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Autore: Ciulla    04/06/2012    3 recensioni
Torno con un'altra mormor. Tanto per mettere in chiaro che Jim dorme, quando gli capita :-)
"La scena che gli si presentò davanti gli fece sgranare gli occhi, socchiudere la bocca e cadere tutto quello che aveva in mano, pistola compresa.
Jim che dormiva di pomeriggio era già di per sé uno spettacolo strano. Aggiungiamoci il fatto che dormiva nel letto di Sebastian, completiamolo con la precisazione che aveva una sua maglietta stretta tra le mani, e avremo la ricetta per la visione più tenera al mondo."
E se non si è capito, FLUFF!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Jim Moriarty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Mormor'
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  Sette omicidi consecutivi affaticano anche il migliore dei cecchini.
Molta gente pensa che il loro lavoro sia facile; ma ne siete sicuri? Forse richiede poco sforzo fisico, ma chi pensa al notevole sforzo intellettuale necessario?
Bisogna considerare la fatica della ricerca di un posto ottimale per prendere la mira e allo stesso tempo agevole per poter essere abbandonato in fretta; la velocità con cui bisogna montare e smontare un fucile; la pazienza di aspettare che la vittima sia sulla tua traiettoria e soprattutto non vi sia nessuno in mezzo: uccidere la persona sbagliata sarebbe un disonore, per un cecchino.
In particolar modo per un cecchino che lavora per James Moriarty.
E, ancora più in particolar modo, per Sebastian Moran, il migliore cecchino tra quelli che lavorano per James Moriarty.
Finalmente anche l’ultimo uomo che doveva morire era morto. Seb smontò il fucile con un sospiro, la maglia scura chiazzata da macchie di sudore, i pantaloni mimetici diventati a un tratto troppo pesanti, troppo caldi, nonostante fosse una giornata di novembre non particolarmente soleggiata.
La stanchezza riempiva ogni suo arto, intorpidiva ogni suo muscolo; tutto quello che chiedeva ora era di riposarsi, e se Jim aveva qualche altro lavoro per lui, beh, avrebbe aspettato.
Il tragitto fino a Conduit Street era breve, e le gambe del cecchino, benché stanche, erano allenate: l’uomo giunse a destinazione in pochi minuti.
“Sono a casa!” Annunciò di malavoglia aprendo la porta. Nessuno rispose: meglio così, significava che Jim non c’era o che era immerso nel suo mondo di fantasia; in ogni caso, non l’avrebbe disturbato.
Seb si diresse spedito verso la propria camera, e vi si sarebbe fiondato all’istante se, quando già la mano era ferma sulla maniglia della porta, non avesse udito un lieve rumore indistinto, una specie di mugolio, provenire dal suo interno. ‘Intrusi’, fu il suo primo pensiero. Estrasse lentamente la pistola e socchiuse la porta con delicatezza.
La scena che gli si presentò davanti gli fece sgranare gli occhi, socchiudere la bocca e cadere tutto quello che aveva in mano, pistola compresa.
Jim che dormiva di pomeriggio era già di per sé uno spettacolo strano. Aggiungiamoci il fatto che dormiva nel letto di Sebastian,  completiamolo con la precisazione che aveva una sua maglietta stretta tra le mani, e avremo la ricetta per la visione più tenera al mondo.
Seb, incredulo, si avvicinò a passi lenti, misurando la forza, bilanciando il peso con cautela per non far udire il minimo rumore. Giunto al bordo del letto, si abbassò piano e si sdraiò per terra, accanto alla testa di Jim. Piano sollevò una mano e la immerse nei capelli del suo capo, percependo tra le dita una sensazione piacevole, morbida, come se di seta fossero fatti quegli scuri fili che da anni sognava di poter accarezzare ma che non si era mai sognato di sfiorare neppure con un dito.
Nel sonno, Jim emise qualche rumore indistinto e mosse la testa ancora più contro la mano di Seb, come cercando un maggiore contatto, facendo sussultare il cuore del suo cecchino.
