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Autore: Changing    06/06/2012    5 recensioni
Questa storia narra del breve viaggio di un Ragazzo, che fugge da i suoi stessi incubi, cercando di trovare pace dove non esista la notte.
Piccola favola allegorica.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Fiabe del viaggiatore dormiente'
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Noesia: la Terra dei due Soli




 

Il Ragazzo si svegliò ancora una volta nel cuore della notte in preda a un incubo. Succedeva sempre, da quando era nato, tanto che con il tempo aveva cominciato ad avere paura della notte stessa. Fosse stato per lui sarebbe sempre stato giorno, con il sole alto e la sua energia. Per non parlare poi del fatto che non sarebbe stato più vittima dei suoi brutti pensieri.
Così, il giorno dopo, il Ragazzo decise di partire.
Prima di cominciare questa breve storia, vorrei scusarmi con voi lettori dal momento che non posso rivelarvi il nome del nostro viaggiatore. Sapete, per paura di non essere creduto o di non essere preso sul serio, mi ha chiesto di mantenere l'anonimato e io non ho potuto fare altro che assecondarlo. Mi ha però pregato di lasciarvi un messaggio: nella sua breve storia niente è dovuto al caso.
Come dicevo, il Ragazzo raccolse le suo cose e partì, dirigendosi sempre verso est. Camminò per un tempo che parve interminabile e dopo molte ore, il sole cominciò a tramontare. Spaventato accelerò il passo, finché non si mise a correre all'impazzata. Con la mente annebbiata dalla paura, deviò dal sentiero che aveva intrapreso ed entrò in un bosco dai rami così fitti che gli impedivano di scorgere un solo lembo di cielo. Quando se ne rese conto era ormai troppo tardi, si era perduto. Si guardò intorno più e più volte sperando di ritrovare l'uscita, ma fu tutto inutile.
D'un tratto prima che il suo cuore potesse perdere un altro battito inciampò fra le nodose radici di un albero. Tuttavia la sua caduta non fu breve; doveva essere incappato in una buca o forse nella tana di qualche animale. Sempre che esistessero animali di quelle dimensioni. I secondi passarono finché non divennero minuti, tanto che il Ragazzo si chiese se non avesse superato il centro della Terra. Infine cadde, ma il suo atterraggio fu lieve, come quello di una piuma che sfiora la superficie dell'acqua.
Si trovò in una caverna fredda e umida, illuminata unicamente da un fuoco che ardeva dietro un'enorme roccia. Ai piedi di questa vide i resti di catene spezzate, ormai arrugginite.
Il Ragazzo aveva ancora paura, ma voleva uscire di lì al più presto, così prese uno dei rami che alimentavano il fuoco e lo portò con sé. Ad ogni passo che faceva, diventava più forte il desiderio di tornare da dove era venuto e con lui quello di andare avanti.
Dopo non molto tempo, vide in lontananza l'uscita, da cui proveniva una luce fortissima.
Deve essere ancora giorno!” pensò incredibilmente sollevato e il suo cuore si fece più leggero.
Uscì e si coprì gli occhi con una mano per non venir abbacinato. Si guardò intorno esterrefatto. Davanti a lui sorgeva circondata da alberi e campi di girasoli, una piccola cittadina dalle basse casette.
Il Ragazzo si sentì insolitamente allegro, come non lo era ormai da tempo. Decise di chiedere informazioni. Alle porte del paese notò un uomo che camminava in modo alquanto bizzarro, rigido, come se i suoi arti fossero fatti di metallo
«Ehm... mi scusi » chiamò il Ragazzo.
L'altro si girò e gli andò subito in contro. Anche la testa si muoveva in modo meccanico, come ogni suo gesto.
«Mi scusi, saprebbe dirmi che posto è questo?» l'uomo gli sorrise cordialmente.
«Ma guarda, un forestiero! Erano anni che non se ne vedeva uno. Benvenuto a Noesia. Sono sicuro che qui ti troverai benissimo» d'un tratto si udì un suono acuto e ripetitivo, quasi martellante. L'uomo guardò l'orologio nero che aveva al polso e lo fece tacere premendo uno dei tanti minuscoli pulsantini: «Mi piacerebbe rimanere a intrattenermi con te ma devo proprio andare. A presto» e detto questo l'uomo se ne andò, sempre con la stessa espressione sorridente e senza lasciare al Ragazzo il tempo di ricambiare il saluto.
Solo in quel momento si accorse di un grosso cartello su cui troneggiava a grandi lettere la scritta Noesia. Sotto recava una frase in caratteri più piccoli.

 “Nella Terra dei due Soli non c'è tempo per sentire né si può sentire il tempo”.

