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Autore: Echoes of a VOice    04/06/2012    2 recensioni
I mobili dalle più strane fattezze, i numerosi tavolini dalle esili e sghembe gambe di legno e gli svariati e misteriosi strumenti magici che affollavano lo studio del Preside sembravano essere tutti in ordine e al proprio posto, nella completa ma bizzarra normalità che li contraddistingueva. Faceva eccezione il fatto che nel posto abitualmente occupato dalla figura del Preside Silente sedeva in quel momento nientemeno che la direttrice di Grifondoro, la professoressa McGranitt.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Liberi

 
Era la notte di Halloween del 1981.
La Sala Grande della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era stata addobbata nel­la maniera più spettacolare per celebrare quella che, non solo per i Babbani, era la festa magica per eccellenza: le candele sopra i tavoli delle Case flut­tuavano placidamente in zucche intagliate con le espressioni più spaventose; le pareti era­no state accuratamente decorate con ghirlande nere e arancioni che, di tanto in tanto, libe­ravano improvvisa­mente improbabili quanto inattesi sciami di pipistrelli. Questi, tra le gri­da di sorpresa mista a entusiasmo delle ragazzine del primo anno, planavano tra le tavo­late ricolme di cibi succulenti e dolci a non finire, per poi scomparire in un denso fumo nero con un sonoro *pop* per la gioia di tutti i presenti.
Il vociare degli studenti era più alto e allegro del solito, presi com'erano a scartare dolciu­mi di ogni genere prove­nienti da Mielandia e a raccontarsi storie e racconti di chimere, gi­ganti e mo­stri marini che avrebbero impedito ai giovani maghi di dormire sonni tranquilli. Come ogni anno, quel­la notte, specialmen­te per i ragazzi più piccoli e intimoriti, si prospettava insonne e parecchio agitata.
Quell'allegro clima di festa, che inspiegabilmente riusciva a terrorizzare i Babbani più in­genui e creduloni, aveva con­tagiato persino gli insegnanti: a dirla tutta, erano forse più eu­forici loro che non gli studenti stessi, vedendoli mentre si scambiavano reciprocamente dolcetti e caramelle, scartocciandoli sognanti come bambini golosi la mattina di Natale; al­cuni chiac­chieravano piacevolmente da un capo all'altro del­la tavolata, coinvolti anche loro dal buo­numore sprigionato dai festeggiamenti. Era molto strano e insolito vederli in quella veste, e non pochi studenti si meravigliavano di come un semplice dolcetto o un racconto bizzarro potesse rendere persino il più impeccabile dei docenti così su di giri.
Al di sopra di tutti loro, come un ampio mantello dai colori can­gianti, la volta incantata della Sala Grande si estendeva imponente e lasciava intra­vedere un cielo che, in contrasto con l’atmosfera che si respirava al di sotto di essa, prospettava tutt'altro che una notte allegra e spensierata: lampi e saette squarciavano il cielo illuminandolo a giorno e numerosi tuoni, con il loro boato fragoro­so, scuotevano le ampie vetrate della Sala. Una fitta pioggia si riversava scrosciando incessantemente sul soffitto magico, tanto che se uno avesse al­zato la testa avrebbe avuto l'impressione di essere investi­to da una cascata di gelida da un momento all’altro.
Quella notte, per una inspiegabile combinazione – o meglio, per una coinci­denza ironicamente fatale – il tempo atmosferico sembrava stesse divertendosi a seguire di pari passo l’evolversi degli eventi. Così come quel fragoroso temporale imperava nel buio di una notte che pareva apparentemente normale, allo stesso modo là fuori si stava preparando una tempesta di avvenimenti, una di quelle che la­sciano il segno nel bene e nel male; una nottata, quella, che nessuno avrebbe dimen­ticato facilmente.  Tutti, probabilmen­te, si sarebbero ricordati della pioggia che precipitava a dirotto su Hogwarts mentre, da qualche parte nel buio di quell’Halloween così insolito e sinistro, qualcosa di grande e terribile si preparava ad acca­dere in tutta la sua misteriosa e prorompente natura.

