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Autore: Gabro94    07/06/2012    4 recensioni
Harry ama, ama così tanto che si sente ferito da quella persona che rappresenta tutta la sua vita. Così, quando è ora di affrontare certi problemi, tutto può diventare più difficile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono stato così annoiato stasera, che girando per Tumblr mi è venuta l'ispirazione per una One Shot Larry (evviva la varietà! ahaha )
Non so quanti di voi shippino questa coppia, ma io mi dichiarerò sempre come shipper della loro relazione, combattuta tra la volontà del management, la finzione di Eleanor, e l'"immagine" di fusti etero e desiderabili che devono mantenere per tutte quelle fan (non serie, non vere) che smetterebbero di seguirli se fossero gay. 
Buona lettura. :)

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Harry si diresse spedito verso la sua stanza, attraversando i corridoi dell'Hotel. Il problema era che si era allontanato dagli altri senza security e senza alcun membro dello staff. In sostanza, ora, si ritrovava vagando per gli spazi comuni dell'albergo, furioso e infastidito da tutto quello che era successo il giorno. Ancora le foto dei paparazzi non erano state diffuse, nemmeno quelle dei fan si erano ancora presentate sulla rete, ma Harry sapeva benissimo che cosa sarebbero state, e proprio per questo non avrebbe voluto vederle. E non l'avrebbe fatto.

Guardò dritto verso le porte dell'ascensore e sperò solo che i 10 metri che lo separavano da esso sarebbero rimasti liberi. Fece i primi passi nella direzione degli elevatori quando fu interrotto.

« Scusami, Harry. » una voce squillante provenne dalla sua destra e lui, sfoderando il suo più falso sorriso di cortesia, si voltò in quella direzione. « Potrei avere una foto con te? » Una ragazza bionda e alta, con gli occhi castani luminosi e un sorriso splendente, gli stava davanti sorniona, con una macchinetta fotografica in mano, e fremeva, forse per l'emozione di aver davanti a sé uno dei suoi idoli.

Harry ripensò immediatamente all'importanza di quel momento, a quanto gli era sempre stato detto dal management. Mai trattare male le fan, e non apparire mai scortese, pensò tra sé e sé. La guardò ancora più sorridente e annuì. « Certo, bellissima. » Harry portò il braccio sulla spalla della ragazza, e sentì la mano di lei, poggiarsi lungo la sua schiena e finire sul fianco. La ragazza guardò un attimo Harry, e poi allungò l'altra mano, dove teneva la macchinetta. Harry sorrise istintivamente, mettendosi in posa per la foto, e si sforzò di tenere gli occhi aperti quando la luce abbagliante del flash scattò, dando conferma che la foto era stata fatta.

« Grazie mille Harry! » cinguettò lei, abbracciando il ragazzo.

Harry ricambiò l'abbraccio e lasciò un piccolo bacio sulla guancia della ragazza. « Figurati, è sempre un piacere. » disse poi, mentendo. Harry sapeva bene che spesso e volentieri non era affatto un piacere incontrare le fan in ogni angolo delle strada, specialmente quando urlavano e inseguivano lui e gli altri come fossero mucche impazzite. I ragazzi avevano rischiato molte volte di rimanere contusi o di farsi male quando venivano accerchiati dalle ragazze. Harry aveva ancora in mente la scena della stazione Centrale di Parigi, quando le fan erano così incontrollabili che le loro guardie del corpo e i poliziotti non riuscivano a contenere la folla che si stringeva sempre più attorno a loro. Liam in quell'occasione aveva persino perso una scarpa nella confusione.

Harry sorrise ancora guardando la ragazza che si allontanava camminando all'indietro, come non volesse perdersi nemmeno un istante della vista del cantante. Come, comunque, la ragazza fu abbastanza lontana, il riccio riprese il suo cammino verso l'ascensore. Arrivato davanti alle porte metalliche, guardò verso la parete laterale e premette il pulsante di chiamata. L'unica cosa che pensò in quell'istante fu che l'ascensore avrebbe dovuto arrivare presto.

Tin. Il suono metallico che la cabina produceva quando arrivava al piano fece sospirare per il sollievo Harry, che si precipitò subito dentro non appena le porte si aprirono. Sospirò ancora quando realizzò che l'elevatore era vuoto. Non voleva fare il tragitto con qualcuno che lo fissava costantemente. Harry apprezzò anche che la musichetta di sottofondo non era attiva. Odiava quelle musichette snervanti, che anziché rilassare, non facevano altro che infastidirlo. Specialmente se era di luna storta come quella sera.

