti piccoli diamanti sotto il sole, rendendo splendidi persino i tetti lontani di una cittadella.
    «Ohi, Sanji!» Il richiamo del Capitano fu allegro e squillante, ma il cuoco ci mise un po’ per localizzare con esattezza la sua posizione. Con il naso rosso per il freddo e il cappello di paglia pieno di neve, sorrideva come un bambino che aveva appena ricevuto un nuovo gioco. «Prepara un pranzo al sacco! Un pranzo al sacco!» cinguettò tutto contento. «Sento odore d’avventura!»
    I modi di fare del Capitano erano una delle poche certezze della vita, a quanto sembrava. Sanji abbozzò un sorriso e, ficcandosi le mani in tasca per proteggerle dal freddo, si diresse senza tanti preamboli verso la cucina. «Sarà tutto pronto in un attimo», ribatté divertito, ridacchiando nel sentire qualche attimo dopo il grido di giubilo di Rufy. Già che c’era, avrebbe preparato qualcosa di caldo anche per Nami-san e Robin-chan - che tra l’altro non aveva ancora visto in giro insieme agli altri scalmanati -, certo che avrebbero gradito quella sua premura.
    Proprio come aveva promesso, non appena attraccarono lungo la costa fu tutto pronto, e Rufy non esitò un attimo ad arraffare il proprio sacco e a lanciarsi in avanscoperta senza dar peso come al solito ai richiami di Nami, che gli raccomandava di fare attenzione e di non andare avanti da solo se non voleva correre il rischio di perdersi.
    Giacché le ultime settimane avevano avuto la marina alle calcagna e avevano potuto occuparsi ben poco delle scorte, le quali scarseggiavano tristemente, fu un sollievo per tutti scendere sulla terra ferma. E mentre si stava apprestando a sua volta ad abbandonare la nave, Sanji vide la figura di Zoro avanzare solitaria nella neve, avvolto nel proprio cappotto e diretto, almeno in teoria, nella stessa direzione verso cui stavano sparendo i restanti membri dell’equipaggio. Merda. Quell’idiota si sarebbe sicuramente perso come al solito. Qualcuno sarebbe dovuto restare alla Sunny per controllarla, certo, ma se avesse lasciato quel cretino d’un marimo senza una scorta, avrebbero poi perso il doppio del tempo a ritrovarlo.
    Imprecando a denti stretti, dunque, e maledicendolo in tutte le lingue che conosceva, Sanji si affrettò a sbarcare e a corrergli dietro, dovendo faticare non poco per localizzarlo. Aveva perso giusto due secondi a pensare il da farsi, e quello stupido spadaccino era già scomparso chissà dove. Un completo imbecille, non c’era altro aggettivo per definirlo.
    Le sue caviglie affondavano nella neve ad ogni falcata, e, più si inoltravano nella foresta, più gli alberi intorno a loro divenivano dei veri e propri giganti, sicuro simbolo che dovevano trovarsi lì da parecchi secoli. Gli aghi dei pini erano coperti da uno spesso strato di bianco, e dalla cappa di fogliame sopra di loro si riusciva a malapena a distinguere il colore azzurro del cielo. Di tanto in tanto si udiva qualche timido cinguettio tra le fronde, ma di altri animali nemmeno l’ombra. Era tutto così... bizzarramente silenzioso, in quella parte dell’isola. Sembrava persino che non ci mettesse piede nessuno da anni, dato che era tutto così incontaminato da mozzare il fiato nel petto. Per quanto potesse apparire bello agli occhi, però, Sanji si rese conto che stavano letteralmente girovagando a vuoto.
    «Marimo», chiamò dunque pacatamente il compagno, sebbene una vena avesse cominciato a pulsare sinistramente sulla sua fronte. «Dove diavolo siamo?»
    Nel sentirlo, Zoro si voltò accigliato, avendo anche la sfacciataggine di sbottare, «Cosa ti fa credere che io lo sappia, cuoco?», rimediandoci un colpo al fianco dal piede dell’altro.
    «Questo accade perché devi sempre gironzolare da solo, razza di stupido!» berciò Sanji, venendo afferrato per il colletto del giaccone da una mano dello spadaccino.
