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Autore: _Calypso_    04/06/2012    2 recensioni
"Tutto quello che voglio è morire in fretta, nel modo più rapido possibile. Un’esplosione, sì, un’esplosione è la miglior cosa che mi possa capitare. Ho paura di un coltello che mi preme contro le scapole e si spinge fino a scavare dentro il cuore, fino a tagliarlo via. Ho paura di un’agonia che non viene interrotta dalla pietà del mio carnefice, ma lasciata prolungare per il godimento degli spettatori. Ho paura della freccia di Moriarty dritta dentro il mio cuore, che lentamente mi prosciuga del sangue e della vita."
[Hunger Games AU]
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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titolo: Il tributo
fandom: Sherlock BBC
personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
genere: Introspettivo, Avventura (?), Angst
avvertimenti: death fic, fandom!au (Hunger Games)
tipologia: one shot
rating: PG 13/Giallo
contoparole: 3037 (fiumidiparole)
Note: ...IDEK. L'ho cominciata ridendo e scherzando e ho finito per affezionarmici. Che poi, a me Hunger Games non piace nemmeno tanto. Tra qualche giorno arriverà uno spinoff.


 


Il tributo






 

Mi chiamo John Watson, ho sedici anni e sto per morire.

Non che non me lo aspettassi, ma adesso ne sono più sicuro di quanto lo sia mai stato in tutta la mia breve vita. Il coltello è nella salda stretta del suo pugno e il suo pugno è vicino al mio cuore. Morirò.

Non posso alzarmi, o reagire. La mia gamba destra è rotta e la mia spalla sinistra è stata colpita da una freccia che avrei dovuto rimuovere prima che arrivasse una morte certa. Prima che arrivasse lui.

Lo guardo negli occhi, sperando che abbia pietà. Sperando che capisca che sono un ragazzo come lui, una vittima di questa guerra che ci sovrasta.

Voglio che nel mio sguardo capisca che non sarà lui il vincitore, perché c’è ancora qualcun altro nell’arena, qualcuno che ha giurato di bruciarlo. Di ucciderlo.

Voglio che si fermi, ma la sua mano si sta dirigendo verso il mio cuore.

«Sherlock, no…» mormoro mentre scende su di me con tutto il corpo, pronto a colpirmi.

Ma ormai è troppo tardi.

Qualche ora prima

Mi muovo lentamente. La velocità non è uno dei miei punti di forza, ma l’abilità di camuffarmi mi sta risultando più utile di quanto credessi. Quando ho ottenuto quel dieci dagli esaminatori ho creduto che fosse per la mia robustezza e resistenza fisica, ma, ora che ci penso, forse hanno saputo vedere in me più di quanto io abbia mai voluto osservare.

Non ho mai avuto molta considerazione di me stesso: da quando mio padre è morto, tutto quello che voglio è portare a casa il necessario per sfamare la mia famiglia, soprattutto la mia piccola sorella Harriet. La chiamo “piccola” anche se ha tre anni in più di me perché è affetta da un’orribile malattia, che ha trasformato il suo corpo in quello di una bimba. La mia dolce Harriet. Se solo penso che il suo nome avrebbe potuto essere estratto al posto del mio mi vengono i brividi: avrei avuto il coraggio di offrirmi al suo posto? È una specie di dovere implicito tra i membri della famiglia? Harriet sarebbe morta subito, eppure tra le leggi di Panem non ce n’è nessuna che impedisce ai ragazzi con gravi disfunzioni di diventare carne da macello.

A volte penso a come sarebbe stata la nostra vita se fossimo nati in un altro distretto. Magari il Distretto 1. Sarei uno dei tributi favoriti e nuoterei negli sponsor, invece sono qui ad arrancare nella foresta, alla ricerca di una fonte d’acqua. So resistere per molto tempo senza bere, ma ho già finito la mia riserva d’acqua da più di un giorno.

Non mi rendo bene conto delle ore che passano; so solo che il tempo scorre e io devo ringraziare di essere ancora vivo, perché lui ha giurato di ucciderci tutti.

Sherlock Holmes, del Distretto 3, ha rubato l’arco che gli apparteneva, secondo lui. È pazzo, l’ho capito non appena l’ho guardato negli occhi. Ogni sera, quando in cielo vengono proiettate le immagini dei morti, non ho bisogno di farmi domande per capire che è stato lui, James Moriarty del Distretto 1, ad ammazzare il malcapitato di turno.