La giornata non era stata per niente bella, non per lui almeno. Quanto odiava certe volte essere così famoso. Quanto odiava essere lì in America, in balia delle opinioni di 12enni, così ingenue e così stupide a volte. Tanto stupide che impaurivano i manager. Oh, perché era proprio questa la cosa che Harry odiava di più. Dover fare la propria vita in base a quello che la Sony decideva. A volte aveva desiderato non aver mai avuto tutto quel successo mondiale, ma semplicemente essere rimasto un artista inglese libero di essere se stesso come tanti altri. Alcune volte rimpiangeva i tempi di x-Factor, dove era se stesso e faceva ciò che voleva, anche se limitato dall'impegno televisivo. Non aveva, comunque, mai desiderato di non aver fatto l'audizione per il programma, né di non averla mai vinta. Quell'esperienza era stata veramente importante per lui. Non per i soldi, non per la musica, ma perché gli aveva permesso di incontrare i suoi migliori amici: quattro coglioni che amava con tutto se stesso. In realtà, quando ci pensava bene, lui riteneva importante x-Factor principalmente per avergli permesso di incontrare la persona che ora lo faceva soffrire più di tutti. Ai tempi dello show, infatti, si sentiva in paradiso. Ma ora, tutto gli sembrava più un inferno. Non poteva divertirsi ed essere libero, c'erano le fan che lo mettevano realmente in pericolo. Non poteva essere se stesso, dire ciò che voleva e fare, soprattutto, ciò che voleva con chi voleva. Era questo il problema maggiore.

Le porte si riaprirono ancora una volta, al 14 esimo piano, stavolta, il suo. Harry guardò cautamente fuori dalla cabina, accertandosi che il corridoio fosse libero. Constatò che non c'era anima viva in un istante, precipitandosi fuori dall'ascensore e riprendendo quel passo spedito, che in un minuto lo avrebbe portato davanti alla sua camera. Iniziò a tastarsi le tasche, in cerca della tessera magnetica, una decina di metri prima della porta. Tutto ciò che voleva ora era solo buttarsi nel letto, riposarsi e provare a scacciare via quella bruttissima angoscia e quella tristezza che, in fin dei conti, lo perseguitavano da quasi un mese, e che era cresciuta ancor di più quando erano arrivati in America.

Quando inserì la scheda nella fessura apposita della porta, il bip della serratura fu coperto dall'ennesima persona che chiamava il suo nome. « Harry! Harry! »

Harry si guardò intorno con aria sospetta e vide in fondo al corridoio, la porta socchiusa di una camera, e due ragazzine basse, probabilmente anche molto giovani, quasi piangere nel guardarlo da meno di 20 metri di distanza. Il riccio si ricordò ancora una volta delle raccomandazioni dei manager, e sorrise ancora agitando la mano, prima di spingere la porta ed entrare nella sua camera.

Si tolse le scarpe subito, facendo leva con i piedi sui talloni, e si slacciò la cintura, calando i pantaloni e tirandoseli via, per poi lanciarli sopra la sedia. Si sbatté una mano sulla fronte quando si ricordò di aver lasciato il telefono dentro la tasca. Allungò quindi il braccio verso l'indumento e frugò fino a trovare l'iPhone. Lo afferrò con decisione e lo tirò fuori, guardando lo schermo illuminato. Non si degnò nemmeno di approfondire la notifica appena lesse il mittente. Poggiò il cellulare sul comodino, e lo collegò al caricabatterie – come di abitudine, ormai tutte le sere.

Afferrò il bordo delle coperte e, sollevandole, entrò nel letto, coprendosi fino al collo. Si girò a pancia in giù, e chiuse gli occhi. Fu proprio in quel momento che tutto gli tornò ancora più insistentemente in mente. Harry si sforzò di liberarsi di quei pensieri, di quei ricordi, di quelle sensazioni, ma non ci riusciva. Sentiva solo il dolore invadergli il petto, e quasi pianse. Lo avrebbe sicuramente fatto se dopo infiniti minuti di lotta intestina, qualcuno non avesse bussato alla porta. Inizialmente Harry tentò di ignorare il tocco di quelle nocche contro il legno rigido, ma alla fine cedette.