Dopo aver pensato che quella frase non avesse alcun senso, il Ragazzo decise di cercare un posto in cui pranzare. Mentre camminava notò che, non solo l'uomo di prima, ma tutti gli abitanti camminavano in quel modo strano e sorridevano continuamente. Inoltre sembrava che tutti portassero lo stesso orologio.
A pochi isolati trovò finalmente una locanda. Una cameriera piuttosto grassoccia lo accolse calorosamente e lo fece accomodare. Mangiò di gusto tutte le pietanze che gli vennero servite e alla fine fu quasi scontento di essere sazio. Dopo aver pagato il conto, prima di uscire dal locale, si chiese se fosse il caso di passare la notte in paese o riprendere subito il suo viaggio. Chiese l'ora alla cameriera.
«Sono le 22.13» rispose lei. Il Ragazzo sbarrò gli occhi.
«Ma Signora... mi scusi ma non è possibile. Il suo orologio deve essersi rotto»«E perché mai?» il Ragazzo credette che la donna lo stesse prendendo in giro.
«Ma non lo vede che fuori splende il sole? A quest'ora dovrebbe già essere notte da un pezzo». La cameriera scoppiò in una fragorosa risata, come se l'altro avesse detto una cosa ridicola.
«Si vede che lei è nuovo da queste parti. Non l'ha letto il cartello alle porte della città?» il Ragazzo fece cenno di sì con la testa.
«Non capisco cosa c'entri»
«Qui a Noesia non esiste la notte. Ci sono ben due Soli a mantenere sempre vivo il giorno»
Il Ragazzo non poteva crederci. Corse subito fuori a guardare il cielo; era esattamente come gli aveva detto la cameriera. Sia a sud-est che a nord-ovest splendevano due globi lucenti, ma meno accecanti del Sole che lui conosceva.
È magnifico! Pensò estasiato. Finalmente potrò smetterla di scappare.
Andò subito ad informarsi per un alloggio e venne a sapere che la locanda era l'unico posto che affittava delle camere. Ne prenotò subito una e gli venne assegnata la stanza numero 1-2.
Salì le scale, ma quando arrivò in cima notò con stupore che tutte le porte recavano il numero 1-2. Indeciso se chiedere informazione o no, aprì infine una stanza a caso.
La camera era di modeste dimensioni, sufficiente per una persona sola. La parete che dava sulla strada principale, era interamente di vetro e illuminava ampiamente la stanza. Le pareti restanti erano, per la maggior parte, occupate da scaffali ricolmi di libri. Gli unici altri mobili presenti nella stanza erano un divano con una poltrona e un cassettone di legno.
Il Ragazzo si guardò intorno in cerca di un letto, o meglio di una stanza da letto, ma l'unica porta oltre a quella dell'uscita era quella che conduceva al piccolo bagno.
Pensò quindi che quella fosse la stanza sbagliata, così cercò anche nelle altre camere del piano, ma in nessuna di quelle trovò un letto. Si informò quindi con la cameriera, che era intenta a ripulire i tavoli.
«Mi scusi, non trovo la mia camera da letto»
«La sua camera vorrà dire» rispose lei senza smettere di lavorare. Il Ragazzo non capiva che differenza ci fosse ma lasciò perdere.
«Ci sono almeno una dozzina di stanze che hanno il numero 1-2, ma in nessuna di quelle c'è un letto» la donna si accigliò.
«Non vedo a che cosa le possa servire, signore»
«Per caso i vostri ospiti non dormono, signora?» chiese l'altro piuttosto spazientito. La cameriera sembrò non afferrare l'irritazione nella sua voce e ricominciò a sorridere.
«E perché dovrebbero?» il suo orologio da polso cominciò a trillare: «Oh, come sono in ritardo. Non posso aiutarla ora signore, la sua stanza è al piano di sopra. Vedrà che si troverà bene qui»
Era già la seconda volta che glielo dicevano. Dopotutto non era poi così importante, avrebbe dormito sul divano.
Tornò nella stanza in cui aveva appoggiato le sue cose; la stanchezza cominciava a farsi sentire, e lui aveva bisogno di un po' di riposo, così si sdraiò sul divano, rigido come una poltrona da ufficio, e chiuse gli occhi.
Fece molta fatica ad addormentarsi a causa della perpetua luce che invadeva la stanza e il suo sonno fu leggero e instabile. Non c'erano nemmeno delle tende che oscurassero appena la parete-finestra. Quando si svegliò si sentì ancora stanco e indolenzito.
Nei due giorni successivi si dedicò all'esplorazione della città e fece conoscenza con quasi tutti i suoi abitanti. Scoprì molte altre cose su quello strano posto, per esempio che non esistevano le automobili e le persone passavano la maggior parte del loro tempo al lavoro e, se non lavoravano, leggevano. Seguivano tutti il ritmo di quell'orologio da polso e potevano fermarsi solo pochi minuti a parlare.