Il primo segno concreto di quell'irrequieta e inattesa aria di cambiamento era sicura­mente l'assenza, al tavolo de­gli insegnanti, delle due figure più rassicuranti che tutta Hog­warts potesse desiderare di avere nelle vicinanze in tempi bui come quelli che si affacciavano all’orizzonte: Albus Silente e Minerva McGra­nitt. Sempre presenti con il loro sguardo vigile e autoritario ma rasserenante allo stesso tempo, quando entrambi man­cavano ad occasioni di festa come quella che Hog­warts stava vivendo, nulla lasciava presagire niente di buo­no o, perlomeno, c'era da aspettarsi che qualcosa di strano doveva esse­re successo.
Il Preside e la sua Vice, infatti, dietro l’austero ed imponente portamento che li contraddistingueva, non facevano mistero di possedere un’indole sempre incline ai festeggiamenti e alle risate. Tenevano, anzi, alla perfetta riuscita delle feste ad Hogwarts – come Halloween e il Natale – e si rammaricavano quando, per impegni dovuti al loro ruolo importante all’interno della scuola, dovevano rinunciare a presenziarvi e rimandare ad un’altra occasione in cui poter far festa. Non erano stati in pochi, del resto, a notare che i due posti al centro della tavolata dei docenti erano vuoti; Pomona Sprite e Filius Vitious erano stati i primi ad accorgersene e, a qualche ora dall’inizio del banchetto, si chiedevano come mai Albus e Minerva si fossero allontanati dal Castello.
In realtà, non potevano immaginare che una dei due fosse, in effetti, molto più vicina di quanto potessero pensare.

La pioggia e il vento punteggiavano con violenza, sferzando­le, anche le finestre dell'uffi­cio del Preside, qualche piano più su lontano dal chiacchiericcio allegro e chiassoso degli studenti alla festa. In un angolo, Fanny la fenice sonnecchiava tranquillamente e indisturbata appollaia­ta sopra il suo tre­spolo, la testa al riparo sotto l'ala cremisi, avvolgente e maestosa.
I mobili dalle più strane fattezze, i numerosi tavolini dalle esili e sghembe gambe di legno e gli svariati e misteriosi strumenti magici che affollavano lo studio del Preside sembravano essere tutti in ordine e al proprio posto, nella completa ma bizzarra normalità che li contraddistingueva. Faceva ec­cezione il fatto che nel posto abitualmente oc­cupato dalla figura del Preside Silente sedeva in quel momento nientemeno che la direttrice di Grifondoro, la professoressa McGranitt.
Tuttavia, non sembrava essere la solita Vicepreside che si aggirava con fare altero per i corridoi del ca­stello; quella notte, non era la donna dall’aria autorevole e autoritaria che ci si aspettava di trovare seduta oltre la cattedra nell'au­la di Trasfigurazione. Dietro le lucide lenti dei suoi oc­chiali squadrati, infatti, gli occhi della professoressa erano stanchi; uno sguardo perso e vacuo, opacizzato, come di chi fissa da interminabili ore un punto indeterminato davanti a sé per con­centrarsi su un pensiero opprimente nella speranza di scacciar­lo. La zona intorno agli oc­chi era contornata da occhiaie violacee e ben visibili che suggerivano la profonda stanchezza e, a giudicare dal modo in cui la donna torturava le proprie dita,  la viva preoccupazione della Vicepreside di Hog­warts. Le rughe sul suo volto, come mai da parecchi anni, le sol­cavano il viso e la fronte in maniera decisa lasciandole marcati segni di inquietudine sui lineamenti che, lungi dall'essere duri e severi come d’abitudine, davano in quel momento tutta l'impressio­ne di una persona che non riuscisse a reggere e a gestire le attese estenuanti e l'ansia deri­vante da esse.
Il suo capello di feltro verde smeraldo, che normalmente le sormontava il capo sulle venti­tré donandole quella nota aria autorevole e prestigiosa, era stato riposto sulla scriva­nia di Silente accanto agli strani oggetti e alle carte di que­st'ultimo. Al posto della sua au­stera acconciatura, la McGranitt aveva poi dato libera forma ai suoi lunghi capelli corvini, intaccati appena da qualche striatura bianca, e li aveva poi raccolti in una lunga e semplice trec­cia che nemmeno lon­tanamente si approssimava all’ordine rigoroso dello chignon che la contrassegnava da sempre.
Questa non voluta mancanza di impeccabilità, un segno che invece negli anni era diventato rico­noscibile tra i Grifondoro e per­sino tra tutti quelli che avevano messo piede ad Hogwarts, era un ulteriore indizio palese che ci fosse qualcosa che non andava per il verso giusto. Pochi, infatti, avevano avuto il privilegio o la sfortuna di poter vedere Minerva McGranitt in quelle con­dizioni. Non che fosse trasandata, anzi: anche nel suo abbigliamento da camera, la profes­soressa di Trasfigurazione non perdeva comunque il suo rigido portamento. Tuttavia, non amava mostrarsi con quell’aspetto: credeva che la rendesse più fragile e vulnerabile, che in qualche modo le facesse perdere il suo controllo sulla situazione. E, in tempi come quelli, la determinazione e il polso fermo erano le ultime cose che una donna del suo calibro potesse permettersi di fare a meno.