Ha guardato Sherlock e ha detto che l’avrebbe ucciso per ultimo. Ha detto che ci avrebbe fatti bruciare, ci avrebbe trovati e ci avrebbe fatti cadere, perché cadere è come volare. E mentre lo diceva rideva come un pazzo, allora nessuno ha pensato alla Cornucopia e tutti hanno iniziato a scappare. Hanno tutti così paura di Moriarty che hanno rinunciato a farsi fuori tra di loro, o almeno credevo.

Fino a quando Sherlock non ha ucciso Irene Adler, la compagna di distretto di Moriarty.

Ero nascosto nell’ombra, per cui non ho capito bene quello che è successo. So solo che lei era in squadra con lui, più o meno, e Sherlock l’aveva capito. Che sia stata una vendetta personale per la morte di Molly Hooper, la ragazza del Distretto 3 morta per prima? Che Sherlock volesse semplicemente eliminare un nemico e avvicinarsi un po’ di più alla vittoria? In ogni caso, a Moriarty questo non era piaciuto, e io avevo capito di avere un nemico in più.

Sherlock mi fa davvero paura. Ha ottenuto undici, è il tributo con il punteggio più alto. In un certo senso l’ho capito subito che è il più bravo, dal modo in cui si è gettato sulla cornucopia e ha preso quell’arco, l’arco che avrebbe determinato la nostra dannazione.

Senza Moriarty i giochi di quest’anno sarebbero stati meno crudeli, forse? Il nostro obiettivo è comunque sopravvivere, sopravvivere ammazzandoci a vicenda. Ne rimarrà solo uno.

“E non sarò io,” penso, mentre ansimo per il caldo e la sete. Comincio ad avere problemi alla vista: non mi stupirei se si trattasse di allucinazioni, o se nell’arena avessero gettato qualche diavolo di sostanza per farci impazzire tutti. Al pubblico piace quando i tributi sono cattivi e aggressivi, e a parte James Moriarty (e Sherlock Holmes, lo devo ammettere), tutti gli altri stanno scappando. Sono sicuro che nessuno sta ricevendo gli sponsor, a parte lui; ognuno aspetta con calma la sua ora.

Tutto quello che voglio è morire in fretta, nel modo più rapido possibile. Un’esplosione, sì, un’esplosione è la miglior cosa che mi possa capitare. Ho paura di un coltello che mi preme contro le scapole e si spinge fino a scavare dentro il cuore, fino a tagliarlo via. Ho paura di un’agonia che non viene interrotta dalla pietà del mio carnefice, ma lasciata prolungare per il godimento degli spettatori. Ho paura della freccia di Moriarty dritta dentro il mio cuore, che lentamente mi prosciuga del sangue e della vita.

Ho raggiunto una zona con alberi piuttosto alti, credo che ne scavalcherò uno e mi metterò a mangiare. Non ho davvero fame, ma queste gallette mi sosterranno fino a quando non troverò qualcosa di meglio. Voglio morire consapevole di quello che mi sta succedendo, non voglio strisciare tra le braccia del Tristo Mietitore.

Queste gallette sono disgustose, ma almeno non sono rancide. Ho mangiato troppe volte cibo rancido, perché quello buono che trovavo lo davo a Harriet e a mia madre. Non appena sono arrivato a Capitol City mi sono abbuffato di quei deliziosi panini con il bacon e la salsiccia; ucciderei per averne uno adesso.

Per un attimo mi cullo nel pensiero di riuscire a vincere, per qualche miracolo congiunto. Tutti mi amerebbero, nuoterei nell’oro e la mia famiglia potrebbe finalmente avere un po’ di pace. Magari potremmo persino trasferirci in un altro distretto, così Harriet potrebbe avere delle cure adeguate. Potrei farle assaggiare quelle gustosissime albicocche che importano dal Distretto 11. Potremmo essere felici.

Continuo a camminare, alla ricerca di un posto sufficientemente nascosto e al lontano dagli occhi indiscreti per la notte. All’inizio ho deciso di non dormire, ma ho subito imparato a pentirmi di questa scelta. Mi sono trovato stanco, affaticato e privo di energie in men che non si dica, per cui ho capito che devo ascoltare il mio corpo.

Lo zaino con le armi e alcune provviste mi pesa sulla schiena, ma per fortuna non rallenta troppo i miei movimenti.