“James”, sussurrò lui, non in un vano tentativo di svegliarlo ma più in un’esclamazione di sorpresa e tenerezza. Poi si sdraiò accanto a lui, gli circondò la vita con braccio e appoggiò la testa sulla sua spalla, addormentandosi.
 
Sebastian si svegliò verso le tre di notte, fresco, tranquillo e riposato. Si voltò nel letto, stiracchiandosi, e si trovò davanti a un Jim con gli occhi spalancati, fissi verso il soffitto, e le braccia comodamente piegate dietro la testa.
Subito sobbalzò, memore degli eventi del pomeriggio. Aveva toccato Jim - gli aveva accarezzato i capelli, per l’esattezza - e si era addormentato abbracciandolo. Cosa gli era saltato in mente? Jim era stato chiaro al loro primo incontro: “Qualunque cosa succeda, dovessi anche innamorarti di me, la mia regola per la perfetta convivenza è: nessun contatto fisco.”
Jim rise alla sua espressione sconvolta. “Rilassati. Mi sembri una tigre circondata dai cacciatori. Dovrei essere io quello sulla difensiva, Sebby. Io che per primo ho desiderato di sottrarmi alla mia stessa regola, io che mi sono intrufolato in camera tua per rubarti una maglietta e non ho resistito alla tentazione di sdraiarmi sul tuo letto. E sai come sono gli strani rapporti tra me e il sonno: quando ho il tempo di dormire, non mi visita; lo fa invece nei momenti meno opportuni.”
Sebastian si rilassava visibilmente ad ogni parola del capo, fino ad arrivare, verso la fine del discorso, a sdraiarsi nuovamente accanto a lui.
Jim, voltandosi su un fianco in modo tale da averlo di fronte, seppellì il naso nell’incavo tra il collo e la spalla. Sebastian si irrigidì quando l’altro lo leccò piano. “Che stai facendo?” Sbottò.
Jim lo guardò stupito. “Profumi di buono, Sebastian”, rispose. “Volevo sentire se il sapore era all’altezza.”
Leggermente rosso dall’imbarazzo, Sebastian sorrise. “Profumo di buono?” Chiese. “E’ per questo che mi volevi rubare una maglietta?”
Senza cogliere lo scherno nelle parole di Sebastian, Jim annuì. “Il tuo odore è qualcosa di unico.” Spiegò. “Una fragranza impossibile da trovare altrove. Ha un che di selvatico, eppure niente come esso mi dà l’idea di essere a casa. E’ un insieme degli odori che preferisco. E’…” Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi. “E’ l’odore che ha un libro appena aperto, l’odore che ha l’erba tagliata e insieme l’odore che ha il sangue di una vittima appena uccisa o l’odore della paura. O forse”, aggiunse pensieroso, “E’ solo un’impressione. Forse è il mio cervello che ti attribuisce un misto di questi odori, perché sono i miei odori preferiti e, beh, tu sei il mio uomo preferito. Associazione di idee, Sebastian. Non sarà mai possibile capire a fondo i misteri della mente umana. Fatto sta che ti adoro… Adoro il tuo odore, cioè.” Tossicchiò appena.
Sebastian lo stava fissando incantato, poi, seguendo il suo esempio, inspirò profondamente. “Io di cosa profumo?” Chiese curioso Jim. Sebastian alzò le spalle. “Non saprei. Tu profumi di… Jim. Forse perché è quello il mio odore preferito, e tu sei il mio capo preferito.” Sorrise.
“Nonché l’unico, immagino.” Moriarty, ridacchiando, strinse Sebastian al petto, coprendogli il capo di piccoli baci, grattandolo piano dietro le orecchie e ottenendo in risposta degli indefiniti mugolii di piacere, che avevano qualcosa di straordinariamente affine a delle fusa. “Se fai così mi sembri un gatto, più che una tigre, Sebastian”, commentò.
