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Autore: drusilla87    22/12/2006    1 recensioni
-Pronto?- fece, con la voce impastata dal sonno. -Oliver?- chiese una voce femminile dall’altra parte. Lui la riconobbe: era la voce della migliore amica della sua ex. –Si?- -Oliver, Eva....- Notò che la sua voce era incrinata ...
Genere: Triste, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva

la dolce estate era già cominciata vicino lui sorrideva, vicino lui sorrideva...

 

Forte la mano teneva il volante, forte il motore cantava,

non lo sapevi che c'era la morte quel giorno che ti aspettava, quel giorno che ti aspettava...

 

Non lo sapevi che c'era la morte, quando si è giovani è strano

poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano, venga e ci prenda per mano...

 

Non lo sapevi, ma cosa hai sentito quando la strada è impazzita,

quando la macchina è uscita di lato e sopra un'altra è finita, e sopra un'altra è finita...

 

Non lo sapevi, ma cosa hai pensato quando lo schianto ti ha uccisa,

quando anche il cielo di sopra è crollato, quando la vita è fuggita, quando la vita è fuggita...

 

Dopo il silenzio soltanto è regnato tra le lamiere contorte:

sull'autostrada cercavi la vita, ma ti ha incontrato la morte, ma ti ha incontrato la morte... “

 

 

 

 

Il ragazzo si svegliò di soprassalto, sentendo il cellulare che squillava, sbattè le palpebre e guardò l’ora sulla sveglia sul comodino; segnava le 02,40, si alzò e aprì lo sportellino del telefono

-Pronto?- fece, con la voce impastata dal sonno.

-Oliver?- chiese una voce femminile dall’altra parte. Lui la riconobbe: era la voce della migliore amica della sua ex.

 –Si?-

-Oliver, Eva…-

 Notò che la sua voce era incrinata e un istante dopo cominciò a preoccuparsi, anche perché lei non gli aveva mai telefonato.

-Dimmi- riuscì a dire.

La ragazza sospirò.

-Ha avuto in incidente- disse tutto d’un fiato, e poi scoppiò in singhiozzi.

Lui rimase senza fiato e sentì una morsa al petto.

-Scusa…io..oddio…- fece lei, tra i singhiozzi; poi chiuse la conversazione.

 

Rimase in piedi in mezzo alla stanza, con il cellulare in mano, senza sapere che pensare. Al suono del suo nome, la sua mente si affollò di ricordi, piacevoli, tristi; immagini, profumi…

-La mia ragazza…- sospirò accasciandosi sul bordo del letto.

 

 

Si erano conosciuti per caso in università…

 

*flashback*

La moretta scese le scale e sospirando entrò nella caffetteria. Cercò con lo sguardo l’amica poi, non trovandola aveva deciso di andare a sedersi, e si era avviata, con la tazza in mano, verso un tavolino. Si sedette, tirò fuori dalla borsa le dispense e cominciò a ripassare per l’esame, prendendo ogni tanto un sorso di cappuccino.

-Posso? Ti disturbo?-

Alla domanda, lei alzò lo guardo, per posarlo su un viso sconosciuto.

-No, figurati- gli rispose, spostando le fotocopie che aveva davanti.

Lui si sedette di fronte a lei.

-Esame di matematica?- le chiese affabilmente.

-Eh si- rispose sospirando.

Poi lei era stata raggiunta dall’amica, si erano salutati e le ragazze avevano lasciato la caffetteria.

*fine flashback*

 

Incrociandosi nei corridoi, si salutavano, ogni tanto facevano colazione assieme, cominciarono a conoscersi di più, a piacersi, e alla fine si misero assieme.

 

Era bella, Eva, non una di quelle che quando passa tutti si girano, però aveva fascino con quei lunghissimi capelli quasi neri, e quei grandi occhioni scuri.

E Oliver aveva perso la testa per gli sguardi dolci che gli regalava quando erano insieme.

Lo faceva ridere, era intelligente e buona. Ovvio, non era la donna perfetta: era un po’ lunatica, ogni tanto perdeva la pazienza, rispondeva male, ma non riusciva a tenergli il broncio e anche quando litigavano, tutto tornava a posto in breve tempo.