Vorrei che il mio nome non fosse stato sorteggiato. Sapevo che era probabile, a causa delle molte tessere con il mio nome, ma avevo sperato fino all’ultimo di non essere condannato a questa morte certa. Mi chiedo se gli Strateghi si stiano annoiando, se abbiano in mente qualcosa di terribile per eliminarci tutti e decretare un solo vincitore.

Sento un rumore insolito alle mie spalle. Passi. Non è un animale, è tutto quello di cui riesco a rendermi conto prima di cadere in trappola. È un dolore sordo quello che percepisco all’altezza della spalla destra. Prima di capire da dove arrivasse, sono stato colpito da una freccia.

«John» sussurra una voce. «John Watson.»

Tiro un sospiro di sollievo, se tale si può definire. Non è Moriarty. È Sherlock.

***

Sherlock Holmes sistema i lacci intorno alle mie caviglie e mi lega i polsi dietro la schiena, poi mi afferra – è più forte di quanto il suo corpo mingherlino lascia trasparire – e mi scaraventa contro il tronco di un albero.

«Adesso stai fermo e non dici niente» bisbiglia al mio orecchio.

«Sherlock, ti prego» mi ritrovo a dire. «Ho una sorella malata. Mia madre non ce la fa a mantenerla da sola. Risparmiami.» Non avrei mai creduto, nella mia vita, di essere costretto a implorare pietà, ma questo era prima degli Hunger Games, prima che la mia esistenza fosse messa in pericolo ogni secondo.

Sembra stupito dal fatto che l’ho chiamato per nome, addirittura positivamente impressionato. Questo non allenta i nodi che stringono le corde intorno a me, ma illumina il suo sguardo.

«E allora mi ringrazierai» replica brusco. «Non vorrai che sia lui a trovarti, vero?»

Non c’è bisogno che dica il suo nome, come se facesse aumentare la paura nei suoi confronti. Come se, soltanto a nominarlo, apparisse con un coltello puntato alla gola di chi osa dire quelle due parole.

«No» gli rispondo, senza avere il coraggio di guardarlo, con il terrore che progettasse qualcosa di terribile.

«Se non lo faccio io lo farà lui. Ti farà bruciare. Vuoi bruciare, John?» Sta fremendo dall’eccitazione. Mi sono sbagliato sul suo conto, è un pazzo sadico e vuole uccidermi come Moriarty, come tutti gli altri. Del resto, negli Hunger Games, cosa diavolo potrei aspettarmi dagli altri tributi?

«Mi dispiace di averti legato» continua. «Se non l’avessi fatto saresti scappato, e tu non puoi scappare.» Mi terrorizza, e vorrei solo essere lontano mille miglia da qui, nella mia casa nel Distretto 12. Tira fuori un coltello e lo impugna con decisione. Raduno tutto quel coraggio che sembra essere svanito dal mio cuore per pronunciare le mie ultime parole.

«Ti ucciderà. Non sarai tu a vincere.»

Sherlock ride. È la risata di un pazzo, un pazzo che non ha più niente da perdere.

«No, John. Tu mi ucciderai.»

***

Il mondo si è fermato e la terra ha smesso di girare. Sherlock Holmes, uno dei tributi più forti, sta mettendo la sua vita nelle mie mani.

«Stai scherzando» è la mia risposta, mentre non faccio altro che guardarlo incredulo, sfidando quegli occhi di ghiaccio.

«No. John, tu mi ucciderai, e io ucciderò te. Lo faremo con questo coltello, nello stesso momento. Sarà molto meglio che morire per mano di Moriarty» ribatte, con la tranquillità che gli apparterrebbe se parlasse del suo aroma di tè preferito.

«Non voglio morire» mormoro, mentre una lacrima corre lungo la mia guancia. «Non è ancora l’ora.»

«Credimi, mi dispiace davvero tanto. Ho cercato un altro modo per giorni, ma non l’ho trovato.»

Aspetto che il colpo arrivi. Mi chiedo se in punto di morte tutta la vita ti passi davanti come un treno appena partito. Dovrei pensare qualcosa? Fare qualcosa? Supplicare pietà ancora una volta? Sherlock dice che è per il mio bene. Lo fa per proteggermi.

«Tutti gli uomini devono morire, John, chi prima chi dopo. So che è la mia ora da quando mi sono offerto al posto di mio fratello» aggiunge calmo.