“Roarr!” Esclamò Sebastian balzandogli addosso. Jim scartò di lato con una risata cristallina, e sarebbe finito sul pavimento se Seb non l’avesse afferrato per la vita un momento prima che questi cadesse. Tenendolo stretto, lo portò sopra di sé, e ne ricevette in cambio un lieve bacio sulle labbra.
Ogni fibra del corpo di Sebastian si fermo per un istante che a lui parve infinito. Tutta la sua vita aveva trovato una realizzazione in quel semplice attimo di fugace contatto, la felicità gli esplodeva nelle viscere, ma non poteva esternarla, perché non poteva muoversi. Vide Jim irrigidirsi, lo vide preoccuparsi, lo vide che alzava una mano e… SCIAC!
“Ahia!” Si riscosse Sebastian. “Perché l’hai fatto?” Chiese massaggiandosi la guancia.
“Credevo stessi per svenire!” Si giustificò l’uomo. Poi, contento di aver ottenuto nuovamente l’attenzione del cecchino, riprese a baciarlo. E questa volta Sebastian non si lasciò sfuggire l’occasione di esternare la sua gioia: afferrò Jim per i capelli e lo spinse contro di sé, mordendogli a sangue le labbra.
Quando si lasciarono, entrambi coi respiri affannosi, Sebastian chiese con una voce roca: “Scusa Jim, ma la tua regola dell’assenza di contatto fisico?”
Jim non sembrò gradire l’interruzione. “E’ andata a farsi fottere.” Affermò. “E spero che tu, mio caro e buon vecchio Seb, voglia seguire volentieri il suo esempio.”
Sebastian decise che voleva seguire il suo esempio. E così, dopo essere passato da tigre a gatto, divenne una mosca: una mosca irrimediabilmente intrappolata nella tela del ragno.

 Sette omicidi consecutivi affaticano anche il migliore dei cecchini.
Molta gente pensa che il loro lavoro sia facile; ma ne siete sicuri? Forse richiede poco sforzo fisico, ma chi pensa al notevole sforzo intellettuale necessario?
Bisogna considerare la fatica della ricerca di un posto ottimale per prendere la mira e allo stesso tempo agevole per poter essere abbandonato in fretta; la velocità con cui bisogna montare e smontare un fucile; la pazienza di aspettare che la vittima sia sulla tua traiettoria e soprattutto non vi sia nessuno in mezzo: uccidere la persona sbagliata sarebbe un disonore, per un cecchino.
In particolar modo per un cecchino che lavora per James Moriarty.
E, ancora più in particolar modo, per Sebastian Moran, il migliore cecchino tra quelli che lavorano per James Moriarty.
Finalmente anche l’ultimo uomo che doveva morire era morto. Seb smontò il fucile con un sospiro, la maglia scura chiazzata da macchie di sudore, i pantaloni mimetici diventati a un tratto troppo pesanti, troppo caldi, nonostante fosse una giornata di novembre non particolarmente soleggiata.
La stanchezza riempiva ogni suo arto, intorpidiva ogni suo muscolo; tutto quello che chiedeva ora era di riposarsi, e se Jim aveva qualche altro lavoro per lui, beh, avrebbe aspettato.
Il tragitto fino a Conduit Street era breve, e le gambe del cecchino, benché stanche, erano allenate: l’uomo giunse a destinazione in pochi minuti.
“Sono a casa!” Annunciò di malavoglia aprendo la porta. Nessuno rispose: meglio così, significava che Jim non c’era o che era immerso nel suo mondo di fantasia; in ogni caso, non l’avrebbe disturbato.
Seb si diresse spedito verso la propria camera, e vi si sarebbe fiondato all’istante se, quando già la mano era ferma sulla maniglia della porta, non avesse udito un lieve rumore indistinto, una specie di mugolio, provenire dal suo interno. ‘Intrusi’, fu il suo primo pensiero. Estrasse lentamente la pistola e socchiuse la porta con delicatezza.