 

Erano stati insieme per più di un anno.

Poi un giorno lui aveva fatto un grande errore, che gli era costato caro, molto caro.

Lei era andato a trovarlo nel suo alloggio e lo aveva sorpreso con una altra.

 

Si era aspettato una scenata: urla, strepiti, pianti, e invece niente; lei non aveva fatto un fiato, aveva detto: “Non importa, Oliver” aveva girato sui tacchi ed era uscita dalla sua stanza.

In quell’occasione lui stesso si era reso conto di averla persa e aveva deciso di non fare niente per riconquistarla. Ci erano rimasti male entrambi, ma avevano continuato a vedersi, a parlare, a fare colazione assieme. Lei non gli aveva mai fatto pesare niente, anzi, erano rimasti amici, ma non come quelli che dicono “rimaniamo amici” e poi, o sparlano dell’ex, o tornano insieme; avevano costruito veramente una bella amicizia.

 

Poi però le loro strade avevano cominciato a separarsi: Eva, per problemi di salute, aveva perso molte lezioni, aveva fatto un esame di coscienza e aveva deciso di abbandonare gli studi.

 

*flashback*

-Ma perché questa decisione?- le chiese. Erano a casa di lei, davanti ad una tazza di tè. –Non sono fatta per stare sui libri- si giustificò.

–E allora che farai?-

-Non lo so ancora, mi troverò un lavoro.. e poi lo sai che non mi piace pesare sulla gente, così sono più autonoma…- gli rispose con un sorriso.

- Sei proprio testarda…- sospirò scuotendo il capo.

*fine flashback*

 

Anche se avevano deciso che sarebbero rimasti in contatto, non riuscirono a vedersi, se non raramente. E un giorno lui sentì il cellulare squillare, lo prese in mano e lesse sul display un nome che non leggeva da tanto, forse troppo, tempo.

 

*flashback*

-Pronto?-

-Ciao Oliver, ti disturbo?-

-No figurati, come stai Eva?-

-Sto bene, e tu?-

-Anche io, non c’è male-

-Senti, io volevo dirti che.. beh… ho un ragazzo..-

-Ah- poi rimase un po’ in silenzio a pensare –Sei felice?-

-Si, tanto-

-Mi fa piacere, sono contento per te-

Si salutarono e chiusero la conversazione.

-E invece no che non sono contento, come potrei esserlo? Che domande fai?- esclamò a vuoto.

-Sei proprio un coglione, Oliver!-

Ma poi si rese conto che la colpa era solo sua e si calmò.

*fine flashback*

 

Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che si erano visti, per caso, in centro, durante le feste.

E quella notte ricevette quella terribile telefonata.

La sua amica non gliel’aveva detto ma lui capì che Eva se ne era andata.

Per sempre.

 

-La mia ragazza…-

 

“Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire,

spendere tutti i tuoi giorni passati se così presto hai dovuto partire, se presto hai dovuto partire...”

 

Gli raccontarono il fatto: Eva e il suo ragazzo stavano tornando, una sera, dal mare. La macchina davanti a loro aveva inchiodato e il ragazzo, per evitarla, aveva sterzato violentemente.

E non era riuscito a riportare la macchina in carreggiata in tempo.

E  l’ultima cosa di cui ebbe coscienza era il proprio corpo schiacciato tra la portiera e il cruscotto, e il capo della sua ragazza riverso sulla propria spalla.

 

Non era riuscito a presenziare al funerale, non ce l’aveva fatta, il dolore era troppo grande.

Non era riuscito a sostenere lo sguardo costernato ed affranto dei parenti, degli amici, del suo ragazzo, a giudicare dalla spalla ingessata e la stampella, le loro lacrime. Cercavano di darsi un contegno, ma era tutto inutile.

Era uscito dalla chiesa.

 

Andò, però in cimitero, quando ancora la terra della sua tomba era mossa e le corone ancora in fiore e profumate.

 

Lesse l’iscrizione sulla sua lapide: Eva Green 1981-2005 Sempre nel cuore dei tuoi cari.

Si accasciò in ginocchio, davanti alla sua immagine, una delle poche, che qualcuno era riuscito a rubarle, a lei, che non voleva mai essere fotografata.