Durante una delle sue passeggiate, si fermò nel magnifico parco pubblico. Anche questo era ricco di girasoli, che a quanto pareva erano gli unici fiori che gli abitanti conoscessero. Arrivò alla piazzola principale e proprio lì, seduta sulla panchina vicino alla fontana, stava leggendo la ragazza più bella che lui avesse mai visto. Provò subito il forte desiderio di parlarle. Si avvicinò a lei e, come aveva fatto molte altre volte, si presentò come un forestiero che non conosceva bene il posto. La ragazza, dai modi cordiali e il sorriso gentile, rispose alle sue domande con molta cortesia; gli indicò l'ubicazione della biblioteca e altri luoghi interessanti, che lui ovviamente conosceva già. Non ebbero molto tempo a disposizione perché, purtroppo, lo squillo dell'orologio costrinse la ragazza a congedarsi. Il Ragazzo decise che sarebbe tornato il giorno dopo alla stessa ora, sperando di incontrarla di nuovo.
L'indomani, si presentò come previsto e portò con sé un mazzo di girasoli che donò alla ragazza. Questa li accettò con garbo e fu felice di parlare con lui per i pochi minuti che aveva a disposizione, sempre che discorressero di cose utili. E così fu per il giorno seguente e quello ancora, finché non passò una settimana. Il Ragazzo si sentiva così felice in compagnia della ragazza che non badava nemmeno più alla stanchezza provocatagli dalla mancanza di sonno.
Un giorno decise di fare un passo in avanti.
«Sei fidanzata?» chiese un po' timoroso. Lei lo guardò interrogativa, sembrava che non avesse compreso le sue parole.
«Fidanzata? E che cosa significa?» il Ragazzo rimase allibito.
«Come... non ti sei mai innamorata?» la giovane continuava a non capire.
«Mi spiace, non so di cosa parli. È un'altra cosa che proviene dal tuo paese?» lui le parlò di quel bellissimo sentimento che era l'amore, descrivendo direttamente le sue emozioni: «Deve essere bello» disse lei alla fine: «qui non abbiamo niente di simile»
Il Ragazzo venne preso dallo sconforto.
«Quindi... non sai nemmeno cos'è un matrimonio...» l'altra scosse la testa: «...questo vuol dire che invecchiate in solitudine»
«Non capisco. Cosa vuol dire invecchiare?»
Se prima il Ragazzo era stupito e avvilito al contempo, ora lo era, se possibile, ancora di più.
Tentò di spiegarle il significato di “invecchiare”, ma era molto difficile: per lui era una cosa talmente naturale da essere ovvia. Scoprì così che gli abitanti di Noesia non invecchiavano, non nascevano e non morivano. Ecco perché fin'ora non aveva incontrato né vecchi, né bambini. Mentre il Ragazzo tentava ancora inutilmente di infiammare il cuore della ragazza parlandole d'amore, squillò ancora una volta l'orribile orologio.
«Mi dispiace ma ora devo andare. È stato un piacere parlare con te» e così, la ragazza se ne andò. Le sue movenze gli parevano ora rigide e meccaniche come non lo erano mai state; forse era stato solo troppo sciocco per poterle notare, o troppo innamorato.
Piombò nella tristezza più profonda. Cosa ne sarebbe stato ora della sua vita, se non avesse potuto avere la ragazza?
Proprio in quel momento arrivò l'uomo che lo aveva accolto alle porte della città. Il Ragazzo avrebbe tanto voluto qualcuno a cui confidare le sue pene, così lo pregò di fermarsi. Questo guardò l'orologio preoccupato.
«Ho solamente 2,17 minuti. Non un secondo di più»
«Non sono più tanto convinto che mi piaccia questo pese» disse il Ragazzo. L'uomo era incredulo.
«Ma questo non è possibile!»
«A quanto pare no. Dormo male, la ragazza che amo non è interessata a me e mi sento molto solo»
«Non ti capisco» il ragazzo si irritò. Aveva già sentito parecchie volte quella frase: «come puoi sentirti triste? Qui non esiste la preoccupazione e tutti gli abitanti sono stati gentili con te. Mi dispiace dirtelo ma sei davvero un ingrato»
«Ingrato io?» rispose l'altro: «È questo posto che è strano. Nessuno prova sentimenti, vi muovete in modo strano e siete sempre tutti di corsa»
Per l'ennesima volta, l'orologio interruppe la sua conversazione. L'uomo si alzò prontamente e gli sorrise bonario.
«È stato un piacere intrattenermi con te. Prova con una buona lettura stimolante, ti farebbe bene! Addio».
Il Ragazzo era furioso. Ne aveva piene le tasche di quello strano paese. In pochi istanti prese una decisione. Racimolò le sue poche cose e, messo lo zaino in spalla, completamente dimentico del motivo per il quale si era allontanato dalla sua terra di origine, se ne tornò da dov'era venuto.







Bene... non so cosa abbiate tratto voi da questa storia, sicuramente non tutto quello che è passato nella mia testa malata e ingarbugliata. Magari non ci avrete nemmeno capito niente e se non mi conoscessi forse nemmeno io lo avrei fatto =P.
Era cominciata in tutt'altro modo e si è trasformata in una cosa completamente diversa. Decisamente è un qualcosa di troppo ambizioso. Spero (me temo che sia così) di non aver realizzato solo un minestrone di letteratura e filosofia. Dante e Platone si stanno rivoltando nelle loro tombe =S
Però la pubblico lo stesso perché sono sempre (purtroppo) fiduciosa. Almeno le critiche serviranno a qualcosa.
A presto
Changing

  
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