La scena che gli si presentò davanti gli fece sgranare gli occhi, socchiudere la bocca e cadere tutto quello che aveva in mano, pistola compresa.
Jim che dormiva di pomeriggio era già di per sé uno spettacolo strano. Aggiungiamoci il fatto che dormiva nel letto di Sebastian,  completiamolo con la precisazione che aveva una sua maglietta stretta tra le mani, e avremo la ricetta per la visione più tenera al mondo.
Seb, incredulo, si avvicinò a passi lenti, misurando la forza, bilanciando il peso con cautela per non far udire il minimo rumore. Giunto al bordo del letto, si abbassò piano e si sdraiò per terra, accanto alla testa di Jim. Piano sollevò una mano e la immerse nei capelli del suo capo, percependo tra le dita una sensazione piacevole, morbida, come se di seta fossero fatti quegli scuri fili che da anni sognava di poter accarezzare ma che non si era mai sognato di sfiorare neppure con un dito.
Nel sonno, Jim emise qualche rumore indistinto e mosse la testa ancora più contro la mano di Seb, come cercando un maggiore contatto, facendo sussultare il cuore del suo cecchino.
“James”, sussurrò lui, non in un vano tentativo di svegliarlo ma più in un’esclamazione di sorpresa e tenerezza. Poi si sdraiò accanto a lui, gli circondò la vita con braccio e appoggiò la testa sulla sua spalla, addormentandosi.
 
Sebastian si svegliò verso le tre di notte, fresco, tranquillo e riposato. Si voltò nel letto, stiracchiandosi, e si trovò davanti a un Jim con gli occhi spalancati, fissi verso il soffitto, e le braccia comodamente piegate dietro la testa.
Subito sobbalzò, memore degli eventi del pomeriggio. Aveva toccato Jim - gli aveva accarezzato i capelli, per l’esattezza - e si era addormentato abbracciandolo. Cosa gli era saltato in mente? Jim era stato chiaro al loro primo incontro: “Qualunque cosa succeda, dovessi anche innamorarti di me, la mia regola per la perfetta convivenza è: nessun contatto fisco.”
Jim rise alla sua espressione sconvolta. “Rilassati. Mi sembri una tigre circondata dai cacciatori. Dovrei essere io quello sulla difensiva, Sebby. Io che per primo ho desiderato di sottrarmi alla mia stessa regola, io che mi sono intrufolato in camera tua per rubarti una maglietta e non ho resistito alla tentazione di sdraiarmi sul tuo letto. E sai come sono gli strani rapporti tra me e il sonno: quando ho il tempo di dormire, non mi visita; lo fa invece nei momenti meno opportuni.”
Sebastian si rilassava visibilmente ad ogni parola del capo, fino ad arrivare, verso la fine del discorso, a sdraiarsi nuovamente accanto a lui.
Jim, voltandosi su un fianco in modo tale da averlo di fronte, seppellì il naso nell’incavo tra il collo e la spalla. Sebastian si irrigidì quando l’altro lo leccò piano. “Che stai facendo?” Sbottò.
Jim lo guardò stupito. “Profumi di buono, Sebastian”, rispose. “Volevo sentire se il sapore era all’altezza.”
Leggermente rosso dall’imbarazzo, Sebastian sorrise. “Profumo di buono?” Chiese. “E’ per questo che mi volevi rubare una maglietta?”
Senza cogliere lo scherno nelle parole di Sebastian, Jim annuì. “Il tuo odore è qualcosa di unico.” Spiegò. “Una fragranza impossibile da trovare altrove. Ha un che di selvatico, eppure niente come esso mi dà l’idea di essere a casa. E’ un insieme degli odori che preferisco. E’…” Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi. “E’ l’odore che ha un libro appena aperto, l’odore che ha l’erba tagliata e insieme l’odore che ha il sangue di una vittima appena uccisa o l’odore della paura. O forse”, aggiunse pensieroso, “E’ solo un’impressione. Forse è il mio cervello che ti attribuisce un misto di questi odori, perché sono i miei odori preferiti e, beh, tu sei il mio uomo preferito. Associazione di idee, Sebastian. Non sarà mai possibile capire a fondo i misteri della mente umana. Fatto sta che ti adoro… Adoro il tuo odore, cioè.” Tossicchiò appena.