“Dove diavolo è finito?” si domandò tra sé e sé spazientita, pensando all'improvviso quanto fosse stata inesplicabile l’improvvisa sparizione di Silente. Colta dalla stanchezza, sbuffò e si stropicciò gli occhi: per un momento le sembrò di essere tornata bambina,  a quando le sarebbe bastato brontolare ca­pricciosamente per ottenere una risposta alle sue domande o per vedere i suoi capricci realizzati.
Nonostante il disappunto che provava in quel momento, in ogni caso, per quanto fossero inequivocabilmente imprevedibili e sempre in­spiegabili, non aveva mai dubi­tato dei piani e delle idee di Albus Silente. La donna ammise che, sebbene ogni vol­ta costui le nascondesse e circondasse con un alone di mi­stero, come se da queste sue missio­ni dovesse dipendere il futuro dell'intera comunità magica, ciascuna delle idee del Preside finiva per risultare in una trovata geniale. In un modo o nell’altro, infatti, Albus Silente sapeva come cavarsela e sbrogliare anche il più complicato dei problemi, persino quando tutto sembrava perso per una persona normale.
D’altronde, quella non fu l'unica volta – e Minerva sospettava che non sarebbe stata l'ultima –, in cui capitò il Preside di Hogwarts si as­sentasse dalla scuola per “ragioni improrogabili e indiscutibili”, lasciando nessun'altra spiegazione se non questa. Po­che ora prima, però, se ne era andato con un'espressione cupa sul volto, come se ciò contro cui stesse andando incon­tro fosse una situazione estremamente importante ma difficile da affrontare allo stesso tempo. Tutto ciò, nonostante l’atteggiamento criptico di Silente, non era sfuggito al fine in­tuito di Minerva McGranitt. Per questo motivo, men­tre sedeva sul seggio dorato del Preside, era preoccupata ed assorta nei suoi pensieri: era convinta che quando qualcuno spariva all’improvviso sen­za dare spiegazioni e per di più tardava a tornare, questo fosse pre­sagio di qualco­sa che probabilmente non era andato a buon fine. E quando quel “qualcuno” era Albus Percival Wulfric Brian Silente, allora la situazione non poteva che farsi pericolosamente più seria.

Risuonarono fuori dal nulla, poi, improvvise come i tuoni che se­guono i lampi, parole che si riversarono sulla donna come un’onda di acqua gelida.
Minerva aveva temuto che, in un futuro non troppo lontano, avrebbe potuto udire quelle parole, ma in cuor suo aveva sempre tenuto accesa la speranza che non si sarebbe mai trovata costretta a pre­star loro ascolto.
«Voldemort ha colpito. Lily e James Potter sono stato uccisi. Harry è so­pravvissuto all'Anatema Che Uccide. Di’  presto ad Hagrid di dirigersi a Godric’s Hollow per recuperare il piccolo. Voldemort si è volatilizzato: se siamo fortunati, ritengo sia morto. Raggiungimi presto a questo indirizzo: Privet Drive numero quattro, Little Whinging, Surrey».
Quelle frasi si erano scandite per un'infinità di volte -quanto tempo era passato? Ore, forse minuti?- nella mente della McGranitt, da quando una fenice azzurrina, rilucente di una luce blua­stra tenue e soffusa, e simile a Fanny, si era materializzata al centro dell'ufficio di Silente. La voce di quest'ultimo, incrinata ma non per questo meno profonda, aveva poi comin­ciato a risuonare con aria greve. Ad ogni volta che veniva ripetuto, l’annuncio sembrava risuonare come i rintocchi lontani di una campana.
La professoressa era subito scattata in piedi e si era si­stemata gli occhiali sul viso, come se da un momento all'al­tro si aspettasse di veder comparire il proprietario del Patronus. Invece, Albus Silente non era apparso ma il suo guardiano di luce aveva continuato a ripetere il medesimo messaggio a ripetizione, come a voler attirare l'attenzione della Vicepre­side, finché non svanì: improvvisa­mente, così come era arrivato.
 
