~Roxanne, and then he smiled.
Le piccole e
fragili ali di cristallo
del Boccino affisso alla parete segnavano le sette.
Una folata di vento
primaverile fece spostare le leggere tende color smeraldo, rilevando il
rossore
del giorno ancora troppo spavaldo per lasciar spazio alla notte.
Quando si alzò per
chiudere la finestra si soffermò a guardare di nuovo quelle
particolari
lancette: erano in ritardo, come sempre.
Sorrise, pensando al fatto
che per loro avrebbe aspettato una
vita intera. Anche se, da buon Serpeverde qual’era, non
accettava di dover fare
i comodi di qualcun altro, quando era soprattutto lui il protagonista
della
serata.
No, non era giusto.
Sorrise ancora, perché in
fondo non gli importava niente di quel giorno, ma lei aveva insisto,
come ogni
anno e lui non aveva potuto dire di no alla dolce richiesta di quegli
occhi. Ed
era pur sempre una buona occasione per essere servito e riverito da
tutti. Come se non fosse già
così gli contestò
una vocina fastidiosa nella sua mente che lui conosceva alla perfezione
e di
cui non poteva fare assolutamente a meno.
Tornò a sedersi sulla
poltrona di pelle nera, rigorosamente ed unicamente sua come ogni
prezioso
oggetto o persona in quella casa che rappresentava tutta la sua
ritrovata
felicità.
Il viso ancora giovane e
candido gli conferivano quell’aria affascinante che ammaliava
ogni singola
donna che incontrava e che misteriosamente
cadeva sempre rompendosi o il naso o un dente o spesso entrambi.
Sfogliava il giornale senza
leggere nulla in particolare; senza smettere un secondo di sogghignare
pensava
all’imminente serata e soprattutto a quando sarebbero tornati
a casa, stanchi
ma non abbastanza per addormentarsi subito.
L’ombra di un gufo planò
da dietro le tende e il Boccino segnò le sette e trenta:
sì, erano decisamente
in ritardo …
Impugnò la bacchetta e ne
fece scaturire alcune farfalle color lillà che volarono su
per le scale.
« Arriviamo, non c’è
bisogno di fare scene! » La vocina fastidiosa, questa volta
non solo nella sua
mente, lo informò che probabilmente ci sarebbe stato bisogno
di api regine e
non solo graziose farfalle.
Si accasciò contro lo
schienale della poltrona, pensando che a sto punto poteva anche farsi
un riposino,
ma il suo stomaco, a lui sì che importava del ritardo, non
lo lasciava in pace.
Quando ormai aveva preso
piede nella sua testa l’idea di andare in cucina a placare
quel suo brontolio
interno, una cascata di riccioli biondi contrastò il suo
piano.
« Io sono pronta papà,
guarda! » La bambina fece una giravolta e una cascata di
petali rosa caddero su
di lei a racchiudere quel fiore raro e prezioso.
Draco la guardò
innamorato, senza potersi trattenere dal far nascere sul suo volto un
sorriso
che lo rendeva ancora più bello, un sorriso che era soltanto
riservato a lei, a
lei e basta.
Prese in braccio la
piccola e tuffò il volto fra quei riccioli curati e
profumati e si sentì pieno,
pieno di vita, come un ubriaco che sfida il mondo dopo aver bevuto
litri di
Incendiario.
Pensò che con una
meraviglia così non aveva più bisogno nemmeno
della bacchetta, perché la vera
magia era lei.
« Sei bellissima
Principessa. » E
lo era davvero, in quel
suo abitino indaco, semplice, elegante, bellissimo.
Draco posizionò la bambina
sulle sue ginocchia e sorrise a quegli occhioni verdi che lo guardavano
con
interesse e ammirazione.
« Sai, sono sicuro che
sarai la più bella stasera. »
La Principessa fece di no
con la testa, seria e decisa: «
No, sei
tu il più bello papà. » Lo
abbracciò ancora e poi gli chiese: « La mamma mi
ha
spiegato che oggi è il tuo compleanno, è vero
papà? »
« Sì, è proprio così
scricciolo. »
« Allora questo bel
vestito è per te e anche quello della mamma!
Mi ha detto di non dirti nulla, ma vedrai, è
bellissima. »
« Sono sicuro che è così
amore. Voi siete sempre bellissime. »
La bambina sorrise
arrossendo e appoggiò la testa sulla sua spalla, poi parve
ricordarsi
all’improvviso di qualcosa di importante e alzò lo
sguardo seria, cercando
gli occhi del padre.
Lui pensò che in quei
momenti era identica alla donna che ancora stava in camera a prepararsi
per lui
e sorrise.
« Cosa c’è? »
« Non ti ho fatto nessun
regalo … »
Draco appoggiò la fronte a
quella della bambina e le baciò teneramente la punta del
nasino perfetto. « Certo
che mi hai fatto il regalo, ti sei fatta bella per me! »
Lei parve ancora turbata «
No no, è la mamma che mi ha fatto bella, io non ho fatto
nulla. » E abbassò gli
occhi tristi.
« Roxy, guardami … » Il
padre non poteva vederla così e decise che doveva soddisfare
il bisogno della
bambina.
« Sei ancora in tempo per
farmi un regalo sai? » Lei parve incuriosita e
ascoltò con interesse ciò che il
suo papà le sussurrava all’orecchio.
La risata trillante di sua
figlia gli fece capire che aveva funzionato e rise anche lui.
« Va bene? Il primo me lo
puoi dare adesso, se vuoi. »
Roxy avvicinò le labbra
alla guancia liscia di Draco e gli stampò un bacio pieno di
affetto, per poi
abbracciarlo ancora.