C’era una rosa bianca, poggiata di sbiego, sulla terra, con un biglietto: “Ciao amore”.

Oliver pensò giustamente, che l’avesse lasciata il suo ragazzo. E si mise nei suoi panni.

Chissà se l’aveva amata come l’aveva amata a sua volta.

Magari avevano già pensato ad una vita insieme.

O magari no, magari quel “ciao amore” era solo di circostanza.

No, era un pensiero cattivo, sembrava veramente felice quando gli aveva telefonato per dirgli che aveva trovato un fidanzato, e aveva tutto il diritto di esserlo.

Fissò la sua foto: era un po’ cambiata dalla prima volta in cui l’aveva  vista, era cresciuta.

E con il passare del tempo era cresciuto anche il suo amore, anche dopo che si erano lasciati, lui aveva avuto delle avventure, ma ogni altra ragazza non era Eva, non aveva il suo sorriso, non aveva i suoi occhi.

Quegli occhi che non avrebbe più rivisto, se non, forse, nei suoi sogni.

 

E pianse.

Calde lacrime gli rigarono le guance, e poi sembrò riprendersi un poco.

E poi parlò.

-Ciao, sono io.

Eva, io vorrei dirti tante cose, chiedertene tante altre…

Perché sei andata via?

Bambina, io ti ho amato così tanto… e ho continuato a farlo… sempre, ogni giorno, anche dopo che te ne sei andata da casa mia, anche dopo che avevo compreso il mio errore.

E non ho saputo, non ho voluto rimediare, non sarebbe servito a farti tornare.

Tu così orgogliosa e testarda.

Ti ho detto così poche volte che ti volevo bene…

Ma te ne voglio ancora, te lo assicuro.. e continuerò a volertene..

Ecco, mi sto ripetendo…

E’ che mi manchi così tanto, mi mancano i tuoi occhioni, le tue manine bianche, mi manca sentire il profumo dei tuoi capelli, il calore del tuo abbraccio…

Mi manca il sapore dei tuoi baci…

Eri lontana, è vero, ma almeno c’eri, per telefono, quelle poche volte che ci siamo sentiti, in centro, incrociandosi quasi per sbaglio.

L’altra notte, mi ha telefonato la tua amica… mi è crollato il mondo addosso.

Io non… beh, all’inizio non me ne sono neanche reso conto, poi è stato un flash: tutto ciò che abbiamo fatto insieme… mi è passato davanti.

Ed ogni cosa, ogni particolare… è così doloroso: eri così bella, tanto dolce…

Quando ti guardavo studiare per un esame, tesa e nervosa.. e poi venivi e ti sedevi accanto a me e ti facevi coccolare.

E ogni tanto prendevi sonno, tra le mie braccia, ti svegliavi e t’imbarazzavi per esserti addormentata…

Mi hai regalato la tua prima volta, ed eri così spaventata e dicevi che non eri capace e invece sei sempre stata fantastica.

Ti ho amata quando ridevi, per una battuta stupida, per una faccia buffa…

Ma ti ho amata ancora di più quando piangevi, e dicevi che nessuno ti capiva e ci stavi male…

E ti arrendevi e ti facevi stringere forte forte.

Sei stata la cosa più bella che mi sia capitata.

L’unica donna che io abbia mai amato veramente...

Tu che sei entrata nella mia vita in punta di piedi e non mi hai mai chiesto niente, non hai mai preteso qualcosa da me, e io sono stato così stupido, ti ho ferito, deluso…

E come sei entrata, sei anche uscita, dalla mia vita, piano piano.

E so che non troverò mai un’altra come te, né io né il ragazzo che hai lasciato.

E mi spiace ma io continuerò a pensarti come la mia bimba, la mia Eva….

 

“Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi,

voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi e che come allora sorridi...”

 

Ti amo.

Perché eri Eva,

Perché eri unica.

Ed eri la mia ragazza.-

 

 

 

 

NdA: la canzone è "Canzone per un'amica " di Guccini....

Recensite anche se non vi è piaciuta.... pliiiiiiiiiz!

Bacioni e buon Natale!

  
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