MIDST  -  Nè la vita, né la morte.

Girovagava senza una meta, profugo, abbandonato anche dalla sua stessa vita.
Camminava tra l’ampia folla di persone che popolavano il suo quartiere, senza essere visto da nessuno.
Persino i suoi più cari compagni dell’università lo ignoravano. Sembrava quasi che non fosse presente fisicamente.
E nonostante la sua assenza, tutti sorridevano.
Lui era sempre stato il prototipo di ragazzo perfetto, da imitare e da lodare. Ma a quanto pare ora nessuno percepiva la sua presenza e nessuno s’importava della sua mancanza.
Dopotutto era sempre stato un normale essere umano. Solo il suo cervello si era rifiutato di accettare una tale concezione di se stesso.
La vita normale era troppo banale per esser vissuta da un tipo astuto e geniale come lui.
Era per questo che aveva deciso di accettare quella svolta rischiosa che il fato gli aveva servito su un piatto d’argento.
Sapeva che il destino che ora gli spettava se lo era cercato lui stesso.
Era stato avvisato, ma la tentazione di poter decidere le sorti del mondo – competenza da sempre attribuita ai sovrani della morte o a figure metafisiche di cui si dubitava l’esistenza – era stata troppo forte.
Era stato tentato e aveva consapevolmente ceduto per il puro gusto di dare a tutti la prova concreta dell’esistenza di un essere umano dalle doti straordinarie e superiore nell’ingegno.
Le risate e il continuo vociare dei suoi compagni gli risuonavano nelle orecchie in una maniera troppo dolorosa. Quella felicità che vedeva in giro era il nucleo del suo fallimento.
Lui avrebbe dovuto cambiare il mondo, eliminando le avversità, e Kira se ne sarebbe preso il merito, divenendo il punto di riferimento per tutti. Ma da ciò che ora poteva visionare, nessuno aveva mai avuto bisogno di lui.
Sentiva pronunciare il suo nome, affiancato da quello di Kira, ed attribuirgli aggettivi sprezzanti. Tutti erano delusi e tutti festeggiavano la morte di colui che, bramando una vita migliore, l’aveva peggiorata.
Veniva amato solo da coloro che avevano ricevuto una protezione indiretta da Kira, ma queste persone non erano lì a lodarlo.
Solo odio e indignazione. Non subiva nient’altro.
“Al proprietario del Death Note non spetta né il paradiso, né l’inferno ” gli era stato detto. E lui aveva accettato senza nemmeno pensare quale fosse questo luogo.
Né il paradiso e né l’inferno: era qualcosa di equilibrato, niente di temibile.
Ma non aveva immaginato minimamente di passarla in questo modo.
Quello infatti non era niente di tutto ciò, era solo la realtà vista dall’anima di un ragazzo morto che vagante assiste ad una vita che va avanti anche senza di lui.