    «Nessuno ti ha detto di seguirmi, cuoco da strapazzo», rimbrottò, e bastarono altre due o tre parole in croce a scatenare la solita rissa. Tra un calcio e un fendente di spada, tra un salto all’indietro e un pugno al viso, a farne maggiormente le spese furono i poveri alberi della foresta, per quanto anche i due compagni di viaggio si fossero ridotti a dei veri e propri stracci. E non solo a causa della baruffa che avevano messo in atto, bensì anche per la neve che aveva rallentato non poco i loro movimenti, rendendoli goffi e impacciati.
    Sanji si ficcò in bocca una sigaretta spenta per tentare di calmarsi, riprendendo il cammino solo una volta che la lite fra loro si fu del tutto placata. «Mi hai fatto perdere un sacco di tempo, marimo idiota», bofonchiò, passandosi entrambe le mani sulle braccia nel tentativo di acquistare un po’ di calore.
    «Sei stato tu a cominciare, sopracciglio a ricciolo», rimbeccò il Vice Capitano, strofinandosi il dorso sulla punta del naso, gelato come tutto il resto del corpo. Di sicuro quel loro vagare a vuoto non faceva bene a nessuno dei due, e il suo stomaco avrebbe ben presto cominciato a reclamare a gran voce del cibo. Ad interrompere il suo cammino fu un grosso masso che si era parato sulla sua strada, e Zoro perse giusto due secondi ad osservare con occhio critico quell’ostacolo, estraendo con la sinistra una delle sue katane senza tanti problemi. «Ittōryū», cominciò, mettendosi subito in posizione. «Yakkodo-», e avrebbe anche concluso se un calcio ben assestato non gli avesse quasi fracassato il cranio, giacché Sanji gli aveva bellamente stampato in testa la forma della sua scarpa.
    «Che cazzo fai, marimo di merda?» sbottò quest’ultimo, già nervoso di suo senza che quell’idiota esibisse i suoi colpi da fenomeno da baraccone. «Possibile che per te ogni cosa si debba risolvere a colpi di katana? La strada è da quella parte!» soggiunse, indicandogli con un dito un viottolo che, c’era da dirlo, a prima vista si confondeva non poco con il bianco accecante che avvolgeva loro e la foresta stessa.
    «Questa era una scorciatoia, brutto idiota!» rimbrottò il Vice Capitano, lanciando solo una rapida occhiata in direzione del suddetto viottolo e facendo al contempo inarcare un sopracciglio al cuoco.
    «Ma se non sai nemmeno dove ci troviamo, cretino», gli tenne presente, e, senza prestargli più la benché minima attenzione, cominciò ad avviarsi da solo in quella direzione, sbuffando come una teiera in ebollizione e borbottando frasi all’indirizzo del compagno che suonavano vagamente come un “idiota” o “stupido marimo”. Come avrebbe spiegato alle sue belle muse la sua assurda assenza? Di sicuro si stavano domandando dove fosse e perché non le stesse consolando com’era solito fare, preparando loro un bel dessert che avrebbero potuto godersi accanto al fuoco d’un caminetto, o aiutandole magari ad indossare quelle splendide tute attillate per sciare, toccando accidentalmente loro i bei seni prosperosi e... troppo preso com’era in quei suoi perversi pensieri, si accorse troppo tardi di aver messo un piede in fallo, lasciandosi sfuggire un’esclamazione sorpresa quando la neve si trasformò in vuoto e lui si ritrovò a cadere di sotto.
    La caduta fu colossale e anche ridicola - se fosse capitato a Zoro, ad esempio, non si sarebbe per niente risparmiato dal ridergli in faccia -, ma il suo culo e il suo braccio non lo trovarono affatto divertente. Era difatti rotolato giù come una palla di neve e si era letteralmente schiantato al suolo, e forse era stato persino fortunato a non essersi rotto l’osso del collo. «Merda!» imprecò nell’issarsi a sedere, toccandosi il braccio con la punta dell’indice e del medio. Fu costretto a ritrarle in un lampo, però, poiché una piccola fitta di dolore percorse l’arto ferito e tutto il suo corpo, propagandosi lungo la sua spina dorsale. Perfetto. Ci mancava soltanto quella.