« Chi diamine è? » Domandò esasperato, quasi urlando per farsi sentire.

« Sono io, Harry. » La voce tanto familiare oltrepassò la porta, e il riccio si sentì morire. Per la gioia che fosse lì fuori, per la rabbia, per la delusione. Si mise seduto sul letto, e iniziò a pensare a cosa avrebbe dovuto fare.

« Cosa vuoi? » il tono di Harry, stavolta fu diverso: era più duro, quasi di disprezzo. Non era più il tono di fastidio di chi viene disturbato, ma quello di rabbia.

« Voglio parlarti. Aprimi, per favore. Sai che non è sicuro stare in giro così. » Oh, quanto era insistente. Tipico, non avrebbe mollato nemmeno dopo ore, ma Harry ci provò ugualmente.

« Appunto, tornatene in camera tua, dormi e lasciami stare. » Harry era combattuto tra quello che diceva, guidato dalla rabbia e dal dolore, e quello che pensava, totalmente impregnato d'amore.

« Scordatelo. Sappi che se mi stupreranno, mi avrai sulla coscienza. »

Harry si alzò di scatto, scoprendosi all'improvviso e dirigendosi a passi pesanti e decisi verso la porta. Girò il passante di sicurezza, e abbassò la maniglia.

« Ti ho aperto, contento? » Sputò irato nel vedere la figura di Louis, splendida anche all'una di notte.

« Ora sì. » rispose il più grande, infiltrandosi forzatamente dentro la stanza. Harry chiuse la porta e lo guardò interrogativo.

« Allora? Cosa vuoi? » gli chiese ancora il riccio, in attesa di una risposta soddisfacente.

« Oggi » iniziò Louis, dirigendosi verso il centro della stanza, « ho notato che hai indossato per l'ennesima volta il braccialetto di quella fan. » il ventenne indicò il polso dell'amico.

« E quindi? »

Louis cambiò faccia, quasi lasciando che le emozioni governassero gli infiniti muscoli del viso. « Avevi detto che lo indossi solo quando sei triste, o deluso. » guardò in basso, incapace di guardare Harry dritto in faccia.

« Sì, e con ciò? » Harry stava lottando con tutte le sue forze per non cedere al pianto, alla tristezza e all'incredibile voglia di prendere l'amico a pugni.

Louis rimase colpito dall'ennesima risposta secca e fredda del riccio, ma continuò a parlare. « Sei ancora arrabbiato con me... »

« Sei un genio, Louis! » rispose sarcastico Harry, con un ghigno in viso. « Sono colpito. »

« Pensavo... » Louis parve essere deluso dalla reazione dell'amico. «... Stamattina abbiamo parlato! » Era vero. Louis ricordava perfettamente che Harry gli aveva rivolto la parola quella mattina a colazione.

« Solo grazie a Paul, ed era per la colazione. » Sentenziò Harry ancora più infastidito da quello che Louis sosteneva. Possibile che ancora non ci arrivasse? Che ancora non capisse?

« Ieri mi hai sorriso un sacco di volte... » continuò Louis, cercando di far luce su tutte quelle cose che non gli quadravano, se Harry era veramente arrabbiato con lui.

« Giusto perché c'erano le telecamere. » Harry ribatté stizzito, come se quell'ovvietà dovesse essere... ovvia, anche per Louis. Si poggiò alla parete poco distante dalla porta, esattamente di fronte a Louis, che era rimasto in piedi, dando le spalle al letto. « Stavo semplicemente facendo in modo che tutto sembrasse a posto. »

« Non sei un bravo attore... » Louis scosse la testa, dando peso alle sue parole.

« Non ho bisogno di lezioni di recitazione, grazie. » sputò secco il riccio, che ancora era rimasto in mutande.

Louis sbuffò, portandosi la mano in viso e passandola sugli occhi, quasi volesse tentare di non far uscire alcuna lacrima. « Harry... Per favore, non riesco a sopportare tutta questa tensione tra di noi. Facciamo pace e basta. Non riesco nemmeno a godermi la giornata... o la vita. » Dicendo le ultime parole, la voce del più grande suonò come rotta.

« Oh, certo... Per favore, lamentati di come non riesci a vivere mentre vai a fare shopping o giochi a mini-golf con la tua ragazza. » Questa volta Harry non disse le cose con rabbia, ma piuttosto con un sarcasmo schietto e pungente, che colpì Louis in maniera particolare.

