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Autore: Ferplas    05/06/2012    5 recensioni
E' la storia a cui tengo di più, anche se non so perché.
(in caso vi sembrasse di averla già letta, è perché l'avevo anche nel profilo vecchio, che ho dovuto cancellare per diversi motivi.)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brittany Pierce
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trovò il coraggio in una mattina di ottobre, quando le luci della città si erano appena accese e le persone se ne stavano avvolte nei loro lenzuoli. Dopo l'estate, gli abitanti della città dovevano ancora abituarsi alla nuova vita: svegliarsi presto, andare al lavoro, portare i figli da una parte all'altra, ritirare i giacconi in lavanderia. Era una faticaccia.

Anche per Brittany era così: la scuola superiore era ormai finita da molti anni, e il lavoro le sembrava tutto un altro mondo. Comunque, svegliarsi alle sette non era un problema per lei, visto che la notte non dormiva mai; la sua mente non si spegneva e si riempiva dei pensieri più disparati.

Lavorava in una grande fabbrica, una di quelle che partono senza speranze e poi si ritrovano sopra a tutte le altre; non era riuscita ancora a divenire direttrice, ma poco le mancava. Quando era al liceo, tutti la credevano una stolta, un'ignorante e pensavano che la sua strada fosse già segnata: un futuro non certo pieno di svolte importanti.

Invece, eccola lì, una ricca vice-direttrice che viveva in una lussuosa villa, contornata da tutto ciò che ogni persona possa desiderare: una bellissima macchina che la trasportava ogni giorno verso un lavoro senza fatiche, un giardino curato da bravissimi giardinieri, una piscina privata in cui poteva rilassarsi e prendere il sole. E di sole ce n'era parecchio, in California.

Col tempo, però, aveva imparato che non era tutto quello a fare la felicità.

Sulla sua macchina sedeva sempre lei e soltanto lei, nella sua casa non vi abitava nessun altro, la piscina bagnava solo il suo corpo, come l'erba fresca su cui si sdraiava.

Non erano i soldi a poter cambiare la sua situazione, ma in realtà l'aveva sempre saputo. Aveva sempre dato importanza ai bisogni morali, fin da giovanissima, cercando la felicità nelle cose più banali o riponendola nei gesti della persona che amava. Questo era ciò che avrebbe voluto ancora: semplicità e affetto.

Di amici ne aveva molti, ma amici non erano.

Non si poteva confidare con loro, sia perché non vi era legata, sia perché non c'era nulla da raccontare.

Ascoltava ogni giorno, passivamente, i loro discorsi sulle famiglie felici, sui nuovi matrimoni, sulle mogli gravide e sulla felicità portata dai figli.

Lei non sapeva più niente di tutto quello, era un presente che non le apparteneva più.

C'era stato un periodo in cui era felice, pur non essendo ricca.

«Sono ricca d'animo», continuava a ripetere, e la gente la prendeva per matta.

Aveva una persona che l'amava, l'amava alla follia, e pensava che nulla sarebbe potuto andar storto; ma questo è ciò che pensano tutti, quando si è innamorati.

Invece qualcosa era andato storto, e l'amore era finito.

Brittany aveva provato a superare la tristezza, ma non vi era modo di dimenticarla: Santana era stata troppo importante per lei e sentiva di aver lasciato una parte di sé nel corpo dell'altra.

Santana le raccontava sempre tantissime storie, per non mettere fine alla sua fantasia da ingenua bambina: le raccontava di personaggi mistici, di unicorni, di orsetti parlanti e tante altre cose che rendevano Brittany la persona più felice del mondo.

Un giorno, tra le tante cose, le aveva detto che l'amava.

Brittany ci credeva, ci credeva davvero e non aveva potuto che rispondere che l'amava anche lei, in tutti i modi che poteva; da quel momento, ogni giorno trascorreva senza problemi, i cuori di entrambe erano alleggeriti e appena qualche parola tornava a riempirli, loro la sputavano fuori, senza vergogna.

«Vorrei vivere con te, prima o poi.» Brittany le aveva confessato questo, un giorno, mentre se ne stavano sul divano a contemplare l'una gli occhi dell'altra.

Santana si era limitata a sorridere e ad annuire, e Brittany aveva letto nei suoi occhi che tutto ciò che la mora desiderava era ciò che anche lei stessa voleva, niente di più, niente di meno.

Le persone continuavano quotidianamente a darle contro, a dire che il loro era un amore schifoso, contro natura, ma loro avevano degli amici che le sostenevano e davano la forza di affrontare tutto; finché poi non ci fu nemmeno più bisogno delle loro parole, perché Santana e Brittany sapevano bene che il loro amore era molto più forte di quelli etero.

Sentivano qualcosa di speciale, come se l'essere diverse fosse un punto di forza.

Brittany l'amava da impazzire, in diciassette anni non aveva mai incontrato nessuno come Santana, nessuno era capace di farla sentire sempre accettata, qualsiasi cosa dicesse o facesse.

Ed ora, lì nel suo appartamento vuoto, aveva sentito la mancanza di Santana. Da sette anni non la vedeva, aveva troppa paura e non sapeva proprio che cosa fare. Si crucciava ogni notte pensando che fosse giusto andarla a trovare, ma quando il sole sorgeva nuovamente, cancellava quell'idea dalla sua mente e affrontava il giorno come ogni altro.

Invece, quella mattina, l'idea puntò i piedi nella sua mente e lì vi rimase, finché Brittany non si convinse.

«Cosa mi metto?», pensò.

Qualsiasi cosa andava bene, a Santana. Per lei, Brittany era sempre bellissima, in qualunque occasione, perciò si mise un paio di semplici jeans e una maglia nera, coronata da una sciarpa leggera del colore dei suoi occhi.
Erano le sette e trenta, in ufficio l'aspettavano solamente un'ora dopo, quindi aveva tutto il tempo.

