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Autore: Oscar_    05/06/2012    3 recensioni
Un bigliettaio della metropolitana, un capotreno, un tecnico di riparazione di condizionatori, un massaggiatore, un meteorologo, un poliziotto ed un postino. Cosa hanno in comune queste persone? Cosa lega le loro vite con un filo indissolubile? Quali esperienze sono celate dietro vite monotone e chete?
[AU; siate clementi, è la mia prima fic in questo fandom!]
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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All around
 




0. Prologue
 

Era un mattino piovoso. Non che gli cambiasse molto. In fondo, lavorava sotto terra. Eppure, le giornate di pioggia gli rammentavano tempi spiacevoli, tempi che avrebbe preferito lasciarsi alle spalle, proprio come i treni che ogni giorno controllava da cima a fondo e che non gli davano mai un cenno di ringraziamento per il lavoro svolto. Non che avrebbero potuto, eppure un evento differente, qualcosa che avrebbe mutato la monotonia della tranquillità, gli avrebbe giovato.
Si vestì lentamente, con la muta consapevolezza di essere perfettamente in orario, bevendo piano il caffellatte ed indossando di malavoglia la divisa ed il cartellino che lo indicavano come “Loki Laufeyson, bigliettaio metropolitano”. Nel pomeriggio, appena conclusa la pausa pranzo, avrebbe ceduto il turno a un collega e sarebbe tornato di fretta a casa, per aprire al tecnico che avrebbe dovuto riparargli il condizionatore, rotto dall’estate precedente. Non che facesse particolarmente caldo, eppure sapere che era lì, che quell’aggeggio avrebbe funzionato all’evenienza, gli dava un certo margine di sicurezza, come quelle piccole cose che c’illuminano la giornata senz’apparente motivo. Uscì di casa dopo aver lasciato una scodella di croccantini al gatto, Svart, chiudendo delicatamente la porta per non svegliare i vicini, dei ragazzi in affitto che la notte tornavano alle quattro dal turno di lavoro in discoteca. Aveva sempre avuto particolare rispetto per la gente come lui.
S’incamminò sotto l’ombrello verde scuro verso il capolinea della metropolitana, a pochi metri dal suo appartamento, attento che nessuna macchina sbucasse dalla nebbia mattutina per poi sbandare pericolosamente, come accaduto in passato.
Ecco finalmente apparire il tunnel per infilarsi sottoterra. L’uomo sospirò, attendendo qualche istante per scendere le poche scale che lo separavano dai meandri del sottosuolo. Attese chiudendo l’ombrello, alzando il volto al cielo, socchiudendo gli occhi e lasciando che le gocce fredde gli scivolassero lungo la pelle, come lacrime perdute fra miliardi di gemelle tutt’intorno. Poi discese in fretta al capolinea, preoccupato improvvisamente di potersi ammalare.
Il primo treno del mattino lo attendeva muto, con qualche solitario passeggero già seduto sui vagoni dalle porte aperte, impazienti di serrarsi per iniziare il loro giornaliero movimento intermittente. Camminò piano sino alla cabina del capotreno, gettando occhiate attorno a sé per constatare che nessun malvivente, ubriaco od abitante della strada si fosse infiltrato là attorno; come se il solo accorgersene sarebbe bastato a cacciarne un eventuale. Posò i registri e il foglio con l’orario giornaliero sui comandi abbassati del treno, guardandosi nuovamente attorno per cercare il capotreno, senza scorgerne però la chioma fiammante. Attese qualche minuto, consultando più volte il grande orologio in alto sulla sinistra, che scandiva i minuti con un ritmo esasperante. Poi, finalmente, udì un avvicinarsi di passi su tacchi a spillo, rumore inconfondibile per lui. E, poco dopo, la voce divertita del capotreno lo scosse come una piacevole canzone alla radio.
« Buon giorno, Loki. Come andiamo? » Domandò, togliendo il cappotto di pelle e rivelando una canottiera che sarebbe valsa la pena di non indossare, per l’eccessiva scollatura; ma Natasha era fatta così.
« Tutto bene, grazie. Mi auguro sia lo stesso. » Rispose l’uomo, mostrando un sorriso di circostanza ed armandosi di obliteratrice e penna rossa, infilando entrambi in una tasca esterna della divisa. La donna annuì, un poco assorta, consultando il foglio con l’orario giornaliero precedentemente lasciato là dal moro. Storse il naso alla vista della sostituzione.
« Come mai devi assentarti, di pomeriggio? »
« Devo far riparare il condizionatore. Verrà un tecnico dopo l’ora di pranzo. » Natasha mantenne la precedente espressione. « Qualcosa non va? » Aggiunse l’uomo, notando che l’aria infastidita del capotreno non mutava.
« No, tutto a posto. Solo, avrei dovuto fare una cosa, oggi pomeriggio. Io stessa pensavo di farmi sostituire... » Spiegò quasi sottovoce, sedendosi al posto di capotreno e sgranchendosi le lunghe dita.
« Mi rincresce molto. Spero sia rimandabile. » Si scusò l’uomo, preparandosi ad iniziare la giornata col piede giusto; o almeno provando a convincersene.
« Sì, nessun problema. Su, incominciamo. Buon lavoro! » Augurò con un sorriso che celava un certo nervosismo, premendo il pulsante di chiusura delle porte ed azionando il treno, che si mosse con uno scatto brusco seguito da uno sbuffo che rimbombò per le gallerie.
L’uomo uscì rapidamente dalla cabina, lasciando la donna alle sue preoccupazioni, guardandosi attorno per controllare chi sarebbero stati i suoi amici quel giorno: un giovane appena ripresosi da una sbronza, molto frequenti a quell’ora, un anziano già munito di giornale, una donna d’età fra i quaranta e i cinquant’anni, munita d’una divisa formale, ed un cane randagio sonnecchiante in un angolo del treno. L’uomo sospirò, avvicinandosi all’animale e destandolo dal suo sonno, cercando d’intimargli con lo sguardo che, alla prossima fermata, avrebbe dovuto scendere; ma di certo non sarebbe bastato. Sospirò appena, avvicinandosi ai tre passeggeri, domandandogli il biglietto. Il ragazzo non lo possedeva, mentre l’uomo e la donna glielo porsero senza esitazioni. Il moro timbrò entrambi i pezzi di carta, per poi domandare, sempre con cortesia e riguardo al ragazzo, che alla prossima fermata sarebbe stato meglio per lui scendere e munirsi di biglietto.  Egli annuì con aria funebre; certamente la scorsa notte non era stata per lui delle migliori. Effettivamente, nemmeno l’uomo aveva troppo di cui vantarsi.
 
