Domande indiscrete
Quando
aveva sentito bussare alla porta del proprio appartamento, Steve Rogers stava
facendo delle flessioni.
Non
che ne avesse particolare bisogno- il suo fisico, dopo l’esperimento, aveva
subito un cambiamento permanente che non richiedeva particolari cure di
mantenimento- ma faticare, sudare e sentire i muscoli tirare lo facevano
tornare indietro, gli permettevano di rivivere ancora la guerra, e Teschio
Rosso, i suoi amici, Howard e Peggy.
Ma
quel giorno, a quanto sembrava, non doveva pensarci.
Sospirando
si tirò su, scrollò le spalle e le braccia indolenzite, e si avvicinò alla
porta.
Dall’altra
parte, con un sorriso strafottente appena accennato sulle labbra, c’era Tony
Stark, infilato in uno dei suoi soliti completi da magnate dell’industria e
l’espressione più strafottente che avesse nel suo repertorio.
«Beh?
Ce ne hai messo di tempo per aprirmi, Capitano» disse, entrando senza che
l’altro l’avesse invitato a farlo, e guardandosi intorno.
Steve
neanche rispose, per evitare inutili battibecchi, e Tony continuò a guardarsi
intorno, incuriosito e a tratti divertito dal bizzarro modo in cui aveva
arredato il salotto, senza parlare né fare commenti.
Cosa
che l’altro trovò un po’ strana. Se c’era una cosa che aveva capito sin dal
loro primo incontro era che Tony non riusciva a stare zitto, non riusciva a non
commentare, aveva un opinione su tutto, doveva sempre dire la sua, non riusciva
proprio a tenersela per sé, doveva condividere anche se sapeva che sarebbe
stato poco carino. Anzi meno la cosa era carina da dire più sentiva la
necessità impellente di dirla.
Ma
quel silenzio era strano.
«C’è
qualcosa che volevi dirmi, Stark?» chiese, dopo aver chiuso la porta di casa.
Tony
sembrò ricordarsi improvvisamente di qualcosa e si voltò a guardarlo, mentre
giocherellava a schioccare le dita e battersi il pugno sul palmo aperto.
«Penso
che prendo un goccio di Scotch» e gli fece un sorrisone, tornando a dargli le
spalle.
Steve
sospirò, incrociando le spalle al petto e poggiandosi al muro.
«Non
ho alcolici» disse, aspettandosi una battuta da parte dell’altro che, come
previsto, non si lasciò sfuggire l’occasione.
«Non
hai alcolici?» ripetè, come per metabolizzare meglio la notizia «Che vita
triste che conduci Cap!»
«Gli
alcolici non mi fanno effetto» spiegò «Si può sapere cosa sei venuto a fare?»
chiese di nuovo.
Non
riusciva a capire perché ma la presenza di Tony lo scombussolava sempre, gli
provocava rossori, rigonfiamenti dove non dovevano esserci, e poche facoltà
mentali.
Aveva
cercato di evitarlo o di starci poco a contatto proprio per non fargli intuire
che era cambiato il modo in cui lo guardava e che si svegliava nel bel mezzo
della notte perché l’aveva sognato in atteggiamenti poco casti.
Ma
lui non afferrava i segnali e gli stava sempre intorno, faceva sempre allusioni
e più di una volta l’aveva sorpreso a guardarlo- cosa che l’aveva veramente
destabilizzato e fatto arrossire come una scolaretta.
E
ora se lo ritrovava in casa, con il chiaro intento di non voler sloggiare
facilmente.
«Allora?»
chiese di nuovo, stavolta con più enfasi.
Tony
si voltò a guardarlo, smettendo si smanettare come un bambino tra le sue cose,
e disse:
«Avevo
delle domande da farti» e indicando il divano «Ci accomodiamo?» come se fosse a
casa propria.
Steve
alzò un sopracciglio ma si sedette composto, con la schiena dritta e poggiata
perfettamente allo schienale. Tony aveva uno sguardo strano, uno sguardo che
l’altro non riusciva a decifrare ma che lo stava facendo arrossire- aveva le
punte delle orecchie che gli andavano a fuoco.
«Avevi
la ragazza, ai tuoi tempi?» domandò di getto Tony.
Steve
arrossì definitivamente, ma mantenne l’autocontrollo.
«Sei
venuto fino a casa mia per chiedermi se avevo la ragazza?» chiese, per essere
sicuro che non fosse un parto della propria mente.
«Si»
rispose secco l’altro «Trovi che sia strano?»
«Hai
fatto quasi 20 miglia per chiedermi se avevo la ragazza?»
«Cap
mi sembri un tantino lento oggi. Il ghiaccio non si è completamente sciolto nel
tuo cervello?»
Steve
si portò una mano in faccia, sconfortato. Non riusciva proprio a capirlo.
«Una
telefonata sarebbe bastata» disse.
«Non
sapevo se eri in grado di usarlo un telefono, vista l’epoca in cui tu viv-»
«C’erano
i telefoni, nella mia epoca» lo
fermò, quasi ringhiando.
«Sì,
beh, altri tipi di telefono, troppo antiquati. Quelli di adesso hanno molte più
funzioni e vista la tua lentezza di comprendonio ho seri dubbi che saresti
riuscito a rispondere» e si alzò in piedi, girando intorno alla poltrona sulla
quale si era accomodato poco prima e poggiando le mani sullo schienale della
stessa.
Steve
lo seguì con lo sguardo.
«Allora?»
chiese Tony, con aria leggermente scocciata.