«Dei fiori», si disse, «devo almeno prenderle dei fiori». Presentarsi così, a mani vuote, non le sembrava giusto.

Optò per dei fiori bianchi, uno dei colori preferiti di Santana: ne comprò una ventina, il costo non aveva importanza, voleva solo farla felice.

«Sarà contenta di rivedermi, dopo così tanto tempo.»

Mise in moto la macchina con questo pensiero a farle coraggio, ma ad ogni minuto si sentiva sempre più agitata.

Parcheggiò, ma decise di non scendere subito; restò un po' a guardare fuori dal finestrino, ammirando i pochi alberi che coronavano il posto e le strade vuote.

Poi guardò il cielo e le venne in mente una frase che Santana le aveva detto, appena pochi giorni prima di lasciarla: «Se avessi il cielo, il cielo ti darei».

Brittany l'amava ancora così tanto, Dio se l'amava.

Scese e s'incamminò, lottando ad ogni passo contro la voglia di fuggire da lì;

quel luogo le metteva troppa tristezza.

Vide tanti volti, ma di Santana nemmeno l'ombra.

Vagò a vuoto per almeno dieci minuti, finché poi la trovò.

Era lì, bellissima come sempre, con il suo solito sorriso felice che le disegnava delle tenerissime fossette sotto al naso.

Si ricordò di quando litigavano, per così dire, perché Santana odiava quelle fossette, invece Brittany le amava, e le faceva continuamente il solletico per farla ridere. Poi, quando vedeva che Santana era stremata dalle risate, si fermava e la fissava con aria seria, portandole un dito al viso e accarezzandole quei dolci segni che l'allegria le aveva lasciato.

Era ancora tutto così, anche in quel momento.

Solamente, Brittany aveva il cuore più vuoto, privo di quella spensieratezza giovanile.

Si avvicinò misurando la lentezza dei passi, mentre il silenzio totale aleggiava intorno a lei. O forse era solo tutto nella sua mente.

Lì, a pochi passi da lei, Brittany perse le parole; il discorso che si era costruita nella mente andò in frantumi e iniziò a balbettare.

Non capiva nemmeno lei cosa stesse dicendo, quali parole stessero uscendo dalla sua bocca, e si sentì una stupida.

Trovò nello sguardo di Santana la forza di andare avanti e disse: «Non sai quanto mi manchi, Santana».

Gli occhi dell'altra erano sempre stati un mistero per lei, non era mai riuscita a decifrare i pensieri della sua amata, ma in quel momento, guardandoli, vide la felicità. Santana era proprio come la ricordava, con i suoi capelli corvini raccolti in una coda alta e le sopracciglia ben curate.

Si accorse che ogni suo dettaglio l'aveva ben impresso nella mente, anche se credeva di aver rimosso ogni cosa.

Silenziosa com'era arrivata, Brittany iniziò a piangere.

«Io ti amo tantissimo, lo sai. Scusa se non sono venuta prima, non avevo coraggio. Non sono mai stata come te, che non avevi paura di niente. Io sono una debole, sono fragile.» Tirò su col naso.

«Ti ricordi quando andavamo in palestra e tu mi guardavi sempre i muscoli e mi dicevi che, secondo te, dietro a questo mio visino dolce nascondevo una forza incredibile? Beh, non era e non è così, Santana. La vera forza l'hai sempre avuta tu, nella mente e nel cuore. I muscoli non potranno mai combattere la tristezza che mi sta avvolgendo in questi anni.
Vorrei davvero che tu mi stringessi ora, per farmi sentire quanto ancora mi ami. Perché io lo so che mi ami, eravamo una coppia insuperabile, noi. Una coppia-che-scoppia, come dicevi tu. Il perché, devo dirti la verità, non l'ho mai capito. Potresti dirmelo adesso, Santana. Puoi farlo? No, certo che no, lo so benissimo. Sto impazzendo, ma ancora non fino a questo punto.»

Non riusciva quasi più a parlare, le lacrime copiose le impastricciavano la bocca e le appannavano gli occhi, impedendole di vedere bene Santana.

«Se tu potessi tornare, torneresti, vero? Io non ce la faccio più, Santana. Mi manchi troppo, non vedi come sono ridotta? Mi riconosceresti mai, se mi incontrassi un giorno per strada? Dov'è il luccichio di felicità che riempiva i miei occhi, quando ero con te? Dov'è il mio sorriso? Dov'è la mia voglia di giocare, di saltare, di tornare bambina?
Non c'è più niente di tutto questo, io non sono più la tua piccola Brittany. Non sono più niente, senza di te.»

Si prese qualche secondo per respirare, si soffiò il naso e si asciugò il viso con la manica della maglia.

Poi tornò a guardarla, e disse: «Non posso rimanere ancora, mi dispiace: mi sento morire ogni minuto che passa. Vorrei farlo, in realtà: vorrei morire, per sapere se almeno questo potrebbe allietare il mio dolore. Il mio cuore piange più dei miei occhi, anche se né tu né io possiamo vederlo. Devo andare, Santana, devo proprio andare. Ma ti ho portato dei fiori, bianchi, proprio come piacciono a te. Hai visto che belli?
Prometto che d'ora in poi ti verrò a trovare più spesso. Mi sento un po' più forte, adesso che ho fatto il primo passo. Ora me ne vado davvero, spero che potrai scusarmi. Ti amo, non smetterò mai di amarti.»

Posò i fiori sulla tomba, baciò la foto che ritraeva il giovane volto di Santana e uscì velocemente dal cimitero, mentre la pioggia si portava via le sue lacrime.

   
 
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