Sono sconvolto. Non ho mai prestato attenzione alla mietitura negli altri distretti, altrimenti ricorderei la storia di Sherlock. Mi chiedo se abbia un fratello minore, o malato come Harriet.

«Ho sempre odiato Mycroft, ma non potevo accettare che morisse al posto mio. Lui non l’avrebbe fatto per me, ma non importa.»

Vorrei avere la forza per confortarlo, per dirgli che suo fratello si sarebbe sacrificato per lui, ma non riesco nemmeno ad alzare lo sguardo. Voglio solo che tutto finisca.

«Vuoi dire qualcosa alla tua famiglia?» sussurra Sherlock. «È la loro ultima occasione di sentirti.»

Sono tanto stanco. La ferita alla spalla inizia a farmi davvero male. Scuoto la testa.

Sherlock mi slega i polsi e sento il sangue che torna a circolare alle dita delle mani. Mi porge il coltello in mano con delicatezza, come un innamorato regala una rosa alla ragazza che porta nel cuore.

«Al mio tre, lo faremo insieme. Punta dritto qui» e indica la parte sinistra del suo torace. Cerco di respirare, ma è un tentativo vano.

«Tre. Due. Uno…»

«Bene, bene. Due tributi al prezzo di uno.»

***

No.

Moriarty.

Provo a urlare, ma tutto quello che esce dalla mia gola è un rantolo. La mia paura più grande si è appena materializzata.

«Questo è mio, grazie» sussurra prendendo l’arco di Sherlock. Lo impugna per saggiarne la consistenza, poi lo getta via come un vecchio giocattolo.

«Fossi in voi riporrei le armi, ragazzi» continua mellifluo. «Non avrete forse intenzione di uccidermi, vero?»

Sherlock digrigna i denti e gli lancia uno sguardo di puro disprezzo. «Non lasceremo che tu ci ammazzi come bestie» gli dice, e io non posso fare altro che ammirarlo per il modo in cui prende le nostre difese.

Potrei slegarmi e provare a scappare, ma sarebbe inutile. Lui ci raggiungerebbe.

Non doveva finire così, mi ripeto. Io e Sherlock non riusciremmo più a ucciderci a vicenda per impedire che lo faccia Moriarty. È finita, o forse è appena iniziata.

Lui si avvicina a me come un serpente. «Grazie per il regalo, Sherlock. Davvero siete così distratti da non rendervi conto che ci siamo solo più noi tre nell’arena? Ho ucciso tutti. Mi mancate soltanto più voi due e poi sarò il vincitore, com’è giusto che sia.»

«Fossi in te non canterei vittoria prima del tempo» ride Sherlock. È coraggioso e sotto certi aspetti buono, ma non posso negare che sia completamente pazzo.

Moriarty tira fuori una specie di lancia che deve essersi procurato alla Cornucopia e la punta in direzione di Sherlock.

«Non so chi uccidere per primo. Magari il valoroso cavaliere Holmes? O forse il piccolo soldato Watson… l’importante è che soffriate, e lo farete.»

Non voglio vedere Sherlock morire senza avere la possibilità di fare nulla. Prendo il coltello e taglio le corde che legano insieme le mie caviglie. Adesso posso aiutare Sherlock, anche se so che questo non cambierà la situazione.

Mi alzo e mi dirigo verso Moriarty, senza dire una parola. Sherlock mi fa immediatamente scudo con il suo corpo.

«Commovente, davvero commovente. Forse la cosa più commovente, però, è la vostra ignoranza» dice in tono di sfida. «Perché non avete capito cos’hanno fatto gli Strateghi, vero? Tic toc.» Continua a ridere, con un lampo di pura malvagità negli occhi.

Sherlock capisce. «Bombe. Hanno trasformato l’arena in un campo minato.» L’informazione per me è terrificante, ma lui sorride. «Adesso puoi morire anche tu, Moriarty. Siamo alla pari.»

«Se sapessi anche tu dove sono le bombe, sì. Ma non lo sai.»

«Sono pronto a fare qualunque cosa. A bruciare, se è necessario. Ma se esiste l’inferno, ti porterò con me.»

«Davvero straziante» annuisce Moriarty. Scappa via senza che noi abbiamo la possibilità di capire dov’è andato veramente.

Mi getto verso Sherlock per inseguirlo, ma lui mi ferma.