    «Ohi, cuoco!» La voce di Zoro gli giunse dall’alto di quella piccola scarpata, e dovette alzare lo sguardo per vederlo sporgersi da essa. La distanza che li separava non era nemmeno molta, dunque poté benissimo vedere lo strano ghigno che si era dipinto sulle sue labbra. Appena salito l’avrebbe pestato a sangue, parola sua. «Tutto bene?»
    «Tutto bene un cazzo, stupido marimo!» sbottò di rimando, alzandosi con una certa fatica. Il suo corpo era tutto un livido, e non si sarebbe meravigliato se avesse scoperto di avere anche qualcosa di rotto. Come il braccio, ad esempio. E, dannazione, per il bene di quel cretino del suo compagno, sperava vivamente di no. Altrimenti altro che pestarlo a sangue... l’avrebbe ammazzato e tanti cari saluti allo spadaccino di bordo.
    «Vuoi una mano a risalire, ricciolo?»
    «Sfotti meno e chiudi il becco, gorilla tutto muscoli!»
    Si sentiva già un idiota senza che ci si mettesse anche lui a fare dell’ironia, maledizione. Cercò quindi di arrampicarsi senza chiedergli aiuto, rinunciando ben presto a quell’idea quando si rese conto che per farlo avrebbe dovuto affondare le mani nella neve e, se tanto gli dava tanto, si sarebbe congelato le dita e non sarebbe stato in grado di cucinare. Per non parlare poi del dolorino che aveva al braccio, anche se sembrava essersi placato almeno un po’. Beh, era una buona notizia. Ciò significava che non si era rotto nulla e che quello stronzo del suo compagno aveva ancora qualche speranza di restare vivo a fine giornata.
    Stava già cominciando a chiedersi come fare, quando un qualsiasi Dio parve essere benevolo con lui. Da dove si trovava, difatti, riusciva benissimo a scorgere la cittadina che aveva intravisto dalla Sunny, per quanto fosse ancora palesemente distante dalla loro posizione. Gli altri dovevano essersi diretti lì, non c’era alcun dubbio. «Ohi, marimo!» esclamò quindi, scoccandogli una rapida occhiata dabbasso. «Datti una mossa, questa è la direzione giusta».
    «Se non ti spiace io uso il percorso, cuoco», lo sfotté, e fu solo in quel mentre che Sanji si rese conto della stradina che convergeva proprio da quella parte. Era un vero deficiente. E ancora di più se ad accorgersene era stato Zoro, un uomo che riusciva a perdersi persino quando la strada che percorreva era dritta.
    Il resto del viaggio si svolse stranamente nel silenzio più totale, visti i loro soliti standard. Spesso e volentieri trovavano sempre un pretesto per provocare l’altro e scatenare una rissa, eppure adesso, complice forse anche la stanchezza e il fatto che stessero ormai vagando per ore, sembrava essersi creata una sorta di tregua, tra loro. Una di quelle tregue che prendevano forma dopo il sesso, quelle tregue tranquille che lasciavano ad entrambi il tempo di riprendersi e di ristabilizzare i battiti prima di tornare quelli di sempre. Però... c’era un però, accidenti. Non erano per niente abituati a protrarre così a lungo quello stato di calma, e Sanji aveva dunque cominciato a mordicchiare nervosamente la sigaretta, sentendo la cartina inumidirsi sempre più a causa della saliva. Ancora poco e se lo sarebbe mangiato, quel tabacco. Decise quindi di accendersi finalmente quella maledetta cicca, nella vana speranza che, così facendo, avrebbe almeno trovato un piccolo passatempo e sarebbe anche riuscito a calmarsi un pochino.
    Tra una boccata e l’altra, Sanji iniziò ad osservare distrattamente i dintorni, facendo al contempo finta d’esser solo. Non che fosse difficile, dato che Zoro se ne stava in religioso silenzio, ma di tanto in tanto non poteva fare a meno di lanciargli qualche occhiata, come se volesse controllare che stesse continuando a seguirlo. Quella sigaretta finì prima del previsto e, dopo averla schiacciata sotto la suola della scarpa, il cuoco si massaggiò il braccio ancora indolenzito e abbassò lo sguardo sulla neve candida, concentrandosi sulle nuvolette di vapore che uscivano dalla sua bocca ad ogni respiro.