La mattina scivolò piano lungo il corso arrugginito dei binari sotterranei, lasciando a Loki un certo amaro fra le labbra e facendogli venir voglia d’uscire il prima possibile da là sotto, per la prima volta dopo un anno e mezzo di servizio. Finalmente arrivò la pausa pranzo, dove l’uomo salutò rapidamente il capotreno, augurandole nuovamente di risolvere qualunque problema fosse sorto, e nel quale salì correndo le scale che lo separavano dalla superficie abitata da gente comune e non da topi ed animali randagi.
Gettò un’occhiata all’orologio della piazza e si affrettò nel rientrare nell’appartamento, constatando che il tecnico avrebbe già dovuto trovarsi là, senza nessuno ad aprirgli. E, in effetti, era così: innanzi la porta di legno sbiadito dal tempo, si trovava un uomo dalla considerevole statura, munito d’una cassetta degli attrezzi e d’un abbigliamento paragonabile solo a quello di un operaio da cantiere. Loki lo squadrò da capo a piedi, inarcando un sopracciglio. Capelli biondi, lunghi sino alle spalle, occhi sottili d’un azzurro intenso, possedenti una nota di calore che fecero rabbrividire momentaneamente il moro, un fisico palestrato degno d’un pugile e un’aria bonacciona da bambino troppo cresciuto. Inizialmente l’uomo si mostrò diffidente; ma cancellò in fretta l’espressione sorpresa e vagamente disgustata, lasciando piuttosto spazio ad un’aria confortata e mite.
« Buon giorno, lei dev’essere il tecnico per il condizionatore. » Azzardò l’uomo, mostrando un lieve sorriso. L’altro annuì con un gesto convinto del capo, mostrando la cassetta degli attrezzi.
« Credevo si fosse perso per i tunnel! » Esclamò, scoppiando in una fragorosa risata che risuonò per il corridoio. Loki si domandò quante persone avesse svegliato solo con quel tono baritonale.
« Sì, mi spiace d’averla fatta attendere. Prego, entri pure... » Invitò il moro, mantenendo a fatica intatto il sorriso, indicando la porta appena aperta al tecnico, che già gli faceva una certa antipatia.
« Mi chiamo Thor, sono lieto di fare la sua conoscenza signor... Potrebbe rinfrescarmi gentilmente la memoria? » Disse divertito l’uomo, porgendo la mano destra al moro e portando l’altra dietro la nuca, con aria vagamente imbarazzata.
« Mi chiami solo Loki. In ogni caso, piacere mio. Le mostro il condizionatore... » Affermò l’uomo, stringendo brevemente la mano dell’altro per poi avviarsi nella camera da letto, dov’era posto l’elettrodomestico. Nel frattempo Svart sbucò dalla cucina, miagolando rumorosamente alla vista del tecnico.
« Oh ciao, bestiolina. Che c’è? » Domandò compiaciuto Thor, chinandosi ed allungando cauto una mano verso il felino, che inarco la schiena e rizzò il pelo scuro, soffiando all’avvicinarsi dell’uomo.
« Non credo le convenga, è poco socievol- » Troppo tardi. L’animale aveva già graffiato il tecnico, che si mise a gemere proprio come un bambino. Loki alzò gli occhi al cielo, gesticolando verso il gatto per invitarlo ad andarsene. Ma il felino rimase lì, leccandosi indifferente una zampa.
« Maledetto gattaccio! Come ti sei permesso! Ed io che volevo essere gentile! » Esclamò con tono ferito il biondo, mostrando un’espressione affranta degna d’un film comico.
« Mi dispiace, venga, ci metta un po’ d’acqua... » Propose il moro, posando una mano sulla schiena dell’altro. Non gli piacque per nulla l’appellativo donato al proprio animale, ma sorvolò, dirigendosi in bagno ed aprendo il getto dell’acqua fredda.
« Che problemi presenta l’elettrodomestico, comunque? » Chiese Thor, sciacquando via i rivoli di sangue dal braccio per poi asciugarsi indifferente con l’asciugamano appeso là affianco. Loki gli gettò un’occhiataccia, per poi tornare all’ordinaria espressione atona.