“Lily e James Potter uccisi... Harry sopravvissuto... Volde­mort volatilizzato...”
Non ci volle molto prima che Minerva accusò il colpo; tuttavia, ebbe bisogno di qualche attimo per riportare all'ordine i suoi pensieri e per metabolizzarli: quelle notizie, infatti, le erano piombate nell'intimo come un enorme maci­gno, come una valanga inarrestabile a cui non avrebbe potuto resistere con facilità.
Che cosa poteva mai significare quel messaggio? Chiare erano state le paro­le di Silente, in realtà, eppu­re... poteva essere vero quello che aveva sentito? Minerva stentava a credervi, e avvertiva in tutta se stessa la necessità inevitabile di ribellarsi a quanto le era stato riferito, il desiderio di lottare contro quella che sembrava diventare ad ogni minuto che passava una cruda e amara verità.

In quegli attimi di sconforto, Minerva ripensò anche a tutto quello che la battaglia contro Lord Voldemort aveva significato per lei. L'essere entrata a far parte dell'Ordine della Fenice, sin dalla fondazione, aveva implicato da parte sua l’accettare una serie di situazione che avrebbe dovuto affrontare inevitabilmente: pericoli, incertezze, persino l’eventualità della morte. Tutto quello che aveva temuto con tutta se stessa si stava realizzando sotto i suoi occhi, e lei non poteva far niente per evitare che ciò accadesse. Poteva mai essere possibile che tutti i timori più intimi e profondi di ciascuno si stessero concretizzando in quella notte?
Tutti gli sforzi che l'Ordine aveva compiuto negli ultimi anni erano andati perduti, dun­que? Oppure, per qualche insondabile disegno del destino, avevano avuto la loro utilità, seppur il lungo cammino verso la libertà si fosse concluso con il triste sacrificio di due dei suoi membri? Tutto l'impegno che ciascun appartenente all'Ordine aveva profuso per ottenere la vittoria, tutti gli incantesimi e le energie adoperati affinché le vite di James Potter e di Lily Evans – e con le loro, tutte quelle della Comunità Magica – venissero protette e nascoste alla furia distruttrice di Lord Voldemort si erano rivelati superflui o erano davvero serviti a qualcosa, alla fine di tutto?
E il bambino, il piccolo Harry, quel frugoletto che, come Minerva si ricordava di aver intravisto in una foto recente, aveva gli stes­si occhi verdi ed intensi della madre, che fine aveva fatto? “So­pravvissuto all'Anatema Che Uccide” avevano recitato incessantemente le parole di Silente... Sì, ma come? Nessun mago e nessuna strega a memoria d'uomo erano mai usciti indenni da un attacco del genere, figurarsi poi se quell'Avada Kedavra era stato lan­ciato da Voldemort in persona, il Mago Oscuro più terribile di tutti i tempi.
Tuttavia, una considerazione positiva in quel mare burrascoso di riflessioni contrite ba­lenò all'improvviso nella mente della professoressa McGranitt, facendosi spazio tra il pessimismo incalzante delle domande della donna.
Cosa aveva detto l'annuncio di Silente, dopotutto?  Che Voldemort si era volatilizzato, e che probabilmente poteva essere morto…
Cosa poteva significare questo se non ciò che la comunità magica aveva atteso di sentirsi dire da decenni? Davvero la minaccia che aveva terrorizzato e para­lizzato la comunità magica negli ultimi lunghi anni era sta­ta definitivamente sconfitta?
Minerva non poteva dirsi sicura di questo, perché non l’aveva visto direttamente con i propri occhi, ma durante tutto il tempo passato a contatto con la figura enigmatica del Preside, una cosa l’aveva imparata: e cioè che molto spesso le ipotesi e le intuizioni di Albus Silente si rivelavano sempre e quasi del tutto esatte.
Era lecito, allora, pensare che Lord Voldemort fosse stato realmente sconfitto per sempre e, per giunta, da un bambino di appena un anno?
Minerva, in cuor suo, si convinse che sì, che contro ogni previsione e al di là di ogni scenario inimmaginabile dovesse essere proprio così e che, con tutta la buona fede e la speranza di questo mondo, quanto era successo quella notte era uno dei miracoli della magia di cui Silente tanto amava parlare e in cui tanto credeva.
La comunità magica, finalmente, poteva di nuovo vedere la luce della libertà.
Lo sguardo di Minerva McGrannit, al di là degli occhiali che le incorniciavano il viso, parve riaccendersi di una nuova luminosità: una scintilla radiosa che non soffocava, certo, il dolore che pro­vava per la morte di due dei Grifondoro più valorosi e capaci a cui mai avesse avuto l'ono­re di insegnare, ma che brillava per la speranza che nutriva nel sapere che non solo il loro figlio era sopravvissuto a quel duplice attacco, ma che Voldemort, finalmente era stato vin­to.
 Per due vite che erano state annientate, quell’ultima notte di ottobre, altrettante avevano ottenuto la salvezza e la possibilità di risorgere a sognare un futuro migliore: quella di Harry Potter e, tramite la sua sopravvivenza, la Vita della comunità magica intera.
 
