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Autore: Jack_Chinaski    03/06/2012    3 recensioni
Non mi ricordavo quando ero uscito dalla stanza dell’albergo, ma ero sicuro di averlo fatto per andare a bere e dimenticare.
Era l’alba, più o meno, e il gelo mattutino mi si abbatté addosso. Sforzai gli occhi a rimanere aperti per vedere la strada e notai i manifesti tutt’intorno col mio viso sopra.
No, dimenticare era proibito a quanto pareva.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non mi ricordavo quando ero uscito dalla stanza dell’albergo, ma ero sicuro di averlo fatto per andare a bere e dimenticare.
Era l’alba, più o meno, e il gelo mattutino mi si abbatté  addosso. Sforzai gli occhi a rimanere aperti per vedere la strada e notai i manifesti tutt’intorno col mio viso sopra.
No, dimenticare era proibito a quanto pareva.
Sui manifesti la mia faccia era praticamente un'altra, estremamente passata al fotoritocco, e  aveva la scritta “Mister G.”  sulla fronte.
Lo guardavo fisso e sapevo, sapevo per certo come dovesse essere il mio viso quello. Solo non lo sentivo più mio.
Poche ore prima ero uno dei comici più famosi della tv, uno dei più richiesti e stavo andando in onda nel solito telone da circo riempito di gente. Ma avevo sbagliato, m’ero sentito troppo forte ed ero uscito fuori dal copione. Niente più battutine volgari o da poco, avevo puntato in alto con una battuta cinica e sagace sulla situazione dei preti pedofili nel nostro paese.
Che idiota! Parlare male dei preti in un paese cattolico!
La sala aveva prima rumoreggiato e poi gridato, erano arrabbiati, furiosi.
Da parte mia, dal palco, dal mio pulpito, avrei voluto insultarli, avrei voluto dirgli come e perché avevano torto loro e ragione io.
Ma avevano ragione loro stavolta, erano venuti per un po’ di risate a basso prezzo e non per la cruda verità.
Non ero Bill Hicks o George Carlin, ero Mister G., e Mister G. non fa battute serie o politiche, lui è uno per le famiglie.
Dovetti trattenere con forza il vomito e le lacrime, sentivo di essere ufficialmente morto.
Avevo soltanto tanta, tanta paura. Ma non per me, per i miei familiari, per i miei cari.
Il denaro potevo perderlo, c’ero abituato alla fame, e la notorietà gliela regalavo volentieri.
Il problema è che me li vedevo già questi squali pronti ad assalirmi, pronti a succhiare quel poco di linfa rimasta fino a rimanermi con il vuoto assoluto attorno.
Avrebbero sfruttato i miei affetti più cari per dimostrare come fossi pazzo, malato o drogato.
La gente c’avrebbe creduto, i bambini soprattutto. A loro andava bene, se era un ingiusto a dire cose, secondo loro, ingiuste era perfetto, al contrario avrebbero magari dovuto star a sentire, porgere l’orecchio all’altra campana. No, questo non andava bene.
Il rumore della saracinesca dell’edicola alle mie spalle, mi smosse dai miei pensieri e decisi di andare a leggere uno dei quotidiani. Ero curioso di sapere come cominciava la mia personale Via Crucis.
Lessi subito il mio nome, ero in prima pagina, ed era seguito dalla parola: Morto.
Risì, curioso di leggere cos’erano inventati.
Trovai scritto che ero stato trovato nel bagno della camera d’hotel, svenuto e con la faccia blu, dal mio manager e portato di corsa all’ospedale. Qualcuno mi aveva avvelenato.
La sostanza era nel caffè arrivato in camera con la cena, dopo poco era entrata in circolo e mi aveva mandato all’altro mondo.
“Ha visto questo Mister G.. Antonio?”
“Sì, ho visto, signor Giuseppe! Ieri mi ha fatto proprio arrabbiare, sa? Con quella battuta sui preti! Non doveva permettersi! Avrei voluto ucciderlo con le mie mani!”
“Infatti, nessuno dovrebbe permettersi! La capisco perfettamente!”
“Però ora è morto…”
“Già…era il migliore, no?”
“Sì, assolutamente!”
Guardandoli esibirsi in quella scenetta tipica, mi venne da sorridere.
So che avrei dovuto arrabbiarmi, qualcuno mi aveva ucciso ed ora ero un fantasma vagabondo.
Eppure, senza voler fare lo spiritoso fino alla fine, sapevo di essere messo meno peggio della maggior parte dei vivi in quel momento.
Ci sarebbero stato indagini, qualche dipendente extracomunitario dell’hotel sarebbe stato messo dentro, la chiesa mi avrebbe fatto un bellissimo funerale a sue spese  per dimostrarmi il suo perdono e la sua misericordia.
Sarei stato per sempre venerato, avrebbero dato vita a premi col mio nome e sarei stato ricordato come qualcuno molto meglio di quello che ero.
Alla fine ero soddisfatto, ero un fantasma in un paese di fantasmi.
 
   
 
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