    Dovette incurvare la schiena per evitare che un ramo troppo basso - così stracarico di neve che sembrava sul punto di spezzarsi - lo colpisse al viso, borbottando chissà cosa fra sé e sé quando fu costretto a scansare qualche arbusto con le mani per farsi largo e mantenersi al tempo stesso al tronco di un albero quando inciampò in una radice nodosa nascosta al di sotto della neve. Imprecò a denti stretti, traendo un sospiro di sollievo solo quando uscirono da quella maledetta foresta e si ritrovarono in una vasta vallata a cielo aperto, che rendeva ancor più visibile la città. Bene. Almeno sapevano che quella era davvero la direzione giusta e che non stavano vagando a vuoto.
    Il freddo era anche diventato più intenso di quanto non lo fosse stato al principio, ma, alzando lo sguardo verso l’alto, Sanji poté vedere il cielo perfettamente azzurro, simbolo che non poteva essere nemmeno passato mezzogiorno. Se non avesse dimenticato il proprio orologio sulla nave avrebbe controllato, però in quel mondo silenzioso e ghiacciato, dove a farla da padrone sembrava essere il bianco accecante che li avvolgeva, quell’oggettino gli parve solo un’inutile futilità. Forse avrebbe fatto meglio a godersi quei momenti e basta, senza stare a riflettere come suo solito.
    «Ohi, cuoco». Nell’udire d’improvviso la voce di Zoro, non poté evitarsi di trasalire e di stornare bruscamente lo sguardo nella sua direzione, vedendolo con lo sguardo perso all’orizzonte e le mani ficcate nelle tasche per proteggerle dal freddo. «Forse avrei dovuto portarmeli dietro, quegli onigiri che hai preparato», borbottò e, prima ancora che potesse aggiungere altro, fu il suo stomaco a parlare per lui, brontolando così esageratamente da ricordare vagamente un orso appena svegliatosi dal letargo.
    Lì per lì accigliato, Sanji non riuscì a frenare la risata che scaturì dal fondo della sua gola, divertito a dir poco. «Se per una volta fai quello che dico senza protestare», cominciò, infilando una mano nel cappotto per tirar fuori ancora una volta il pacchetto di sigarette, portandosene una alla bocca con fare elegante, «quegli onigiri saranno solo un quarto di quelli che riceverai in seguito».
    «Per chi mi hai preso, per un moccioso?» borbottò lo spadaccino, ma il mezzo sorriso che gli incurvò le labbra non sfuggì a Sanji, per quanto quest’ultimo avesse fatto finta di nulla e dato vita ad una di quelle scrollate di spalle che avrebbero potuto significare tutto o niente.
    «Tu lo sei davvero, marimo».
    «Ohi! Che diavolo intendi dire, ricciolo?»
    «Sta’ zitto e goditi il paesaggio e le bellezze della natura, una volta tanto», rimbeccò con fare serafico, incamminandosi senza dar peso alle repliche e ai borbottii che gli giunsero alle orecchie qualche istante dopo. Che ciarlasse quanto voleva, quello scemo. Lui avrebbe dato retta al proprio consiglio e avrebbe fatto tesoro di ogni singola cosa vista. E, beh... anche della sua compagnia, lo ammetteva. Gli attimi in cui potevano davvero starsene per conti loro scarseggiavano, dunque, per una volta, il fatto che quello stupido si fosse perso si era rivelato un vantaggio per la loro bizzarra vita di coppia, se la si voleva definire realmente in quel modo. In quel momento c’erano solo loro, quel paesaggio imbiancato che brillava come un gioiello e quel cielo azzurro che si stagliava sulle loro teste, così sgombro di nuvole da apparire quasi dipinto.

    Fu dunque con un certo dispiacere che, a pomeriggio ormai inoltrato, misero entrambi piede in quella tanto agognata città in cui gli altri li stavano aspettando, raggiungendo l’alberghetto dove alloggiavano. E non fu nemmeno difficile trovarlo, dato che era l’unico della zona. Zoro fu persino molto spiccio nello spiegare il perché di quel loro ritardo, troncando sul nascere la curiosità di Rufy, che aveva gonfiato le guance come un bambino e borbottato qualcosa riguardo ad un’avventura alla quale lui non aveva potuto partecipare, strasicuro che i suoi due compagni di viaggio avessero affrontato chissà cosa. E in parte ci aveva azzeccato. Ci aveva pensato Nami a distrarlo in un lampo e a richiamare su ben altro la sua attenzione, riuscendo a convincerlo a tornare dentro pronunciando unicamente la parola “cena”.