 
«Expecto Patronum!»
Minerva McGranitt non ebbe bisogno di pensare ad uno dei suoi ricordi più potenti e felici per evocare il suo Patronus, un gatto soriano che con ele­ganza e grazia innate scaturì dalla sua bac­chetta, una volta pronunciate quelle due parole: tanta era l'euforia provata in quel momento, che il felino si materializzò quasi spontaneamente nello studio di Silente. La gioia della professoressa era tale che la luce sprigionata dall’incantesimo fu accecante persino per lei.
«Corri, forza!» ordinò al suo Patronus con decisione, pur non nascondendo l’estrema gioia. «Vai subito da Hagrid e informalo  che Lord Voldemort è stato sconfitto, ma che Lily e James Potter sono stati uccisi. Riferiscigli anche che deve recarsi a Godric's Hollow imme­diatamente e assicurati che lo faccia con prudenza, per re­cuperare il piccolo Harry Potter sano e salvo!»
Gli sguardi dei due si incrociarono a mezz'aria, mentre il Patronus era pronto per adempiere gli ordini che gli erano stati impartiti.
«Ora vai!»
Il gatto eseguì un elegante salto verso l'alto e sparì al di là del muro dell'ufficio del Presi­de nella forma di un globo azzurro e lu­minoso che si confuse all'istante nella notte temporalesca diretto al limitare della Foresta Proibita, verso la capanna di Hagrid.
La McGranitt si portò una mano al cuore, accompagnando il gesto con un profondo respiro, mentre osservava l’alone luminoso del suo Patronus allontanarsi verso il limitare della Foresta.
Era giunto però il tempo di prendere in mano la situazione, di agire, non di certo quello di la­sciarsi andare sulla poltrona, come se ora tutto andasse per il verso giusto. C'erano migliaia di cose da fare, ora che tutto stava per cam­biare. Quella notte era solo l’inizio di un’era, l’avvento di un’epoca di rinascita che andava annunciato a gran voce.