Sebastian lo stava fissando incantato, poi, seguendo il suo esempio, inspirò profondamente. “Io di cosa profumo?” Chiese curioso Jim. Sebastian alzò le spalle. “Non saprei. Tu profumi di… Jim. Forse perché è quello il mio odore preferito, e tu sei il mio capo preferito.” Sorrise.
“Nonché l’unico, immagino.” Moriarty, ridacchiando, strinse Sebastian al petto, coprendogli il capo di piccoli baci, grattandolo piano dietro le orecchie e ottenendo in risposta degli indefiniti mugolii di piacere, che avevano qualcosa di straordinariamente affine a delle fusa. “Se fai così mi sembri un gatto, più che una tigre, Sebastian”, commentò.
“Roarr!” Esclamò Sebastian balzandogli addosso. Jim scartò di lato con una risata cristallina, e sarebbe finito sul pavimento se Seb non l’avesse afferrato per la vita un momento prima che questi cadesse. Tenendolo stretto, lo portò sopra di sé, e ne ricevette in cambio un lieve bacio sulle labbra.
Ogni fibra del corpo di Sebastian si fermo per un istante che a lui parve infinito. Tutta la sua vita aveva trovato una realizzazione in quel semplice attimo di fugace contatto, la felicità gli esplodeva nelle viscere, ma non poteva esternarla, perché non poteva muoversi. Vide Jim irrigidirsi, lo vide preoccuparsi, lo vide che alzava una mano e… SCIAC!
“Ahia!” Si riscosse Sebastian. “Perché l’hai fatto?” Chiese massaggiandosi la guancia.
“Credevo stessi per svenire!” Si giustificò l’uomo. Poi, contento di aver ottenuto nuovamente l’attenzione del cecchino, riprese a baciarlo. E questa volta Sebastian non si lasciò sfuggire l’occasione di esternare la sua gioia: afferrò Jim per i capelli e lo spinse contro di sé, mordendogli a sangue le labbra.
Quando si lasciarono, entrambi coi respiri affannosi, Sebastian chiese con una voce roca: “Scusa Jim, ma la tua regola dell’assenza di contatto fisico?”
Jim non sembrò gradire l’interruzione. “E’ andata a farsi fottere.” Affermò. “E spero che tu, mio caro e buon vecchio Seb, voglia seguire volentieri il suo esempio.”
Sebastian decise che voleva seguire il suo esempio. E così, dopo essere passato da tigre a gatto, divenne una mosca: una mosca irrimediabilmente intrappolata nella tela del ragno.


NOTA DELL'AUTRICE E DEI PERSONAGGI PRINCIPALI CHE STANNO INTERVENENDO ANCHE SE TANTO PER DISCLAIMERARE UN PO' NON MI APPARTENGONO
(In realtà la cosa dell'odore non è propriamente vera, NdJim) (Cosa intendi? NdSeb) (Intendo dire che quando torni da un lavoro puzzi di sudore e basta NdJim) (Piantatela, mi rovinate il momento fluff! Ndme)
Ciao mormoriste che mormorate nella mormorosa sera! (E' pomeriggio -.-" Ndmormoriste)
Allooooora :D
Se non si capisce, ma si capisce, l'ultima frase è legata a quando Sherly aveva detto che Jimmy era un ragno, e intende mostrare che Seb è rimasto impigliato nella sua tela - ovvero irrimediabilmente si trova sotto la sua influenza (Non che la cosa mi dispiaccia NdSeb) (Sì, Sebby, lo sappiamo, NdMe)
Beh, buona lettura!! Commentino??? (Ed eccola, a elemosinare recensioni NdJim) (Piantalaaaaa Ndme)
   
 
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