« io... non so più cosa fare. » confessò infine Louis, guardando in basso e scuotendo il capo, rassegnato all'idea di vivere un casino.

« Io ho un'idea. » commentò Harry, proponendo uno sfacciato sorriso ironico sul viso. « Facciamo finta che non sia cambiato nulla, almeno davanti alle telecamere. Non ti preoccupare per me, divertiti con Eleanor. Poi torneremo a casa, ma non vivremo più insieme. Tu ti comprerai un nuovo appartamento, e così farò anche io. Forse un giorno mi passerà e tornerò da te a chiederti di essere amici. » Ecco, tutta la delusione e la rabbia di Harry si erano fuse per dar luce a questa proposta, alla quale Harry non credeva minimamente. Anzi, voleva veramente che tutto fosse così semplice, da sistemarsi in un lampo.

« Quanto sei stupido. Sei un deficiente. Come puoi pretendere che io accetti queste condizioni? Ti sei bevuto il cervello? Faremo pace, sistemeremo tutto. » Ora, la voce di Louis era più decisa e forte, ma il tono rimaneva rotto, ferito e triste. Louis sapeva che Harry soffriva per Eleanor, lo sapeva benissimo. Ma accettare la sua omosessualità era una cosa che gli richiedeva tempo, molto tempo. Almeno pubblicamente. Louis sapeva di essere gay sin da quando aveva 16 anni, ma era rimasta sempre una cosa molto privata e molto personale. L'idea di farne bando pubblico, seppur per Harry, lo spaventava a morte. Era per questo che continuava a farsi vedere con Eleanor, a dire di essere fidanzato con lei.

« Non c'è nulla da sistemare. » tagliò corto il riccio, scuotendo convinto il capo.

« Ecco. Ci risiamo. Io faccio di tutto per far pace con te, e le cose invece peggiorano. Mi odio così tanto. Mi sento inutile, incapace e stupido. Non riesco più a cantare o a ballare. Cosa dovrei fare qui con voi? Con te? E poi? La persona che amo più di chiunque altro al mondo è così distante da me... Per non parlare dei fan, del management, dei media, del tour... tutta questa pressione. A volte vorrei addormentarmi e non svegliarmi più. » Louis sentì gli occhi inumidirsi, sentì il suo viso arrossarsi e il suo cuore riempirsi di tristezza.

« Tu pensa, non mi dispiace comunque. » sputò Harry, continuando a tenere un forte distacco dal ragazzo, che davanti a lui si stava aprendo.

« Ma a me sì! Mi dispiace. Mi dispiace se ti ho ignorato. Mi dispiace se ti ho ferito. Tu ora mi stai ferendo ancora di più. Per favore, smettiamo di lottare. Non ce la faccio più. Mi manchi, mi manchi così tanto che mi sento morire. Ti prego. »

Harry sentì il cuore fermarsi. Sentì il muro che aveva creato tra sé e Louis crollare, così come sentì crollare tutte quelle difese inutili che provava ed erigere intorno a sé, per proteggersi da quell'amore che lo faceva soffrire così tanto, ma che non voleva finisse.

« Mi manchi anche tu. » cedette alla fine. « Ma ho bisogno di tempo. Devi darmi del tempo. » chiese.

« Ok, Harry. » Annuì Louis, facendo un passo verso la porta, e quindi verso Harry. « Prenditi tutto il tempo che ti serve, ma non abbandonarmi. Non allontanarti da me, perché io non posso vivere senza te, senza il tuo amore. »

Harry non si protese verso l'amico per abbracciarlo, non si mosse per toccarlo. Così, Louis gli passò da affianco, guardando per qualche istante negli occhi. Harry si perse per quegl'istanti negli occhi ghiaccio di quel ragazzo che amava come non aveva mai amato nessuno. Perché anche lui sapeva di amare così tanto Louis, da sentirsi morire.

« Sai, Louis. » aggiunse, mentre il più grande stava già aprendo la porta. « Mi manchi solo quando sento il bisogno di respirare. » Harry non si girò per guardare Louis, ma sapeva che un piccolo sorriso era apparso nel viso del ventenne.

« Allora non trattenere il respiro, Harry, non trattenerlo mai. » 

  
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