«Studenti e studentesse, docenti tutti di Hogwarts, pretendo che ciascuno di voi mi degni della sua completa attenzione!»
La corsa dall'ufficio di Silente alla Sala Grande era stata frenetica, e di certo non era pas­sata inosservata agli abitanti del Castello: mentre Minerva scendeva le scale a piè pari, come quando era una giovane studentessa, i ritratti sulle pareti si erano incuriositi e si erano aggregati in massa per seguirla di tela in tela perché la Vicepreside non era solita a quel genere di cor­se giù dalle scalinate della scuola. Data l'aria di rispettabilità che amava difendere, preci­pitarsi a capo­fitto lungo le rampe di scale, saltando abilmente per evita­re i falsi gradini, non era una cosa che spesso faceva.
Fu poi con enorme sorpresa di tutto lo studentato e del corpo docente che aprì le porte della Sala Grande, ponendo fine alla sua assenza tanto chiacchierata al banchetto di Halloween, per poi precipitarsi sulla pedana da cui il Preside era solito fare i suoi discorsi. Quello che avrebbe dato da lì a poco era forse uno dei più importanti annunci che gli studenti, i docenti e tutto il Ca­stello avessero e avrebbero mai udito.
Tutti si stupirono nel vederla scomposta, affannata, con la treccia che le cadeva scomposta sulla spalla destra, ma nessuno osò fiatare quando Minerva si schiarì la voce e iniziò il suo discorso. Tentennò per un attimo, cercando le parole adeguate, ma poi partì con fermezza.
«Negli ultimi anni, fatti inenarrabili e raccapriccianti hanno colpito la nostra comunità, come è noto. Molte fami­glie sono state sterminate dai Mangiamorte di Voi-Sapete-Chi!»
Un mormorio di agitazione percorse tutta la Sala; la Vicepreside, una delle poche persone che solitamente si azzarda­va a pronunciare il nome di Lord Voldemort, si era ben guar­data dal farlo per non allarmare gli studenti e gli inse­gnanti, soprattut­to quelli più timorosi, che ora la osservavano con aria dubbiosa e curiosa in­sieme.
Bastò un'occhiata in tralice da parte della McGranitt per riportare l'ordine nella Sala.
«Molti maghi e streghe valorosi sono morti combattendo in que­sta guerra contro il Male fatto persona. E’ stato un conflitto di dimensioni e cru­deltà spropositate a cui, posso affermarlo con certezza, la no­stra comunità non ha mai assistito in passato. E per questo, provo intenso cordoglio ma anche, mi sembra doveroso dirlo, profonda grati­tudine per coloro che, difendendoci, ci hanno lasciati».
Molti studenti abbassarono il capo in segno di condivisione e rispetto, e con essi alcuni degli insegnanti; l'atmo­sfera nella Sala era passata dall'essere festosa al­l'essere tesa come la corda dell'arco di un centauro pronto ad attaccare nel giro di un battito d’ali.
«Ora, è mio compito dare a voi un grande annuncio» riprese, dopo aver celato la commozione e il senso di orgoglio che provava sapendo quello che avrebbe detto. Riprese il fiato, inspirò profondamente e iniziò di nuovo a parlare con voce potente e ferma. Tutta l'attenzione della Sala Grande era focalizzata su di lei.
«Questa notte, proprio mentre voi consumavate le ric­che portate di questo lauto banchetto, altri due maghi sono stati uccisi, due giovani che fino a qualche anno fa sedevano come voi tra questi tavoli: Lily e James Pot­ter!»
Ancora una volta, il brusio attraversò la Sala: i due Pot­ter, infatti, avevano lasciato Hog­warts pochi anni prima, e in molti era ancora impresso il ricordo di James, leader cari­smatico dei famigerati Malandrini, e della sua ragazza dai capelli ros­si: la bella, gentile ed intelligente Lily.
«Molti di voi, e mi rivolgo soprattutto agli studenti degli ultimi anni, li hanno sicura­mente incrociati nei corridoi o a lezione quando anche loro frequentavano questa scuola.
Ebbene, purtroppo, sono morti… assassinati da Voi-Sapete-Chi!»
Una ragazzina di Corvonero, una bambina di non più di dodici anni, iniziò a singhiozzare sentendo pronunciare quelle pa­role, ma i singhiozzi si trasformarono presto in pianto quan­do la professoressa pronunciò il nome di Voldemort: non era una scena insolita, nemmeno tra i più grandi. Quel nome seminava il terrore in maniera spropositata.
«Ma io dico a voi, popolo di Hogwarts: non temete! Non ab­biate timore, non più!»
Gli occhi della professoressa McGranitt, che pure mantenevano la tanta temuta sfumatura severa, si posa­rono con dolcezza sulla piccola Corvonero, senza però far perdere alla donna il vigore del suo discorso.
«Lord Voldemort è stato sconfitto! Si è volatilizzato! VOI-SAPETE-CHI E' MORTO!»
 