« E adesso ne mancano
altri 31, ricordati però: entro la mezzanotte voglio averli
tutti quanti. »
« Certo papà! » Tornò
a guardare gli occhi grigi di suo padre
e gli chiese: « Papà, ho chiesto alla mamma di
spiegarmi il significato del mio
nome, ma lei mi ha detto che avresti dovuto spiegarmelo tu …
Perché? »
Draco la guardò
meravigliato e felice. « Roxanne Meissa Malfoy, il tuo nome
l’ho scelto io, per
questo la mamma vuole che sia io a spiegarti cosa significa.
»
La bambina ora era tutta
orecchi « Voglio sapere! »
Quella sera Draco non
riusciva a smettere di sorridere. « Roxanne è un
antico nome persiano che significa
alba. Lo sai cosa succede
all’alba?
Le piante e gli uccellini sono i primi a svegliarsi e chiedono al Sole
di
alzarsi in cielo così da poter avere abbastanza luce per
lavorare, ma il Sole è
sempre troppo pigro alla mattina, sai un po’ come me quando
la mamma mi sveglia
presto. » Roxanne rise alla battuta del padre ma
aspettò che lui continuasse. «
E allora lui emana una leggera luce rosata e azzurra, non troppo forte,
ma
nemmeno troppo debole. Una luce giusta, che soddisfa tutti: i fiori si
aprono
mostrando i loro mille colori e gli uccellini iniziano a suonare la
loro
melodia per ringraziarlo, mentre lui è ancora a russare. Tu
sei nata all’alba,
c’erano fiori rosa sul balcone e un usignolo che cantava e io
ho pensato che
Roxanne fosse il nome giusto. Ma a te piace? »
La biondina pareva affascinata
dalle parole del padre e annuì teneramente «
Sì, mi piace tanto. E poi non ce
l’ha nessun’altra bambina! »
« Esatto! E’ speciale. »
« E’ speciale perché me
l’hai dato tu papà … »
Draco le sistemò un
ricciolo dietro l’orecchio e la guardò
sorridendole ancora e ancora.
« E Meissa? Cosa vuol dire
Meissa papà? »
« Meissa è una stella, una
stella più luminosa e più grande del Sole e non
potevi non essere tu, piccola
mia. »
Le baciò i riccioli
biondi. « E ora, vai dalla mamma a dirle che se non si muove
vado su a
prenderla io. »
Roxanne scese dalle sue
ginocchia e correndo raggiunse le scale lasciando una scia di un
profumo di
fiori che prese in pieno il cuore di Draco, facendolo innamorare per
l’ennesima
volta di sua figlia.
Pochi
istanti dopo la voce
di Roxy gli ordinò divertita di chiudere gli occhi. Ormai
lui era curioso da
morire di vedere sua moglie.
« Ora puoi aprirli … »
La meravigliosa donna che
stava ai piedi delle scale gli fece perdere il senso delle tempo e
dello
spazio: bellissima non sarebbe mai
stato abbastanza per descriverla e dopo essere rimasto a bocca aperta
per un
minuto o forse due, decise che non c’era nessuna
parola in grado di descriverla e le si avvicinò, tremando
come la prima volta
che l’aveva baciata.
« Sei … » Deglutì ed
evitò
i suoi occhi per non mostrare la sua dolcissima debolezza. «
Sei … Sei
meravigliosa, Hermione. »
La Grifondoro gli donò uno
dei suoi sorrisi più belli e lo baciò piano sulle
labbra, timorosa di vederlo
rompersi in mille pezzi, come fosse vetro, avvertendo il suo nervosismo.
« Auguri Malfoy. »
« Grazie Granger. »
Sogghignò maleficamente, non potendo evitare
l’immagine di lui che le toglieva
quel fantastico vestito color rubino che lei aveva scelto mentre lo
pensava e
le strinse i fianchi, possessivamente, gelosamente, aprendo le dita su
quel
corpo solo e soltanto suo.
« Non eravamo in ritardo?
Muoviamoci, ci staranno già aspettando tutti …
»
« Mamma, RonRon e Harry ci
saranno? »
« Certo Roxy e non
chiamarlo RonRon, per favore. »
« Ma che bel compleanno
che mi aspetta! » Draco roteò gli occhi e
lanciò uno sguardo complice alla
figlia che, divertita correva anticipandoli, non vedendo
l’ora di arrivare.
« Papà, secondo te zio
Blaise cosa ti regala? »
« Non ne ho idea e
sinceramente ho un po’ paura, non si sa mai quello che
può passare per la testa
di Zabini. »
« Già, non sembravi così
preoccupato però quando ti sei quasi ammazzato con quel
nuovo manico di scopa
con l’acceleratore. » Hermione gli
scoccò un’occhiata ammonitrice, quelle che
lui amava chiamare alla McGranitt.
« Quello si chiama sport,
amore. Blaise non c’entra nulla,
anzi ha fatto un’opera di bene regalandomi quella SpeedyFire.
»
« Anche io, anche io
voglio un manico di scopa papà! »
« Certo piccola, te ne
prenderò uno, non appena … »
« Non appena diventerà
maggiorenne. »
Draco fece l’occhiolino
alla figlia e insieme dissero: « Certo mamma! »
Hermione non ci badò,
prese per mano Roxanne e uscì, Draco si prese qualche
secondo in più per
prendere la giacca e constatare il fatto che i suoi compleanni erano
diventati
meravigliosi da quando quelle due stelle
li condividevano con lui.
Uscì di corsa dietro la
donna che gli aveva cambiato la vita e la bambina che
gliel’avrebbe cambiata
ancora e al pensiero dei 31 e più baci che gli erano stati
promessi per quella
sera si disse che sì, avrebbe
aspettato
vite intere per loro.