Steve
corrugò la fronte, cercando di mantenere la calma e chiuse un attimo gli occhi.
«No,
Tony, non avevo la ragazza» e tornò a guardarlo, attendendo la sua reazione.
Tony
battè i palmi sul tessuto morbido della poltrona e si allontanò, passeggiando
avanti e indietro.
«Quindi
tu non avevi fidanzate, amanti, donne…»
«No»
ripetè, vergognandosi.
«Ma
hai baciato qualcuno almeno?».
Il
tono con cui gli aveva posto la domanda suonava così sconcertato che Steve
arrossì di getto, pensando a dove nascondersi pur di non dover più rispondere
alle sue domande invadenti.
«Mi
spieghi cosa te ne deve importare di chi frequentavo?» domandò, alterato.
«Niente,
in realtà, ma mi diverte vedere le tue reazioni» e gli fece un altro dei suoi
sorrisoni strafottenti, mentre Steve si tirava in piedi e stringeva i pugni,
innervosito e rosso fino alla radice dei capelli.
«Beh,
visto che ho saziato la tua sete di curiosità, ora puoi anche andartene!» e
fece per accompagnarlo alla porta, ma l’altro, con una prontezza di spirito che
non si riconosceva, gli mise una mano sul petto e lo spinse sul divano.
Sorpreso
dal gesto Cap non riuscì a reggersi e cadde di sedere, in modo scomposto. Non
fece in tempo a tirarsi su che Tony gli salì cavalcioni sopra, facendogli
schizzare il cuore in gola.
«S-Stark!»
gracchiò, cercando di toglierselo di dosso senza toccarlo «Cosa stai facendo!?».
Ghignando
maliziosamente e allentandosi la cravatta, Tony lo ignorò in pieno e disse:
«Ho
un'altra domanda, Capitano» e si accomodò meglio sulle gambe irrigidite dal
nervoso di Steve.
«C-cosa?»
balbettò, tenendo il busto inclinato all’indietro.
La
situazione era assurda, Steve non riusciva a capacitarsene. Come poteva
essergli sfuggita così dalle mani?
Tony
si sporse in avanti per raggiungere il suo viso, mentre scioglieva
definitivamente il nodo della cravatta.
«Quindi
tu sei vergine?»
Steve
sentiva che stava morendo.
«Eh?»
fece, pregando di aver udito male.
«Ho
chiesto: Sei vergine?».
«S-Sì»
gli sfuggì, e arrossì di colpo perché il viso di Tony si distese in un
espressione così maliziosa e compiaciuta da fargli sospettare che era quello il
suo piano si dall’inizio, sin da quando aveva bussato a casa sua con la scusa
di fargli qualche domanda invadente.
E
infatti, sistemandosi così vicino da permettergli di sentire il suo respiro
sulle labbra, Tony lo costrinse a sdraiarsi, mentre gli pioveva sopra come una
catastrofe.
Aveva
ancora quel sorriso maledettamente compiaciuto sulla bocca e Steve voleva
cancellarglielo con un pugno ben assestato, perché non riusciva a credere che
l’avesse infinocchiato così bene. Aveva cercato di non dargli nessun motivo a
cui aggrapparsi per farlo vergognare ed invece, a quanto pareva, gliene aveva
fornito più di uno. E lo aveva per giunta attaccato dove era più debole.
Forse
la teoria che Tony non si era accorto dei suoi sentimenti era sbagliata; forse
lui l’aveva sempre saputo e aveva aspettato solo il momento buono per
approfittare di lui.
Sperava
solo che non lo stesse prendendo in giro, che non lo stesso usando perché poi
ci sarebbe rimasto male e non aveva voglia di soffrire per uno come lui,
megalomane, egoista, autodistruttivo, stron-
«Capitano?»
lo chiamò, guardandolo dritto negli occhi.
«Si?»
fece l’altro.
«Ti
distrai in un momento simile?» gli chiese, quasi indignato.
Steve
boccheggiò senza sapere cosa rispondere, rosso in viso come un pomodoro maturo
e con un nodo allo stomaco così doloroso da farlo piegare in due.
Voleva
eclissarsi.
Poggiandosi
sui gomiti fece per tirarsi su e togliersi da quell’imbarazzante situazione, ma
Tony, che era visibilmente in disaccordo, lo spinse di nuovo giù, e avvicinò
pericolosamente il viso a quello dell’altro.
«No
Rogie , non puoi andartene.» disse,
rendendo ancora più chiare le sue intenzioni.
Steve
si rese conto, in un momento di chiara lucidità con se stesso, che non voleva
proprio andarsene da nessuna parte, anche se si vergognava a morte e voleva
picchiarlo a sangue.
«Che
v-vuoi fare?» chiese, mentre Tony si avvicinava di più, sempre di più, finchè
le loro labbra non si sfiorarono appena, un tocco leggerissimo, percepibile
solo perché le muovevano per parlare.
«Cosa
voglio?» rispose, sibillino «Voglio rimediare alla tua deprecabile situazione!»
e lo baciò, mentre Steve sentiva che stava per vomitare il cuore, i polmoni e
la sua dignità, ma che, in un certo qual modo, gli stava bene. E lo voleva
anche lui.
Perciò,
abbandonò qualsiasi difesa e si godette il momento, mentre il suo cervello
elaborava un piano per vendicarsi di tutto l’imbarazzo e di tutta la vergogna
che gli aveva fatto provare in una sola mattinata.
E niente, spero vi piaccia, lasciatemi un commento^^