« Non saprei dirlo con certezza, ma ogni qual volta che lo accendo, inizia a fare rumori strani e in seguito si blocca da solo. » Il tecnico annuì con aria saccente, constatando nel frattempo che i graffi del felino si stavano già rimarginando.
« Mi faccia dare un’occhiata... » Mormorò il biondo, dirigendosi nella camera nella quale precedentemente il moro aveva tentato di condurlo.
Armeggiò per qualche minuto col condizionatore, aprendolo e posandone pezzi alla rinfusa sul pavimento di parquet, emettendo a tratti versi tipo ‘uhm’ o ‘ah’ con aria perplessa o illuminata. Infine, alzandosi sulle punte, iniziò a riparare nel vero senso della parola l’elettrodomestico, munito di cacciavite ed un paio di pinze.
Loki decise di lasciarlo lavorare, allontanandosi nel frattempo in cucina per preparare un caffè. Il tempo si era schiarito, mostrando un cielo d’un azzurro ceruleo appena velato da qualche nube opaca. Le previsioni, come al solito, non ci avevano azzeccato. Per tenersi compagnia, accese la piccola televisione là affianco, puntandola su un canale a caso. Senza quasi accorgersene, trascorse una mezz’ora. Poi tre quarti d’ora. Infine, le previsioni meteo delle quattro lo destarono dalla momentanea trance in cui era entrato, mentre versava il caffè nelle due tazzine in precedenza appoggiate al tavolo di vetro.
« Credo d’aver finito, dov’è il telecomando? » Domandò il tecnico, affacciandosi in cucina. Alla vista del caffè strabuzzò gli occhi azzurri, precipitandosi nella stanza, urtando una sedia e rischiando di sbattere al lampadario; era come se non fosse cosciente della propria massa.
« Si prenda una pausa, dopo le darò il telecomando. » Propose Loki, porgendo una delle due tazzine all’uomo. « Zucchero? »
« No, grazie. » Rispose Thor, sorseggiando rapidamente la propria bevanda. « Questo qui non ci prende mai! Proprio un incompetente. » Commentò alla vista dell’uomo alle previsioni meteorologiche in televisione, che illustrava il tempo per il giorno successivo. Una persona di bassa statura, tratti poco marcati ed espressione pigra. Effettivamente, non ne aveva presa una dalla sua assunzione; il moro si era abituato a prepararsi al contrario di ciò che lui consigliava. Chissà che non lo facesse apposta.
« Lo penso anch’io. » Lasciò cadere Loki, bevendo anche lui il proprio caffè.
« Com’è che si chiama? Clint Barton. Sembra il nome di qualche sportivo scarso! Che gente che gira... » Disse con aria contrita il tecnico, per poi sospirare in seguito al termine della bevanda. Ed improvvisamente, lanciò la tazzina a terra. « Un altro! » Urlò sorridendo compiaciuto. Loki sussultò, sbarrando gli occhi e fissando l’altro con l’aria di chi ha appena avvistato un fantasma.
« Scusi... Cosa? »
« Un altro! Un altro caffè! Da voi non si usa chiederne un altro? » Chiese Thor, col tono più naturale del mondo.
« Sì, si usa. Ma non sbattendo le tazzine a terra. » Spiegò l’altro, chinandosi a raccogliere lentamente i cocci sparsi a terra, sperando che il gatto non entrasse entro la prossima mezz’ora.
« Oh. Beh, in questo caso... Mi spiace, credo. » “Credo”. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Eccome se lo fece.
« Senta, credo sia abbastanza. Adesso può anche tornare al suo lavoro. » Commentò acido Loki, gettando un’occhiata omicida al tecnico, che rabbrividì visibilmente, sbrigandosi ad annuire e tornare nella stanza. « Il telecomando è nel primo cassetto del mobile affianco al letto. » Aggiunse, per poi imprecare sottovoce contro la stupidità umana.
 
