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Autore: formerly_known_as_A    04/06/2012    4 recensioni
Eirik ha sempre amato le storie con i principi e le principesse, nonostante non facciano parte della propria cultura. Non del tutto.
Ha sempre avuto una grande immaginazione e, nella propria mente, il matrimonio ideale è quello.

Olanda/Islanda
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Islanda, Paesi Bassi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Milla-chan. Buon compleanno! ^_^


“Carino, ma non mi sembra il tuo genere.”

Islanda sobbalza, cercando qualcosa di diverso da guardare e finendo per concentrarsi solo sul verde di una delle foglie del bouquet che decora il tavolo accanto a quello che stava guardando.

“Dovremmo prendere dei tulipani?” chiede, cercando di essere casuale, ma con la voce che trema, nervoso per quello che potrebbe pensare di lui.

“Oh, le rose vanno bene, se vuoi però possiamo aggiungerne.” risponde l'uomo, facendo un gesto inaspettato. Lo prende delicatamente per la nuca e se lo porta addosso, in un abbraccio goffo ma carico di significato.

Avvolge la sua vita con le braccia, sospirando.

Sono gesti che non fanno, di solito, non in pubblico, non in un negozio con tutte le commesse che li fissano -no, a dire il vero sono tutte impegnate con altri clienti e quella a loro assegnata sta facendo delle telefonate con aria seria- ma il pensiero del perché siano lì, del perché siano persi tra vestiti, fiori, torte ed inviti, li fa avvicinare.

Forse è troppo, per loro. È sicuramente troppo pensare di essere arrivati al punto in cui sono ora, abbastanza certi di quello che provano per pensare di andare all'altare.

Per Eirik, almeno, questo è quasi insopportabile. Non tanto perché odi il matrimonio o cose del genere, ma guardare a loro, a quello che sono diventati, da due anni, ripercorrere tutto il viaggio, da quando si sono incontrati per caso in un bar di Amsterdam a questo giorno, è quasi doloroso.

Incontrare Jan ha cambiato tutto.

No, non esagera affatto. All'inizio è stato difficile. All'inizio, l'olandese non era altro che uno della lista. Una notte soltanto, soddisfazione fisica e nient'altro. Poi, mese dopo mese, le cose sono cambiate. Il sesso meno irruento, i brevi incontri fatti solo di quello intervallati da mille altre cose. Cinema, teatro, guardare la televisione sulla poltrona e coccolare il coniglietto di Jan. E parole. Tantissime parole.

Eirik non crede che esista nessuno che sappia di più del proprio cuore. Come sia riuscito a sfogare anni trascorsi a trattenere tutto è un mistero. Sa solo che Jan l'ha messo a suo agio, sa ascoltare, sa spronarlo quando non ha più voglia di uscire dal bozzolo di coperte in cui si rifugia quando è triste o demoralizzato, sa farlo ridere...

Oh, quella è una delle cose che adora, in lui. Sa farlo ridere ed Eirik ricorda ancora quanto strana gli sembrasse la propria risata, all'inizio. Quando ancora si sorprendeva che quell'olandese potesse sollevargli il morale così tanto da ridere.

A guardarsi ora, Islanda si sente una persona diversa e sa che è tutto merito di colui che ha accanto. Lui che non vuole mai prendersi nessun merito, quando gli capita di essere abbastanza sincero e coraggioso da confessarlo, dicendogli che forse ha aiutato, ma senza la volontà interiore dell'islandese avrebbe fatto veramente poco.

Non riesce mai a dirgli che ha cominciato a voler vivere per davvero quando si è innamorato. Gli sembra sempre eccessivo. Vorrebbe parlargli di quella voragine che minacciava di divorare tutto, scomparsa nel nulla dopo la sua proposta, ma ci sono cose che sono difficili da dire, anche con un matrimonio alle porte.

Jan a volte sembra sapere che ci sono cose che non dice. Cose che fanno male, in fondo al petto, perché sono simbolo di una felicità che non credeva di meritarsi. Eirik aveva rinunciato ad essere felice, prima di incontrarlo. Questo non gliel'ha detto. Ma l'olandese lo sa. Perché a volte lo blocca, gli accarezza la testa in un gesto quasi paterno e gli dice che va' tutto bene, che hanno moltissimo tempo per dirsi e sentire frasi preziose.

Si allontanano dopo qualche secondo soltanto ed Eirik prova uno strano imbarazzo. Gli imporpora le guance, ma il calore al petto è troppo forte per permettergli di vergognarsi di quel contatto.

“Vuoi mettere un vestito così?” gli chiede, sorprendendolo ed indicando l'abito che stava guardando prima, perso nei pensieri.

Scuote la testa in fretta, avendo modo di imbarazzarsi, perché probabilmente Jan l'ha immaginato con quello addosso e...!

“Secondo me questo ti starebbe meglio.” aggiunge l'olandese, indicando quello accanto, quello con un intricato pizzo a formare maniche, le spalle coperte, un abito fintamente sobrio, visto che termina con un lungo strascico.

Lo spinge leggermente di lato, il viso ormai rosso -essere pallidi non è propriamente un vantaggio, in questi casi-, incapace di ribattere normalmente.

“Stavo pensando che potrebbe starti bene.” bofonchia, imbarazzato.

Jan scoppia a ridere e gli sfiora una guancia quasi in modo casuale, come ad assicurarsi del calore emanato. L'altro fa per continuare a borbottare, ma l'arrivo della commessa li interrompe, facendogli tirare un sospiro sollevato.


Eirik ha sempre amato le storie con i principi e le principesse, nonostante non facciano parte della propria cultura. Non del tutto.