«John, no. Non fare idiozie. Rimani qua. Lo inseguirò e lo ucciderò, e poi aspetterò di finire su una di quelle mine.»

Ora ho la certezza che è completamente fuori di senno. Non solo sacrifica la sua vita per suo fratello, ma lo fa anche per me!

«Sherlock, non puoi farlo. Tu meriti di vincere gli Hunger Games più di chiunque altro. Non puoi morire così.»

Mi mette una mano sulla spalla.

«Seguimi dagli alberi, ma non avvicinarti troppo. Non mandare tutto in fumo, John.»

«Sherlock…»

«Non dire niente. Non credo di riuscire a sopportarlo.» Così dicendo, fugge nella foresta seguendo le orme di Moriarty.

Sono sotto shock e ogni parte del mio corpo trema, ma cerco di attenermi alle sue istruzioni. Scavalco l’albero più vicino, dal quale ho una vista piuttosto buona su tutta la radura.

Vedo Sherlock che corre con quelle sue gambe lunghissime, ma di Moriarty non c’è traccia. Ho il terrore che la bomba esploda prima che lo uccida, e allora tutto il suo piano sarà stato inutile.

Improvvisamente, scorgo due figure che lottano. Non riesco a capire che arma abbia Sherlock, da quando Moriarty gli ha sottratto l’arco – credo che si stia servendo soltanto del coltello con cui ha tentato di uccidermi. La lancia di Moriarty è sempre più vicina al cuore di Sherlock e ho paura che accada qualcosa di irreparabile.

Sherlock non deve morire, me ne rendo conto quando lo vedo combattere ed è in netto svantaggio. Devo sacrificarmi io per lui. Scendo dall’albero alla velocità della luce, ma non appena il mio piede tocca il suolo sento lo scoppio di una bomba. Prima di pensare a qualunque cosa urlo.

«SHERLOCK!»

Non può essere, non mentre stanno ancora lottando…

Non so quando ho imparato a correre così velocemente, ma so cosa mi spinge a farlo. Sherlock.

Fa’ che non sia morto, sussurro a me stesso, ma mi rendo conto che si tratta di una preghiera vana. «SHERLOCK!»

Lo raggiungo più in fretta di quanto avessi preventivato, con il cuore in gola. È ancora vivo.

Mi accascio su di lui stringendogli la mano. Perde così tanto sangue…

«John» ansima «guarda.» Con il dito indica l’hovercraft che scende verso Moriarty.

«È morto» boccheggia. «È finita. Sei il vincitore degli Hunger Games.»

No, no, no…

«Sherlock, non lascerò che tu muoia.» Cerco il mio coltello, voglio soltanto morire, voglio che Sherlock sia portato in salvo e che venga curato dai migliori medici di Capitol City. Sono sicuro che loro sapranno guarirlo.

«John, lasciami qui. Sto per morire.»

Il suo corpo è carbonizzato, deve aver subito ustioni di secondo o terzo grado. Non si può riprendere davvero. Le mie speranze sono vane.

«Sherlock, tu sei un eroe. Voglio che Capitol City e tutti i dodici distretti ti vedano per quello che sei.» Alzo il suo braccio in segno di vittoria. «Per me hai trionfato tu. Voglio che la tua famiglia ti guardi nella televisione e sia fiera di te.»

Mentre parlo, Sherlock tossisce sangue dalla bocca.

«Mycroft» rantola.

«Sì, anche tuo fratello ti sta guardando, e in questo momento sarà immensamente fiero di te, perché tu sei un eroe.»

«Brucia, John. Mi sento bruciare…»

Vorrei saper piangere, ma tutte le lacrime mi hanno abbandonato. Non posso fare altro che stringergli la mano e rimanere con lui fino a quando esalerà l’ultimo respiro.

«Fallo smettere, John, ti prego.» L’agonia lo sta facendo impazzire. Mi sento così impotente…

Ad un certo punto Sherlock sembra riacquistare coscienza.

«John, di’ a mio fratello che l’ho fatto per lui. Digli che voglio che sia fiero di me» mormora, e la sua testa crolla a terra. Controllo il suo polso, ma non ci sono più segni di vita; quell’ultimo sforzo dev’essergli stato fatale.

Vedo un hovercraft in lontananza che si dirige verso di noi e sento la voce del cronista che annuncia la nostra vittoria, ma, dopo la morte di Sherlock, il mio mondo è piombato in un buio silenzio.

   
 
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