Un’altra ora passata con quel singolare individuo, indusse Loki a pensare che, in fondo, Natasha, seppure con le sue giornate no ed i suoi attacchi isterici e/o perversi, non era così male. Piuttosto si disse ch’era l’ultima volta che sceglieva un tecnico dagli annunci sul giornale.
« La ringrazio per il lavoro svolto. Quanto le devo? » Domandò con aria sollevata il moro, prendendo il portafogli.
« Nah, era una cosa da nulla, non c’è bisogno di pagarmi! » Esclamò l’altro, agitando una mano in gesto noncurante, il sorriso smagliante sempre al suo posto. Loki lo fissò incredulo.
« È rimasto qui due ore, ed ora non vuole che la paghi...? » Disse sbalordito il moro, letteralmente a bocca aperta.
« Facciamo così, la invito a cena per domani sera. Accetta questo come rata di pagamento? » Propose il biondo, strizzandogli uno dei bei occhi azzurri. Loki sospirò, sviando lo sguardo al tappeto verde sotto i propri piedi.
« Sì, accetto. Grazie mille, è stato gentile e molto rapido. »
« Rapido non direi! Ma apprezzo il complimento. A domani, allora. Si può fare al ristorante giù all’angolo verso le otto? Mi prendo la briga di prenotare. » In faccende d’appuntamenti non era male come sul posto di lavoro; di gente così, il moro ne conosceva a frotte.
« Certo, si può fare. Buona notte. » Augurò l’uomo, ricambiando il sorriso dell’altro e chiudendo delicatamente la porta, come la sua educatrice gli aveva insegnato a fare con gli ospiti desiderati. Improvvisamente solo, posò la fronte contro la porta e, per la prima volta, avvertì il silenzio opprimente schiacciargli i timpani.

 
 
***
 
 
Salve a tutti! Non mi sono mai cimentata in opere simili, gli AU non sono di mia competenza. Ma mi auguro che questa storia abbia fan e followers ;) Le recensioni, siano per correggere o per apprezzare, sono sempre le benvenute. A presto~
   
 
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