    Sanji vide sparire tutti di gran lena all’interno dell’edificio - resistendo all’impulso di stampare un bel calcio sulla faccia scheletrica di Brook, che aveva tentato nuovamente di farsi mostrare dalla sua Nami-san le sue mutandine -, scuotendo di poco il capo con fare fintamente sconsolato. «Per un cuoco è un lusso trovare la cena già pronta, sai?» rimbeccò sarcastico, guardando l’unico rimasto in quella piazza, ovvero quello scemo d’un spadaccino, con la coda dell’occhio solo per cogliere il sorriso in cui aveva sollevato un angolo della bocca prima che, con fare quasi aggraziato, annullasse la poca distanza che li separava.

    «Un lusso che dovrà aspettare ancora un po’, damerino», replicò Zoro, chinandosi all’altezza del suo viso come se aspirasse ad un bacio; Sanji gli andò incontro con uno sbuffo divertito e gli sfiorò il labbro inferiore con la punta della lingua, quasi volesse stuzzicarlo prima di concedergli quel tanto agognato contatto, spingendosi poi maggiormente contro di lui per far diventare quel bacio qualcosa di più.
    «Ohi, ragazzi! Cosa state aspettando? È già a tavola
!» La voce di Usopp fece sobbalzare entrambi, e fu istintivamente che Zoro, per allontanare il più in fretta possibile Sanji da sé e camuffare al contempo il tutto, allungò un braccio per sferrargli un pugno; al tempo stesso, però, il cuoco aveva istintivamente alzato una gamba come in procinto di colpirlo, lasciandosi sfuggire un suono soffocato al contatto con le nocche dello spadaccino.
    Usopp, a quella vista, sollevò un sopracciglio con fare vagamente scettico. Quei due erano idioti o cosa? Sembravano perfettamente normali, fino a pochi attimi prima. Beh, almeno secondo i loro soliti standard, c’era da aggiungere. «Che state facendo?» domandò, sbattendo le palpebre con fare a dir poco scombussolato. «Piantatela di litigare e venite dentro, prima che Rufy e Brook si mangino anche la vostra parte».
    E mentre si allontanava, lasciando cuoco e Vice Capitano ancora colti da un attacco di panico nonostante il pericolo scampato, il cecchino tentava in tutti i modi di scacciare l’immagine che gli era parso di vedere per qualche attimo prima che quei due cominciassero a scannarsi. Zoro che baciava Sanji? Oh, ma per favore! La stanchezza che aveva accumulato sulla pista da sci gli stava solo giocando brutti scherzi, tutto qui.
    Eppure, nella sua testa, quella vocina che gli mormorava che aveva visto giusto non la smetteva di assillarlo
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ma quanto diavolo è malata questa immagine di lato, vista per intero? Ehm... nay, un momento, ciò che volevo dire è che questa one-shot chilometrica che ho così tanto tardato a postare è stata scritta per il contest Due cuori e... indetto da Hariken (Frandra) e Silyia_Shio, di cui attendiamo ancora i risultati
Ammetto di averla scritta più che altro per ridere, forse perché quei due zucconi, per quanto ispirino angst a palate - tu sai di cosa parlo, neh, Connie? x) - nella maggior parte dei casi, a me ispirano anche un casino di idiozie e alla fine sono stupidaggini del genere che la fanno da padrone, non posso farci nulla u_u
Sarà che avevo una voglia matta di scrivere qualcosa che ricordasse un’avventura - in questo momento mi sento un pochino come Rufy, lo ammetto -, o semplicemente volevo mettere nei casini quei due zucconi di Zoro e Sanji. Inutile dirlo, suppongo, ma ovviamente la tecnica ad una spada citata (Ittōryū) è la Yakkodori (Gabbiano del disastro), un colpo a mezzaluna repentino e veloce simile alla Sanjuuroku pondo hou. Perché inserirla? Perché avevo anche voglia di buttare nel discorso le tecniche di Zoro e farlo prendere poi a calci da Sanji senza tanti complimenti *Rotola via*
Come sempre, comunque, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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