Ha sempre avuto una grande immaginazione e, nella propria mente, il matrimonio ideale è quello.

Sebbene non abbia nessun problema ad approvare coppie formate da persone dello stesso sesso -quelli che considera i propri genitori ne sono un esempio- fa fatica ad immaginarsi un matrimonio con un uomo e se stesso.

Non perché lo reputi sbagliato, non perché non gli piaccia abbastanza l'uomo in questione, soltanto perché immaginando di andare all'altare si figura se stesso in abito da principessa. L'immagine ideale è troppo forte e la sensazione che Jan sia un principe, negli atteggiamenti che assume nei suoi confronti, gli fa pensare che forse dovrebbe essere accompagnato da una principessa, da qualcuno di degno.

Il pensiero lo fa impazzire.

A volte crede di non meritarlo. Non con il modo in cui l'ha trattato all'inizio, come se fosse una cosa, qualcosa da usare semplicemente, non dopo aver bruscamente rifiutato un affetto più profondo, non quando per mesi ha continuato a ripetere come fosse soltanto uno sfogo.

“Aaah, credevo che trovare il completo giusto fosse più semplice. Voglio dire, siamo uomini, no?” si lamenta Jan, sbuffando leggermente. “Tu hai qualche idea?”

Scuote la testa, poi gli sorride. “Chiederò a Nore, Dan mi ha detto che ha impiegato quindici secondi netti per il proprio. Anche se penso stesse esagerando...” risponde, mettendosi una mano di fronte alle labbra per ridacchiare.

“Sembri una ragazza, così.” mormora dal nulla l'olandese, fermandosi a guardarlo. L'altro sobbalza, togliendo la mano. Sa benissimo che il commento è per quella, non è la prima volta che qualcuno lo nota.

“Non dire... non...” cerca di ribattere, arrossendo più di quanto vorrebbe. Si arrabbia, ma non sa a chi rivolgere quella rabbia. Non gli va' di essere scambiato per una ragazza o di pensare di indossare un abito da donna.

“Nella mia testa sembrava un complimento...”

Lo guarda, stupito, chiedendosi come possa essere vero. Un complimento? Davvero?

Come? Eirik è un ragazzo, sentirsi dire una cosa del genere è...

“Solo... a volte lo sembri. Come se convivessero due persone di due sessi diversi, dentro di te. Lo so che detto così sembra assurdo, ma non volevo offenderti, a me piace questo lato. Quando ridacchi e metti la mano davanti alla bocca ti trovo carino.” confessa l'olandese, prendendogli la mano.

Per strada? Davvero? L'euforia del matrimonio lo porta a questo?

“Non per questo voglio mettere un abito bianco.” borbotta Islanda, dandogli una gomitata leggera nelle costole ed imbarazzandosi ulteriormente.

“Su quello non ero affatto serio. Però sei carino quando ti incanti su qualcosa.” risponde rapidamente Jan, con un largo sorriso sul viso. “A cosa pensavi?”

Carino. Lui lo dice? Con quel sorriso bellissimo e quello sguardo e...? Eirik cos'ha di carino? Lui accanto.

“Stavo pensando che meriteresti una principessa al tuo fianco.” confessa, vinto dallo sguardo sincero. Come diavolo fa ogni volta?

Lo vede impensierirsi, poi scuotere la testa. Cerca di sorridere di nuovo, ma quando torna a guardarlo è serio.

“Io... Voglio te.”

Gli salta qualche battito e le guance probabilmente vanno in fiamme.

Dalla sua espressione si aspettava tutt'altro. Magari qualcosa come hai ragione, ma bisogna accontentarsi nella vita o una predica sulla sua terribile mancanza di autostima, sicuramente non qualcosa di tanto diretto.

Ancora una volta in pubblico, ancora una volta togliendogli il respiro. Perché dev'essere sempre così maledettamente intenso? Perché non può baciarlo qui ed ora? Vorrebbe non essere così intimidito dallo sguardo delle persone.

“Non mi piacciono le principesse. Sono noiose e non sono te.” aggiunge l'olandese, sorridendo di nuovo. Gli sfiora ancora una guancia rossa, poi sembra considerare la questione chiusa e si volta ancora, facendo qualche passo.

Islanda fa ancora fatica a descrivere quello che prova.

Non potrebbe mettere insieme una frase che esprima quanto si sente felice, con Jan. Non saprebbe dire parole d'amore, anche se vorrebbe, a volte, sapersi esprimere in modo romantico, per renderlo felice, per fargli provare anche solo la metà delle sensazioni che gli fa sentire l'olandese.

Anche dopo due anni, l'unica cosa che sa dire, faticosamente, è ti amo. Sa che non basta, sa che vorrebbe e dovrebbe dire altro, ma non ha ancora imparato.

Per questo l'unica cosa che riesce a fare è corrergli dietro per annullare quella breve distanza che li separa, affondando il viso nella sua camicia che sa di fiori e tabacco. Amore mio. Non riesce a dirlo, ma lo grida mentalmente, sperando che capisca dal modo disperato con cui lo stringe.

“Grazie.”

Quello sembra facile, ma non lo è affatto. Ci vuole tutto il proprio coraggio per dirlo, tutta la fiducia del mondo per mostrare gratitudine.

Quando Jan si volta per avvolgerlo, si nasconde meglio, ricordandosi come quella sia la sempre la risposta ai propri grazie, non una frase, non un ma dai, mi ringrazi per questo? che lo manderebbe nel panico. No, solo un abbraccio tremante e stretto, sicuro, ma senza parole.

Non sono poi così diversi, non sono poi così lontani.

Questo pensa, mentre sente nascere sulle labbra un sorriso felice.

   
 
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