L'annuncio attraversò ogni persona presente nella Sala come una scarica elettrica, come un ritorno di fiamma di un in­cantesimo mal pronunciato: tutti, dal primo all'ultimo, si agitarono nervosamente sulle panche, rompendo il silenzio che si era venuto a creare durante il di­scorso della Vicepresi­de.
Ci fu un attimo nel quale il rombo di un tuono e lo scro­sciare di una nuova ondata di piog­gia fecero vibrare le mura in un boato...
E poi fu il frastuono più generale, un rumore rampante che invase la Sala Grande dalle fondamenta fino alla cima con tutta la sua forza.
Urla di gioia, di euforia; pianti di felicità, che rilasciavano in lacrime tutta l'ansia, l'angoscia, la paura e il nervosi­smo che ciascuno aveva accumulato durante quegli anni di terrore. Qualcuno, per festeggiare, si era azzardato anche a lanciare per aria il proprio cappello da cerimonia, mentre dal tavolo dei Grifondoro, in memoria dei due ex studenti defunti, si al­zarono parecchi calici “in onore di Lily e Ja­mes Potter!”
Gli insegnanti, nel frattempo, si erano tutti accerchiati tempestivamente intorno alla McGranitt. Oltre al Preside, in quel momento, spiccò un altro importante assente: l'imponente guardiacaccia Rubeus Hagrid. Costui, all'insaputa di tutti, era già in volo sopra i cieli del Regno Unito diretto a Godric's Hollow per eseguire il triste compito affidatogli da Silente e dalla McGranitt.
Nella Sala Grande, invece, tutti i docenti assillavano la professo­ressa con domande di qualsiasi genere, che esprimevano il loro stato di ansia mista a curiosità su quanto era accaduto, sulla morte dei Potter e sull'apparente caduta di Lord Vol­demort: a quest'ultimo riguardo, però, molti sembravano scettici e increduli, come se si fossero or­mai abituati e rassegnati alla costante presenza demoniaca di Voldemort nelle loro vite, tan­to che ora era difficile pensare che fosse scomparso per sempre.
«Minerva, ma come...?» esitò a parlare la professoressa Sprite, tentando di far prevalere la propria voce sopra il boato scoppiato nella Sala.
«Minerva, nei sei assolutamente certa? Sicura, Minerva?» squittì da sotto le vesti degli al­tri docenti il professor Vitious, che si dibatteva per farsi largo tra la folla che tormentava la Vicepreside.
La McGranitt li guardò tutti con aria tesa e preoccupata, a tratti a disagio, indugiando con lo sguardo sui due colleghi a lei più vicini, ai quali si rivolse dicendo: «Pomona, Filius, vi prego...lascia­mo le domande ad un momento più consono. Soprattutto, sono certa che le risposte a tutto ciò competono al professor Silente, il quale saprà darci soluzioni soddisfacenti quando ri­tornerà. E' stato lui a comunicarmi tutto questo, del resto, e sono pienamente convinta che saprà darci esaurienti risposte al suo ritorno, che confido avver­rà quanto prima. Ora vi lascio un impor­tante incarico: tranquil­lizzate gli studenti, e organizzate il loro rientro nei ri­spettivi dormi­tori. E' sicuramente una notte importante, ma è meglio che riposino per ora». La direttrice dei Grifondoro gettò uno sguardo assorto sulla Sala e su ciascuno dei quattro tavoli che la occupavano. Poi i suoi oc­chi scintillarono da dietro gli occhiali che le erano scivolati sulla punta del naso per via dell'accerchiamento opprimente, e concluse: «Ci sarà tempo nei giorni e negli anni a venire per festeggiare, mi auguro, e per celebrare degnamente questa vittoria del Bene sul Male, come spero sia davvero avvenuto.
Ora, tuttavia, devo raggiungere il professor Silente... purtroppo, abbiamo un incarico di assoluta importan­za da compiere».
Detto questo, la figura di Minerva McGranitt si vo­latilizzò in maniera repentina: al suo posto, un elegante gatto soriano, il muso segnato da striature simili a lenti squadrate, sgattaiolò sotto i lunghi mantelli degli inse­gnanti, dirigendosi velocemente fuori dalla Sala Grande, nell'atrio del Castello, per raggiungere infine i cancelli esterni di Hogwarts. Una volta raggiunto il grande prato oltre i cancelli, si smaterializzò al di là di questi ultimi.
 
«Expecto Patronum!»
Pochi minuti dopo, a conclusione di quella nottata così in­tensa, dal magico soffitto della Sala Grande si elevarono e fuoriuscirono parecchi globi azzurrini e luminescenti, che pal­pitavano di luce propria. Erano i Patroni, scalpitanti e pulsanti di gioia e di ricordi felici, dei docenti e degli studenti più esperti che erano stati evocati in massa per avvertire paren­ti, amici e tutta la comunità magica di quanto era accaduto. Il cielo sopra Hogwarts, da lontano, sembrava punteggiato di stelle pulsanti all’unisono.
Dopo anni di terrore e di tormenti, i maghi potevano final­mente tornare a sperare, e i loro sorrisi ricomparirono ad illu­minare i loro volti, così come i Patroni illuminarono la notte che avvolgeva Hogwarts, dove i segni della tempesta che si era abbattuta sul Castello erano ormai lontani e dimenticati.
 
 
   
 
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