Al contrario del gatto

 

 

Punpun aveva sempre immaginato la propria morte come un momento di scarsa importanza.

A ben pensarci, non c'era neppure una persona a cui sarebbe davvero importato se lui fosse stato ancora vivo; nemmeno Punpun stesso ci avrebbe badato troppo. In fondo, aveva fatto quella promessa con se stesso: solo due anni, la scadenza del contratto e poi, nell'ipotesi più probabile, il nulla.

Nel trascorrere di quei fatidici ventiquattro mesi, Punpun si era reso conto che quasi nulla nella sua vita era cambiato; lui era ancora il solito ragazzo allampanato che passava inosservato, non aveva un lavoro fisso, non aveva una madre, non aveva più Sachi, non aveva più Kanie, non aveva più suo padre, non aveva più nemmeno un contratto per la sua abitazione; non aveva Aiko, e mai l'aveva avuta. Tutto ciò che rimaneva a Punpun era Punpun stesso, e non ne era affatto felice.

Punpun aveva sentito dire che i gatti, quando avvertono che per loro si avvicina l'ora di morire, si allontanano dalla propria casa e da tutti coloro che tengono a loro; poi, quando arriva il momento, si nascondono in una tana e muoiono soli.

Allo scadere del contratto, però, una cosa era cambiata: Punpun si era reso conto di aver cambiato idea. Per mantenere fede alla propria promessa sarebbe morto, ma avrebbe voluto fare in modo di trasformare quell'evento in un momento di grande importanza per tutti: visto che aveva trascorso tutta la vita da solo e ora non aveva più nessuno, secondo la logica inversa avrebbe dovuto morire in mezzo a tutte le persone che l'avevano abbandonato. 

Dear God, dear God, tinkle tinkle hoy.

Così, di certo, sarebbe morto felice.

 

In quella notte, senza un contratto d'abitazione, senza un lavoro, senza i suoi amici e senza Aiko e Sachi e lo zio Yuichi e mamma, ma in compagnia dei ricordi di tutti loro, aveva celebrato il funerale del piccolo Punpun. Aveva chiuso il suo corpo magro e allampanato in una minuscola scatola e l'aveva abbandonata sul pianeta dei suoi ricordi, lasciandolo vivere felice con tutti quelli che conosceva. Gli aveva dato la buonanotte e detto addio. Buonanotte, Punpun.

 

Il giorno dopo, quando il nuovo Takashi Fujikawa si era svegliato nel corpo che una volta era appartenuto a Punpun, non aveva visto nessun gigantesco testone di Dio fuori dalla finestra, né aveva cercato di ritrovare, nei muri dell'appartamento cadente, la cameretta di quando era bambino.

Ora c'era solo Takashi Fujikawa, lui e nessun altro; Takashi Fujikawa avrebbe vissuto una vita felice e facile, avrebbe fatto sesso con tantissime donne diverse, avrebbe preso la patente per guidare la moto, avrebbe trovato un lavoro ben pagato, avrebbe avuto dei figli e la sua vita sarebbe stata lunghissima. Avrebbe avuto attorno tantissima gente e tutti quanti gli avrebbero voluto bene.

E poi, gli aveva sussurrato una voce all'orecchio - una voce che avrebbe potuto essere quella di Dio, se lui solo avesse potuto parlargli, - come un gatto, ti allontanerai e morirai da solo.
Takashi Fujikawa, però, che non era più Punpun, non l'aveva ascoltata.

 

Tutto aveva funzionato, fino a quando Aiko era tornata e l'aveva chiamato con quel suo nome dimenticato, e aveva così richiamato a casa il gatto appena prima del fatidico momento della morte.

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03.06.2012
Ho appena letto l'ultimo volume di Punpun uscito in giappone (ovvero i capitoli dal 100 al 110) e sono convinta che Inio Asano abbia davvero superato se stesso. Questa fanfiction è stata scritta appena prima di affrontare la lettura dei capitoli appena citati, ma sono sicura che entro breve il mio cervello macchinerà anche su ciò che è appena successo, e l'ispirazione non mancherà di farsi viva ancora una volta. XD
Scritta per il prompt #256 proposto dalla comunità 500themes_ita: Morire da solo. Più Punpun di così....
Grazie mille per avere letto! <3
Kuruccha